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Finalmente …. il “buco” della Siberia

24 Lug

Negli ultimi giorni, molti siti e giornali hanno versato fiumi di inchiostro (anche digitale) per raccontare la “misteriosa” scoperta fatta in una delle zone più remote del pianeta, la penisola di Yamal in Siberia. Senza troppi giri di parole, anche perché credo che tutti sappiano di cosa sto parlando, ci stiamo riferendo a questo:

Il misterioso cratere apparso in Siberia

Il misterioso cratere apparso in Siberia

Un enorme cratere è misteriosamente e improvvisamente apparso dal nulla. Una spaventosa voragine con un diametro, come diverse fonti riportano, di più di 250 metri e una profondità talmente elevata che al momento è stato impossibile misurarlaz.

Vi premetto, che in questi giorni è stato divertentissimo leggere la notizia online anche perché molti giornali, diciamo, “seri” si sono lasciati andare ad ipotesi e fantasie veramente senza freno.

Prima considerazione: Yamal significa “fine del mondo”. Vi rendete conto? Un cratere di questo tipo che appare in una regione che si chiama fine del mondo. Perché è stata chiamata così? Significa che le popolazioni antiche sapevano qualcosa sulla zona che noi ignoriamo?

Scusate, avete presente dove si trova la Siberia? Avete presente il clima in Siberia? Ma, soprattutto, vi siete presi la briga di prendere una cartina e vedere dove si trova la penisola di Yamal? Ve lo mostro io:

La penisola di Yamal in Siberia

La penisola di Yamal in Siberia

Quale nome più adatto per un posto del genere in cui le temperature sono impraticabili, il terreno è praticamente tutto ghiacciato per buona parte dell’anno ed in cui la densità abitativa è praticamente nulla?

Detto questo, nelle prime ore dopo l’uscita della notizia del ritrovamento, le ipotesi sull’origine erano, ripeto anche da giornali nazionali, di questo tipo: il cratere è stato causato dallo schianto di un velivolo alieno. I militari russi hanno rimosso in fretta e furia ogni residuo e, solo dopo aver ripulito la scena, hanno pubblicizzato la cosa.

Semplice considerazione? Dalla foto vedete un buco quasi perfettamente verticale, molto profondo. Secondo me l’astronave aliena non si è schiantata al suolo per un’avaria ma si è lanciata a folle velocità esattamente perpendicolare al terreno. Potrebbe essere il primo caso di suicidio alieno. Vi sembra possibile?

Andiamo avanti. L’altra ipotesi è stata quella del meteorite. Tutti voi ricorderete ancora quanto accaduto a Cheliabynsk e di cui abbiamo parlato a lungo anche su queste pagine:

– Pioggia di meteore in Russia

– Meteorite anche a Cuba e Dark Rift

– Lezione n.1: come cavalcare l’onda

Se fosse stato il meteorite di Roma …

Ora, come è facile pensare, e come è evidente anche rivedendo il video di quanto accaduto in Russia in quell’occasione, è alquanto improbabile, se non impossibile, che un meteorite arrivi sulla Terra senza che nessuno se ne accorga, senza che frammenti esterni si stacchino nel passaggio in atmosfera ma, soprattutto, come nel caso della nave aliena: ma questo meteorite è caduto perpendicolare al terreno? Mi sembra alquanto scontato pensare che un angolo, seppur minimo, rispetto al terreno, avrebbe provocato una scia più o meno lunga indicando proprio la direzione di arrivo del proiettile cosmico. Invece, niente di niente, un cratere bello dritto che scende verso il basso.

Al solito, con fenomeni poco chiari, invece di stimolare la curiosità, ragionare, magari, ma questo sarebbe chiedere troppo, studiare le possibili origini, si pensa a sparare cavolate solo per impressionare le persone.

In realtà, già poche ore dopo il ritrovamento, gli scienziati accorsi sul luogo, principalmente dall’Accademia delle Scienze della Russia, avevano ipotizzato un’origine assolutamente naturale per il curioso fenomeno. Come forse avrete letto, con ottima probabilità, si è trattato di un crollo del terreno dovuto in parte al riscaldamento globale ed in parte alle, statisticamente possibili, ultime due estati nello Yamal che sono state sensibilmente più calde. Ovviamente, con “sensibilmente più calde” non vogliamo dire che la Siberia sia divenuta località balneare, ma solo che, rispetto alle medie della zona, le temperature sono state più elevate di qualche grado.

Cosa è avvenuto di preciso?

Come sapete nelle zone più vicine all’Artico, il terreno è costantemente coperto da uno spesso strato di ghiaccio permanente, molto spesso, anche non visibile dall’alto perché ricoperto di detriti. Questo strato, che in alcuni punti può raggiungere centinaia di metri, è quello che viene chiamato Permafrost. Del Permafrost avevamo già parlato in passato, ad esempio in questo articolo:

Cerchi nel ghiaccio: quello che ancora mancava

Ora, le temperature mediamente più alte hanno provocato un parziale scioglimento del permafrost. L’acqua è ovviamente scesa verso il basso ma lo scioglimento dello strato ha liberato gas che si sono accumulati sotto il terreno. Quando la pressione di questi gas è stata troppo alta e il terreno era ormai indebolito dall’acqua, è successo quello che succede con una bottiglia di champagne.

E’ possibile questa spiegazione? Assolutamente si. Cerchiamo di capire il perché. Prima cosa, lo scioglimento del ghiaccio fa scendere l’acqua in verticale, dunque compatibilmente con la forma del cratere che si vede benissimo sia delle foto che dai video. Più che un’esplosione si è trattato di un’espulsione di terreno dovuto all’alta pressione del gas. Questo infatti è in linea con quanto evidenziato dalle ricerche ancora in corso che non hanno evidenziato segni di esplosioni, e quindi repentini aumenti di temperatura, come invece era stato ipotizzato in un primo momento. Inoltre, la forma del cratere ai bordi, dove si vedono cumuli di terra, sono compatibili con questa spiegazione.

Altra cosa molto importante, i numeri che leggete in rete, molto spesso sono tirati fuori con il pallottoliere. Un diametro di 260 metri è assolutamente non credibile. Con buona probabilità si parla al massimo di 80 metri anche se, ancora da verificare con precisione, sembrerebbe che il raggio sia addirittura inferiore ai 40 metri. Per la profondità, siamo invece intorno ai 70 metri.

Cosa c’è sul fondo del cratere? Alcuni siti titolano così “misteriose strutture sul fondo del cratere di Yamal”. Pensate che è stato osservato un lago ghiacciato sul fondo di questa struttura. Scusate, cosa volevate trovare in Siberia nel Permafrost? Inoltre, in linea con la spiegazione data, il lago è alimentato anche dall’acqua precipitata dallo scioglimento del ghiaccio.

Proprio un’ultima osservazione. Possibile che questo cratere si sia formato da un momento all’altro? In realtà si, ma non è assolutamente detto che si sia formato, come molti credono, in questi giorni. Ripeto, stiamo parlando della penisola di Yamal in Siberia. E’ assolutamente lecito pensare che, ad esempio, il cratere si sia formato 2 anni fa ma è stato visto solo oggi. Come potete facilmente immaginare non stiamo parlando del centro di Roma, la zona del cratere non è proprio un punto di passaggio così trafficato. A riprova di questo, si stanno osservando le immagini satellitari della zona proprio per capire quando potrebbe essersi formato il cratere. Secondo il parere dei ricercatori intervenuti, la struttura potrebbe essere crollata tra il 2012 e il 2013, ma questo è ovviamente ancora da verificare.

A questo punto, credo che il discorso sia molto più chiaro. Se da un lato è divertente osservare la risposta della rete a notizie di questo tipo, trovo, e lo ripeto nuovamente, davvero sconcertante osservare come tanti siti, giornali e trasmissioni che dovrebbero avere un ruolo anche educativo sulle persone, preferiscono lasciarsi andare a spiegazioni fantasiose, senza basi scientifiche ma solo frutto di illazioni, molto spesso, scopiazzate su internet.

 

Psicosi 2012. Le risposte della scienza”, un libro di divulgazione della scienza accessibile a tutti e scritto per tutti. Matteo Martini, Armando Curcio Editore.

Quante miglia con un litro di acqua di mare?

15 Apr

Diversi lettori mi hanno contatto privatamente per chiedere info riguardo una notizia che sicuramente avrete letto e che e’ stata rimbalzata su praticamente tutti i giornali nazionali. Come avrete capito dal titolo di questo post, mi riferisco alla notizia di qualche giorno fa in cui la Marina Americana, o meglio il centro ricerche di questo corpo militare, ha annunciato al mondo di essere riuscito a produrre carburante a base di idrocarburi partendo dall’acqua di mare.

Se provate a documentarvi in rete, e vi chiedo di farlo, troverete, come sempre e come cattiva abitudine, 2 o 3 testi differenti ricopiati spudoratamente su tutti i giornali, siti e blog della rete.

Perche’ mi preoccupo di questo? Semplice, non nel caso specifico ma come visto per altre notizie, se la fonte primaria presenta un errore, un dettaglio sbagliato e non spiega alcuni passaggi importanti, tutti gli altri gli vanno dietro dimostrando ancora una volta l’effetto gregge!

Detto questo, come richiesto, torniamo a pensare alla famosa notizia in questione. Leggendo la notizia trovate scritto che, come anticipato, i ricercatori al servizio della Marina avrebbero prodotto combustibile partendo solo ed esclusivamnete dall’acqua di mare. Questo combustibile puo’ gia’ essere utilizzato per alimentare navi da guerra e caccia militari. La dimostrazione? Semplice, come testimonia il vidoe che trovate praticamente ovunque, il combustibile e’ stato usato per far voare un modello di Mustang P-51, tipo di aereo utilizzato durante la seconda guerra mondiale. Secondo i ricercatori coinvolti, la produzione di combustibile dall’acqua di mare e’ gia’ realta’, ma saranno necessari altri 10 anni prima che questa tecnologia venga utilizzata per il rifornimento.

Vantaggi?

Evidenti, ma e’ meglio elencarli di nuovo: le navi potranno percorrere tratti piu’ lunghi in mare aperto senza dover attraccare nei porti per il rifornimento, adottare questa alimentazione eliminerebbe i rischi tecnici e ambientali che un rifornimento in mare aperto prevede ma, soprattutto, usate acqua per produrre combustibile!

Vi rendete conto?

Acqua di mare, tanta, pulita, semplice e assolutamente rinnovabile per produrre combustibile. Altro che re Mida che trasformava in oro quello che toccava o la pietra filosofale degli alchimisti, acqua salata in combustibile. Vi rendete conto di questo? Sono decenni che parliamo di green economy, energie rinnovabili, ambiente, ecc e ora si puo’ produrre combustibile dall’acqua di mare. Commento molto frequente sulla rete su questa notizia: a questo punto potremmo finalmente rottamare quelle pericolose navi nucleari che solcano i nostri mari e che sono delle vere e proprie bombe atomiche galleggianti.

Perche’ aspettare 10 anni per questa rivoluzione, investiamo tutto in questa ricerca e portiamola a conclusione. Facciamo in modo che questa soluzione possa essere commerciale subito, magari anche per altri mezzi di trasporto.

Vi sto insospettendo con questo mix di entusiasmo in forma grottesca? Forse, ed in questo caso l’espressione e’ proprio azzeccata, non e’ tutto oro quello che luccica.

Prima cosa, che molti giornali dimenticano di dire perche’ troppo affannati a fare copia/incolla e gridare al miracolo: come si trasforma l’acqua di mare in combustibile?

Senza spiegare in dettaglio la chimica delle varie reazioni, il processo puo’ essere cosi’ descritto: si sfrutta ovviamente l’acqua ma anche l’anidride carbonica normalmente sciolta nell’acqua di mare. In che modo? Anidride carbonica e idrogeno vengono separati facendoli passare attraverso una cella elettrificata. In questa fase, nell’anodo e nel catodo si accumulano rispettivamente ioni idrogeno e gas idrogeno e anidride carbonica. Successivamente i prodotti vengono fatti passare attraverso una camera riscaldata in cui viene posto un catalizzatore ferroso. Compito di quest’ultimo e’ favorire la produzione di idrocarburi con 8-9 atomi di carbonio che vengono poi raccolti da un catalizzatore al nichel. Risultato, una miscela di idrocarburi utilizzabile come combustibile per la vostra nave.

Quale sarebbe il problema di questo processo? Voi mettete l’acqua e ottenete idrocarburi. Rileggete quanto scritto in precedenza, anidride carbonica e idrogeno vengono “separati” utilizzando una cella “elettrificata”. Inoltre, i prodotti vengono fatti passare attraverso una camera “riscaldata” con un catalizzatore.

Vi dicono niente le parole “elettrificata” e “riscaldata”? Come si elettrifica o si riscalda qualcosa? Semplice, dovete dargli energia.

Cosa significa questo?

Come potete facilmente immaginare, il processo non e’ assolutamente gratuito o cosi’ miracoloso come i giornali vorrebbero farvi credere. Attenzione, non sto facendo il bastian contrario per partito preso, sto solo cercando di mostrare, appunto, che non e’ tutto oro quello che luccica.

Nessun giornale che propone la notizia parla di “rendimento” di questo processo. Purtroppo, allo stato attuale delle cose, l’efficienza della reazione, ottenuta confrontando prima di tutto l’energia contenuta in un litro di carburante con l’energia spesa per produrre quel litro ma anche il rendimento della produzione di quella stessa energia elettrica, non e’ assolutamente elevata. Anzi, per dirla tutta, questo processo e’, allo stato attuale, energeticamente sfavorevole.

Ora, dire “energeticamente sfavorevole” non significa buttare via tutto. La notizia riportata mostra un ottimo punto “di ricerca” raggiunto in questo ambito ma ci vorranno ancora molti anni per arrivare a qualcosa di realmente utilizzabile. Mia opinione personale e’ che i 10 anni di cui si parla siano assolutamente una sottostima dei tempi necessari.

Perche’ dico questo?

Come detto all’inizio, la notizia e’ di questi giorni. Cercando in rete, si trova pero’ un documento, sempre della Marina americana, datato 2010, in cui si fa il punto proprio su questa ipotetica tecnologia:

Documento 2010, combustibile da acqua salata

Leggendo quanto riportato, si parla di un’energia richiesta per la produzione del carburante, in particolare della prima elettrolisi nella cella elettrificata, doppia rispetto a quella realmente ottenibile dal carburante prodotto. Ora, nel gito di 4 anni, le cose sono sensibilmente migliorate, ma siamo ancora abbastanza lontani da poter definire questa tecnologia matura per essere commercializzata.

Altra osservazione importante. Per la prima elettrolisi serve energia. Tralasciando il rapporto tra quella spesa e quella prodotta, se siamo in mezzo al mare, dove prendiamo questa energia? Semplice, la produciamo con sistemi nucleari! Capito bene? Con sistemi nucleari che producono energia elettrica per la nave. Non fraintendete, personalmente non mi sto affatto sconvolgendo, trovo semplicemente grottesco che tanti annuncino entusiasti questa notizia parlando di sostituzione del nucleare sulle navi, non sapendo che per far andare questa tecnologia la stessa marina militare avrebbe pensato di utilizzare energia prodotta da fissione nucleare.

Se e’ tutto vero quello che scrivo, perche’ non commento il video dell’aereo che vola con questo carburante? Ho scritto da qualche parte che la notizia e’ una bufala al 100%? Non mi sembra, uno dei prodotti finale delle reazioni e’ proprio una sorta di combustibile utilizzabile. Notate pero’ una cosa, quello che vi mostrano e’ un modellino molto in miniatura di un aereo militare. Per far volare questo oggetto servono pochi ml di combustibile, quantita’ infinitamente minore di quella che servirebbe anche solo per far partire una nave da guerra.

Conclusione, la notizia riguardante questa scoperta e’ stata ridicolizzata a causa del sensazionalismo imperante ormai su tutti i giornali. La ricerca e’ assolutamente interessante e degna di osservazione. Quanto proposto e’ da intendersi come un “work in progress” e cosi’ sara’ ancora per molto tempo. Qualora si riuscisse ad ottimizzare l’intero processo e a migliorarne il rendimento, sicuramente questa soluzione potrebbe apportare notevoli miglioramenti non solo in termini navali ma, soprattutto, in termini ambientali. Non ci resta che continuare a monitorare questo settore e vedere se ci saranno novita’ nei prossimi anni.

 

Psicosi 2012. Le risposte della scienza”, un libro di divulgazione della scienza accessibile a tutti e scritto per tutti. Matteo Martini, Armando Curcio Editore.

Ma si, pubblichiamo tutto!

12 Nov

Come sapete non mi risparmio mai quando c’e’ da accusare giornali a tiratura nazionale che si lasciano prendere dal catastrofismo. Lo faccio non per il gusto di accusarli ma perche’ penso che questa sia una pratica sbagliatissima e che puo’ portare dubbi in molte persone. Se aprite un sito dichiaratamente catastrofista dovreste, anche se non e’ cosi’ per tutti, sapere quali rischi correte e a cosa andate incontro. Al contrario, i mezzi di informazione ufficiale dovrebbero rimanere sempre oggettivi e verificare le notizie e le fonti consultate.

Purtroppo, come visto in tanti articoli, non sempre questo accade.

Perche’ inizio in questo modo?

Semplice, provate a leggere questo articoletto pubblicato dal Corriere online:

Corriere, pesce Malesia

Che parla di questo misterioso pesce pescato in Malesia:

Il misterioso pesce pescato in Malesia

Il misterioso pesce pescato in Malesia

Come potete leggere, si tratterebbe di una specie misteriosa mai vista prima. La storia raccontata dal Corriere e’ molto romanzata, la donna mostra il pesce preso dal marito nelle acque di fronte la loro abitazione. Pesce mai visto prima con due stranissime corna nella parte anteriore ed un corpo che tende a stringersi verso la coda. Talmente sorpresa dalla curiosa forma, la donna avrebbe messo sotto sale il pesce al fine di conservarlo al meglio e mostrarlo ai fotografi. La notizia, e questo potete leggerlo in diversi siti internet, sta facendo il giro del mondo. Tutti i piu’ grandi studiosi marini stanno analizzando il corpo per capire a che famiglia apparterrebbe e da dove potrebbe essere venuto fuori. Non mancano, e come poteva essere il contrario, siti che parlano di mutazioni genetiche, di fauna che cambia, di microclimi impazziti, e via dicendo con tutte le solite panzane a cui siamo abituati.

Vi premetto subito una cosa, gli arguti giornalisti del Corriere, hanno preso per intero la notizia da un altro noto giornale, il Daily Mail:

Dailymail, pesce Malesia

Questo noto giornale ingelse negli ultimi tempi sta regalando perle catastrofiste e complottiste a destra e a manca, pubblicando un po’ tutte le cavolate che trovate in rete.

Ma io dico, siete un giornale nazionale che dovrebbe fare informazione. La prima regola di un giornalista dovrebbe essere quella di pubblicare notizie di cui e’ nota e certa la fonte. Ormai ci manca solo che qualcuno faccia una telefonata anonima dicendo di aver visto un asino volare e questi giornalisti ci fanno un articolo.

Signori, per favore, almeno voi, siate seri!

Veniamo al dunque. Cosa sarebbe questa misteriosa creatura emersa dalle acque?

Si tratta di un cosiddetto Armored Searobin, talmente misterioso che esiste anche una pagina wikipedia che ne parla:

Wikipedia, Armored Searobin

Come potete leggere, questi pesci possono essere trovati nelle acque tropicali profonde in diverse parti del mondo e sono tra l’altro caratterizzati proprio da questi lunghi barbigli sul mento.

Attenzione pero’, su wikipedia c’e’ solo un disegno, chi ci assicura che quello trovato in Malesia sia prorpio un esemplare di questa specie? Magari, anche io sto provando a prendervi in giro mentendo su una modificazione genetica e non volendo ammettere la verita’.

Bravi, se avete fatto questo ragionamento vuol dire che avete ragionato sulla notizia. Mai fidarsi di nessuno e verificare sempre le fonti. Se non lo fanno i giornalisti, cerchiamo di farlo singolarmente come difesa personale.

Attenzione, abbiamo pero’ la contro verifica delle nostre affermazioni. Se provate a cercare Armoreed Searobin su Google, trovate molti risultati interessanti. Tra questi, uno in particolare ha catturato la mia attenzione.

Provate a vedere questa pagina:

Vendita Pesci Conservati

Si tratta di un sito specializzato nella vendita di pesci tropicali, o comunque di forma particolare, da esporre o conservare per collezione. Nella pagina che vi ho segnalato, potete trovare proprio un Armored Searobin identico a quello dalla foto dalla Malesia.

Bastano solo 29.95 dollari per acquistare un esemplare perfettamente conservato di questo magnifico pesce. Potremmo pensare di fare una colletta, comprarlo e spedirlo alla redazione del Corriere. Ovviamente sul bigliettino potremmo scrivere: “Regola numero 1 del giornalista: consultare sempre le proprie fonti”.

 

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Viaggio al centro della Terra

10 Ott

Come sapete bene, molto spesso la stessa natura del nostro pianeta riesce a sorprenderci con scoperte che hanno quasi dell’incredibile. Solo pochi giorni fa, sono state pubblicate per la prima volta le foto scattate all’interno della grotta di Er Wang Dong.

Molto probabilmente, avrete letto questa notizia su qualche giornale, dal momento che in tanti si sono dilungati nel commentare e mostrare queste incredibili immagini.

La grotta in questione si trova in Cina e il nome significa letteralmente “Seconda Caverna Reale”. Cosa ha di speciale questa grotta? Per prima cosa, le dimensioni che lasciano davvero senza fiato, parliamo di una superficie di piu’ di 50000 metri quadrati. Anche la cubatura e’ impressionante, in alcuni punti la volta della grotta raggiunge i 250 metri.

Perche’ le foto sono state publicate solo ora?

In realta’, gia’ da diverso tempo si conosceva l’esistenza di questo sistema di grotte, ma non erano mai state esplorate prima. Decenni fa, la parte iniziale della grotta era utilizzata come miniera di nitrati dagli abitanti della provincia. Nessuno pero’, prima di oggi, si era spinto all’interno per esplorare gli spazi piu’ nascosti.

Come detto, solo in questi giorni un gruppo di 15 speleologi ha esplorato per la prima volta questi spazi, soggiornando un mese intero all’interno e potendo documentare accuratamente quello che hanno visto.

Come detto, la superficie e’ davvero impressionante, ma questa e’ solo una delle caratteristiche. Pensate che la grotta e’ talmente vasta e profonda, da apparire quasi come un mondo inesplorato completamente separato da quello in superficie. Praticamente, possiamo dire che all’interno si e’ stabilito un microclima specifico della grotta, indipendente da quello esterno.

Eccovi alcune foto davvero molto belle:

pict

Piccola critica ai tanti giornali che al solito si lanciano in discorsi che non riscono ad afferrare in pieno. Come forse avrete letto, molti parlano di uno spazio talmente grande che all’interno vige addirittura un clima specifico, con precipitazioni, pioggia, ecc.

Come capite bene, questo e’ vero solo in parte. Per quanto grande e isolata, e’ formalmente sbagliato parlare di clima indipendente. L’affermazione deriva da quelllo che hanno riportato gli esploratori, ma interpretato in modo autonomo. Mi spiego meglio. All’interno della caverna si possono formare banchi di nebbia talmente densi, come se fossero nubi. Perche’ avviene questo? L’evaporazione dell’acqua dalla parte bassa fa si che il vapore acqueo salga verso l’alto e, in particolari condizioni, soprattutto negli spazi piu’ ampi, incontri aria piu’ fredda dovuta alle infiltrazioni dell’ingresso verso l’esterno. In questo caso, il mescolamento delle due correnti a temperatura diversa puo’ creare una nebbia cosi’ densa da apparire come una nuvola. L’umidita’ puo’ anche ricadere verso il basso formando una sorta di precipitazioni interne.

Questo e’ il motivo per cui si dice che le grotte di Er Wang Dong hanno un “clima” tutto loro.

All’interno delle grotte, oltre a stalattiti e stalagmiti di dimensioni impressionanti, si trovano anche specchi d’acqua dolce e fiumi sotterranei. Nelle foto riportate prima, si vede infatti un piccolo laghetto dalle acque trasparenti con uno speleologo all’interno. Non pensate che l’esploratore stia facendo un bagno per rilassarsi. Diverse sale del sistema sotterraneo sono raggiungibili soo immergendosi e passando attraverso stretti cunicoli sotto l’acqua.

Analogamente, ci sono diversi punti che invece sono raggiungibili solo dopo una difficile arrampicata su pareti liscie e molto alte.

Personalmente, trovo questa scoperta molto affascinante e interessante. Come giustamente detto da uno degli esploratori delle grotte, chissa’ quanti altri posti di questo tipo sono celati nelle viscere del nostro pianeta, e aspettano solo di essere esplorati. Se ci pensate, questo e’ lecito e molto curioso. Ad oggi, possiamo dire di aver visto gran parte, se non la totalita’, del nostro pianeta e ci siamo mossi molto in avanti anche al di fuori della Terra, nello spazio. Pensate a tal proposito alla sonda Voyager, di cui abbiamo parlato, che e’ uscita fuori dal nostro Sistema Solare.

Al contrario, ci potrebbero essere ancora tanti luoghi sotterranei da esplorare e che magari possono offrirci microclimi completamente isolati dal resto del pianeta. Analogamente, la stessa cosa avviene per le profondita’ degli oceani, di cui conosciamo ancora poco a livello di flora e di fauna. Pensate solo a tutte quelle volte che vengono fatte immersioni in profondita’ e, ogni volta, vengono mostrate specie marine non conosciute fino ad allora.

Questo ragionamento ci fa capire quanto ancora c’e’ da esplorare e quanto ancora poco possiamo dire di coscere il nostro pianeta.

 

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Sale qb … anche nelle batterie

6 Ott

Negli ultimi anni, i nostri dispositivi elettronici hanno avuto un notevole miglioramento puntando sempre di piu’ verso i concetti di portabilita’ e wireless. Come sapete, oggi come oggi, la maggior parte dei nostri gadget tecnologici sono dotati di batterie ricaricabili. Il progresso in questo settore ha reso disponibili batterie sempre piu’ piccole, capienti e con cicli di carica sempre piu’ rapidi.

Il principio di utiizzo di una batteria di questo tipo e’ ovviamente chiaro a tutti. Si carica di energia il nostro sistema, per poi utilizzarlo scollegato dalla rete elettrica. Questo e’ fondamentale per portare a spasso i nostri dispositivi dove non e’ disponibile la rete elettrica.

Perche’ faccio questo preambolo?

Molto spesso nei nostri articoli abbiamo parlato di energie rinnovabili. Come sapete bene, le fonti piu’ utilizzate in tal senso sono senza dubbio l’eolico e il solare. A parte tutti i discorsi sull’efficienza di queste risorse, uno dei problemi principali riscontrati e’ la non costanza della fonte primaria. Mi spiego meglio. I pannelli solari che normalmente utilizziamo hanno bisogno, per definizione, del sole per produrre energia. Detto questo, di notte non possono funzionare. Analogamente, per quanto si cerchi di trovare la miglior postazione, in assenza di vento le pale eoliche non girano.

Il problema della disponibilita’ delle risorse e’ uno di quelli maggiormente studiati e analizzati dai gestori elettrici. In diverse compagnie sono presenti gruppi di studio che cercano di simulare la produzione energetica anche solo con poche ore di anticipo. Questo e’ fondamentale in virtu’ della pianificazione. Se le fonti producono energia nel momento in cui la rete non la richiede, ci troviamo con un surplus inutilizzato. Analogamente, se la richiesta energetica e’ massima quando la produzione e’ minima, siamo costretti a ricorrere ad altre fonti per soddisfare le richieste.

Per ovviare a questi problemi, si ricorre a sistema di accumulazione basati proprio su batterie. Riprendendo l’esempio del solare, durante il giorno l’energia prodotta viene stoccata in batterie in grado di accumularla per poi cederla quando la richiesta aumenta.

Il problema principale delle batterie normalmente utilizzate, ed in questo caso la capacita’ di contenimento e’ il parametro piu’ importante, e’ che molto spesso questi sistemi sono basati su metalli e componenti che, una volta esaurito il ciclo vitale delle batterie, sono estremamente tossici e dannosi per l’ambiente. L’esempio principale in questo caso e’ quello delle batterie al piombo.

Bene, negli ultimi mesi una delle principali compagnie produttrici di batterie, l’italiana FIAMM, ha reso disponibili dei sistemi basati semplicemente sul cloruro di sodio, cioe’ proprio il semplice sale.

Batteria SoNick della FIAMM

Batteria SoNick della FIAMM

Ad essere sinceri, e al contrario di quello che leggete in rete, le batterie al cloruro di sodio sono una realta’ gia’ da qualche anno. Quello che e’ riuscita a migliorare notevolmente la FIAMM e’ la capacita’ di contenimento energetico e soprattutto la durata delle batterie.

Questa nuova serie di batterie si chiama SoNick ed e’ basata sul cloruro di sodio e sul cloruro di Nichel. Durante il funzionamento, il cloruro di nichel si deposita al catodo, mentre il sodio, dissociato dal NaCl, si deposita sull’anodo. In ciascuna cella, anodo e catodo sono separati da una barriera ceramica che consente il passaggio degli ioni di sodio per il funzionamento della batteria. La tensione a circuito aperto della singola cella e’ di 2.58V e questo valore, al contrario di molte batterie commerciali, rimane pressoche’ costante per gran parte del profilo di scarica. Questo sistema consente di conservare la carica per tempi piu’ lunghi oltre ad allungare notevolmente la vita stessa della batteria.

Questo tipo di batterie e’ stato sviluppato appositamente per essere connesso con i sistemi rinnovabili, appunto solare ed eolico. La fase di ricerca e sviluppo e’ durata diversi anni ed e’ stata fatta in collaborazione anche con il CNR. Detto questo, capite molto bene l’importanza di questo risultato e l’interesse di moltissimi produttori in questi nuovi sistemi.

La stessa FIAMM ha costruito nella sua sede un parco solare munito di batterie al sale. Inoltre, in collaborazione con Ansaldo, si e’ aggiudicata la gara per la costruzione di un impianto nella Guyana francese. Il progetto prevede la realizzazione di un parco in grado di formire elettricita’ a diverse famiglie della zona e potrebbe essere il primo di una serie pensata proprio per portare elettricita’ in luoghi difficilmente raggiungibili dalla rete tradizionale.

Punto di forza di queste batterie e’ ovviamente l’impatto ambientale minimo al termine del ciclo vitale. Ad oggi, le batterie al sale vengono gia’ utilizzate nella trazione elettrica di autobus, ad esempio dalla Iveco. Queste nuove batterie consentiranno anche in questo caso di migliorare la durata dei sistemi e di garantire percorsi sempre piu’ lunghi prima della ricarica.

 

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Il lago che pietrifica

6 Ott

In questi giorni e’ stato pubblicato un libro del fotografo professionista Nick Brandt, dal titolo “Across the Ravaged Land”. Questo libro contiene delle foto bellissime scattate sulle rive del lago Natron, al confine tra Tanzania e Kenia.

Perche’ parlo di questo?

In seguito alla pubblicazione sul web di alcuni scatti, si e’ sparsa una leggenda davvero incredibile, ma che merita di essere raccontata.

Il lago Natron e’ uno dei luoghi piu’ inospitali della Terra. La temperatura delle acque puo’ raggiungere i 60 gradi con un pH fortemente basico compreso tra 9.5 e 10.5. Visto dall’alto, il lago appare cupo e con una colorazione rossastra:

Foto aerea del lago Natron

Foto aerea del lago Natron

Il perche’ di questi colori e’ da ricercarsi nei cianobatteri ed in altre alghe che popolano queste difficili acque, davvero poco adatte alla vita.

Il nome Natron non e’ assolutamnete causale. Con questo termine si intende il carbonato idrato di sodio. Infatti, le acque del lago Natron sono ricchissime di carbonato e bicarbonato di sodio, responsabili anche del pH cosi’ basico.

Da dove proviene il Natron?

Poco lontano dal lago e’ presente il vulcano Gelai. Il carbonato di sodio viene proprio da residui delle eruzioni del vulcano che poi vengono trasportate nel lago delle precipitazioni. L’alta temperatura della zona favorisce poi una notevole evaporazione delle acque che dunque aumentano sempre piu’ la concentrazione dei sali presenti. A complicare ed amplificare questa caratteristica c’e’ poi la profondita’ del lago che non supera i 3 metri di altezza.

Questo spiega molto bene le condizioni del Natron, ma cosa c’entra il libro fotografico?

Vi mostra una delle foto, a mio avviso, piu’ belle del libro:

Fenicottero pietrificato sulle acque del lago Natron. Credits: Nick Brandt

Fenicottero pietrificato sulle acque del lago Natron. Credits: Nick Brandt

Si tratta di un fenicottero mummificato che galleggia sulle acque del lago. La foto e’ incredibilmente bella quanto inquietante. In rete potete poi trovare altre foto, tutte con animali mummificati sulle sponde e sulla superficie del lago.

La pubblicazione di queste foto ha creato la voce secondo la quale gli animali che finirebbero nelle acque del Natron verrebbero mummificati all’istante.

Questa leggenda e’ anche amplificata proprio dalla presenza del Natron. Come sapete il simbolo chimico del sodio e’ appunto “Na”, che deriva dal termine latino Natrium. Natrium a sua volta deriva dal greco nitron, che deriva a sua volta dal nome egizio Natron.

Il Natron era molto conosciuto nell’antico Egitto, perche’ utilizzato nella mummificazione dei cadaveri. Questo sale ha infatti le proprieta’ di assorbire l’acqua dei tessuti, lasciandoli come pietrificati e ben conservati.

L’insieme di questi due aspetti ha dunque creato la leggenda del lago Natron.

Ovviamente, di leggenda si tratta.

Come racconta lo stesso Brandt nel suo libro, i corpi ritratti nelle foto appartengono ad animali ritrovati nei pressi del lago. Molto probabilmente, questi animali sono morti per cause naturali ed i loro corpi sono poi finiti all’interno del lago. Il fotografo si e’ limitato a raccogliere i corpi e metterli in posa per le fotografie di cui stiamo parlando.

Da quanto detto circa la presenza del sale e delle tecniche egiziane per la mummificazione, capite bene che questi animali, in seguito alla loro morte, sono rimasti mummificati grazie alla presenza del carbonato di sodio dell’acqua.

A riprova dell’assurdita’ della leggenda, pensate che circa il 75% dei fenicotteri rosa del mondo vivono in Africa. Tutti questi animali vanno poi a nidificare sulle rive del lago Natron e di altri specchi d’acqua della zona. Se fosse vera la leggenda, sarebbe impossibile per questi animali anche solo entrare in contatto con le acque del lago. Il perche’ di questa scelta per deporre le uova e’ da ricercarsi nella scarsita’ di predatori, grazie (o a causa) delle caratteristiche del lago, e alla condizioni climatiche ottimali.

Concludendo, non e’ assolutamente vero che gli animali restano mummificati entrando in contatto con le acque del lago Natron. Questo specchio d’acqua ha la caratteristica di essere ricco di carbonato e bicarbonato di sodio proveniente dal vicino vulcano. La presenza dei sali e le alte temperature delle acque rendono il lago inospitale per moltissime forme di vita. Gli animali ritratti nelle foto viste, sono morti per cause naturali e sono stati poi mummificati dai sali, conosciuti ed utilizzati anche nell’entico Egitto proprio per la conservazione dei cadaveri.

 

Psicosi 2012. Le risposte della scienza”, un libro di divulgazione della scienza accessibile a tutti e scritto per tutti. Matteo Martini, Armando Curcio Editore.

I “tappi” del Mar Morto

24 Set

In questo articolo, vorrei tornare a parlare di sinkhole, ma in una veste diversa rispetto a quanto fatto negli articoli precedenti. Per chi li avesse persi, abbiamo parlato di questo fenomeno in questi post:

Enorme cratere si apre in Cina

Enormi voragini si aprono in Florida

Numerosi Sinkhole a Samara

Come visto, con sinkhole si intendono quelle enormi voragini, o doline, che si possono creare a causa di un cedimento del terreno. Negli articoli precedenti abbiamo gia’ discusso le diverse aree del pianeta in cui questo fenomeno e’ piu’ presente, mostrando anche, a volta per cause naturali, altre per colpa dell’uomo, come negli ultimi anni questo fenomeno ha provocato anche diversi danni, ed in alcuni casi anche vittime, in alcune zone.

Come anticipato, questa volta, vorrei parlare di sinkhole in una chiave diversa, cioe’ concentrandoci nel caso del Mar Morto. Come sapete bene, questo specchio d’acqua e’ assolutamente unico nella sua specie. Prima di tutto, si trova nella depressione piu’ profonda della Terra. Inoltre, essendo dotato solo di immissari minori senza emissari, e grazie anche alla forte evaporazione dovuta alle temperature, il Mar Morto detiene il record di salinita’.

Proprio a causa dell’elevata percentuale di sale nelle acque, la vita nel Mar Morto e’ praticamente impossibile, fatta eccezione per alcune specie di batteri. La percentuale di sale disciota nelle acque non e’ costante ma aumenta all’aumentare della profondita’. Questo e’ del tutto comprensibile ragionando sul fatto che le acque proveniente dai fiumi in ingresso, principalmente il Giordano, rimane in superficie perche’ meno densa di quella salata al di sotto. Detto in altri termini, possiamo distinguere degli strati orizzontali caratterizzzati da proprieta’ chimiche molto diverse.

Scendendo a 40 metri, la concentrazione di sale nelle acque e’ di circa 300 grammi per Kg di acqua. Questo valore e’ circa 8 volte maggiore di quello che si ha tipicamente nell’Oceano Atlantico. Come anticipato prima, scendendo a 100 metri di pronfondita’, si arriva anche a 330 grammi di sale per Kg di acqua.

Effetto della salinita' sul galleggiamento

Effetto della salinita’ sul galleggiamento

Per darvi un’idea di questi valori, pensate che galleggiare sulle acque del Mar Morto e’ estremamente facile per chiunque. Nuotare e’ invece estremamente faticoso perche’ una parte troppo estesa di corpo si troverebbe al di fuori dell’acqua.

Bene, cosa c’entrano i sinkhole con il Mar Morto?

Da ricerche condotte negli ultimi anni, si e’ evidenziato come il Mar Morto stia scomparendo molto rapidamente. Le sponde del lago si stanno ritirando alla velocita’ di circa 1 metro all’anno, un valore elevatissimo se confrontato con quello naturalmente atteso.

Man mano che il Mar Morto si ritira, sulla parte di terreno lasciata libera si formano in continuazione sinkhole, come quello mostrato in questa foto:

Sinkhole vicino alla riva del Mar Morto

Sinkhole vicino alla riva del Mar Morto

Si tratta di depressioni a forma di scodella che si creano nel terreno asciutto e con profondita’ variabile fino anche a 10 metri. Quello che piu’ impressiona e’ il numero di queste depressioni. Ad oggi, si stima che ci siano circa 3000 doline intorno al Mar Morto. Per darvi un’idea della portata del fenomeno, fino a qualche anno fa, se ne contavano solo circa 40.

A parte l’effetto del sapere di una ritirata cosi’ veloce e della formazione di doline a questo ritmo, la natura e l’origine di questi sinkhole e’ facilmente spiegabile. Come detto, la caratteristica principale delle acque del Mar Morto e’ l’elevatissima concentrazione di sale. Avete mai provato a mettere in continuazione sale dentro un bicchiere d’acqua? Cosa succede? Inizialmente il sale si scioglie. Dopo una certa quantita’, l’acqua non e’ piu’ in grado di sciogliere il sale perche’ ne e’ satura. In termini chimici, avete raggiunto la costante del prodotto di solubilita’, cioe’ la quantita’ di sale che l’acqua e’ in grado di sciogliere. Valori diversi sono trovabili per ciascun sale in un solvente.

Nel caso del Mar Morto, a causa dell’elevata concentrazione, negli strati piu’ bassi si forma un accumulo di sale. Quando le acque si ritirano, queste lasciano grosse quantita’ di sale nel terreno, anche sotto la superficie libera. In queste condizioni, un riversamento di acqua dolce, proveniente da una qualsiasi fonte, come ad esempio la pioggia, scioglie il sale sotto il terreno creando una vuoto sotto la superficie. A questo punto, non avendo piu’ un sostegno nella parte inferiore, il terreno collassa formando appunto questi sinkhole.

Come vedete, il fenomeno e’ facilmente spiegabile, pensando proprio al prosciugamento del Mar Morto.

Nonostante questo chiarisca il fenomeno della formazione delle doline, e’ interessante chiedersi a cosa sia dovuto un prosciugamento cosi’ rapido. Come spesso avviene in questo genere di fenomeni, la causa e’ da ricercarsi nell’attivita’ umana.

Come anticipato, il Mar Morto e’ dotato solo di immissari di scarsa portata che apportano acqua dolce. Negli ultimi anni, notevoli quantita’ di queste acque sono state deviate per irrigare i campi. Trattandosi di una zona molto desertica, questo e’ l’unico modo di sostenere l’agricoltura. Si stima che a causa di questa pratica, circa il 15% del volume delle acque sia stato deviato rispetto al percorso naturale. Oltre all’agricoltura, alcune aziende del posto, soprattutto nate per la produzione di carbonato di potassio, hanno seguito la stessa pratica per avere una fonte d’acqua indispensabile per alimentare il processo industriale.

Risultato di questa pratica e’ che il bilancio complessivo di acque del Mar Morto, dato dalla differenza tra immissioni ed evaporazione, e’ divenuto negativo. Conseguenza di questo e’ ovviamente un prosciugamento graduale del Mar Morto.

Esiste una soluzione al problema?

Ovviamente, molte soluzioni sono sotto studio per cercare di fermare, o anche arginare, la diminuzione della superficie. A tal proposito, una proposta molto interessante vorrebe la creazione di un corridoio per collegare il Mar Morto al Mar Rosso e apportare acqua al primo. Il solco in questione e’ gia’ stato ribattezzato “condotto della pace”. Questa soluzione non piace pero’ ne agli ambientalisti ne tantomeno agli esperti di politiche internazionali. La spiegazione di queste opinioni e’ davvero molto semplice. In primo luogo, si rischia di compromettere irrimediabilmente un ecosistema molto delicato come quello del Mar Morto mediante immissione di acqua con caratteristiche profondamente diverse. Dal punto di vista politico invece, la situazione, tipica di tutta l’area mediorientale, e’ ovviamente legata ai rapporti non proprio rosei dei paesi interessati. Come sapete, le sponde del Mar Morto toccato Israele, Giordania e Cisgiordania. Paesi con equilibri davvero molto delicati e tra cui difficilmente si raggiungerebbe un accordo per la realizzazione del condotto di collegamento.

 

Psicosi 2012. Le risposte della scienza”, un libro di divulgazione della scienza accessibile a tutti e scritto per tutti. Matteo Martini, Armando Curcio Editore.

Il miracolo del sangue di San Gennaro

11 Ago

Nella sezione:

Hai domande o dubbi?

e’ stato richiesto un argomento davvero molto interessante. Come potete leggere, ci e’ stato chiesto di scrivere un articolo sul cosiddetto “miracolo del sangue di San Gennaro”. Credo che questo argomento sia davvero molto interessante perche’, in particolare, esistono due scuole di pensiero molto rigide a riguardo: quelli che credono al miracolo e quelli che invece credono che la scienza abbia gia’ spiegato tutto, mostrando la natura non miracolosa del fatto.

In realta’, cosi’ come spesso avviene su questo blog, non esiste una spiegazione certa e comunemente accettata per la liquefazione del sangue di San Gennaro. Esistono delle ipotesi molto plausibili, ma che hanno subito e continuano a subire molte critiche anche da addetti ai lavori non pienamnete convinti della spiegazione.

Come nostra abitudine, cerchiamo dunque di analizzare in dettaglio la cosa, ragionando in modo autonomo e cercando, qualora ce ne fossero, di provare a rispondere ai punti ancora scoperti della questione.

Partiamo da quello che tutti conoscono: in tre date particolari, il 19 settembre, il sabato che precede la prima domenica di maggio e il 16 dicembre, a Napoli viene organizzata una grande processione in cui viene mostrato il reliquiario con il sangue di San Gennaro. Durante questo rito, il reliquiario viene mosso in modo molto rituale e se il sangue si liquefa allora questo viene visto come un buon auspicio per la citta’. Inutile dire che questa manifestazione e’ molto sentita dai napoletani, da sempre molto devoti al Santo. Proprio per questo motivo, come riprenderemo in seguito, e’ molto difficile provare a dare spiegazioni razionali della cosa, senza incorrere nel nervosismo dei fedeli partenopei.

In particolare, il reliquiario contiene al suo interno due ampolle, una riepita piu’ o meno fino a meta’ e l’altra con poche tracce di “sangue”. Per il momento, permettetemi di scrivere “sangue” tra virgolette perche’ questo e’ uno dei punti maggiormente discussi della questione.

Per inquadrare meglio il problema, ripercorriamo la storia di queste reliquie e ovviamente quella del santo.

Per essere precisi, la storia stessa di San Gennaro e’ molto fumosa e, proprio per questo motivo, diverse fonti hanno addirittura messo in discussione l’esistenza stessa del Santo. Il 19 settembre 305, durante la persecuzione di Diocleziano verso i Cristiani, si racconta che Gennaro, vescovo di Benevento, venne decapitato insieme ad altri fedeli nella solfatara di Pozzuoli. Secondo altre fonti, Gennaro, nella stessa data, venne destinato ai leoni. Questa e’ gia’ una prima incongruenza della storia, ma, nonostante la parte centrale non coincida, la fine e’ sempre la stessa: qualora fosse esisitito, Gennaro sarebbe stato un martire cristiano.

Come usanza nei confronti dei martiri, il sangue ed il corpo di Gennaro vennero raccolti e conservati.

Le cerimonie in onore di San Gennaro vennero istituite nel 1337 ma la prima liquefazione venne osservata il 17 agosto 1389. Cosa significa? Come e’ facile immaginare, il sangue raccolto all’interno delle ampolle appare in forma solida e scura. Per liquefazione si intende il ritorno del sangue allo stato fluido. Detto in altri termini: il sangue ritorna nel suo stato normale, come se fosse appena sgorgato dalla testa del santo. Da allora, come anticipato, il miracolo del sangue viene tentato 3 volte l’anno: nell’anniversario della morte, nell’anniversario dello spostamento dei resti nelle catacombe di Capodimonte e nell’anniversario di una forte eruzione del Vesuvio, durante la quale i napoletani si affidarono completamente al Santo che risparmio’ la citta’.

Analizziamo subito questi fatti: dal 1389, si sono avute circa 11000 liquefazioni del sangue. Il miracolo si e’ ripetuto “quasi” sempre, tranne qualche sparuto caso. In qualche occasione, la liquefazione si e’ avuta anche in date diverse da quelle ufficiali. Teniamo a mente questi particolari, perche’ tra poco entreranno prepontentemente nella discussione.

Bene, abbiamo capito l’origine e la tipologia del miracolo. Ora, cosa possiamo dire a riguardo? Si tratta di un miracolo o esiste una spiegazione scientifica?

Come anticipato, il discorso non e’ semplice, tantomeno con una spiegazione univoca.

Dal punto di vista scientifico, il sangue umano conservato in un’ampolla sigillata coagula diventando solido. Ora, e’ possibile che si rompa il coagulo e il sangue possa ritornare allo stato liquido, ma questo non puo’ certo avvenire con la regolarita’ mostrata dalla reliquia del santo e soprattutto con lo stesso comportamento per secoli.

L’ipotesi di spiegazione scientifica piu’ accettata, e’ stata data nel 1991 da alcuni ricercatori del CICAP. La spiegazione del comportamento del fluido sarebbe da ricercarsi nella tissotropia. Con questo termine si intendono dei materiali, normalmente in uno stato solido o molto denso, che, a seguito di sollecitazioni meccaniche, possono assumere lo stato fluido per un certo tempo. Interrote le sollecitazioni il materiale torna allo stato solido. In natura esistono diversi composti con questa prorieta’. L’esempio classico che viene fatto e’ quello della salsa Ketchup che quando viene scossa si liquefa riuscendo ad uscire dall’orifizio praticato nel contenitore.

Oltre ad aver proposto la spiegazione, i ricercatori del CICAP hanno anche realizzato una sospensione con proprieta’ tissotropiche e aspetto molto simile a quello del fluido contenuto nelle ampolle. Per realizzare la sospensione sono stati utilizzati: cloruro ferrico, carbonato di calcio, cloruro di sodio e acqua. Lo studio dei ricercatori e la successiva prova sperimentale sono stati pubblicati addirittura sulla illustre rivista Nature, oltre ad avere enorme eco sia sui giornali italiani che esteri.

Dunque? Tutto spiegato, quello cotenuto nelle ampolle non e’ sangue ma un materiale tissotropico e non si tratta assolutamente di un miracolo. In realta’, come anticipato, non e’ assolutamente cosi’. La spiegazione data ha creato un turbine di discussioni che durano ancora oggi.

Proviamo ad analizzare singolarmente le critiche e le successive risposte date.

Per prima cosa, e’ possibile che al tempo si sia realizzato un materiale con queste caratteristiche? Assolutamente si. I composti utilizzati dal CICAP sono noti da secoli e anche molto abbondanti nella zona del napoletano. Il cloruro ferrico, sotto forma di miosite, e’ molto abbondante sulle pendici del Vesuvio. Il carbonato di calcio e’ la molecole principale, quasi il 95%, che compone il guscio d’uovo. Il cloruro di sodio, il sale per intenderci, e’ disponibile ovunque. Dunque, e’ possibile che un composto del genere sia stato realizzato secoli fa in quella zona.

Attenzione pero’, ci sono altri due punti molto importanti e sui quali la discussione e’ ancora in corso. Prima di tutto, il composto realizzato dal CICAP rimane tissotropico per soli 2 anni. Il miracolo del sangue di San Gennaro avviene da secoli. Inoltre, il ricorso ad un materiale di questo tipo non spiegherebbe assolutamente come mai in alcune occasioni, nonostante i ripetuti scossoni al reliquiario, il sangue non si sia sciolto. Analogamente, non si capisce perche’, in alcune occasioni, il sangue era gia’ in forma liquida prima della processione, senza che qualcuno lo avesse scosso.

C’e’ anche un altro punto fondamentale, nel 1902 venne fatta una prima analisi spettroscopica delle ampolle e questi studi mostrarono la presenza di ossiemoglobina, cioe’ la combinazione del pigmento contenuto nei globuli rossi con l’ossigeno. Detto in altri termini, all’interno delle ampolle c’e’ sangue e non qualche strano gel artificiale.

Dunque? Cosa possiamo dire a riguardo?

Iniziamo dagli studi spettroscopici. Come detto, la prima analisi spettroscopica, con un sistema a prisma, venne fatta nel 1902. La presenza di ossiemoglobina venne pero’ confermata anche da analisi successive. Secondo alcuni biologi dell’universita’ di Napoli, quello contenuto nell’ampolle e’ compatibile con sangue umano antico. Durante la liquefazione pero’, il fluido appare con un colore rosso vivo, come se fosse stata possibile la riattivazione dell’ossiemoglobina. Vi ricordo che le ampolle sono sigillate e che in nessun caso il loro contenuto entra in contatto con l’ossigeno dell’aria.

Capite dunque perche’ ancora oggi e’ acceso il dibattito riguardo al miracolo del sangue di San Gennaro. Esiste una proposta di spiegazione scientifica, ma esistono anche delle controaffermazioni basate su fatti oggettivi. Riassumendo, a favore della tissotropia abbiamo: un fluido con le caratteristiche fisiche simili a quelle della reliquia, ottenuto con materiali disponibili al tempo e nella zona, un comportamento meccanico giusto. A sfavore abbiamo: il gel ottenuto dura solo 2 anni, le analisi condotte mostrano che all’interno delle ampolle c’e’ sangue e non un gel sintetico, l’ipotesi tissotropica non spiega perche’ in alcuni casi il sangue non si sia liquefatto mentre in altri si e’ liquefatto prima ancora di essere sollecitato meccanicamente.

A questo punto, non resta che ragionare autonomamente su questi punti, provando a dire la nostra.

Prima di tutto, e’ il caso di dire che la chiesa non riconosce ufficialmente questo come un miracolo. Ad essere sinceri, qualche anno fa, la chiesa aveva eliminato le tre date relative a San Gennaro dal calendario delle celebrazioni liturgiche. Come e’ facile immaginare, questo ha causato una vera e propria rivolta tra i fedeli napoletani, per cui la chiesa ha deciso di non riconoscere ufficialmente il miracolo, ma di non impedire le celebrazioni.

Riguardo invece alla durata temporale del gel tissotropico, gli stessi ricercatori del CICAP autori del gel, sostengono prima di tutto di aver realizzato diversi campioni, i quali hanno mostrato durate anche fino a 10 anni. Ovviamente, siamo ancora lontani dai secoli del sangue di San Gennaro, ma, come riportato in diverse fonti, non e’ stata neanche prestata la massima cura nella chiusura ermetica del tappo delle provette. Studiando ampolle della stessa epoca, si e’ evidenziato come i tappi siano perfetamente sigillati impedendo l’apertura delle reliquie se non rompendole. In questo caso dunque, anche le ampolle di San Gennaro sono perfettamente chiuse in modo stagno, mentre il gel realizzato in laboratorio no.

E come la mettiamo con le spettroscopie fatte? Il fatto di aver trovato emoglobina, dimostra che c’e’ sangue anzi, per essere precisi, dimostra che e’ contenuta una frazione di sangue nelle ampolle. Come capite bene, niente esclude che nelle ampolle possa essere contenuto un gel tissotropico con un aggiunta di sangue.

Personalmente poi, vorrei riflettere su un aspetto: l’ampolla, come anticipato, non e’ completamente piena. In questo caso, sicuramente all’interno, oltre al sangue, e’ presente un certo volume d’aria. Ora, restando nel caso di volume sigillato in modo perfetto, sicuramente le variazioni dei parametri ambientali potrebbero influire sull’aria piu’ che sul sangue. Non mi risulta che la reliquia sia conservata in atmosfera controllata. Se anche fosse, questo non sarebbe sicuramente vero durante le processioni. In questo caso, un aumento di temperatura, a volume costante, provoca un aumento di pressione nell’aria che per costrizione spinge sul sangue. In questo caso, potremmo avere una sollecitazione, non di taglio, di spinta sul sangue. In questo caso, si potrebbe pensare che anche le condizioni di pressione e temperatura dell’aria influirebbero sull’eventuale liquefazione, cosa, almeno dalle fonti viste, non ancora chiamata in causa. Il considerare i parametri ambientali potrebbe anche spiegare perche’ in alcuni casi il sangue non si e’ sciolto. Se la pressione interna e’ piu’ alta, in questo caso le scosse mecaniche date sarebbero ammortizzate dal volume d’aria in sovrapressione, trasferendo minor impulso al sagnue.

A questo punto, capite dunque che la spiegazione del fenomeno della liquefazione del sangue di San Gennaro non e’ ancora stata data o meglio non e’ stata ancora accettata da tutti rispondendo a tutti i quesiti e le possibili domande. Per rispondere in modo sicuro, direte voi, non basterebbe analizzare il contenuto delle ampolle e vedere cosa contengono? Questa e’ un’osservazione verissima. Purtroppo, non e’ possibile analizzare le reliquie perche’ la Chiesa non lo consente. Non so se e’ il caso di dire la Chiesa di Roma o la Curia di Napoli, fatto sta che ad oggi nessuno ha potuto analizzare in dettaglio il contenuto delle ampolle.

Permettetemi una riflessione. Se analizzando il contenuto delle ampolle si scoprisse che dentro c’e’ un liquido tissotropico, i fedeli perderebbero la loro devozione nei confronti del santo? Personalmente credo di no. Forse, in alcuni casi, la spettacolarizzazione degli eventi conta piu’ della verita’. Detto questo, non resta che aspettare di vedere se l’ipotesi tissotropica possa essere confermata in qualche modo o, eventualmente, trovare un’altra spiegazione certa del miracolo. Alla luce di quanto detto, non parlerei assolutamente di miracolo. A riprova di questo, esistono molte reliquie in Italia contenenti sangue di martiri e molte di queste presentano il fenomeno della liquefazione. Anche su questo punto, molti ribattono dicendo che negli altri casi non si registrano fenomeni di liquefazione in date cosi’ precise. Questo non e’ vero del tutto. Nel Duomo di Ravello, e’ conservata una reliquia con il sangue di San Pantaleone, sangue che regolarmente il 27 luglio, data del martirio avvenuto nel 325, tornerebbe liquido. Vi faccio notare anche un’altra cosa: tutte le ampolle conservate con il sangue dei martiri, non vengono prese e “scosse” in date precise per vedere se il sangue si liquefa o no.

 

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Le nubi mammelolari

24 Lug

Diverse volte su questo blog abbiamo parlato di nuvole. In particolare, abbiamo affrontato il discorso cercando di analizzare le tante teorie che vorrebbero forme particolari di nubi in concomitanza o prima di un terremoto, ma anche per confutare tutti quei complottisti che di tanto in tanto vorrebbero nuove tipologie di nuvole formate dalla geoingegneria o dalle scie chimiche:

Una nuvola che fa pensare alla fine del mondo

Altra strana nube, questa volta in Giappone

Altra strana nube a Tulsa

Nuvole sismiche

Scoperta nuova nuvola

Perche’ avviene questo? La risposta e’ in realta’ molto semplice, il cielo e’ un laboratorio ideale, accessibile a tutti e, oggi come oggi, facilmente documentabile. Ognuno di noi puo’, alzando lo sguardo, osservare le nuvole che si formano e, ogni qual volta che vede qualcosa di non usale, impressionarsi. Detto questo, la comunicazione globale istantanea che abbiamo a disposizione, permette a tutti di ragiungere potenzialmente un vasto pubblico. Considerazione personale e’ che si dovrebbe sempre riflettere prima di scrivere qualcosa su internet. Molti ignorano il potenziale bacino di utenti che esiste, mentre altri sfruttano proprio questo fatto per divulgare il verbo fantascientifico.

Perche’ parlo di questo?

Negli ultimi giorni, diversi giornali hanno pubblicato foto molto belle di un particolare tipo di nuvola. Spesso pero’, purtroppo accade molto di frequente, gli articoli che trovate in rete sono completamente sprovvisti di una spiegazione scientifica che spieghi l’origine di questi fenomeni.

Gli articoli in questione si riferivano alla nuvole “Mammelolari”, anche dette “Mammatus”.

Di cosa si tratta?

Senza troppi giri di parole, vi mostro subuto una bellissima foto di questo fenomeno:

Nube Mammatus

Nube Mammatus

Come vedete, si tratta di nuvole dalla forma molto particolare, fatte a grumi con punti di salita e discesa. Proprio a questa particolare forma si deve il nome alla nuvola.

Cosa hanno di speciale queste nuvole?

Dal punto di vista complottista e catastrofista assolutamente nulla. Si tratta di formazioni nuvolose perfettamente conosciute e la cui formazione e’ nota. Dico questo per smorzare subito gli animi.

Nonostante questo, e’ invece interessante capire il processo che porta alla formazione delle mammatus.

Queste nuvole si formano in presenza di corenti ascensionali molto intense e con un umidita’ molto elevata negli strati bassi. Questo spostamento di aria, puo’ portare fino alla tropopausa enormi quantita’ di acqua che, salendo verso l’alto, si trasforma in cristalli di ghiaccio.

Quando il temporale e’ passato, lontano dalla corrente ascensionale, il ghiaccio tendera’ a scendere a causa del proprio peso. Ora, quando i piccoli cristalli di ghiaccio escono dalla zona della nube, incontrano aria molto fredda e secca. La variazione di condizioni, comporta la sublimazione dell’acqua che dunque ripassera’ dallo stato solido, cristalli di ghiaccio, a quello aeriforme, vapore acqueo, risalendo verso l’alto.

Data la grande quantita’ di ghiaccio presente, perche’ portata dalla corrente iniziale, questo moto di discesa e sublimazione si presentaera’ con una certa regolarita’ lungo l’area della nube. Proprio questo movimento comporta la formazione della Mammatus con la sua caratteristica forma.

Dal momento che per la formazione e’ richiesta una umidita’ molto elevata, proprio questi giorni di afa, e spesso con temporali pomeridiani, possono portare alla formazione di queste nuvole. Tra l’altro, lo spettacolo piu’ bello si ha quando la nube riflette i raggi solari assumendo una colorazione variopinta in corrispondenza delle salite e delle discese. Ecco un esempio di questo caso:

Nube Mammatus colpita da raggi solari

Nube Mammatus colpita da raggi solari

Concludendo, molto spesso ci capita di parlare di nubi a causa della facilita’ di visualizzazione per il vasto pubblico. Se a questo si aggiungono i catastrofiti e gli utenti impensieriti d qualche fine del mondo, ecco qui che le foto scattate diventano molto popolari in poche ore.

 

 

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