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Schiuma per inquinamento nel Lazio?

11 Lug

Ieri, moltissimi siti e giornali hanno dedicato ampio spazio ad articoli ed interviste relative ad un curioso fenomeno che è avvenuto su alcuni tratti delle spiagge del Lazio. In particolare, tutti voi avrete visto le foto della spiaggia di Fiumicino invasa da cumuli di schiuma bianca che occupavano praticamente tutto lo spazio intorno agli ombrelloni chiusi.

Per completezza, vi riporto una di queste immagini scattate da un uomo che stava passeggiando quando ha visto la schiuma arrivare dal mare agitato portata dalla corrente:

Immagini della schiuma sulla spiaggia di Fiumicno

Immagini della schiuma sulla spiaggia di Fiumicno

Praticamente tutti i giornali hanno puntato il dito contro l’inquinamento dei mari del Lazio. Da un lato, questo atteggiamento è assolutamente comprensibile. Solo la settimana scorsa, Goletta Verde ha reso noti i risultati delle sue analisi basati su diversi campioni di acqua nei mari del Lazio, evidenziando come le acque siano fortemente inquinate in prossimità delle foci di torrenti e canali.

Personalmente, ma apro e chiudo parentesi, i dati non mi sorprendono. Come spesso diciamo, lo sfruttamento incontrollato delle risorse naturali ed i continui scarichi a mare non controllati che continuiamo a fare stanno creando forti problemi nelle acque italiane che possono provocare danni irreparabili all’ecosistema marino.

Detto questo però, parlare di inquinamento per il fenomeno che è avvenuto ieri a Fiumicino, mi sembra alquanto azzardato e solo figlio di una voglia sfrenata di speculazione sui problemi ambientali.

Perché dico questo?

Premetto che le analisi dell’Agenzia Regionale per la Protezione dell’Ambiente, ARPA, sono ancora in corso, ma diverse fonti autorevoli con cui sono pienamente d’accordo, hanno sottolineato come con una probabilità altissima il fenomeno non sia assolutamente dovuto all’inquinamento. Purtroppo, come spesso avviene, fa più comodo negli articoli citare quello che ci piace e che fa notizia piuttosto che la verità.

A cosa è dovuto il fenomeno della schiuma?

In questo periodo dell’anno, a causa della maggior frequenza antropica sulle spiagge e dell’aumento delle temperature, non vi allarmate, niente di preoccupante, si chiama “estate”, aumenta notevolmente il fitoplancton nelle zone costiere. Se, in questa fase, si registrano bruschi abbassamenti di temperatura, questi organismi unicellulari proteici possono morire.

Dunque?

Un bel mare agitato può fungere da centrifuga per queste proteine sciolte in acqua e il conseguente rimescolamento dovuto alle correnti crea proprio una schiuma bianca e densa che può arrivare, anche in notevole quantità, fino a riva.

Ragioniamo un secondo. Siamo a luglio, nei giorni scorsi si sono registrate temperature abbastanza elevate e questo, in modo del tutto naturale ed in linea con il periodo dell’anno, fa aumentare il fitoplancton. Negli ultimi 2 giorni però, le temperature, complice una perturbazione, si sono di nuovo abbassate. Poi? Sempre negli ultimi giorni, come riportato da tutti i siti che hanno proposto la notizia, il mare è stato notevolmente agitato.

Risultato?

Schiuma dovuta al fitoplancton che è arrivata a riva.

Ovviamente, non confondete le mie parole. Non voglio certo affermare che le acque del Lazio non siano inquinate, ma il fenomeno registrato nelle ultime ore non dipende assolutamente dall’inquinamento.

Se provate a cercare su internet, troverete tantissimi casi simili avvenuti negli anni sempre più o meno in questo periodo. Se proprio volete fare uno sforzo aggiuntivo, troverete anche diversi episodi avvenuti in tratti di costa che erano e sono riserve naturali protette, dunque assolutamente non inquinate.

Un esempio?

Schiuma bianca alle Tremiti a luglio dell’anno scorso:

Tremiti, Diomedee, 1 Luglio 2013

Ripeto, è un fenomeno naturale che è avvenuto, avviene e avverrà in futuro. Sappiamo già che molti tratti dei nostri mari sono fortemente inquinati, ed è sempre colpa nostra, ma cerchiamo di spiegare la bellezza di fenomeni naturali non comuni in termini divulgativi piuttosto che sparare cavolate per cercare di impressionare le persone.

 

Psicosi 2012. Le risposte della scienza”, un libro di divulgazione della scienza accessibile a tutti e scritto per tutti. Matteo Martini, Armando Curcio Editore.

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Cos’e’ successo in Sardegna?

26 Nov

Qualche giorno fa, mi contatta la nostra cara amica e sostenitrice del blog Patrizia. Mi chiede l’autorizzazione per poter scrivere un articolo su quanto avvenuto in Sardegna per Psicosi 2012. Premetto subito che Patrizia oltre ad essere una geologa, vive proprio in Sardegna e quindi ha vissuto, fortunatamente senza problemi nella sua zona, quanto avvenuto solo pochi giorni fa.

Dopo 594 articoli scritti di mio pugno, vi propongo questo articolo scritto da Patrizia e sul quale il sottoscritto non ha assolutamente messo mano. Secondo me, l’articolo e’ scritto benissimo e sposa in pieno la filosofia e lo stile di Psicosi 2012. Spero che anche la vostra opinione sia favorevole e, per qualsiasi commento, Patrizia e’ sempre disponibile, come fatto fino ad oggi, al dialogo e ad una sana discussione costruttiva.

 

Da Patrizia: Cos’e’ successo in Sardegna?  

 

Il 18 novembre scorso la Sardegna è stata devastata dal ciclone Cleopatra. Una bolla di aria fredda si è staccata da una perturbazione atlantica e, passando sopra il Mediterraneo eccezionalmente caldo, si è caricata oltremodo dando origine ad un ciclone dalla forma a V, cioè con due fronti che si sono abbattuti sull’isola, rispettivamente su Ogliastra e Gallura l’uno, su Oristanese e Medio Campidano l’altro.  Quello che nel linguaggio mediatico viene indicato come “bomba d’acqua” è, in meteorologia, un evento da cumulonembo, cioè una nube che può raggiungere i 12000 metri di altezza e avere la base a 300 metri dal suolo e che può scaricare enormi volumi di acqua in decine di minuti o anche in diverse ore. Cleopatra era un sistema lungo trecento km, formato da una serie di queste nubi, alcune delle quali hanno superato i 12000 metri di altezza, per cui aveva una potenza intrinseca che è stata però esaltata dalla particolare morfologia del territorio sardo. Vale a dire che la perturbazione ha trovato nelle montagne degli ostacoli fisici che l’hanno “costretta” a scaricare l’acqua. Riportiamo di seguito i dati pluviometrici di alcune località colpite che, a nostro avviso, sono maggiormente rappresentative dell’entità del fenomeno.

Fig.1: Curve delle precipitazioni cumulate

Fig.1: Curve delle precipitazioni cumulate

Osserviamo, innanzitutto, che sulla costa (Golfo Aranci) le piogge sono state meno intense rispetto alle zone di montagna (Mamone) o a ridosso delle stesse (Padru), dove i quantitativi di precipitazioni cumulate nello stesso intervallo temporale- all’incirca 16 ore- sono nettamente superiori. In particolare il tratto di curva che improvvisamente subisce un’impennata corrisponde all’evento da cumulonembo. I dati sono forniti dalla rete pluviometrica del Servizio Idrografico Regionale.

Per evidenziare ancora di più la quantità delle precipitazioni del 18 novembre si possono osservare in figura 2 i dati forniti dal Dipartimento Idrometeoclimatico Regionale.  Nella figura 3 sono riportati i comuni dei quali vengono forniti i dati sulle precipitazioni.

Fig.2: Precipitazioni del 18 novembre

Fig.2: Precipitazioni del 18 novembre

Nella maggior parte dei casi è caduta in meno di 24 ore una quantità di pioggia pari alla metà della pioggia annuale, evidenziando ancora una volta la tendenza alla irregolarità nella distribuzione delle precipitazioni, che si concentrano in periodi di tempo limitati.

Fig.3: Comuni della Sardegna

Fig.3: Comuni della Sardegna

Cos’è successo invece ad Olbia?

Dai dati riportati da L’Unione Sarda del 20 novembre, ad Olbia il 18 novembre sono caduti “soltanto” 93 mm di pioggia. E allora perché c’è stato il disastro?

Olbia si trova su una pianura alluvionale, vale a dire un territorio “costruito” nel corso del tempo geologico dai materiali trasportati e depositati dai corsi d’acqua. Molti alvei sono stati riempiti per essere inseriti nel tessuto urbano come strade. Durante un evento da cumulonembo, le strade urbane si trasformano nella parte superiore dell’alveo, cioè si trasformano in vie preferenziali per i flussi d’acqua, per decine di minuti o per qualche ora. In realtà si tratta di acqua mista a fango e detriti di ogni genere, quindi una vera e propria onda di piena. Olbia, quindi, è stata investita dall’onda di piena proveniente da Monte Pinu e dintorni che ha provocato l’esondazione di due metri dei suoi canali. Indubbiamente i danni sono stati amplificati da uno scorretto sviluppo edilizio, non supportato da un adeguato piano di gestione del territorio. Si palleggiano la patata bollente del mancato e/o inadeguato allertamento il capo della Protezione civile e i sindaci dei vari comuni colpiti. L’allarme è stato dato come “elevato” (in una scala di tre tipi di allarme: ordinario, moderato, elevato) ma nessuno ha capito l’entità dell’evento. Il sindaco di Olbia, per esempio, ha dichiarato che, nonostante l’allarme, non si poteva prevedere l’esondazione dei canali. Senza voler polemizzare, una dichiarazione di questo tipo non sta né in cielo né in terra, visto che Olbia è soggetta a frequenti allagamenti! I media hanno sostenuto la tesi dell’eccezionalità dell’evento. In realtà fenomeni come Cleopatra sono storicamente conosciuti: basti ricordare l’alluvione del 1951 quando in Sardegna si registrarono 1500 mm di pioggia in tre giorni.

Ma come si possono prevedere questi fenomeni e prevenirne i danni?

Il professore Ortolani, ordinario di Geologia presso l’Università Federico II di Napoli, sostiene che, per mettere in salvo la vita dei cittadini, occorre un sistema di allarme idrogeologico immediato.

Vale a dire un sistema di pluviometri che registrino la pioggia ogni 2-3 minuti in maniera tale da individuare sul nascere l’evento bomba d’acqua (questo è possibile esaminando la curva pluviometrica che, come abbiamo visto, subisce un’impennata all’inizio del fenomeno). Inoltre, conoscendo la morfologia del territorio urbanizzato e non urbanizzato, si possono individuare le vie preferenziali dei flussi d’acqua e detriti provenienti dalle precipitazioni lungo i versanti. Quando si ha la certezza che si tratta di una bomba d’acqua, cioè dopo qualche minuto dall’inizio del fenomeno, si fa scattare l’allarme meteo immediato e si mette in atto il piano di protezione civile pregresso, che può prevedere per esempio l’evacuazione delle abitazioni lungo le fasce fluviali che saranno interessante dalla piena, oppure l’evacuazione delle strade e dei piani seminterrati, a seconda dell’entità del fenomeno.

Per concludere, vorremmo riportare una notizia emblematica: prima che Cleopatra arrivasse, all’ingresso di Terralba, uno dei paesi più colpiti dal ciclone, c’erano cartelli con su scritto NO AI VINCOLI IDROGEOLOGICI. Il rispetto del territorio veniva visto come un ostacolo allo sviluppo economico legato all’edilizia! Chissà se i morti di questa volta faranno riflettere un po’ di più sui nostri abusi all’ambiente.

 

Psicosi 2012. Le risposte della scienza”, un libro di divulgazione della scienza accessibile a tutti e scritto per tutti. Matteo Martini, Armando Curcio Editore.