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Classifica delle specie piu’ longeve

24 Nov

Mentre sfogliavo alcuni siti, mi sono imbattuto in una notizia che mi ha fatto riflettere: come forse saprete, nel 2006 un team di biologi che stava facendo ricerche nel nord dell’Atlantico pesco’ un esemplare di Arctica islandica che divenne famosa per un motivo ben preciso. Questa particolare vongola passo’ infatti alla cronaca come l’animale piu’ longevo mai osservato.

Ecco una foto di quella che e’ stata poi ribattezzata “Ming” in ricordo della lunga dinastia cinese:

Ming, la Vongola Artica di 507 anni

Ming, la Vongola Artica di 507 anni

Per questi animali l’eta’ puo’ essere stimata come per le piante contando gli anelli sul guscio. Conoscendo infatti il ritmo di crescita si puo’ risalire all’eta’ della vongola semplicemente contando le zigrinature presenti. Quando venne pescata nel 2006, si stimo’ un’eta’ compresa tra 405 e 410 anni. Gia’ questo rappresentava un record assoluto dal momento che l’esemplare piu’ longevo della stessa specie pescato in precedenza aveva solo 220 anni.

Solo pochi giorni fa, l’eta’ di Ming e’ stata ricorretta verso l’alto dopo un’analisi piu’ accurata del guscio. Come potete leggere su diversi siti, la vongola pescata nel 2006 avrebbe un’eta’ addirittura di 507 anni.

Molto interessante. Ora pero’, proprio leggendo questa notizia ho pensato: ma quali sono le specie viventi piu’ longeve in assoluto?

Generalmente, come e’ noto, quando pensiamo ad organismi in grado di vivere per secoli, il nostro pensiero va subito verso specie vegetali.

Quali sono gli alberi piu’ vecchi del pianeta?

Se vogliamo stilare una classifica, al terzo posto troviamo un tasso del Galles di ben 4000 anni. Al secondo posto Matusalemme, un pino dai coni setolosi che si trova in California la cui eta’ stimata e’ di ben 4700 anni. Al primo posto, sicuramente indiscusso, troviamo Pando, il cosiddetto Gigante Tremante, un pioppo dello Utah con un’eta’ stimata di circa 80000 anni. Pando non ha la forma classica di un albero dal momento che si tratta di un genet di pioppi, cioe’ un insieme di ramificazioni, o moduli, cha fanno parte di un unico organismo vivente con ramificazioni sotterranee.

Genet di pioppi nel parco di Fish Lake nello Utah

Genet di pioppi nel parco di Fish Lake nello Utah

Numeri veramente impressionanti. Ma se volessimo pensare invece a specie animali?

Nella cultura popolare, ad esempio, le tartarughe sono animali molto longevi. In questo caso pero’, l’eta’ difficilmente supera i 200 anni. Sicuramente numeri di tutto rispetto, ma che niente hanno a che vedere con quelli visti per gli alberi.

In natura esistono pero’ altri animali che possono vivere piu’ a lungo delle tartarughe.

Come visto prima, le vongole della specie Arctica islandica, che sono senza dubbio animali, battono di gran lunga le tartarughe.

Se non bastasse, abbiamo poi una tipologia di spugna artica nota per il suo ritmo di crescita estremamente basso:

Spugna Antartica

Spugna Antartica

Queste spugne sono profondamente differenti dalle parenti che vivono ai tropici. Trattandosi di spugne, possiamo vederle come animali e non come vegetali. Questa tipologia di spugna artica e’ in grado di vivere a lungo anche perche’ e’ dotata di un guscio protettivo che la protegge dai predatori. L’eta massima registrata per questi animali, determinata da osservazioni dirette, e’ di ben 1500 anni.

Se ci fermassimo qui, le piante batterebbero di gran lunga le specie animali per quanto riguarda la longevita’. In realta’, manca da giocare la carta segreta, cioe’ questa:

Turritopsis nutricula

Turritopsis nutricula

Cosa sarebbe?

Ovviamente si tratta di una medusa, anche se molto particolare. Questo particolare animale e’ noto come Turritopsis nutricula, anche detto “medusa immortale”.

Cosa ha di tanto speciale? Perche’ immortale?

Questo animale ha una caratteristica unica: in caso di difficolta’, quando si trova nello stato sessualmente sviluppato, puo’ regredire allo stato originario di polipo da cui e’ nata. Attenzione, parliamo di polipo non di polpo. A questa tipologia appartengono gli anemoni, i coralli e altre specie che nulla hanno a che vedere con i molluschi.

La medusa immortale e’ originaria dei Caraibi ma oggi e’ diffusa un po’ in tutto il mondo. Le sue dimensioni non superano mai i 4-5 mm come diametro della campana superiore. La particolare caratteristica di cui abbiamo parlato, e che puo’ essere ripetuta all’infinito, rende questo animali praticamente immortale.

Attenzione pero’, non e’ stato, ovviamente, possibile stimare l’eta’ di questi naimali anche se il processo descritto renderebbero la capacita’ di rigenerazione e ringiovanimento perpetui. Inoltre, appartenendo alle specie che formano il plancton questi animali, potenzialmente immortali, hanno vite medie molto basse dettate dai numerosi predatori.

Detto questo, il record indiscusso per quanto riguarda la longevita’ spetta senza dubbio alla medusa immortale. Anche le specie vegetali si difendono molto bene raggiungendo, come visto, le decine di migliaia di anni. Ovviamente si tratta di valori lontanissimi dalla vita media di un essere umano che comunque, come valore medio, ha subito un rapido incremento negli ultimi decenni grazie al miglioramento della qualita’ della vita e ai progressi medici.

 

Psicosi 2012. Le risposte della scienza”, un libro di divulgazione della scienza accessibile a tutti e scritto per tutti. Matteo Martini, Armando Curcio Editore.

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Biocarburanti di terza generazione

28 Giu

Sicuramente, tutti avrete sentito parlare di biocarburanti. Come e’ noto, la domanda mondiale di petrolio e derivati continua a crescere nel tempo, causando, tra le altre cose, un aumento del prezzo del greggio. Uno dei problemi principali per quanto riguarda il consumo di petrolio, e’ la crescita sempre piu’ accentuata di quelle che una volta venivano chiamate economie emergenti. Dico tra quelle che “venivano chiamate” economie emergenti perche’, come noto, si tratta ormai di economie gia’ belle che solide, si pensi ad esempio alla Cina e all’India, e dove l’aumentato benessere, crea una richiesta di materie prime sempre crescente da parte della popolazione. In questo scenario, le fonti fossili hanno una vita sempre piu’ corta e, come sappiamo bene, dobbiamo gia’ fare i conti con quello che succedera’ nell’era, attualmente ancora inimmaginabile, del dopo petrolio.

In questo scenario, gia’ da qualche anno, si e’ iniziato a parlare di biocarburanti. Forse non tutti sanno che siamo gia’ arrivati alla seconda generazione di questi prodotti. Nella prima generazione si parlava di produzione da materiale vegetale, mentre nella seconda generazione si e’ studiata in dettaglio la produzione di carburanti a partire dagli scarti alimentari.

Questi studi hanno mostrato delle problematiche molto complesse e difficilmente risolvibili. Nella prima generazione, sicuramente avrete sentito parlare dell’olio di colza. Uno dei problemi principali in questo caso e’ l’utilizzo di vaste aree di terreno per la produzione di queste piante. Necessariamente, il ricorso a queste colture, sottrae terreno alla produzione alimentare. Ora, anche quello cibo per la popolazione mondiale sempre crescente e’ un problema serio e su cui, prima o poi, dovremo ragionare per trovare una soluzione. Rubare terreno alla produzione alimentare per piantare colza, crea dunque una competizione tra due problemi fondamentali per la civilta’ umana.

Per quanto riguarda invece la seconda generazione, il problema principale in questo caso e’ dato dai costi di produzione di energia che mostrano tutt’ora valori troppo elevati se confrontati con quelli dei combustibili fossili.

A questo punto, la terza generazione di combustibili fossili, mira a trovare soluzioni alternative per la produzione di biocarburanti utilizzando materie prime facili da reperire, economiche e ad alto rendimento in termini di carburante.

Il settore di ricerca principale nei biocarburanti di terza generazione e’ quello che vuole impiegare microalghe.

Cosa sono le microalghe?

Si tratta di normalissime specie vegetali che crescono spontaneamente nelle acque reflue. Un eventuale utilizzo di queste alghe consentirebbe dunque non solo di risolvere il problema dei carburanti, ma anche di ridurre il carico inquinante nelle acque di scarto.

Ovviamente, in un’ottica di produzione di massa, si pensa di creare dei veri e propri allevamenti di alghe. In questo caso, le uniche cose di cui c’e’ bisogno sono uno specchio d’acqua (cisterna, vasca, ecc) e della luce del sole per permettere la fotosintesi.

Le alghe in generale sono molto ricche di lipidi e proteine che le rendono ottimi candidati per la produzione di biodiesel e bioetanolo. Per darvi un’idea, il contenuto di grassi di queste sostanze e’ anche 30 volte superiore a quello delle comuni specie vegetali utilizzate nella produzione di biocombustibile (mais e colza in primis).

Come confronto numerico, vi riporto una tabella in cui viene mostrato non solo il contenuto lipidico di queste sostanze confrontate con le materie prime utilizzate nella prima e seconda generazione, ma anche il rendimento in termini di olii che e’ possibile ottenere:

Materia prima

Contenuto lipidico (% olio/s.s.)

Rendimento in olio
(L olio/ha)

Suolo utilizzato
(m2/kg biodiesel)

Resa in biodiesel
(kg biodiesel/ha)

Mais

4

172

66

152

Soia

18

446-636

18

562

Jatropha

28

741-1.892

15

656

Camelina

42

915

12

809

Colza

41

974

12

946

Girasole

40

1.070

11

1.156

Olio di palma

36

5.366-5.950

2

4.747

Microalghe (basso contenuto in olio)

30

58.700

0,2

51.927

Microalghe (medio contenuto in olio)

50

97.800

0,1

86.515

Microalghe (elevato contenuto in olio)

70

136.900

0,1

121.104

Anche per quanto riguarda l’emissione di CO2, i carburanti prodotti da alghe presentano valori molto piu’ bassi rispetto ai biocarburanti soliti:

Materia prima

Emissioni di CO2

Impiego di acqua

Superficie necessaria per soddisfare la domanda mondiale di petrolio

 

(gCO2eq/MJ)

(g/m2/g)

(106 ha)

Jatropha

56,7

3.000

2.600

Alga

3

16

50-400

Olio di palma

138,7

5.500

820

Colza

78,1

1.370

4.100

Soia

90,7

530

10.900

Le proprieta’ dei carburanti ottenuti tra le terza e le prime due generazioni e’ del tutto equivalente:

Proprietà

Biodiesel da alghe

Biodiesel da soia

Biodiesel da colza

Biodiesel da girasole

Diesel

Densità (kg/L)

0,864

0,884

0,882

0,860

0,838

Viscosità (mm2/s, cSt a 40 °C)

5,2

4

4,83

4,6

1,9-4,1

Flash point (°C)

115

131/178

155/180

183

75

Punto di solidificazione (°C)

-12

-4

-10,8

-7

-50/+10

Punto di intorbidamento (°C)

2

1

-4/-2

1

-17

Numero di cetano

52

45/51

53/56

49

40-55

PCI (MJ/kg)

41

37,8

37,2

38,9

42

Dunque, tutto risolto, basta iniziare a coltivare alghe per eliminare il problema delle risorse fossili. Purtroppo, non e’ propriamente cosi’.

Come anticipato, si tratta di ricerche attualmente in corso. Il problema principale dell’utilizzo di alghe e’, al solito, il costo. Allo stato attuale per ottenere 1 Kg di alghe servono circa 3.5 dollari. Questo prezzo e’ ancora troppo alto in confronto ai combustibili classici.

Come detto pero’, si tratta di studi ancora ad un livello quasi pioneristico. In tal senso, ci sono ancora molti “manici” che possono essere utilizzati per migliorare e ottimizzare il processo. Prima di tutto, i costi mostrati sono relativi ad una produzione su piccolissima scala. Nell’idea di un impianto dedicato, il costo per Kg di alghe potrebbe scendere tranquillmanete di un fattore 10, rendendolo paragonabile a quello dei combustibili fossili. Inoltre, esistono migliaia di specie di alghe che possono essere coltivate. In termini di resa, le alghe attualmente in studio potrebbero non essere le migliori per contenuto lipidico. Trovare soluzioni migliori equivale a migliorare il rendimento in produzione e dunque ad abbassare ancora il prezzo. Sempre in questo contesto, il ricorso all’ingegneria genetica potrebbe aiutare ad ottimizzare i processi di fotosintesi, aumentando notevolmente la produzione lipidica e dunque il rendimento nella produzione di olii combustibili.

Concludendo, gli studi sulla terza generazione di biocarburanti mirano all’utilizzo di alghe. Queste specie vegetali presentano un altissimo contenuto lipidico che le rende ottime candidate per la produzione di combustibili. Allo stato attuale, ripetiamo di ricerca pura e appena iniziata, i costi di produzione delle alghe sono ancora troppo elevati. Gli studi in corso mirano dunque all’ottimizzazione della produzione di queste nuove materie prime, oltre a migliorare il rendimento trovando, tra le migliaia disponibili, quelle a maggior contenuto lipidico. Sicuramente, una ricerca del genere merita attenzione. In un futuro piu’ o meno prossimo potrebbe rivelarsi fondamentale per la civilta’ umana.

 

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L’ipotesi Gaia

25 Giu

In questi giorni, su molti giornali e’ apparso un articolo che ha suscitato il mio interesse. Secondo alcuni ricercatori, esisterebbe l’ipotesi secondo la quale la vita si autoregola. In tal senso, l’equilibrio creato sulla terra dai numerosi esseri viventi potrebbe arrivare, principalmente a causa dell’uomo, ad un punto di non ritorno. In queste condizioni, la vita sarebbe in grado di spostare il suo punto di equilibrio, trovando nuove condizioni di stabilita’. Questo sarebbe possibile magari modificando i parametri atmosferici o ambientali. Ora, sempre secondo questo studio, non e’ assolutamente certo che le nuove condizioni create siano adatte per ospitare la vita umana sulla Terra.

Questo e’ quello che dice l’articolo pubblicato su una rivista scientifica. In realta’, molti giornali hanno romanzato su questa ricerca, mettendo titoli del tipo “la vita si autoregola e prima o poi si sbarazzera’ di noi”. Tra le altre cose, non mancano i riferimenti ad una tempesta perfetta in grado di spazzare via la vita umana e dunque di far ripartire la Terra senza la nostra, diciamo anche scomoda, presenza.

Come detto, si tratta di un articolo reale basato, in verita’, su studi di simulazione computazionale. In questo senso, diversi parametri sono stati simulati e riprodotti in un algoritmo informatico in modo da studiare l’evoluzione temporale del comportamento di questi parametri. Studi di questo tipo sono molto importanti ed interessanti perche’ consentono di capire meglio lo stato attuale di alcuni aspetti ambientali e, se vogliamo dirlo in altri termini, lo stato di salute del nostro pianeta.

Nonostante questo, lo studio richiama un po’ l’ipotesi Gaia fatta nel 1979 dal chimico inglese Lovelock. Come forse saprete, secondo questo approccio, la Terra stessa e’ vista come una sorta di organismo vivente. Questo e’ in realta’ improprio perche’ nell’ipotesi Gaia, il comportamento adattivo del pianeta e’ dato dalla complessita’ della biosfera, cioe’ nelle relazioni che si possono creare tra gli organismi viventi e con l’ambiente stesso. In particolare, tanto piu’ e’ complesso il sistema, cioe’ maggiori sono le interrelazioni tra i componenti, tanto maggiori saranno le capacita’ adattive del pianeta.

Al tempo, l’ipotesi Gaia e’ stata fortemente criticata da molti esperti, perche’ sembrerebbe assurdo pensare ad un pianeta Terra in grado di prendere decisioni. Personalmente, trovo in realta’ l’ipotesi molto affascinante. Dal punto di vista informatico, ad esempio, sistemi del genere sono fatti per studiare l’eveoluzione su larga scala di modelli complessi. Esempio forse noto a tutti e’ il cosiddetto “Game of Life”. In questi algoritmi, si definiscono delle regole semplici valide per un piccolo insieme, dopo di che si parte da un insieme grande la cui evoluzione, anche se governata da semplici regole locali, non e’ assolutamente certa. Questo avviene perche’ su larga scala l’enorme quantita’ di variabili rendono il sistema fortemente instabile al punto da assumere quasi un comportamento intelligente e non scontato.

Per capire meglio l’ipotesi Gaia, cerchiamo di fare qualche esempio. Al tempo della sua formulazione, Lovelock era impiegato per la NASA per lo studio della possibilita’ di vita sugli altri pianeti in base alla composizione dell’atmosfera. Lovelock trovo’, ironia della sorte, risultati molto interessanti anche applicando i suoi modelli al pianeta Terra. Nel nostro caso, infatti, avere metano e ossigeno simultaneamente, dovrebbe portare, sotto l’azione della radiazione solare, alla rapida formazione di anidride carbonica e vapore acqueo. Se questo meccanismo fosse l’unico, in rapido tempo le condizioni stesse per la vita verrebbero a mancare. Cio’ che rende il sistema stabile, cioe’ con una quantita’ pressocche’ costante di componenti, e’ principalmente il continuo apporto di ossigeno da parte della vegetazione.

Sempre parlando di atmosfera, ci sono molte specie sia acquatiche che terrestri che, ad esempio, contribuiscono a mantenere costante la temperatura media della Terra. Come vedete, ci sono tantissimi fattori, molto spesso collegati tra loro, che consentono di regolare e mantenere le condizioni adatte alla vita. Nell’ipotesi Gaia, sono proprio queste interrelazioni che rendono il sistema quasi pensante ed in grado di adattarsi, cioe’ di trovare nuovi punti di equilibrio quando fortemente sollecitato.

Secondo alcune ipotesi, a seguito, ad esempio, del riscaldamento globale, l’ecosistema Gaia, che, come detto, rappresenta la totalita’ delle relazioni tra specie animali e vegetali, potrebbe rispondere con un abbassamento della temperatura fino a portare ad una nuova era glaciale. Proprio riguardo a questa ipotesi, prima, ad esempio, del Maunder minimum, cioe’ della piccola era glaciale, si erano registrati significativi aumenti della temperatura media in Europa.

Come potete capire, lo studio pubblicato in questi giorni, riprende proprio questi concetti. Se, per qualsiasi motivo, il sistema fosse messo sotto pressione nel modificare alcuni parametri, la Terra potrebbe rispondere spostando e creando un nuovo punto di equilibrio. Ora, non possiamo affermare a priori che questo nuovo equilibrio sia adatto per la vita umana.

Personalmente, trovo lo studio di questi aspetti molto affascinante, ma ovviamente non banale. Da quanto detto, non voglio certo creare io ipotesi catastrofiste, lo scopo di questo articolo e’ solo quello di mostrare il fitto intreccio di relazioni che ci sono non solo tra esseri viventi, ma anche tra specie animali e vegetali o anche con i parametri ambientali. Modificare pesantemente i punti di equilibrio potrebbe portare a rapide modificazioni dell’ecosistema naturale. Detto in altre parole, Gaia non e’ sempre in grado di aggiustare i parametri e fare fronte a tutte le pesanti modifiche che noi gli imponiamo. In questa chiave, non dobbiamo certamente, come forse stiamo facendo, calcare troppo la mano. Prima o poi, potremmo avere conseguenze notevoli sul nostro ecosistema.

 

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Orologio Biologico e ritmi circadiani

22 Giu

In un commento a questo articolo:

Le pietre che si muovono da sole

un nostro affezionato lettore ha chiesto una cosa molto interessante. Come potete leggere, il commento era relativo all’esistenza o meno di un orologio biologico. Come sapete bene, spesso sentiamo parlare di questo argomento, supponendo che il nostro corpo sia autonomamente in grado di percepire lo scorrere del tempo. In particolare, come chiesto nel commento, si fa riferimento al fatto che spesso guardiamo l’orologio sempre allo stesso orario, come se scattasse una molla in un preciso istante o meglio che il nostro organismo risenta, con una precisione molto elevata, dello scorrere del tempo.

L’argomento e’ molto interessante e ovviamente molto complesso, dal momento che chiama in causa discipline diverse e aspetti, molto spesso, ancora sconosciuti. Nonostante questo, cerchiamo di fare il punto della situazione e di comprendere lo stato delle nostre attuali conoscenze.

Per prima cosa, parlare di orologio biologico implica un discorso che trascende dal solo essere umano. Quando pensiamo a questo concetto, non dobbiamo assolutamente limitarci al solo giorno. Esistono periodi ben definiti che da sempre gli organismi animali e vegetali sono stati in grado di identificare e utilizzare a loro favore. Sicuramente, la variazione piu’ facilmente comprensibile e’ quella dell’alternanza tra giorno e notte. Molte specie, tra cui anche l’uomo, ha da sempre utilizzato questa variazione per regolare i ritmi sonno-veglia. Al contrario, alcune specie animali che si procurano il cibo durante le ore di buio, riposano di giorno.

Pensando all’aternanza giorno-notte, molto semplicemente potremmo pensare che i nostri occhi ci diano tutte le indicazioni, cosi’ come avviene per gli animali. In realta’, questo non e’ completamente vero. L’alternanza tra luce e buio e’, ad esempio, utilizzata dal alcune piante per modificare l’apertura e la chiusura dei fiori o per proteggere le parti piu’ sensibili dalla diminuzione di temperatura durante la notte. Come e’ evidente, le piante non hanno certamente gli occhi per vedere quando il sole tramonta. Tornando dunque al caso umano, non sono solo gli occhi che ci dicono che e’ arrivata la notte, il ritmo sonno-veglia e’ governato da meccanismi insiti nel nostro organismo. A riprova di questo, sono stati condotti diversi esperimenti su soggetti in ambienti chiusi, ad esempio speleologi all’interno di caverne. In questo caso, senza la possibilita’ di vedere fuori, il soggetto ha continuato a dormire durante le ore notturne per i primi giorni. Successivamente poi, la durata del giorno si e’ leggermente modificata, fino ad arrivare anche a 36 ore. Cosa significa questo? Semplicemente che nei casi specifici analizzati, e’ stato possibile “sballare” gli orologi biologici, soprattutto a causa della non visibilita’ dell’alternanza del giorno. In tal senso, il passaggio luce-buio riesce di volta in volta a sincronizzare il nostro orologio.

Alla luce di questo, possiamo parlare non solo di orologi biologici intesi come il trascorrere delle 24 ore, ma come una vera e propria mappa temporale. In tal senso, si parla di ritmi”circadiani” per indicare quelle funzioni che vengono interpretate dall’organismo nell’arco del giorno. In contrapposizione avremmo poi i ritmi circasettani, circatrigintani e circannuali, per indicare gli orologi biologici settimanali, mensili e annuali. Il termine circadiano deriva proprio dalla crasi delle parole latine “circa” cioe’ quasi e diem cioe’ giorno.

Nel caso specificatamente umano, i ritmi circadiani piu’ noti, oltre a quello sonno-veglia, sono quelli della secrezione del cortisolo, della variazione della temperatura corporea, di modificazione circolatoria, ecc. Come vedete, tutti questi ritmi circadiani sono un chiaro esempio di orologio biologico. Disturbi al nostro sincronismo interno possono essere esterni o interni. Alla prima categoria appartengono ad esempio il Jet Lag se viaggiamo in paesi con orario diverso dal nostro o anche la permanenza in ambienti con alternanza luce-buio completamente diversi. In particolare, se provate a spostarvi molto a nord, dove la durata del giorno e della notte nei diversi periodi dell’anno e’ molto sbilanciata, questo puo’ influire pesantemente sull’orologio biologico. Per quanto riguarda invece i disturbi interni, si tratta di malfunzionamenti o disturbi nella secrezione di qualche ormone. In questo caso, siamo proprio di fronte a disturbi clinici la cui tipologia puo’ essere anche molto diversa da caso a caso.

Come anticipato, i ritmi circadiani sono stati evidenziati in specie animali e vegetali completamente diverse tra loro. Questo risultato ci fa capire che l’origine dell’orologio biologico deriva proprio dalla struttura cellulare. In particolare, avendo fatto riferimento ai ritmi di secrezione ormonale, l’ipotesi cellulare e’ quella maggiormente utilizzata. Secondo alcuni studi, l’origine dei ritmi circadiani e’ da ricercarsi nella protezione del DNA durante le fasi di replicazione. Come e’ noto infatti, questa replicazione avviene durante le ore notturne appunto per proteggere il DNA dalla radiazione ultravioletta presente durante le ore diurne.

Alla luce di quanto detto, possiamo affermare che esiste un vero e proprio orologio biologico non solo nell’essere umano e non solo nelle specie animali. Questo orologio serve a regolare molte funzioni dell’organismo che avvengono con precisione nell’arco della giornata, della settimana, del mese o dell’anno. Detto questo pero’, non possiamo certamente pensare che il nostro orologio abbia una precisione di qualche secondo. A livello biologico, questo sarebbe completamente inutile dal momento che la maggior parte dei processi viene regolamentata dall’alternanza tra luce e buio. In tal senso, se capita di vedere l’orologio esattamente alla stessa ora per piu’ di una volta, possiamo tranquillamente parlare di coincidenze. Al contrario, se vogliamo in termini scientifici con una precisione inferiore, siamo in grado ad esempio di avere sonno sempre alla stessa ora o di sentire lo stimolo della fame sempre allo stesso orario, ovviamente con un’incertezza dell’ordine di piu’ di qualche minuto.

 

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Ad un anno dal sisma, la terra ribolle in Emilia

20 Mag

In questi giorni, sta facendo molto discutere un fenomeno alquanto curioso che sta avvenendo in alcune zone in provincia di Mantova.

Di cosa si tratta?

Sembrerebbe che la terra stia ribollendo, emettendo uno strano gorgoglio e, almeno secondo le testimonianze, venga emesso un gas non ancora identificato.

Il fenomeno e’ stato osservato per la prima volta a San Giovanni del Dosso e da ieri anche a Campagnola nella Bassa Reggiana. I primi a parlare di questo avvenimento, sono stati i giornalisti della Gazzaetta di Mantova che sono anche intervenuti sul posto. Per farvi capire di cosa stiamo parlando, vi riporto il link al giornale in cui potete vedere e sentire il misterioso borbottio:

Gazzetta di Mantova, San Giovanni del Dosso

Come raccontato dal giornale, in entrambi i casi, il fenomeno e’ stato osservato in campi agricoli e sono state allertate le autorita’ per cercare di capire l’origine di questi strani rumori. Ad oggi, non si sa ancora l’origine certa ne’ tantomeno il meccanismo geologico che innesca questi movimenti.

Di questo strano fenomeno, ho discusso con un nostro lettore che vive proprio nella zona e che mi ha contattato per cercare di capire cosa stia accadendo. Ovviamente, non avendo a disposizione dati certi, e’ possibile fare solo delle ipotesi basate sui video che trovate in rete.

Prima di parlare di ipotesi, cerchiamo di contestualizzare la situazione. Proprio oggi, e’ l’anniversario della prima scossa che ha interessato l’Emilia, il 20 Maggio 2012. Di questo evento, cosi’ come di quello del 29, abbiamo parlato moltissimo in questo blog per analizzare e smentire le tantissime ipotesi che volevano il terremoto indotto dall’uomo o legato a qualche strana attivita’ di fratturazione idraulica.

Parlando di una zona con ancora vivo il ricordo di quei momenti, e’ abominevole pensare che in rete ci sia una fortissima speculazione anche su questo ultimo fenomeno. Purtroppo, come ormai sappiamo bene, pur di fare profitto non si guarda in faccia nessuno.

Analizziamo un attimo i fatti. Stando a quanto riportato dai testimoni, oltre a questo strano rumore, dal terreno sarebbe emesso anche un gas. Per certo, sappiamo che non si tratta di metano. Questo perche’, con un metodo alquanto discutibile dal punto di vista scientifico, le persone intervenute sul luogo hanno accertato che avvicinando una fiamma il gas non si incendiava. Si potrebbe discutere sul metodo “scientifico” utilizzato, ma non e’ questo l’importante ora.

Quali sono le spiegazioni che trovate in rete? La piu’ citata e’ che il gas emesso sia radon. Perche’ questa ipotesi? Semplice, per creare la connessione con le teorie di Giuliani e quindi far intendere che da qui a pochi giorni ci potrebbe essere una nuova scossa. Di queste teorie abbiamo parlato piu’ volte, discutendo come le emissioni di radon dal sottosuolo non possano essere considerate un precursore sismico. Non mi stanchero’ mai di ripetere che: ci possono essere terremoti preceduti da emissioni di radon, ci possono essere terremoti non preceduti da emissioni di radon, ci possono essere emissioni di radon senza terremoti. Nell’ottica dell’individuazione di un precursore sismico, capite dunque che questo parametro non e’ assolutamente affidabile.

Detto questo, ci sono poi tantissimi siti che parlano dello stesso fenomeno avvenuto pochissimi giorni prima della violenta scossa del 20 maggio 2012. Cosa significa questo? Semplice, far credere alle persone che tra pochi giorni ci potrebbe essere di nuovo un forte terremoto.

Prima di farci prendere dal panico, andiamo con ordine e cerchiamo di inquadrare la cosa.

Prima di tutto, parlando dei terremoti del 2012, abbiamo parlato di fenomeni simili a questi che stiamo analizzando ora, in questi post:

Una prova del fracking in Emilia?

Inalzamento dei pozzi in Emilia prima del sisma

Spesso i vulcanelli vengono citati in tanti articoi attuali, dimenticando pero’ un particolare fondamentale: come visto nel post, questo fenomeno non e’ un precursore sismico, bensi’ una conseguenza di un forte sisma. Cosa significa? Che, dopo un forte sisma, in prossimita’ dell’epicentro, possono (ma non e’ detto) formarsi questi vulcanelli di sabbia dovuti a fenomeni di liquefazione del terreno. E’ un precursore? No, non avvengono prima, casomai dopo un sisma.

Allora cosa sono questi strani rumori che si avvertono?

Dunque, come anticipato, non abbiamo ancora dati in mano per formulare ipotesi certe, ma dobbiamo considerare due aspetti molto importanti: a seguito del sisma del 2012, la struttura morfologica del terreno potrebbe essere stata modificata. Inoltre, fino a pochi giorni fa, si sono registrate fortissime piogge proprio sull’area in questione.

Alla luce di questo, cosa potrebbe creare il rumore?

Tra le tante ipotesi che si leggono, secondo me due sono verosimili. La prima e’ che la liquefazione della sabbia, documentata nei post precedenti, abbia creato spazi vuoti nel terreno. In questo caso, l’acqua delle precipitazioni e’ entrata nel terreno ed e’ andata a riempire questi spazi. Il rumore che si sente e’ semplicemente dovuto ad un gioco di pressioni. Sacche che vengono riempite dall’acqua che passa nel terreno, possono creare pressioni diverse e dunque l’acqua si sposta creando questo rumore. Se volete e’ un po’ come i vasi comunicanti. In questo senso, il gas che uscirebbe dal terreno sarebbe soltanto l’aria che era contenuta nelle sacche e che lascia il posto all’acqua proveniente dalla superficie.

La seconda ipotesi plausibile e’ che si tratti di anidride carbonica. In questo caso, il discorso e’ del tutto equivalente a quello precedente, solo che le sacche sarebbero piene di anidride carbonica. Questo gas potrebbe essere accumulato da vegetali o anche da piccoli giacimenti sotterranei.

Personalmente, ma potrei sbagliare, credo sia piu’ plausibile la prima ipotesi. In tal senso, come visto, questo fenomeno sarebbe comunque connesso agli sconvolgimenti del terremoto del 2012, ma causato direttamente dalle violente piogge dei giorni scorsi.

Permettetmi un pensiero a voce alta. E’ gia ‘qualche giorno che si parla di questo fenomeno, possibile che in tutta Mantova non si sia trovato un laboratorio attrezzato per fare una semplice analisi e capire prima di tutto che gas viene emesso dal terreno? Non credo sia una cosa tanto difficile, forse solo un pochino di piu’ che avvicinarsi con un accendino al terreno, ma sicuramente molto piu’ scientifico.

Ad oggi, sono state anche scavate delle buche nel terreno fino a 80 cm, ma non hanno rivelato nulla di anomalo. A questo punto, non resta che attendere qualche giorno e aspettare i risultati delle analisi per potere capire finalmente di che fenomeno si tratta.

L’unica cosa che vorrei sottolineare, e’ l’assoluta non correlazione tra questo fenomeno ed un sisma. Se parliamo di vulcanelli, intendiamo una coseguenza non un precursore di terremoto. Se parliamo di radon, facciamo illazioni sia dal punto di vista del fenomeno, dal momento che non e’ noto il gas che fuoriesce, sia dal punto di vista, come detto, dei precursori. Dunque, rimaniamo calmi e cerchiamo di capire veramente di cosa si tratta, non dando soddisfazione ai tanti speculatori di cui la rete e’ ormai satura.

 

”Psicosi 2012. Le risposte della scienza”, un libro di divulgazione della scienza accessibile a tutti e scritto per tutti. Matteo Martini, Armando Curcio Editore.