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Automobili stampate in 3D!

2 Ott

Solo qualche tempo fa, avevamo parlato in dettaglio delle stampanti 3D:

Due parole sulla stampa in 3D

Come visto, questi strumenti, che possono esssere considerati ancora in fase prototipale, offrono delle soluzioni uniche con margini di applicazione possibili nei settori più disparati. Dal mio punto di vista, considero questi oggetti ancora in fase di prototipo non per le applicazioni già in corso ma perchè, molto spesso, la loro esistenza è poco conosciuta e perchè ancora non abbiamo sfruttato al massimo le loro potenzialità.

Proprio per questo motivo, oggi vorrei commentare con voi un articolo davvero molto interessante. Solo qualche giorno fa, i giornali hanno riportato qualcosa di impensabile fino ad ora, un’applicazione davvero entusiasmente della stampa 3D con cui è stato realizzato un prototipo di automobile che tra poco, con buona probabilità, verrà messo in commercio.

Attenzione però, al solito, alcune testate hanno riportato la notizia in modo errato definendo questa applicazione come la “prima” automobile stampata in 3D. Per comprendere meglio, diamo qualche dettaglio aggiuntivo.

Già nel 2010, negli Stati Uniti era stata realizzata quella che possiamo definire la prima automobile dotata di carrozzeria stampata in 3D. Il prototipo in questione, perché di questo si tratta, si chiamava Urbee. A riprova, vi riporto un articolo del Sole 24 ore del 3 Novembre 2010:

Sole 24 ore, Urbee

Questa è la foto della Urbee:

Urbee, la prima vettura in assoluto stampata in 3D

Urbee, la prima vettura in assoluto stampata in 3D

Bene, perchè allora a distanza di 4 anni la stessa applicazione fa ancora notizia? Il primo motivo è nazionalista. La notizia di questi giorni è, ripeto, di un’automobile stampata in 3D e presentata a Chicago su progetto di un designer italiano che si chiama Michele Anoè. Senza indugio, vi mostro subito le foto di questa automobile che si chiama invece STRATI:

La Strati

La Strati

Detto questo, capite subito perché, giustamente in parte, i giornali italiani hanno dato molto risalto alla notizia. C’è anche da dire che il progetto ha partecipato ad una selezione a livelo mondiale in cui il nostro designer è arrivato primo tra oltre 200 contendenti e per questo motivo la Strati è stata realizzata e presentanta. Ma, oltre a questo, esistono anche delle particolarità tecnico-commerciali che rendono la notizia importante. Al contrario della Urbee, la carrozzeria della Strati è stata stampata tutta in un volta. Il risultato ottenuto è simile a quello dei modellini che si acquistano nei negozi di giocattoli in cui i singoli pezzi sono uniti da piccole giunzioni di plastica. Ecco una foto della lavorazione della Strati:

Lavorazione della Strati

Lavorazione della Strati

Dopo il processo di stampa, i pezzi vengono fresati per rimuovere le parti di supporto necessarie durante la stampa e il tutto può essere assemblato molto rapidamente. Ecco l’ulteriore deffirenza tra le due automobili, per realizzare una Strati occorrono solo 44 ore di lavorazione. Un tempo record per ottenere un oggetto pronto e realmente funzionante.

Oltre a questo, come anticipato, la Strati verrà ora prodotta e, lentamente, realizzata in serie dalla Local Motor. Inutile dire che questa utomobile è dotata di un motore elettrico tra l’altro assolutamnete commerciale. Il propulsore utilizzato è infatti lo stesso della Renault Twizy. I consumi dichiarati per questo primo prototipo sono assolutamente degni di nota, 65 Km/h come velocità di picco con un’autonomia di 200 Km a ricarica.

Il prezzo?

Considerando che parliamo sempre di una macchina elettrica, il prezzo è più o meno in linea con le altre auto del settore, tra i 18000 e i 34000 dollari. Certo, considerando che tutto il processo di lavorazione delle parti esterne avviene mediante una stampante 3D in 44 ore, permettemi di dire che il costo, forse, è un po’ eccessivo. Molto probabilmente però, ci saranno margini di manovra dal punto di vista commerciale. Parliamo di un reale prototipo su cui non è ancora partita la produzione in serie e sul quale sono montati pezzi provenienti da diversi fornitori.

Concludendo, la Strati, oltre ad essere disegnata da un italiano, rappresenta un notevole salto avanti per la stampa 3D che lascia il mondo dei prototipi con grandi dimensioni per approdare, forse, a livello commerciale. Ripeto quello che ho scritto anche nel precedente articolo, la stampa 3D ci riserverà ancora molte sorprese per il futuro e, grazie ad un incremento dell’utilizzo e della ricerca, potrà realizzare oggetti a basso costo e larga diffusione.

Psicosi 2012. Le risposte della scienza”, un libro di divulgazione della scienza accessibile a tutti e scritto per tutti. Matteo Martini, Armando Curcio Editore.

Elettrodomestici e bolletta

11 Giu

In un commento apparso nella sezione:

Hai domande o dubbi?

e’ stato chiesto di analizzare i consumi medi dei nostri elettrodomestici. Come giustamente detto nel commento stesso, questo genere di tematiche non sono semplici, vista in primis la vastita’ degli argomenti, ma soprattutto le fluttuazioni di questi valori che possono modificare sensibilmente stime grossolane di consumi elettrici.

Nonostante questo, cerchiamo di fare un po’ di chiarezza su questi argomenti, visto che, molto spesso, tanti ignorano come vengono calcolati i consumi elettrici della propria abitazione o anche ignorano quali elettrodomestici incidono maggiormente sulla nostra bolletta.

A tal senso, qualche tempo fa, avevamo gia’ parlato di consumi elettrici analizzando il discorso dello stand-by, cioe’ di quella lucina rossa che molto spesso teniamo accesa e indica che il nostro apparecchio e’ pronto a funzionare:

Il led rosso dello stadby …

Come potete immaginare, questi argomenti sono molto importanti dal punto di vista ambientale, ma soprattutto dal punto di vista della nostra economia domestica che, in momenti di crisi come questo, non e’ assolutamente un discorso trascurabile.

Prima di tutto, quando compriamo un elettrodomestico, troviamo sempre indicata la potenza richiesta al massimo da questo oggetto. Come sapete, si tratta di un valore espresso in Watt, unita’ di misura indicante appunto la potenza.

Ora pero’, quando arriva la bolletta a casa, vediamo che il pagamento avviene conteggiando non i Watt, bensi’ i Wattora, Wh. Che significa? Mentre il Watt rappresenta una potenza in termini fisici, il Wh e’ un unita’ di misura dell’energia. Come e’ intuibile, il Wattora e’ semplicemente ottenuto moltiplicando la potenza richiesta da un oggetto per il tempo in cui questo e’ acceso.

Per capire meglio questo importante concetto, facciamo un esempio pratico. Immaginate di avere un sistema che richieda una potenza di 1000W per funzionare. Se ora tenete acceso questo oggetto per 1 ora, il consumo energetico sara’ di:

1000W x 1ora = 1000Wh = 1KWh

cioe’ esattamente 1 KiloWattora. Pensandoci bene, questo e’ del tutto normale. La potenza richiesta dall’elettrodomestico interessa solo marginalmente, quello che conta per conteggiare il consumo e’ l’effettivo tempo in cui questo sistema e’ acceso e dunque richiede energia per funzionare.

Bene, a questo punto abbiamo capito come vengono conteggiati i consumi in bolletta. Ora, cerchiamo di capire quanto cosumano i nostri elettrodomestici. Per fare esempi pratici, prendiamo una casa tipo in cui si sara’ un frigorifero, una lavatrice, un asciugacapelli e un forno elettrico. Ovviamente, il calcolo fatto potra’ essere applicato direttamente a qualsiasi elettrodomestico avete in casa, semplicemente modificando i valori.

Prima di avventurarci nel calcolo, dobbiamo pero’ stimare il costo dell’energia dal nostro fornitore. Come saprete molto bene, anche questo valore puo’ presentare fluttuazioni molto elevate, grazie a speciali sconti che vengono offerti in bolletta, ad esempio, sfruttando specifiche fasce orarie o cambiando gestore. Per non fare un torto a nessuno, prendiamo un valore medio pari a 0,20 euro per KWh. Questo valore non dovrebbe discostarsi molto dal prezzo che paghiamo in bolletta in media.

Etichetta di classe energetica per gli elettrodomestici

Etichetta di classe energetica per gli elettrodomestici

Partiamo dunque dal frigorifero. Questo elettrodomestico ha una potenza diversa in base al volume interno, alla presenza o meno del vano congelatore ma anche alla tipologia stessa di elettrodomestico. In particolare, quest’ultimo punto ci permette di parlare di un altro aspetto molto importante e che spesso ci viene mostrato quando andiamo a comprare un nuovo elettrodomestico: la classe energetica. Nell’ottica di un risparmio e di una maggiore salvaguardia dell’ambiente, sono state definite delle classi energetiche in base al consumo di un determinato elettrodomestico. Inizialmente, le classi dovevano essere 7, e chiamate con lettere da A a G. Successivamente, grazie anche al risparmio apportato da nuove soluzioni, la classe piu’ energeticamente vantaggiosa, cioe’ la  A, e’ stata a sua volta divisa da A+ ad A+++, dove un numero crescente di segni “+” indica un maggior risparmio energetico.

Detto questo, quanto consuma un frigorifero? Seguendo la legislazione sulle classi energetiche di questo elettrodomestico, troviamo:

Classe Consumo annuo
A+++ <188 kWh
A++ 188 – 263 kWh
A+ 263 – 344 kWh
Classe Consumo annuo
A < 300 kWh
B 300 – 400 kWh
C 400 – 560 kWh
D 563 – 625 kWh
E 625 – 688 kWh
F 688 – 781 kWh
G > 781 kWh

Dove questi valori sono calcolati prendendo un sistema con potenza compresa tra 100 e 300W, operante in continuo ma non sempre a potenza massima e, naturalmente, sono stimati in condizioni standard di laboratorio con un frigorifero tenuto sempre a porte chiuse.

Dal valore riportato prima di 0,20 Euro/KWh, vediamo come un frigo di classe A da 300KWh/anno ci costera’ in bolletta 60 euro. Al contrario di quanto si pensa, il frigorfero non e’  l’elettrodomestico piu’ impegnativo che abbiamo.

Passiamo ora al discorso lavatrice. Anche qui, sono state definite delle classi energetiche, i cui valori sono:

A < 247 kWh
B 247 – 299 kWh
C 299 – 351 kWh
D 351 – 403 kWh
E 403 – 455 kWh
F 455 – 507 kWh
G > 507 kWh

Come sono stimati questi consumi? A livello legislativo, si e’ supposto di utilizzare la lavatrice per 2 lavaggi settimanali con programmi da 45 minuti a 60 gradi.  Se volete calcolare il vostro caso specifico, basta utilizzare le considerazioni viste prima. Supponendo di avere una lavatrice da 3000W, che teniamo accesa per 4 lavaggi a settimana da 60 minuti, cioe’ 4 ore a settimana, la quantita’ di energia richiesta sara’:

3000W x 4ore x 52sett/anno = 624KWh/anno

Vedete come cambiando leggermente i dati, in fondo chi fa solo 2 lavatrici a settimana, il valore cambia profondamente rispetto alla tabella dichiarata. Fate attenzione, questo non significa che i valori dati per legge siano sbagliati, semplicemente che sono applicati a condizioni tipo che possono essere molto diverse dalla realta’ di ciascuno di noi. Queste tabelle sono molto utili per fare un raffronto tra le diverse classi. In tal senso, e’ sempre possibile dire la classe X consuma P% in meno della classe Y, ma non e’ detto che i valori assoluti siano confrontabili con i nostri. Nel caso del calcolo visto, con 624KWh, il costo dell’energia richiesto sarebbe di 125 euro/anno.

Discorso analogo vale per il forno elettrico. Prendendo un forno standard da 50 litri, le classi energetiche vengono cosi’ definite:

Classe Consumo annuo
A < 80 kWh
B 80 – 100 kWh
C 100 – 120 kWh
D 120 – 140 kWh
E 140 – 160 kWh
F 160 – 180 kWh
G > 180 kWh

Come nel caso della lavatrice, volendo fare un calcolo specifico dei nostri consumi, questi valori lasciano un po’ il tempo che trovano. Se prendiamo un forno da 2000W utilizzato per 100 cicli di cottura da 30 minuti in un anno, l’energia richiesta sara’ di:

2000W x 100cicli x 0.5ore = 100KWh/anno

cioe’ 20 euro/anno che se ne vanno in bolletta.

Sempre nell’ambito degli elettrodomestici utilizzati non in continuo, stesso discorso puo’ essere fatto per l’asciugacapelli. Qui non sono state definite classi energetiche perche’ il consumo e’ strettamente personale e diverso da caso a caso. Se prendiamo un phon da 1000W che utilizziamo per 15 minuti al giorno, 0,25ore, tutti i giorni, allora il consumo energetico sara’:

1000W x 0,25ore x 365giorni = 91KWh/anno

cioe’ altri 18 euro da sommare in bolletta.

Ora, qual e’ lo scopo di questo post? Prima di tutto, spiegare come e’ possibile calcolare su carta i consumi energetici di ciascun apparecchio elettrico che abbiamo in casa. In tal senso, potete ripetere l’esercizio con tutto quello che volete, dal pc alla singola lampadina, passando per sistemi piu’ complessi come condizionatori, lavastoviglie, ecc. Il discorso classi energetiche e’ molto importante perche’, come mostrato, ci fa vedere molto bene quanto sarebbe il risparmio energetico passando da un apparecchio ormai datato ad un uno piu’ recente. Spesso, l’investimento iniziale per il passaggio viene ripagato dopo poco tempo dall’utilizzo dell’elettrodomestico. I valori specifici che pero’ troviamo sulle tabelle, non corrispondono esattamente al reale consumo che poi avremo in casa. Come detto, questi valori devono intendersi come relativi ad una classe rispetto ad un’altra. Per poter determinare il nostro consumo specifico, conviene ricorrere ad esercizi di calcolo come quelli fatti nell’articolo. Meglio ancora sarebbe quello di ricorrere a dei misuratori di consumi che, inseriti in serie tra la presa e l’elettrodomestico, misurano l’effettivo consumo richiesto dall’apparecchio. Inoltre, i nuovi contatori gia’ presenti in molte case, permettono di leggere dati importanti anche sul consumo medio ed istantaneo che e’ stato registrato.

Dal punto di vista ambientale, un risparmio energetico corrisponde ad una maggiore salvaguardia dell’ambiente visto che, ancora oggi, molta dell’energia che consumiamo dalla rete viene prodotta da combustibili fossili e fonti non rinnovabili. Inoltre, e assolutamente meno importante, risparmiare energia significa risparmiare tanti bei soldini che spesso regaliamo al nostro gestore e che potrebbero diminuire applicando un consumo piu’ accorto delle risorse.

Ovviamente, quando poi andate a leggere la vostra bolletta di fornitura elettrica, non dimenticate di inserire le tantissime tasse e spese fisse che vengono applicate e che, molto spesso, incidono piu’ dello stesso consumo elettrico.

 

”Psicosi 2012. Le risposte della scienza”, un libro di divulgazione della scienza accessibile a tutti e scritto per tutti. Matteo Martini, Armando Curcio Editore.

Buco sulla Stazione Spaziale

8 Mag

In queste ore e’ stata rilasciata una notizia che ha riacceso un dibattitto di cui ci eravamo occupati varie volte. A seguito dell’impatto ocn un piccolo oggetto, uno dei pannelli solari della Stazione Spaziale Internazionale e’ stato danneggiato. Il risultato di quanto avvenuto e’ stato mostrato dall’astronauta canadese Chris Hadfield che ha mostrato la foto su twitter:

La zona cerchiata di rosso e' quella che mostra il foro

La zona cerchiata di rosso e’ quella che mostra il foro

Come vedete, si tratta di un piccolo foro di diametro compreso tra 1.5 e 2 cm e che, al momento, non desta nessun timore per il funzionamento della ISS.

Da cosa e’ stato provocato questo foro?

Ovviamente non potevano mancare ipotesi fantasiose sulla rete che vorrebbero il foro come risultato di un attacco da parte di qualche cosa o anche, questa e’ davvero fantasiosa, come risultato dell’enorme flusso di particelle provenienti dal Sole che sta aumentando la sua intensita’. Al solito, la rete e’ libera, e’ giusto che lo sia, e ognuno puo’ scrivere quello che vuole, pero’ c’e’ un limite anche alla fantasia.

Tornando seri, le ipotesi fatte sono essenzialmente due: nel primo caso, il foro potrebbe essere stato causato dall’urto del pannello con un meteroide di piccole dimensioni proveniente dallo spazio. Come sappiamo bene, questo genere di eventi sono del tutto normali. Come si vede dal foro, in questo caso, se l’ipotesi fosse vera, si tratterebbe di un sassolino di appena 3 cm di diametro, pero’ impattante ad alta velocita’. Questo genere di eventi sono del tutto previsti e proprio per questo motivo, le parti piu’ sensibili della Stazione Spaziale sono schermate con pannelli antimeteorite. Queste strutture servono ad inspessire lo strato esterno di materiale in modo da proteggere le parti piu’ sensibili, come, ad esempio, i moduli in cui si trovano abitualmente gli astronauti durante il loro soggiorno nello spazio. Come potete facilmente immaginare, queste protezioni sono impraticabili per i pannelli solari che devono assolutamente essere scoperti per poter catturare l’energia solare essenziale per il funzionamento dei sistemi di bordo.

Altra ipotesi interessante, e’ che si sia trattato di rifiuto spaziale. Come visto in questi post:

Black Knight e segnali dallo spazio

Un nuovo UFO nello spazio

lo spazio che circonda la Terra e’ ormai divenuto una discarica piena di detriti prodotti da precedenti missioni o dalla distruzione di oggetti caduti in disuso. Solo poche settimane fa, avevamo parlato dello scontro del nanosatellite russo Blits con un detrito spaziale:

Chi va col profeta, impara a profetizzare

proprio in questo caso, si e’ puntato il dito contro i detriti prodotti dal test missilistico della Cina utilizzato per distruggere il satellite Fenyun-1C.

Come visto nei precedenti articoli, quello dei detriti spaziali sta diventando un vero e proprio problema dal momento del pericolo che questi oggetti abbandonati rappresentano per i tanti oggetti, molto spesso privati, che orbitano intorno alla Terra. In particolare, abbiamo gia’ parlato delle missioni di recupero e pulizia pianificate da qui a breve tempo ma, come anticipato, detriti di dimensioni minori non sono visibili al radar per cui non si conosce esattamente la loro posizione, ne tantomeno i sistemi di controllo che sono in grado di evitare pericolosi scontri.

Nel caso della Stazione Spaziale, stiamo parlando di un detrito di soli 3 cm di diametro ma capace, come testimonia il pannello solare, di produrre danni considerevoli alle missioni in orbita.

Dal mio punto di vista, entrambe le ipotesi possono essere considerate ragionevoli. Facciamo pero’ una riflessione aggiuntiva. La Stazione Spaziale internazionale e’ dotata di 8 pannelli solari di area pari a decine di metri quadri ciascuno. Se teniamo a mente questi numeri, ci rendiamo conto che, dopo diversi anni di utilizzo della ISS. la probabilita’ di eventi di questo tipo, all’orbita in cui si trova la stazione spaziale, e’ considerevolmente bassa.

Come anticipato, il foro non sembrerebbe aver provocato danni o cali di alimentazione nella ISS. Studi di questo tipo sono importanti per valutare la disponibilita’ elettrica della base. I pannelli solari utilizzati funzionano esattamente come quelli dei campi fotovoltaici a Terra. In questo caso, stringhe di pannelli vengono connessi in serie per cui l’interruzione di un pannello potrebbe provocare la chiusura di tutta la stringa con notevoli cali di alimentazione ben piu’ alti del singolo pannello mancante. In questo caso, fortunatamente, non ci sono state conseguenze di questo tipo, per cui, al momento, la situazione sembrerebbe sotto controllo senza la richiesta di lavorazioni esterne per gli abitanti della stazione.

Concludendo, le ipotesi per la causa del foro rinvenuto in uno dei pannelli solare della ISS potrebbe essere stato provocato da un meteroide o anche da un detrito spaziale invisibile ai radar data la sua piccola dimensione. Solo per curiosita’, vi dico che tra l’8 e il 10 Maggio si svolgera’ a Roma la International Space Conference. Tra i diversi temi trattati non manchera’ certo quello sui detriti spaziali. Trattandosi di societa’ private, all’incontro parteciperanno anhce importanti agenzie assicurative mondiali, che dovranno mostrare i loro piani assicurativi con per scontri di questo tipo. Non pensate solo alla scienza pura, come sappiamo, molto piu’ spesso, gli oggetti in orbita intorno alla Terra sono di origine privata e utilizzati per gli scopi piu’ disparati, prima tra tutte le telecomunicazioni.

 

Psicosi 2012. Le risposte della scienza”, un libro di divulgazione della scienza accessibile a tutti e scritto per tutti. Matteo Martini, Armando Curcio Editore.

Pannelli, pannelli e pannelli

12 Mar

Qualche post fa, parlando del futuro delle energie rinnovabili, abbiamo visto alcuni dei grandi progetti pensati da qui a qualche anno. In particolare, il progetto DESERTEC, che pero’ sta avendo qualche problema gestionale iniziale, e soprattutto i grandi impianti dei paesi arabi che molto stanno investendo in questi settori:

Energia solare nel deserto

Ora, come sottolineato in questo articolo, molto spesso i non addetti ai lavori tendono a mescolare le diverse tecnologie solari, parlando semplicemente di “pannelli”. In realta’, e’ necessario fare delle distinzioni ben precise, distinguendo le diverse soluzioni in base al principio fisico che ne e’ alla base. Proprio per questo motivo, ho deciso di scrivere questo post, appunto per illustrare le diverse tecnologie per lo sfruttamento dell’energia solare, sempre mantenendo un profilo divulgativo e senza entrare troppo in dettagli che potrebbero risultare noiosi. Ovviamente, chi poi vorra’ avere informazioni aggiuntive, potra’ contattarmi oppure cercare in rete la vastissima bibliografia che molto facilmente potete reperire su questi argomenti.

A questo punto, prima di tutto, vogliamo distinguere tre grandi categorie di pannelli, parlando di fotovoltaico, solare termico e solare termodinamico. Come vedremo, anche se possono sembrare simili, le tre soluzioni sono radicalmente differenti dal punto di vista tecnico-scientifico. Anche l’utilizzo e la diffusione di queste soluzioni risulta molto diversificata ed, in particolare, come vedremo, ad esempio il solare termodinamico e di piu’ recente introduzione e ancora in fase di importante sviluppo.

Pannello fotovoltaico

Elemento base di questo pannello e’ la cella fotovoltaica. La cella si presenta come una superficie nera o bluastra, ricoperta da un materiale semiconduttore, tra i quali il piu’ diffuso e’ certamente il silicio. Le celle standard prodotte a livello industriale hanno forme quadrate con lati da 4 o 6 pollici, anche se esitono esemplari piu’ piccoli utilizzati per alimentare calcolatrici e orologi.

Pannelli fotovoltaici in cui si vedono chiaramente le singole celle

Pannelli fotovoltaici in cui si vedono chiaramente le singole celle

Il principio di funzionamento della celle e’ appunto noto come “Effetto fotovoltaico”. Quando la luce incide sulla superficie della cella, questa si comporta come un generatore di corrente continua, sfruttando proprio le proprieta’ intrinseche del semiconduttore. Per ottenere una tensione maggiore, un certo numero di celle vengono connesse in serie per formare poi il pannello solare che tutti conosciamo.

Nel pannello fotovoltaico dunque, la radiazione solare viene convertita, attraverso il semiconduttore, direttamente in una corrente elettrica.

Purtroppo la connessione in serie implica una serie di problemi, come ad esempio la diminuzione di potenza del modulo se una o piu’ celle si trovano in ombra rispetto alle altre. In questo caso, e’ necessario assicurare una illuminazione uniforme di tutte le celle o in alternativa utilizzare moduli per l’inseguimento solare. Quest’ultima soluzione e’ utilizzata anche per migliorare l’esposizione in generale del pannello, consentendo a questo di ruotare offrendo sempre la propria area attiva in direzione del Sole. Come potete capire bene, l’utilizzo di motori per la rotazione implica ovviamente anche un consumo di energia, per cui e’ sempre necessario trovare un buon compromesso in queste soluzioni.

Poiche’, come detto, le celle si comportano come generatori di corrente, i pannelli devono poi essere collegati ad un inverter il cui compito e’ appunto quello di trasformare la tensione in alternata e quindi, poter immetere la produzione nella rete elettrica o anche per l’utilizzo nelle nostre abitazioni.

Ovviamente, come tutti sapete, il pannello fotovoltaico e’ quello maggiormente utilizzato ed e’ quello che viene utilizzato anche per la costruzione dei campi fotovoltaici, visibili in diverse zone, e che vengono costruiti appunto per la produzione e vendita dell’energia elettrica.

Solare Termico

Questo tipo di impianti viene utilizzato per catturare l’energia solare, immagazzinarla ed utilizzarla per scopi diversi. Tra questi, quelli maggiormente diffusi sono quelli per la produzione di acqua calda sanitaria, cioe’ per la produzione di acqua calda da utilizzare in casa. Come potete facimemte capire, in questo caso, questi impianti lavorano in sostituzione o di concerto con la caldaia che invece utilizza gas naturale.

Impianto solare termico domestico per acqua calda sanitaria

Impianto solare termico domestico per acqua calda sanitaria

I pannelli termici possono essere di vari tipi, anche se i piu’ diffusi sono costituiti da una lastra di rame, percorsa da una serpentina, e verniciata di nero. L’intero pannello e’ poi coperto da una lastra di vetro.

In questo caso, molto spesso si possono vedere sui tetti delle abitazioni dei pannelli in cui nella parte alta sono facilmente distinguibili serbatoi d’acqua. In questa soluzione, l’energia solare catturata viene utilizzata immediatamente per riscaldare appunto il fluido ed utilizzarlo nell’abitazione. Solo per completezza, ci sono diverse tipologie di impianti che vengono distinte in base alle temperature di esercizio e che possono variare tra 120 gradi (bassa temperatura) fino anche a 1000 gradi (alta temperatura) quando utilizzati in impianti industriali.

Solare Termodinamico

In questo caso, il principio di funzionamento e’ del tutto simile a quello termico, ma con l’aggiunta di un ciclo termodinamico detto ciclo Rankine. I pannelli solari termodinamici hanno forme paraboliche per poter concentrare la radiazione solare e proprio per questo sono anche detti impianti a concentrazione.

A differenza degli impianti termici domestici, nel solare termodinamico l’energia termica accumulata viene utilizzata attraverso una turbina a vapore o anche un alternatore per produrre energia elettrica. Inoltre, l’energia termica puo’ essere accumulata in modo da essere sfruttata anche durante la notte o in condizioni di cielo nuvoloso garantendo in questo modo una produzione costante e non intermittente come avviene nelle soluzioni precedentemente viste.

Impianto solare termodinamico con pannelli a concentrazione

Impianto solare termodinamico con pannelli a concentrazione

L’immagazzinamento dell’energia termica avviene mediante un fluido termovettore adatto appunto ad immagazzinare e trasportare il calore nel punto di conversione in energia elettrica. Nella prima generazione di impianti termodinamici, veniva utilizzato come fluido un olio diatermico, questo e’ stato poi sostituito con una miscela di sali fusi, molto piu’ efficienti ed in gradi di trattenere per tempi piu’ lunghi il calore. Proprio il fluido termovettore e’ quello che garantisce la produzione di energia durante la notte. Il calore accumulato dal fluido durante l’esposizione al sole, rimane immagazzinato per diverse ore, in alcuni casi anche giorni, garantendo in questo modo una produzione costante.

Come visto nell’articolo precedente, proprio questo genere di pannelli, grazie al principio fisico che sfruttano, possono anche essere utilizzati in condizioni estreme, come ad esempio il deserto del Sahara. Ad oggi pero’, il costo dell’energia prodotta con questi sistemi e’ ancora 5-6 volte maggiore rispetto a quello di altre soluzioni percorribili. Il motivo di questo e’ da ricercarsi nella relativa giovane eta’ di questa tecnologia e soprattutto nella mancanza ancora di una produzione industriale massiccia di questi pannelli. In questo senso, la ricerca, soprattutto nella migliore concentrazione solare e nel piu’ vantaggioso fluido da utilizzare, sta andando avanti molto velocemente. Questo ci spinge a pensare che nel giro di pochi anni questa diverra’ una tecnologia sfruttabile a pieno e da cui si potranno avere buone produzioni energetiche anche in diverse parti del mondo.

Concludendo, come abbiamo visto, non possiamo parlare semplicemente di pannelli confondendo soluzioni radicalmente diverse tra loro. I principi tecnico-scientifici alla base di ciascuna soluzione sono radicalmente diversi, anche dal punto di vista dell’utilizzo. A livello di ricerca, il solare termodinamico sta portando importanti risultati e molto probabilmente, nel giro di pochi anni, questa soluzione potra’ avere costi piu’ contenuti e dunque una maggiore diffusione su scala mondiale.

 

Psicosi 2012. Le risposte della scienza”, un libro di divulgazione della scienza accessibile a tutti e scritto per tutti. Matteo Martini, Armando Curcio Editore.