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Un futuro … robotico

13 Mar

Nell’immaginario collettivo dettato dai film e racconti di fantascienza, il nostro futuro dovrebbe essere popolato da robot umanoidi dotati di intelligenza propria ed in grado di comunicare, interagire e, perche’ no, contrapporsi agli stessi esseri umani che li hanno creati. Da decenni questi scenari futuristici vengono richiamati e su tematiche del genere si sono inventate tantissime storie e racconti. Il nostro livello tecnologico, per quanto, punto di vista personale, debba sempre essere migliorato ed e’ sempre un passo indietro a quello che vorremmo fare, non e’ assolutamente scarso eppure questi tanto citati scenari non si sono ancora visti.

Nonostante questo, e anche se molti lo ignorano, la tecnologia robotica ha fatto enormi passi avanti negli ultimi anni e molte operazioni, sia di routine che di elevata complessita’, sono gia’ eseguite dagli uomini coadiuvati da sistemi elettromeccanici. Spesso, questa simbiosi tecnologica e’ necessaria e utile per migliorare la precisione di determinate operazioni, altre volte invece e’ una vera e propria necessita’ fondamentale per supplire all’impossibilita’ di un intervento diretto dell’uomo.

Proprio da questo ultimo scenario vorrei partire per commentare una notizia apparsa sui giornali qualche giorno fa. Provate ad immaginare uno scenario di questo tipo: siamo su un’astronave lontana migliaia di kilometri da Terra. Un membro del nostro equipaggio ha un problema di salute importante che impone un intervento chirurgico di urgenza. Per quanto gli altri membri dell’equipaggio possono essere addestrati a situazioni di questo tipo, non e’ assolutamente possibile immaginare che tutti siano in grado di fare tutto in modo eccellente. Cosa fare per salvare la vita dell’uomo? In casi come questo, potrebbe intervenire un robot in grado di compiere operazioni chirurgiche anche delicate perche’ programmato ed istruito per farle oppure perche’ telecontrollato da un esperto sulla Terra o su un’altra navicella nello spazio.

Pensate sia fantascienza?

Proviamo a sostituire qualche soggetto della nostra storia. La navicella lontana dalla Terra e’ la Stazione Spaziale Internazionale, i membri dell’equipaggio sono gli astronauti provenienti da diversi paesi e che devono restare in orbita anche per periodi relativamente lunghi. Come vengono gestiti casi come quello raccontato sulla ISS? Per il momento, non c’e’ stato mai bisogno di operare d’urgenza un membro della stazione spaziale ma, come potete capire, e’ necessario predisporre piani di emergenza anche per far fronte a problemi come questo. Dal punto di vista medico, gli astronauti della stazione hanno in dotazione strumentazione di monitoraggio e controllo che possono usare autonomamente o aiutandosi in coppie.

Sicuramente un robot appositamente creato per questi scopi potrebbe coadiuvare gli astronauti sia nelle operazioni di routine che in casi di emergenza.

Questo e’ il pensiero che i tecnici NASA hanno avuto quando, qualche anno fa, hanno mandato sulla Stazione Spaziale il Robonaut 2, un robot umanoide che ancora oggi e’ in orbita intorno alla Terra. Inizialmente, il robot e’ stato inviato per aiutare gli astronauti nelle operazioni piu’ difficili ma anche per sostituirli in quelle piu’ banali e ripetitive che sottraggono inutilmente tempo al lavoro del team.

Il Robonaut 2 all'interno della Stazione Spaziale Internazionale

Il Robonaut 2 all’interno della Stazione Spaziale Internazionale

La storia del progetto inizia gia’ dal 1997 quando venne sviluppato un primo prototipo di Robonaut. Questo sistema era pensato per aiutare gli astronauti o sostituirli durante le attivita’ extraveicolari piu’ pericolose. Inoltre, poteva essere montato su un piccolo carro a 6 ruote trasformandolo in un piccolo rover intelligente per l’esplorazione in superficie della Luna o di altri corpi celesti.

Il progetto, come potete immaginare, risulto’ valido e dal 2006 e’ iniziata una stretta collaborazione tra la NASA e la General Motors per la costruzione di un sistema piu’ affidabile e da testare in orbita, appunto il Robonaut 2. Una volta arrivato sulla stazione, il robot venne lasciato imballato per diversi mesi a causa dell’elevato carico di lavoro degli astronauti, fino a quando venne messo in funzione quando nella stazione era presente anche il nostro Paolo Nespoli.

Ecco un video delle prime fasi di collaudo del Robonaut-2:

Come detto, il Robonaut 2 e’ un robot umanoide dotato di due braccia a 5 dita per un peso complessivo di 150Kg, escluse le gambe non previste in questa versione. Il costo di produzione e’ stato di circa 2.5 milioni di dollari per produrre un vero e proprio gioiello di elettronica. Il robot e’ dotato di 350 sensori, una telecamera 3D ad alta definizione, il tutto comandato da 38 processori Power PC. Il complesso sistema di snodi consente di avere 42 gradi di movimento indipendenti.

Addestramento del Robonaut 2 con un manichino

Addestramento del Robonaut 2 con un manichino

La notizia di questi giorni e’ relativa allo speciale addestramento che il Robonaut 2 sta seguendo per diventare un vero e proprio medico di bordo pronto a far fronte, autonomamente o su controllo da Terra, ad ogni intervento medico richiesto, da quelli di routine a, eventualmente, vere e proprie operazioni. Questo addestramento e’ seguito passo passo sia da medici che da tecnici NASA esperti di telecontrollo, dal momento che tutto verra’ poi seguito da Terra verso la Stazione Spaziale. Stando a quanto riportato anche dalla NASA, il Robonaut sarebbe gia’ in grado di eseguire piccoli interventi di routine e di fare prelievi e punture ad esseri umani. Ovviamente, per il momento la sperimentazione e’ fatta su manichini anche se il robot ha mostrato una straordinaria capacita’ di apprendimento e, ovviamente, una precisione e ripetivita’, difficilmente raggiungibili da una mano umana.

Come vedete, forse gli scenari fantascientifici da cui siamo partiti non sono poi cosi’ lontani. In questo caso, l’utilizzo di tecnologia robotica e’ necessario proprio per supplire all’impossibilita’ di intervento diretto da parte dell’uomo e sicuramente potrebbe essere in grado in un futuro molto prossimo di far fronte a situazioni altrimenti non gestibili.

Prima di chiudere vorrei pero’ aprire un ulteriore parentesi robotica. Se pensate che l’utilizzo di un sistema elettromeccanico in medicina sia una novita’ assoluta o se credete che sistemi di questo tipo siano appannaggio soltanto della Stazione Spaziale o di centri di ricerca futuristici, state sbagliando di grosso.

Vi mostro una foto di un altro robot, assolutamente non umanoide, ma con funzioni molto interessanti:

Il sistema robotico Da Vinci

Il sistema robotico Da Vinci

Questo e’ il Robot Da Vinci, proprio in onore del nostro Leonardo, utilizzato in moltissime sale operatorie di tutto il mondo.

Da Vinci e’ prodotto dalla ditta americana Intuitive Surgical e gia’ nel 2000 e’ stato approvato per l’uso in sala operatoria dalla Food and Drugs Administration. Questo sistema e’ dotato di diversi bracci elettromeccanici che consentono una liberta’ di movimento molto maggiore, e assai piu’ precisa, di quella di un polso umano. Il sistema e’ teleguidato da un medico lontano dalla sala operatoria al cui interno ci sono solo infermieri che di volta in volta posizionano lo strumento giusto nelle pinze del robot. Stando a quanto dichiarato, questo robot consente ovviamente di avere una affidabilita’ di ripetizione e precisione molto maggiore di quelle di un normale medico riuscendo ad operare limitando fino ad 1/3 il normale sangiunamento degli interventi piu’ complicati.

Dal sito della Intuitive Surgical si legge che ad oggi sono stati venduti piu’ di 700 di questi robot e pensate che in Italia quasi 70 sale operatorie sono attrezzate con questo sistema. Il numero di operazioni effettuate con questo robot e’ dell’ordine delle decine di migliaia.

E’ tutto oro quello che luccica?

Per completezza, e come siamo abituati a procedere, vi mostro anche il rovescio della medaglia. Rimanendo nel caso Da Vinci, anche in Italia, si sono formati tra i medici due schieramenti: quelli favorevoli al suo uso e quelli fortemente contrari. Perche’ questo? Se parliamo dei vantaggi del sistema, sicuramente una mano robotica consente di effetturare operazioni di routine con una precisione assoluta, d’altro canto pero’, ci sono molti medici che mettono in discussione il rapporto investimento/beneficio di un sistema del genere. Come potete facilmente immaginare, l’investimento richiesto per l’acquisto del robot e’ molto elevato con grossi guadagni dell’azienda e, soprattutto, delle banche che offrono finanziamenti agli ospedali. Inizialmente, il Da Vinci e’ stato sviluppato per le operazioni piu’ complesse o in cui il medico non riuscirebbe a lavorare facilmente. Si tratta ovviamente di operazioni in laparoscopia che tradizionalmente potrebbero essere eseguite con un investimento molto inferiore. Inoltre, visto lo sforzo economico per l’acquisto, molti degli ospedali che dispongono del robot tendono ad utilizzarlo anche per gli interventi piu’ facili al fine di sfruttare a pieno l’investimento fatto. Altro aspetto non da poco, il Da Vinci e’, ovviamente, coperto da decine di brevetti che creano un monopolio per la ditta costruttrice. Questo non fa altro che bloccare eventuali piccole startup che potrebbero migliorare notevolmente un sistema che, come detto, risale al 2000. Come discusso all’inizio dell’articolo, anno per anno la tecnologia cresce notevolmente ed un apparato del genere, per quanto complesso, potrebbe sempre essere migliorato con l’aggiunta di nuovi sistemi. Come vedete, al solito, le discussioni sono piu’ di natura economica che di utilizzo. Nonostante questo, il Da Vinci e’ un ottimo esempio di chirurgia robotica gia’ disponibile alla societa’.

 

Psicosi 2012. Le risposte della scienza”, un libro di divulgazione della scienza accessibile a tutti e scritto per tutti. Matteo Martini, Armando Curcio Editore.

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Quello che i nostri occhi vedono

5 Nov

Rimanendo sempre ancorati alle profezie del 2012, vorrei questa volta condividere con voi una riflessione. In particolare, mi piacerebbe ragionare sui tanti ritrovamenti antichi in cui molti vedono evidenti segni extraterrestri.

Il discorso e’ ovviamente molto ampio, come sapete esistono una miriade di tavolette, iscrizioni, sculture, ecc in cui, ad un primo sguardo, molti di noi ci vedono una raffigurazione di un disco volante, di un alieno, di una sala di controllo e via dicendo.

Ho deciso di parlare di questo argomento, vedendo su diversi social network e siti internet un’immagine particolare che racchiude alcuni di questi ritrovamenti.

Questa e’ la foto in questione:

Ritrovamenti egizi in cui si vedono disegni rappresentanti forme di vita aliene

Come potete vedere nell’immagine, in queste raffigurazioni appaiono dei disegni molto particolari che, senza ombra di dubbio, ci fanno pensare ad esseri extraterrestri o a dischi volanti. Molto spesso, questo tipo di disegni vengono mostrati per dimostrare i contatti avvenuti nel passato, ad esempio, tra la civilta’ egizia e gli extraterrestri. A questo c’e’ ovviamente da aggiungere il capolavoro edilizio di costruzione delle piramidi che fa da cassa di risonanza a questo tipo di teorie.

Ora il mio pensiero e’ proprio questo: i disegni che vediamo sono veramente quello che sembrano?

Rispondere a questa domanda non e’ affatto banale e per rispondere vorrei chiamare in causa un altro famoso ritrovamento antico, questa volta Maya: il coperchio del saracofago di re Pakal.

Di questo reperto ne abbiamo parlato in dettaglio, raccontando la sua storia e il suo significato, nel libro “Psicosi 2012. Le risposte della scienza”. Vorrei chiamarlo in causa perche’, come molti di voi gia’ sapranno, da questo ritrovamento nasce la teoria che vorrebbe un contatto nel passato tra la civilta’ Maya e forme di vita aliena.

In particolare, nel libro “Psicosi 2012. Le risposte della scienza” si e’ spiegato in dettaglio il nesso tra Maya terrestri e Maya galattici, e, come potete vedere nell’indice del libro:

Ecco l’indice del libro

questi argomenti sono stati poi utilizzati per introdurre il punto di vista della scienza sull’esistenza o meno di forme di vita aliena. Molti, purtroppo, ignorano che la scienza ufficiale si e’ posta, e continua a porsi, questo tipo di domande. Non ci riferiamo a presunti avvistamenti UFO, ma proprio ad un discorso scientifico sulla possibilita’ o meno che altre forme di vita intelligente possano vivere nel nostro universo.

Tornando all’argomento del post, ecco una foto del sarcofago di re Pakal:

L’atronauta di Palenque, ovvero il coperchio del sarcofago di re Pakal

Guardando il disegno la prima cosa che ci appare e’ appunto re Pakal intento a manovrare quella che sembra una navicella spaziale. Nella parte destra sembrerebbe esserci anche una sorta di fiamma, indicante appunto i motori dell’astronave. Guardando l’immagine capite immediatamente perche’ questo reperto e’ anche detto “l’astronauta di Palenque”.

Perche’ ho chiamato in causa questa immagine? Sostanzialmente siamo di fronte ad un reperto simile a quelli che abbiamo visto precedentemente. Abbiamo delle raffigurazioni che sembrano indicare un chiaro contatto tra civilta’ antiche e forme di vita aliene.

In realta’, come dimostrato anche nel libro “Psicosi 2012. Le risposte della scienza”, il sarcofago di re Pakal e’ del tutto compreso dal punto di vista archeologico, e non rappresenta affatto un astronauta.

Per dimostrare queste affermazioni, vi riporto nuovamente l’immagine del sarcofago, ma questa volta evidenziando con dei colori alcuni particolari importanti:

L’astronauta di Palenque con alcuni dettagli colorati

Ho preso questa immagine colorata appunto per far risaltare agli occhi alcune parti distinte che formano la figura nel suo complesso.

La fitta trama che compone il disegno complessivo, e’ in realta’ formata da diversi disegni sovrapposti tra loro. Oltre alla figura centrale, che ovviamente raffigura re Pakal, trovate 5 glifi distinti e che vi riporto isolati nell’immagine seguente:

I 5 glifi che compongono l’astronauta di Palenque

Perche’ e’ importante scorporare il disegno complessivo? Questi 5 glifi che compaiono sul sarcofago di re Pakal, sono tutti simboli molto utilizzati nella cultura Maya e che ritroviamo singolarmente in diverse iscrizioni Maya. Come potete leggere nella figura stessa, i glifi sono tutti legati a divinita’ o a simbolismi indicanti il passaggio tra la vita e la morte. Ora, trovare simboli di questo tipo, rappresentati sul coperchio di un sarcofago, ci stupisce? Assolutamente no. Il fatto che troviamo cosi’ tanti simboli insieme, finemente sovrapposti uno all’altro, e’ facilmente comprensibile se pensiamo che stiamo analizzando il sarcofago di un re.

Cosa ci insegna questo esempio? Quando osserviamo qualcosa, i nostri occhi a volte vedono quello che la nostra testa ci impone di vedere. Ripensate all’astronauta di Palenque. Nessun Maya avrebbe visto nel sarcofago la rappresentazione di re Pakal intento a guidare un’astronave. Siamo noi, abituati a ragionare e vedere cose diverse, a volerci vedere un’astronave. In tutto questo poi, dobbiamo aggiungere il convincimento di chi ci mostra l’immagine. Se chi ci mostra l’immagine ci suggerisce anche cosa dobbiamo vedere, allora il gioco e’ fatto.

Ritornando all’immagine egizia iniziale, quei simboli che abbiamo visto e che a chiunque potrebbero sembrare dischi volanti o alieni, molto probabilmente avevano un significato completamente diverso per gli egizi che li disegnavano. Cosi’ come avviene per l’astronauta di Palenque, siamo noi a volerci vedere entita’ aliene, perche’ questo e’ quello che vogliamo vedere.

Quello che a prima vista puo’ sembrarci evidente, magari ad un’analisi piu’ attenta non lo e’ piu’.  Prima di credere a qualsivoglia ipotesi, ragionate sempre con la vostra testa e cercate di documentarvi in maniera indipendente. Solo in questo modo potrete risalire alla verita’.

Per un discorso piu’ approfondito sull’astronauta di Palenque o per capire finalmente il vero punto di vista della scienza circa l’esistenza di forme di vita extraterrestri, non perdete in libreria “Psicosi 2012. Le risposte della scienza”.