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Due parole sulla stampa in 3D

5 Giu

Diversi utenti mi hanno contattato per avere un approfondimento sulle stampanti 3D. Oggi come oggi, questo tipo di tecnologia e’ entrato pesantemente nella nostra vita e tutti noi, almeno una volta, abbiamo sentito parlare di questa tecnologia anche se, a volte, si ignora completamente il processo realizzativo alla base di questi nuovi strumenti.

Se provate a cercare in rete, trovate una definizione della stampa 3D molto semplice: si tratta dell’evoluzione naturale della classica stampa in 2D, utilizzata pero’ per realizzare oggetti reali in materiali diversi.

Personalmente, trovo questa definizione molto semplicistica e assolutamente riduttiva. Perche’? Semplice, non possiamo confrontare una stampa 2D con una 3D proprio perche’ relativa ad una concezione di realizzazione estremamente diversa. Detto molto semplicemente, sarebbe come voler paragonare la pittura con la scultura, parlando di quest’ultima come la naturale evoluzione della prima.

Cerchiamo di andare con ordine e capire meglio le basi di questo processo. Se nella stampa 2D possiamo riprodurre su un foglio di carta una qualsiasi immagine, in quella 3D il prodotto finale ara’ un oggetto solido, reale e tridimensionale. Un esempio? Disegnate al pc una tazza. Se stampate il vostro disegno con una normale stampante avrete la riproduzione di quell’immagine appiattita su una superficie. Utilizzando invece una stampante 3D il vostro risultato sara’ una vera e propria tazza che potete vedere, toccare e, perche’ no, anche utilizzare.

Solo fino a qualche anno fa, un processo del genere sarebbe stato considerato fantascientifico e, se ci avviciniamo ai giorni nostri, retaggio di costosi macchinari riservati alle aziende piu’ grandi. Oggi invece la tecnologia della stampa 3D e’ divenuta “quasi” di uso comune grazie alla notevole contrazione dei prezzi di queste stampanti, risultato di massicci investimenti fatti da numerose compagnie pubbliche e private.

Pensate stia scherzando? Facendo una ricerca su internet, cominciate a trovare stampanti in grado di riprodurre oggetti fino a decine di centimetri per lato, ad un prezzo inferiore ai 1000 euro. Pensate sia ancora tanto? Nel giro di pochissimi anni, i prezzi di questi dispositivi si sono ridotti in media di un fattore dieci. Come anticipato, questo e’ stato possibile grazie ai notevoli investimenti fatti nel settore ricerca sia pubblico che privato. Per darvi una stima, il prezzo delle azioni delle maggiori case costrttrici di questi dispositivi e’ cresciuto fino a cinque volte facendo riconoscere queste aziende tra le migliori nei listini di borsa.

Visto il sicuro interesse in questi dispositivi, cerchiamo ora di capire meglio come avviene il processo realizzativo di un oggetto a tre dimensioni.

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Come potete facilmente immaginare, le tecniche realizzative utilizzate sono diverse ma per comprendere il meccanismo in modo semplice, concentriamoci su quello maggiormente utilizzato e piu’ intuitivo. Come nelle stampanti tradizionali, ci sono delle cartucce contenenti il materiale con cui sara’ realizzato il nostro oggetto. Nella versione piu’ comune, questo materiale sara’ ABS o PLA, due polimeri che per semplicita’ possiamo immaginare come delle plastiche. Normalmente le cartucce contengono questi materiali in forma di polvere o di fili.

Bene, abbiamo il materiale nelle cartucce, poi? Vi ricordate le vecchie stampanti che imprimevano una riga alla volta sul foglio che via via veniva portato avanti? Il processo e’ molto simile a questo. Nella stampa 3D l’oggetto viene realizzato per strati paralleli che poi crescono verso l’alto per realizzare i particolari del corpo che vogliamo stampare. L’esempio classico che viene fatto in questi casi e’ quello dei mattoncini dei LEGO. Strato per strato costruite qualcosa “attaccando” tra loro i vari pezzi. Nella stampa 3D ogni strato viene depositato sull’altro con un processo a caldo o di incollaggio a volte mediante l’ausilio di un materiale di supporto.

Compreso il processo alla base, la prima domanda da porci e’ relativa alla risoluzione di queste stampanti. In altre parole, quanto sono precisi i pezzi che posso realizzare? A differenza della stampa 2D, in questo caso dobbiamo valutare anche la precisione di costruzione verticale. Per quanto riguarda il piano orizzontale, la risoluzione della stampa dipende dalla “particella” di materiale che viene depositata. In verticale invece, come facilmente immaginabile, la precisione del pezzo dipendera’ dallo spessore dello strato che andate a depositare. Piu’ lo strato e’ sottile, maggiore sara’ la risoluzione della vostra stampa. Normalmente, per darvi qualche numero, parliamo di risoluzioni verticali dell’ordine del decimo di millimetro.

A questo punto, abbiamo capito piu’ o meno come funzionano queste stampanti, abbiamo visto che i prezzi sono in forte calo ma la domanda principale resta sempre la stessa: cosa ci facciamo con queste stampanti? In realta’, la risposta a questa domanda potrebbe essere semplicemente “tantissimo”. Cerco di spiegarmi meglio. Le stampanti 3D sono gia’ utilizzate e sotto attento studio di ricerca per il loro utilizzo nei piu’ svariati settori.

Qualche esempio?

Prima di tutto per le aziende che si occupano della realizzazione dei protitipi o di produzione su grande scala di oggetti di forma piu’ o meno complessa. In questo caso vi riporto direttamente la mia esperienza in questo settore. Ai Laboratori Nazionali di Frascati disponiamo di una stampante 3D con una buona risoluzione per la stampa di oggetti in ABS. Cosa ci facciamo? Moltissime parti dei rivelatori di particelle possono essere stampati direttamente in 3D saltando tutta la difficile fase della realizzazione con macchine utensili. Inoltre, ricorrere alla stampa 3D, anche solo in fase prototipale, consente di poter valutare al meglio la correttezza dell’oggetto pensato e la sua funzionalita’ nei diversi settori.

Oltre a queste applicazioni, le stampanti 3D possono essere utilizzate in medicina forense per la ricostruzione di prove danneggiate, in oreficeria, nel settore medico per la ricostruzione ossea, in paleontologia per la preparazione di modelli in scala di parti rinvenute e cosi’ via per moltissimi settori in cui la stampa 3D puo’ velocizzare notevolmente il processo realizzativo ma soprattutto con costi molto contenuti rispetto alla lavorazione classica.

Oggi come oggi, la ricerca in questo settore e’ fortemente orientata allo studio dell’utilizzo di materiali piu’ disparati. Per darvi qualche idea si va dal tessuto osseo alle plastiche, dalla roccia all’argilla e cosi’ via. Come potete capire immediatamente, piu’ materiali si riescono ad utilizzare, maggiori sono i settori interessati in questi prodotti.

Anche se poco noto al grande pubblico, in rete ci sono gia’ moltissimi siti e forum che si occupano di scambio open source di modelli 3D da stampare o anche solo di stampa su commissione conto terzi. Se ripensiamo al paragone con le stampanti classiche, se in questo caso bastava una qualsiasi immagine, per utilizzare una stampante 3D e’ necessario realizzare un modello tridiemnsionale da dare in pasto alla stampante. Per poter far questo ci sono ovviamente potenti software CAD ma anche tanti programmi gratuiti piu’ semplici gia’ scaricabili dalla rete.

Alla luce di quanto discusso, sicuramente il discorso sulle stampanti 3D e’ destinato ancora a crescere. In un futuro non troppo lontano, potremmo avere a disposizione strumenti domestici per realizzare l’oggetto che desideriamo. Inutile nascondere che questo qualche sospetto potrebbe destarlo. Solo pochi mesi fa si e’ molto discusso del progetto di una pistola in plastica perfettamente funzionante ed in grado di uccidere realizzabile con una stampante 3D ed i cui progetti erano finiti in rete. A parte questo “particolare”, quello delle stampanti 3D e’ sicuramente un mercato destinato a crescere e su cui moltissime aziende stanno fortemente puntando.

 

Psicosi 2012. Le risposte della scienza”, un libro di divulgazione della scienza accessibile a tutti e scritto per tutti. Matteo Martini, Armando Curcio Editore.

La migliore arma contro i terremoti?

4 Feb

Su questo blog, diverse volte ci siamo trovati a parlare di terremoti, sia dal punto di vista scientifico, sia anche per analizzare la situazione in diverse parti d’Italia:

– Analisi statistica dei terremoti

– Riassunto sui terremoti

– Dati falsi sui terremoti

– Terremoti, basta chiacchiere. Parliamo di numeri

– La sequenza del Pollino

Garfagnana: cosa succede, cosa succedera’?

Come ormai abbiamo capito a fondo, ad oggi non esiste un metodo scientifico e universalmente riconosciuto per prevedere un terremoto. Questa e’ l’informazione principale che dobbiamo tenere a mente.

Dunque? Come possiamo combattere un nemico che non sappiamo quando attacchera’, dove e con che potenza?

In diversi post abbiamo fatto la considerazione secondo la quale la miglior prevenzione contro i terremoti e’ solo quella di prevenire i danni ed i morti del terremoto. Questo significa che dovremmo investire nella sicurezza dei nostri edifici e delle nostre abitazioni. Come sapete, molto spesso, le vittime di un terremoto sono quelle che restano sotto le macerie. Impedire che gli edifici ci crollino sulla testa e’ sicuramente un’ottima prevenzione contro i terremoti.

Dobbiamo convivere con questi punti fermi. Non siamo in grado, al momento, di prevedere un terremoto, e non saremo mai in grado di fermare o di impedire un terremoto. Dunque, la cosa migliore e’ ridurre al minimo, o al limite azzerare, i morti e i danni di un sisma.

Ora pero’, come giustamente mi hanno fatto notare in alcuni commenti, cosa significa mettere in sicurezza un edificio? E’ possibile ristrutturare la propria abitazione per renderla piu’ sicura? Che spesa comporterebbero questi lavori?

Per poter rispondere a queste domande, e’ necessario fare delle considerazioni per cercare di circoscrivere il problema.

Il territorio italiano e’ tra quelli in Europa che presenta il maggior rischio sismico. Nell’ultimo millennio, abbiamo avuto circa 30000 terremoti, di cui 220 completamente distruttivi. Solo nell’ultimo secolo, le vittime dei terremoti sono state 120000, di cui 80000 solo nel terremoto del 1908 che ha colpito Reggio Calabria e Messina. Se ci limitiamo agli ultimi 40 anni, il costo della ricostruzione post sisma e’ stato di ben 100 miliardi di euro.

Teniamo a mente questi numeri, saranno molto utili nella discussione successiva.

Ora, non penso di dare una nuova informazione dicendo che molti dei nostri edifici sono antichi e dunque non costruiti secondo norme antisismiche. Quello che forse non tutti sanno e’ che solo negli anni ’80 sono state introdotte vere e proprie norme antisismiche per le nuove costruzioni. Questo significa che la quasi totalita’ degli edifici con piu’ di 3o anni non sono assolutamente concepiti per resistere ad un terremoto.

Oltre a questo dato, gia’ di per se allarmante, ha contribuito alla non sicurezza anche il ritardo con cui sono state pubblicate e aggiornate le carte della pericolosita’ sismica. Come forse ricorderete, a seguito del terremoto in Emilia del 2012, si torno’ a discutere di queste mappe del rischio, proprio in virtu’ del fatto che le mappe non erano aggiornate e non prevedevano un rischio sismico elevato per le regioni della pianura padana.

Vi mostro due cartine del rischio sismico, una relativa al 1984 ed una del 2003:

Mappe del rischio sismico nel 1984 e nel 2003

Mappe del rischio sismico nel 1984 e nel 2003

Come vedete, nel 1984, diverse zone del nostro paese non erano nemmeno classificate. La situazione miglioro’ poi nel 2003, ma anche questa carta e’ completamente diversa ed il rischio sottostimato rispetto alla situazione attuale in cui e’ stato adottato un sistema di classificazione molto piu’ preciso e con dettaglio molto migliore:

Attuale mappa del rischio sismico preparata dall'INGV

Attuale mappa del rischio sismico preparata dall’INGV

Ad oggi dunque, circa il 45% del territorio nazionale presenta un rischio sismico molto elevato. A causa dei ritardi nella compilazione di queste mappe, piu’ e’ alto il rischio sismico, piu’ stringenti sono le norme per le nuove costruzioni, e del ritardo legislativo nell’applicazione delle norme di rischio, si stima che solo il 14% degli edifici italiani sono in realta’ concepiti per resistere ad un sisma.

Questi numeri sono davvero preoccupanti!

Oggi come oggi, la situazione e’ ovviamente diversa. Tutte le nuove costruzioni devono sottostare a norme severe direttamente recepite dalla legislazione europea. Torniamo pero’ alle domande che ci siamo posto all’inizio. Se solo il 14% dei nostri edifici sono antisismici, cosa possiamo fare per quelli gia’ esistenti?

A differenza di quanto si potrebbe pensare, rendere antisismico un edificio non e’ un lavoro impossibile. Certamente le tecniche ed i rimedi da utilizzare variano da caso a caso, ed anche il costo di questi lavori non e’ univocamente determinato. Nonostante questo, cerchiamo di capire meglio come si potrebbe agire, ma soprattutto proviamo a dare una stima del costo.

Per prima cosa, dobbiamo cercare di capire meglio cosa significa antisismico. A differenza di quanto si potrebbe pensare, affinche’ una casa resista alle intense spinte longitudinali date da un terremoto, non si deve assolutamente appesantire la struttura. Al contrario, sono necessarie opere di consolidamento e di alleggerimento in grado di rendere elastica la nostra abitazione.

In caso di terremoto, una struttura leggera ed elastica riesce a resistere meglio alle sollecitazioni riuscendo ad assorbire le forti spinte in gioco. Al contrario, una struttura pesante e rigida rischia di “spaccarsi” immediatamente sotto l’azione di queste forze.

Altra idea sbagliata comunemente diffusa e’ quella che una struttura antisismica sia indistruttibile. Come e’ facilmente intuibile, una casa non puo’ essere concepita per resistere a terremoti di magnitudo elevata a piacere. Secondo la legislazione vigente, una casa antisismica deve poter resistere senza danni strutturali fino ad un terremoto M6.5. Per intensita’ maggiori la struttura non deve crollare immediatamente. Cosa significa questo? Semplicemente che in caso di terremoto di elevata magnitudo, la nostra abitazione deve darci il tempo di poter scappare fuori. Questa e’ la vera definizione di casa antisismica. In presenza di un terremoto, dobbiamo evitare che la casa ci crolli in testa causando vittime. Se abbiamo il tempo utile per uscire fuori e metterci in salvo, abbiamo praticamente annullato il rischio vitale.

Detto questo, i lavori da fare per rendere antisismica una abitazione ovviamente dipendono dal tipo stesso di casa. La prima grande divisione e’ tra abitazioni in muratura ed in cemento armato. In generale pero’, in tutti e due i casi, i primi lavori importanti prevedono l’alleggerimento del tetto, l’inserimento di strutture in grado di assorbire le spinte dinamiche del terreno e l’aggiunta di rinforzi collegati alle pareti dell’abitazione.

E’ possibile inoltre inserire catene e altri sistemi di raccordo per unire saldamente le pareti opposte degli edifici. Come sappiamo bene, molte delle case distrutte da un sisma presentano un crollo delle pareti che necessariamente indeboliscono la strutture e possono causare crolli dei piani superiori.

Importanti opere di consolidamento possono essere fatte per migliorare la distribuzione dei pesi e per rinforzare i pilastri dell’edificio. In questo modo, il conseguente alleggerimento delle travi, puo’ ritardare, in caso di terremoto di elevata intensita’, il crollo dell’edificio anche di diverse ore.

Capite bene che opere di questo tipo possono risultare molto diverse parlando di case o di appartamenti. In quest’ultimo caso, i lavori di ristrutturazione devono necessariamente essere inseriti in un opera complessiva. Intervenire su un singolo appartamento all’interno di un edificio con molte unita’ abitative puo’ risultare del tutto inutile.

Detto questo passiamo quindi ai costi. Premesso quanto detto in precedenza sui fattori di variabilita’ di questa stima, opere di questo tipo prevedono una spesa che si aggira intorno ai 500-600 euro per metro quadro, con picchi che possono arrivare a 1000 euro/m^2 nei casi piu’ difficili. Capite dunque che non si tratta di opere a costo zero, ma da cui potrebbe dipendere la nostra vita.

Quando diciamo che i nostri governanti dovrebbero pensare ad investire sulla prevenzione e sulla messa in sicurezza degli edifici, intendiamo certamente una spesa statale da devolvere per ospedali, scuole, luoghi istituzionali, uffici ecc, ma, a mio personale avviso, si dovrebbero prevedere anche dei piani di sgravio fiscale per chi decide di ristrutturare la propria casa e renderla resistente ai terremoti. In questo senso, si potrebbe pensare all’annullamento dell’IVA, ad un contributo statale, a meccanismi di ritorno dell’investimento, insomma si dovrebbero prevedere agevolazioni per la messa in sicurezza degli edifici. Questo sarebbe sicuramente un investimento per la sicurezza dei cittadini.

A riprova di queste considerazioni, vi voglio mostrare qualche numero importante. Se ci limitiamo alle aree dell’Italia che presentano il maggio rischio sismico, la spesa stimata per la messa in sicurezza degli edifici e’ di circa 200 miliardi di euro. Cifra che a prima vista potrebbe sembrare enorme. Ripensate pero’ a quanto detto in precedenza: solo negli ultimi 40 anni, la spesa statale per la ricostruzione dopo i terremoti e’ stata di ben 100 miliardi di euro. A fronte di questa cifra, la spesa per la messa in sicurezza non appare cosi’ impossibile e sicuramente l’inserimento di meccanismi di facilitazione fiscale sicuramente sarebbero ampiamente ripagati.

Prove di laboratorio sugli isolatori sismici

Prove di laboratorio sugli isolatori sismici

Solo per concludere, le nuove norme antisismiche prevedono la realizzazione di costruzioni non piu’ solo alleggerite per seguire l’onda del terremoto. In questo caso infatti si possono verificare fenomeni di risonanza tra l’oscillazione dell’edificio e quella del terreno che portano al crollo della struttura. Per evitare questo, si sta puntando sempre di piu’ sull’inserimento degli isolatori sismici, cioe’ sistemi in grado di isolare l’abitazione dal terreno e renderla quindi non oscillante. Opere di questo tipo possono essere realizzate solo su nuove costruzioni dal momento che anche gli impianti devono essere progettati in modo specifico. In caso contrario l’oscillazione del terreno rispetto alla casa che resta ferma potrebbe danneggiare i tubi degli impianti che fungono da collegamento tra la casa ed il terreno. Oltre a questi metodi passivi, negli ultimi anni la ricerca ingegneristica si sta anche orientando verso sistemi attivi, cioe’ in grado di modificare l’intervento in base alla sollecitazione, ed in questo senso si sta lavorando a soluzioni simili a quelle utilizzate in meccanica per la tenuta della stabilita’ o per il controllo antisbandata nelle automobili.

 

 

Psicosi 2012. Le risposte della scienza”, un libro di divulgazione della scienza accessibile a tutti e scritto per tutti. Matteo Martini, Armando Curcio Editore.