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Plancton nello spazio?

21 Ago

Partiamo dall’unica cosa certa che si sa al momento: tra poche ore, quello che è già diventato un caso sui siti internazionali, lo diventerà anche in Italia.

A cosa mi riferisco?

Raccontiamo prima di tutto i fatti.

Il 18 Agosto era prevista una EVA, attività extraveicolare, di circa 6 ore per i due attuali occupanti russi della Stazione Spaziale Internazionale: Olek Artemyev ed Alexander Skvortsov. Come sappiamo, si tratta di attività di routine per gli astronauti della ISS con scopi scientifici, di manutenzione o di ripristino di parti danneggiate.

Cosa è accaduto durante questa EVA? Prima di rientrare a bordo, i due cosmonauti hanno pulito quelli che vengono chiamati “illuminatori” della Stazione. In parole povere, le parti vetrate che consentono la visione all’esterno della nave. Perchè nello spazio si sporcano i vetri? Certamente si. La parte esterna della ISS è soggetta a vari fattori in grado di depositare residui sulla sua superficie: azionamento dei motori, inquinamento da agenti portati dagli astronauti, ecc. In particolare, l’attività di pulizia è stata fatta nel segmento di competenza russo, uno dei tronconi che compongono attualmente la Stazione.

Una volta rientrati all’interno, si sono analizzati i tessuti utilizzati per la pulizia. Oltre a quanto atteso, i due astronauti, che hanno analizzato con strumentazione adeguata le stoffe, hanno rinvenuto qualcosa che avrebbe dell’incredibile. Come da titolo dell’articolo, PLANCTON. Si, avete capito bene, proprio quell’insieme di microorganismi non dotati di spina dorsale che popolano i nostri mari e che vengono trasportati dalle correnti fungendo da importante nutrimento per tantissime specie acquatiche.

Plancton nello spazio? E’ un modo di dire?

Assolutamente no. Si tratta proprio di plancton identico a quello che si troverebbe nei nostri oceani. Altra cosa che ha dell’incredibile è che questo plancton, ripeto rinvenuto all’esterno della ISS, è riuscito a sopravvivere in un ambiente non propriamente semplice: assenza di gravità, centinaia di km di altitudine, forte irraggiamento da parte del Sole, temperature estreme, ecc..

Ora, prima di tutto, perchè ho detto che le cose certe in questa notizia scarseggiano? Per carità, non fraintendetemi, non sto bollando la cosa come una bufala, anche se ho tantissimi dubbi, ma, ripeto, al momento la cosa non è assolutamente verificata.

Primo assunto: la fonte della notizia è l’agenzia di stampa russa ITAR-TASS. Parliamo di una vera agenzia di stampa, paragonabile alla nostra ANSA, quindi, in linea di massima, affidabile. In particolare, la notizia originale è questa:

ITAR-TASS, ISS plankton

Come vedete, si chiama in causa anche il comandante della missione russa sulla ISS Vladimir Solovyev, che conferma quanto riportato.

A questo punto, per curiosità, vista la portata della notizia, sono andato a vedere cosa veniva scritto dalla Roscosmos, l’agenzia spaziale russa:

Roscosmos

Purtroppo, non ho trovato una versione inglese ma se usate anche semplicemente il traduttore online, vedrete che non c’è nessun riferimento alla scoperta di plancton sulla ISS, almeno fino ad ora (22 agosto, ore 00.12). Ovviamente, ci sono un paio di news relative alla EVA in questione, alle operazioni effettuate ma, ripeto, nessun riferimento al plancton.

Non contento, ripeto la mia ricerca sul sito della NASA:

NASA

Anche qui nulla, così come su ESA e ASI.

Ora, è vero che la notizia, anche se certa, richiederebbe ulteriori verifiche per determinare che il risultato non sia dovuto a contaminazione terrestre indiretta però appare comunque strano non trovare neanche un accenno da nessuna parte. Tutti i siti che ad ora riportano la notizia lo fanno citando sempre e solo l’agenzia ITAR-TASS.

Ulteriore informazione, sul sito Space.com, la notizia viene riportata:

Space.com, plankton

e qui viene raccolta anche la dichiarazione di Dan Hout della NASA che dichiara che l’ente americano non ha ricevuto assolutamente nessuna comunicazione dall’agenzia russa riguardante la scoperta del plancton. Anche questo, ripeto, fino a questo preciso istante.

Detto questo, questa notizia mi sembra un po’, lasciatemi dire, “particolare” per come si sta diffondendo. La fonte primaria, ITAR-TASS, è autorevole ma la mancanza di comunicazioni ufficiali mi lascia interdetto.

Nelle prossime ore cercheremo ovviamente di capire se questa notizia venisse confermata e, soprattutto, quali sono le considerazioni da parte delle agenzie spaziali interessate.

Detto questo, prima di chiudere vorrei riflettere ancora su un altro aspetto. Come è finito del plancton sulla superficie esterna della Stazione Spaziale? Ovviamente, non manca chi parla già di organismi provenienti dallo spazio e che costantemente giungono anche sulla Terra. Secondo queste fonti, l’origine stessa della vita sul nostro pianeta potrebbe venire da plancton arrivato da chissà dove. Ovviamente, ipotesi del genere, lasciano un po’ il tempo che trovano.

Ipotesi invece più plausibile è che quel plancton sia così uguale a quello dei nostri oceani …. perchè è proprio lo stesso. Cosa significa? Ovviamente, che si tratta di organismi provenienti dalla Terra.

Bene, la domanda allora è: come sono finiti sulla ISS?

Prime ipotesi assolutamente poco probabili: i tessuti utilizzati per la pulizia contenevano plancton, il plancton si è depositato sul segmento russo al momento del lancio. Questo è ovviamente da escludere perchè il cosmodromo di Baikonur si trova troppo lontano dall’oceano mentre mi rifiuto di pensare alla prima ipotesi.

Secondo alcuni, il plancton potrebbe essere stato trasportato fino alla ISS grazie alle correnti ascensionali del pianeta. In parole povere, questo tipo di plancton si trova anche sulla superficie dell’oceano. Se una corrente d’aria lo cattura e sale verso l’alto, può portarlo a quote molto elevate. Personalmente, ma questa è la mia opinione, sono molto scettico all’idea che una corrente d’aria possa trasportare plancton fino a 400 km di quota, cioè all’altezza a cui viaggia la ISS.

L’ipotesi invece che potrebbe essere papabile, ripeto sempre che la notizia stessa sia confermata, è che il plancton sia stato catturato si dal vettore in partenza, ma durante il suo percorso lungo l’atmosfera più prossima a terra. Esistono infatti diverse analisi che hanno dimostrato come il plancton degli oceani, appunto catturato da correnti d’aria, sia presente fino a decine di kilometri di altitudine, non centinaia come nell’altra ipotesi analizzata. A mio avviso, ripeto, questa potrebbe essere la spiegazione più plausibile se effettivamente si confermasse questa scoperta.

A questo punto, non resta altro che attendere qualche giorno per capire l’evolversi della situazione.

 

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Scozia: collage di mummie

27 Ott

Questa volta e’ proprio il caso di dire “BUONGIORNO”!

Sapete perche’?

In questi giorni, molti siti catastrofisti, come al solito pronti al copia/incolla senza ragionare e senza verificare le fonti, si sono lanciati in articoli bomba riguardanti l’archeologia.

Di cosa si tratta?

Come forse avrete letto, sembrerebbe che siano state completate le analisi di alcuni corpi ritrovati in una torbiera in Scozia, precisamente nel sito archeologico di Cladh Hallan. In particolare, l’interesse e’ stato suscitato dall’analisi del DNA condotto su due di questi corpi. Cosa e’ emerso di tanto strano? Al momento del ritrovamento, gli archeologici si sono subito accorti di qualcosa di strano, uno di questi corpi, appartenente ad una donna, mostrava una mandibola con dimensioni diverse rispetto al cranio. Alla luce di questa incongruenza, gli studiosi hanno eseguito l’analisi del DNA su tutti i pezzi ritrovati. Generalmente, queste analisi non vengono condotte in questo modo dal momento che si prelevano campioni da una singola parte per evitare danneggiamenti all’intero corpo. In questo caso invece, alla luce di questa apparente incongruenza, sono state eseguite le analisi su tutte le parti dei due corpi, precisamente un maschio ed una femmina.

Uno dei corpi di Cladh Hallan

Uno dei corpi di Cladh Hallan

Cosa e’ emerso?

Anche se sembra assurdo, i due corpi sono in realta’ un collage di pezzi di persone differenti, molte delle quali morte anche a centinaia di anni di distanza tra loro.

Come potete facilmente immaginare, alla luce di questo risultato, i siti catastrofisti si sono scatenati nuovamente. Secondo alcuni, le mummie Frankenstein, come sono state ribattezzate, sarebbero frutto di un antico rituale religioso. Altri ancora, come non poteva mancare questa spiegazione, hanno ipotizzato che le mummie fossero un’evidenza di esperimenti genetici condotti circa 3000 anni fa indovinate da chi? Ma certo, da colonizzatori alieni arrivati sulla nostra Terra e integrati, con teconologie all’avanguardia, in questi arretrati popoli.

Prima di parlare di questo ritrovamento, vorrei pero’ spiegare l’esordio di questo articolo.

Come detto, la notizia sembrerebbe di qualche giorno fa e cercando in rete potete facilmnete verificare questa informazine. Cosa c’e’ pero’ che non torna?

Semplice, provate a leggere questi articoli rispettivamente di Focus e National Geographic, non credo sia necessario dimostrare l’autorevolezza di queste testate:

Focus, mummie Frankenstein

National Geographic, mummie Frankenstein

Notato niente di strano? La notizia, come potete leggere all’inizio degli articoli, e’ di piu’ di un anno fa!

Questo dimostra nuovamente alcune certezze che spesso cerchiamo di far notare: molti siti catastrofisti, purtroppo molto seguiti sulla rete, non fanno altro che scopiazzare articoli in giro per la rete senza minimamente ragionare o verificare le fonti iniziali. Questo vale per qualsiasi notizia che trovate, sempre molto pubblicizzata e presentata con enfasi da scoperta sensazionale.

Detto questo, purtroppo, anche a distanza di un anno, non e’ stato possibile scoprire la reale origine di questi corpi. Molti archeologici sono pero’ d’accordo che si tratti di una forma di culto religioso o di legame tra famiglie. Come potete leggere negli articoli citati, i corpi originari da cui sono stati prelevati i pezzi non appartengono nemmeno alla stessa famiglia, oltre ad essere deceduti a distanza di secoli tra loro.

Secondo alcuni, questo rituale sarebbe servito per indicare legami di parentela acquisita tra persone diverse o per siglare una comproprieta’ di terreni o beni.

L’eccezionale stato di conservazione dei corpi e’ giustificato dal luogo del ritrovamento. Una torbiera offre un ambiente molto acido e privo di ossigeno. Queste caratteristiche rendono quasi assente la presenza di microorganismi in grado di attaccare i tessuti molli. Questa tecnica consente dunque di mummificare i corpi conservando i resti organici. Fate pero’ attenzione, il luogo del ritrovamento dei corpi era in prossimita’ della torbiera ma non ll’interno. Le caratteristiche chimico/fisiche viste per questo luogo, se da un lato consentono la conservazione dei tessuti organici a causa dell’ambiente acido non consentono una buona conservazione delle ossa. Molto probabilmente, i corpi sono stati tenuti un tempo sufficiente all’interno della torbiera e poi sono stati spostati prima di subire danni allo scheletro.

Personalmente, credo che questa pratica sia stata utilizzata per conservare in modo ottimale i resti di autorita’ del luogo. L’ipotesi sarebbe anche compatibile con altri ritorvamenti in cui e’ stato evidenziato come per conservare ottimamente i corpi, venissero aggiunti materiali non organici come bastoncini, erba, ecc. In fondo, quello che conta non e’ il corpo in se, ma il messaggio e l’immagine che questa autorita’ aveva sulle popolazioni.

 

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La calamita piu’ potente e’ nella Via Lattea

16 Ago

In questi giorni di calura estiva, in cui la pletora di informazioni politiche ed economiche e’ ridotta all’osso, molti giornali si dedicano con lunghi articoli all’informazione scientifica. Questo non puo’ che essere un bene, anche se, molto spesso, la quantita’ di informazioni date viene allungata mettendo in mezzo un po’ di tutto e finendo per sparare qualche castroneria.

Fatto questo necessario preambolo, vi vorrei parlare di una notizia molto importante proprio di questi giorni. Come sicuramente avrete letto, un gruppo di scienziati, in larga parte composto da italiani e del nostro paese e’ anche il coordinatore, e’ riuscito per la prima volta a misurare il campo magnetico di una magnetar.

Di questa tipologia di stelle avevamo parlato in questo post:

Lampi radio dall’universo lontano

Come visto, il nome deriva dalla crasi delle parole magnetic star. Si tratta di uno stadio dell’evoluzione delle stelle, riservato a corpi con masse tra 10 e 25 volte quella del Sole, che possono trasformarsi in stelle di neutroni dotate di un notevole campo magnetico.

Quale scoperta sarebbe stata fatta?

Su alcuni giornali leggete che sono state scoperte per la prima volta le magnetar, oppure che si conoscevano in teoria ma non erano mai state viste, oppure che l’osservazione sarebbe un importante conferma piu’ precisa di qualcosa che si conosceva, ecc. Insomma, hanno scoperto o no qualcosa? Di cosa si tratterebbe?

Cerchiamo di fare un po’ di chiarezza.

Come visto nell’articolo gia’ citato, le magnetar sono state ossevate gia’ da diverso tempo nel nostro sistema solare. L’introduzione di questo particolare stadio di evoluzione stellare, risale addirittura al 1992. Fino ad oggi pero’, della caratteristica principale di queste stelle, cioe’ l’intenso campo magnetico, si avevano prove indirette osservando effetti intorno alle stelle. Attraverso la ricerca di cui stiamo parlando, e’ stato invece possibile misurare per la prima volta il campo magnetico generato, fino ad oggi solo ipotizzato. Come potete capire, si tratta di uno studio molto importante, tanto da essere pubblicato proprio in questi giorni sulla prestigiosa rivista Nature. Unica nota per i giornalisti, evitate di ridicolizzare con interventi inutili, non veri e fuorvianti una misura gia’ di per se estremamente importante nell’ambito dell’astrofisica.

Quanto e’ intenso il campo magnetico di una magnetar?

Come sicuramente avrete letto, si tratta del piu’ potente campo magnetico mai osservato prima, dell’ordine del milione di miliardi di Gauss. Ve bene, ma quanti sono un milione di miliardi di Gauss? Per capire questi numeri, e’ necessario avere un termine di confronto.

Pensate che il campo magnetico della nostra Terra e’ inferiore al Gauss. Il campo magnetico presente all’interno dell’esperimento ATLAS, il piu’ potente tra gli esperimenti del CERN, ha un’intensita’ di 20000 Gauss. Dati questi numeri, capite bene quanto immensamente piu’ alto sia il campo magnetico prodotto dalla magnetar.

Parlando invece di situzioni reali e conosciute da tutti, un campo magnetico di soli 10 Gauss a breve distanza e’ in grado di smagnetizzare qualsiasi supporto di archiviazione dei dati. Se andiamo a valori piu’ alti, il campo magnetico di una magnetar potrebbe essere letale a migliaia di kilometri di distanza. Un’intensita’ cosi’ alta, sarebbe infatti in grado di strappare letteralmente i tessuti del corpo umano, a causa delle proprieta’ magnetiche dell’acqua che li compone.

Come e’ stato misurato un campo cosi’ intenso?

Per prima cosa, la magnetar presa in esame e’ nota come SGR 0418+5729, distante da noi 6500 anni luce. Si tratta di una delle circa 20 magnetar identificate nella nostra Via Lattea. Per poter misurare il campo magnetico dela stella, ci si e’ basati sui dati raccolti durante il 2009 dal telescopio XMM-Newton dell’agenzia spaziale europea. I dati riguardavano l’emissione di raggi X dalla stella. La frequenza di queste particelle e’ infatti direttamente proporzionale all’intensita’ del campo magnetico che attraversano. In questo modo, si e’ potuti risalire ad una misura diretta del campo cercato.

Altra caratteristica importante che si e’ osservata e’ che l’intensita’ del campo sulla superficie della stella non e’ uniforme. Si sono infatti identificate zone con campi magnetici piu’ o meno intensi. Questa caratteristica era attesa e non fa che confermare i dati analizzati. Differenze superficiali sulla magnetar, potrebbero essere le cause delle emissioni cosmiche osservata in passato e del tutto simili a quelle del nostro Sole.

Concludendo, la ricerca pubblicata in questi giorni, riguarda la prima misura diretta del campo magnetico delle magnetar. lo studio di questi corpi celesti, ci potrebbe consentire di capire meglio l’origine e l’evoluzione del nostro universo. Si suppone infatti che possano esistere o siano esistite nell’universo magnetar con campo ancora piu’ intensi. Inoltre, si sospetta che proprio queste stelle siano responsabili delle violente esplosioni cosmiche, simili a quelle del nostro sole, che ogni tanto investono anche la Terra e possono, in taluni casi, portare disturbi alle telecomunicazioni.

 

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