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L’esperimento di Ferlini e la barriera magnetica

4 Mag

Solo qualche giorno fa abbiamo pubblicato un articolo specifico sul cosiddetto “effetto Hutchinson”:

Effetto Hutchinson: realta’ o bufala?

Come visto, i fenomeni descritti in questa esperienza, che spaziano dalla levitazione alla fusione di oggetti con rilascio di energia, sarebbero provocati dalla sovrapposizione di onde elettromagnetiche in zone precise dello spazio. Nel descrivere queste esperienze, abbiamo mostrato un notevole scetticismo dettato dalla particolarita’ dei fenomeni descritti ma, soprattutto, dal fatto che l’autore stesso di questi esperimenti abbia piu’ volte dichiarato di non essere piu’ in grado di ripetere tali effetti. Ci tengo a sottolineare che la mia posizione di scettico non e’ affatto per partito preso. Come sapete, e come detto molte volte, tutti dobbiamo essere aperti a fenomeni sconosciuti e anche apparentemente assurdi purche’, come la scienza insegna, questi possano essere ripetuti da chiunque, in qualsiasi parte sotto le condizioni descritte. Solo se questo avviene possiamo considerare il metodo scientifico soddisfatto e vedere a tali nuovi fenomeni con gli occhi della scienza.

Riprendo quanto detto in questo articolo, perche’ ora vorrei raccontarvi un altro presunto esperimento che solo qualche giorno fa e’ stato richiamato da alcuni siti complottisti, sempre con il solito scopo di denigrare la scienza ufficiale e tacciarla di non voler approfondire cio’ che e’ fuori dai suoi dettami. Parlaimo questa volta del cosiddetto esperimento di Ferlini sulla barriera magnetica.

Chi e’ costui? In cosa consiste l’esperimento?

Se provate ad informarvi in rete, troverete solo una moltitudine di articoli che riprendono pari pari quanto descritto da Ferlini in un libro da lui stesso pubblicato e intitolato appunto “La barriera Magnetica”. In questo libro Ferlini descrive una serie di esperimenti che avrebbe condotto, dapprima in solitudine e poi con un gruppo di collaboratori, studiando i campi magnetici.

Prima di raccontarvi gli esperimenti, e’ importante, come vedremo dopo, dire che Ferlini inizio’ la sua carriera studiando l’antico Egitto e la costruzione delle Piramidi. In particolare, cio’ che interessava Ferlini era la possibilita’ che strani fenomeni fisici potessero accadere dentro o in prossimita’ delle piramidi a causa di soluzioni appositamente inserite durante la costruzione di questi imponenti monumenti.

Premesso questo, Ferlini racconta che un giorno giocherellando con due calamite si accorse che avvicinando i poli opposti, poco prima che questi entrassero in contatto, la zona di spazio appariva leggermente offuscata come se qualcosa di particolare accadesse al volume d’aria tra i poli stessi. Incuriosito da questo fenomeno che non riusciva a spiegare, Ferlini decise di costruire un esperimento piu’ in grande in modo da accentuare l’effetto. L’esperienza da lui realizzata, e sempre raccontata nel suo libro, prevedeva la disposizione di 4 grandi magneti di diverse tonnellate disposti con i poli opposti vicini. Ecco uno schema dell’apparato:

Disposizione dei 4 magneti nell'esperimento di Ferlini

Disposizione dei 4 magneti nell’esperimento di Ferlini

Come vedete ci sono 4 magneti a ferro di cavallo disposti con i poli Nord-Sud alternati tra loro. Dalle prime osservazioni con i piccoli magneti, Ferlini racconta di aver osservato questa deformazione dello spazio solo poco prima che i poli entrassero in contatto a causa dell’attrazione magnetica. Per poter osservare questo effetto nell’esperimento piu’ grande, Ferlini monto’ le calamite su appositi sostegni che permettevano un movimento a passi molto sottili. In questo modo era possibile avvicinare molto lentamente i poli grazie a dei fermi studiati per opporsi all’attrazione.

Bene, cosa accadde con questo esperimento?

Leggendo sempre dal libro di Ferlini, quando i magneti arrivarono nel punto preciso in cui si innescava il fenomeno, accadde qualcosa di incredibile. Nella stanza si diffuse una nebbiolina azzurra con un odore acre. Da queste proprieta’ organolettiche, i presenti capirono che si trattava di ozono. Ma non accade solo questo, la zona di spazio compresa tra i magneti, che questa volta al contrario del primo caso era molto estesa, venne deformata da questo effetto sconosciuto mai osservato prima. Ferlini, che indossava una maschera antigas per non respirare l’ozono, incuriosito da questo fenomeno, si avvicino’ al contrario dei suoi collaboratori che rimasero a distanza di sicurezza. Quando si trovo’ in prossimita’ del punto, i collaboratori videro Ferlini scomparire dalla stanza. La nebbiolina presente inizio’ lentamente a diradarsi assumendo diversi colori e solo dopo che scomparve le persone presenti videro Ferlini riapparire sprovvisto della maschera che portava prima di avvicinarsi.

Dove era finito Ferlini?

Come raccontato nel suo libro, Ferlini si ritrovo’ in Egitto, ma non nel momento dell’esperimento bensi’ al tempo in cui le piramidi erano in costruzione. Vide gli schiavi che alzavano i grandi blocchi e le piramidi cosi’ come erano quando vennero realizzate. Perche’ proprio in quel preciso punto ed in quell’epoca? Ferlini penso’ che questo strano effetto, da subito ribattezzato “barriera magnetica”, fosse un portale creato dalla forza magnetica in grado di interagire con le onde cerebrali. Come anticipato, la carriera di Ferlini inizio’ con lo studio delle piramidi e quindi la barriera magnetica era in grado di interagire con gli impulsi creati dal cervello umano realizzando viaggi nel tempo in zone ed epoche dove il soggetto voleva, anche solo inconsciamente, viaggiare.

Bene, questo e’ l’esperimento di Ferlini e questa sarebbe la barriera magnetica che lui descrive nel suo libro.

Ora posso dire la mia? Premetto, come anticipato all’inizio dell’articolo, che non voglio essere scettico di principio ma analizzando quanto viene raccontato capite bene come una verifica di queste affermazioni sarebbe, ed e’, facilmente attuabille ma, soprattutto, facilmente smentibile. Ovviamente, sui soliti siti complottisti trovate scritto che mai nessuno ha mai voluto realizzare l’esperimento di Ferlini o anche che in realta’ e’ utilizzato normalmente in alcuni grandi centri di ricerca anche se alle persone comuni non ne viene data notizia.

Prima di tutto, vi ricordo che non stiamo parlando di esperimenti impossibili da realizzare ne che richiedono strumentazione particolare. Come detto, nella prima esperienza, Ferlini si sarebbe accorto di questo fenomeno semplicmente osservando due calamite che si attraevano. Avete mai visto due calamite? Ci avete mai giocherellato? Avete mai notato una distorsione dello spazio prima che queste si attacchino a causa della forza di attrazione? Ovviamente credo che la risposta a queste domande sia quanto meno scontata.

Vi faccio notare anche un altro particolare. Prendiamo un sito qualsiasi:

Sito vendita magneti

15 euro al pezzo, ne servono 4, quattro viti senza fine per realizzare un movimento a piccoli passi, qualche bullone di supporto, con meno di 100 euro avete realizzato l’esperimento di Ferlini. Non avrete magneti da tonnellate per poter fare un viaggio nel tempo, ma sicuramente dovreste essere in grado di osservare una bella distorsione dello spazio e, se siete fortunati, anche una bella nebbiolina di ozono nella stanza. Cercando informazioni sulla rete, ho trovato diversi forum in cui gruppi di persone, anche se sconsigliate da altre, si sono dichiarate pronte a mettere in piedi l’esperimento per dimostrarne la corretteza. La cosa simpatica e’ che dopo una lunga discussione “lo faccio”, “non lo fare perdi tempo”, “no lo faccio, chi mi aiuta?”, ecc., nessuno, e dico nessuno, ha il coraggio di tornare e dire che il suo esperimento e’ stato un flop. Nonostante questo, di tanto in tanto, qualche simpatico sito ritira fuori questa storia come se fosse una novita’ assoluta. Che ci volete fare, in tempo di magra di catastrofi e complotti, ogni cosa e’ buona per cercare di accaparrarsi qualche visita sul sito.

Giusto per concludere, e per togliere ogni dubbio, il magnetismo e’ noto da tantissimo tempo. Gia’ ai tempi del greco Talete, che descrive il fenomeno, era noto che un materiale, la magnetite, era in grado di attirare limatura di ferro. Oggi, possiamo disporre di campi magnetici molto elevati per applicazioni di ricerca. Per farvi qualche esempio, il campo magnetico all’interno dell’esperimento ATLAS del CERN, si proprio quello della scoperta dell’Higgs insieme a CMS, e che viene utilizzato per curvare le particelle cariche, ha un’intensita’ di 2 Tesla, cioe’ circa 100000 volte il campo magnetico terrestre. Pensate sia tanto? Ci sono laboratori al mondo che si occupano proprio di studiare i campi magnetici cercando, per ricerca e applicazioni, di trovare materiali nuovi da poter essere utilizzati per creare campi magnetici sempre piu’ intensi. Un esempio? Nel “High Field Magnet Laboratory” in Olanda, si e’ raggiunto il valore di 38 Tesla con un sistema “economico” da soli 1.5 milioni di dollari. Questo pero’ non e’ ancora il record assoluto, anche se il laboratorio detiene il record come rapporto intensita’/prezzo, dal momento che il guiness dei primati per il campo magnetico piu’ intenso e’ del Magnet Lab della California:

Magnet Lab

dove si e’ raggiunto il valore di 45 Tesla con un sistema molto complesso da ben 15 milioni di dollari.

Ora, ragioniamo insieme, secondo voi se esistesse questo effetto “barriera magnetica” dovuto all’attrazione dei poli, nessun altro se ne sarebbe accorto, magari con un sistema in grado di generare un campo ben piu’ intenso rispetto a quello di una semplice calamita a ferro di cavallo?

 

Psicosi 2012. Le risposte della scienza”, un libro di divulgazione della scienza accessibile a tutti e scritto per tutti. Matteo Martini, Armando Curcio Editore.

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Un futuro … robotico

13 Mar

Nell’immaginario collettivo dettato dai film e racconti di fantascienza, il nostro futuro dovrebbe essere popolato da robot umanoidi dotati di intelligenza propria ed in grado di comunicare, interagire e, perche’ no, contrapporsi agli stessi esseri umani che li hanno creati. Da decenni questi scenari futuristici vengono richiamati e su tematiche del genere si sono inventate tantissime storie e racconti. Il nostro livello tecnologico, per quanto, punto di vista personale, debba sempre essere migliorato ed e’ sempre un passo indietro a quello che vorremmo fare, non e’ assolutamente scarso eppure questi tanto citati scenari non si sono ancora visti.

Nonostante questo, e anche se molti lo ignorano, la tecnologia robotica ha fatto enormi passi avanti negli ultimi anni e molte operazioni, sia di routine che di elevata complessita’, sono gia’ eseguite dagli uomini coadiuvati da sistemi elettromeccanici. Spesso, questa simbiosi tecnologica e’ necessaria e utile per migliorare la precisione di determinate operazioni, altre volte invece e’ una vera e propria necessita’ fondamentale per supplire all’impossibilita’ di un intervento diretto dell’uomo.

Proprio da questo ultimo scenario vorrei partire per commentare una notizia apparsa sui giornali qualche giorno fa. Provate ad immaginare uno scenario di questo tipo: siamo su un’astronave lontana migliaia di kilometri da Terra. Un membro del nostro equipaggio ha un problema di salute importante che impone un intervento chirurgico di urgenza. Per quanto gli altri membri dell’equipaggio possono essere addestrati a situazioni di questo tipo, non e’ assolutamente possibile immaginare che tutti siano in grado di fare tutto in modo eccellente. Cosa fare per salvare la vita dell’uomo? In casi come questo, potrebbe intervenire un robot in grado di compiere operazioni chirurgiche anche delicate perche’ programmato ed istruito per farle oppure perche’ telecontrollato da un esperto sulla Terra o su un’altra navicella nello spazio.

Pensate sia fantascienza?

Proviamo a sostituire qualche soggetto della nostra storia. La navicella lontana dalla Terra e’ la Stazione Spaziale Internazionale, i membri dell’equipaggio sono gli astronauti provenienti da diversi paesi e che devono restare in orbita anche per periodi relativamente lunghi. Come vengono gestiti casi come quello raccontato sulla ISS? Per il momento, non c’e’ stato mai bisogno di operare d’urgenza un membro della stazione spaziale ma, come potete capire, e’ necessario predisporre piani di emergenza anche per far fronte a problemi come questo. Dal punto di vista medico, gli astronauti della stazione hanno in dotazione strumentazione di monitoraggio e controllo che possono usare autonomamente o aiutandosi in coppie.

Sicuramente un robot appositamente creato per questi scopi potrebbe coadiuvare gli astronauti sia nelle operazioni di routine che in casi di emergenza.

Questo e’ il pensiero che i tecnici NASA hanno avuto quando, qualche anno fa, hanno mandato sulla Stazione Spaziale il Robonaut 2, un robot umanoide che ancora oggi e’ in orbita intorno alla Terra. Inizialmente, il robot e’ stato inviato per aiutare gli astronauti nelle operazioni piu’ difficili ma anche per sostituirli in quelle piu’ banali e ripetitive che sottraggono inutilmente tempo al lavoro del team.

Il Robonaut 2 all'interno della Stazione Spaziale Internazionale

Il Robonaut 2 all’interno della Stazione Spaziale Internazionale

La storia del progetto inizia gia’ dal 1997 quando venne sviluppato un primo prototipo di Robonaut. Questo sistema era pensato per aiutare gli astronauti o sostituirli durante le attivita’ extraveicolari piu’ pericolose. Inoltre, poteva essere montato su un piccolo carro a 6 ruote trasformandolo in un piccolo rover intelligente per l’esplorazione in superficie della Luna o di altri corpi celesti.

Il progetto, come potete immaginare, risulto’ valido e dal 2006 e’ iniziata una stretta collaborazione tra la NASA e la General Motors per la costruzione di un sistema piu’ affidabile e da testare in orbita, appunto il Robonaut 2. Una volta arrivato sulla stazione, il robot venne lasciato imballato per diversi mesi a causa dell’elevato carico di lavoro degli astronauti, fino a quando venne messo in funzione quando nella stazione era presente anche il nostro Paolo Nespoli.

Ecco un video delle prime fasi di collaudo del Robonaut-2:

Come detto, il Robonaut 2 e’ un robot umanoide dotato di due braccia a 5 dita per un peso complessivo di 150Kg, escluse le gambe non previste in questa versione. Il costo di produzione e’ stato di circa 2.5 milioni di dollari per produrre un vero e proprio gioiello di elettronica. Il robot e’ dotato di 350 sensori, una telecamera 3D ad alta definizione, il tutto comandato da 38 processori Power PC. Il complesso sistema di snodi consente di avere 42 gradi di movimento indipendenti.

Addestramento del Robonaut 2 con un manichino

Addestramento del Robonaut 2 con un manichino

La notizia di questi giorni e’ relativa allo speciale addestramento che il Robonaut 2 sta seguendo per diventare un vero e proprio medico di bordo pronto a far fronte, autonomamente o su controllo da Terra, ad ogni intervento medico richiesto, da quelli di routine a, eventualmente, vere e proprie operazioni. Questo addestramento e’ seguito passo passo sia da medici che da tecnici NASA esperti di telecontrollo, dal momento che tutto verra’ poi seguito da Terra verso la Stazione Spaziale. Stando a quanto riportato anche dalla NASA, il Robonaut sarebbe gia’ in grado di eseguire piccoli interventi di routine e di fare prelievi e punture ad esseri umani. Ovviamente, per il momento la sperimentazione e’ fatta su manichini anche se il robot ha mostrato una straordinaria capacita’ di apprendimento e, ovviamente, una precisione e ripetivita’, difficilmente raggiungibili da una mano umana.

Come vedete, forse gli scenari fantascientifici da cui siamo partiti non sono poi cosi’ lontani. In questo caso, l’utilizzo di tecnologia robotica e’ necessario proprio per supplire all’impossibilita’ di intervento diretto da parte dell’uomo e sicuramente potrebbe essere in grado in un futuro molto prossimo di far fronte a situazioni altrimenti non gestibili.

Prima di chiudere vorrei pero’ aprire un ulteriore parentesi robotica. Se pensate che l’utilizzo di un sistema elettromeccanico in medicina sia una novita’ assoluta o se credete che sistemi di questo tipo siano appannaggio soltanto della Stazione Spaziale o di centri di ricerca futuristici, state sbagliando di grosso.

Vi mostro una foto di un altro robot, assolutamente non umanoide, ma con funzioni molto interessanti:

Il sistema robotico Da Vinci

Il sistema robotico Da Vinci

Questo e’ il Robot Da Vinci, proprio in onore del nostro Leonardo, utilizzato in moltissime sale operatorie di tutto il mondo.

Da Vinci e’ prodotto dalla ditta americana Intuitive Surgical e gia’ nel 2000 e’ stato approvato per l’uso in sala operatoria dalla Food and Drugs Administration. Questo sistema e’ dotato di diversi bracci elettromeccanici che consentono una liberta’ di movimento molto maggiore, e assai piu’ precisa, di quella di un polso umano. Il sistema e’ teleguidato da un medico lontano dalla sala operatoria al cui interno ci sono solo infermieri che di volta in volta posizionano lo strumento giusto nelle pinze del robot. Stando a quanto dichiarato, questo robot consente ovviamente di avere una affidabilita’ di ripetizione e precisione molto maggiore di quelle di un normale medico riuscendo ad operare limitando fino ad 1/3 il normale sangiunamento degli interventi piu’ complicati.

Dal sito della Intuitive Surgical si legge che ad oggi sono stati venduti piu’ di 700 di questi robot e pensate che in Italia quasi 70 sale operatorie sono attrezzate con questo sistema. Il numero di operazioni effettuate con questo robot e’ dell’ordine delle decine di migliaia.

E’ tutto oro quello che luccica?

Per completezza, e come siamo abituati a procedere, vi mostro anche il rovescio della medaglia. Rimanendo nel caso Da Vinci, anche in Italia, si sono formati tra i medici due schieramenti: quelli favorevoli al suo uso e quelli fortemente contrari. Perche’ questo? Se parliamo dei vantaggi del sistema, sicuramente una mano robotica consente di effetturare operazioni di routine con una precisione assoluta, d’altro canto pero’, ci sono molti medici che mettono in discussione il rapporto investimento/beneficio di un sistema del genere. Come potete facilmente immaginare, l’investimento richiesto per l’acquisto del robot e’ molto elevato con grossi guadagni dell’azienda e, soprattutto, delle banche che offrono finanziamenti agli ospedali. Inizialmente, il Da Vinci e’ stato sviluppato per le operazioni piu’ complesse o in cui il medico non riuscirebbe a lavorare facilmente. Si tratta ovviamente di operazioni in laparoscopia che tradizionalmente potrebbero essere eseguite con un investimento molto inferiore. Inoltre, visto lo sforzo economico per l’acquisto, molti degli ospedali che dispongono del robot tendono ad utilizzarlo anche per gli interventi piu’ facili al fine di sfruttare a pieno l’investimento fatto. Altro aspetto non da poco, il Da Vinci e’, ovviamente, coperto da decine di brevetti che creano un monopolio per la ditta costruttrice. Questo non fa altro che bloccare eventuali piccole startup che potrebbero migliorare notevolmente un sistema che, come detto, risale al 2000. Come discusso all’inizio dell’articolo, anno per anno la tecnologia cresce notevolmente ed un apparato del genere, per quanto complesso, potrebbe sempre essere migliorato con l’aggiunta di nuovi sistemi. Come vedete, al solito, le discussioni sono piu’ di natura economica che di utilizzo. Nonostante questo, il Da Vinci e’ un ottimo esempio di chirurgia robotica gia’ disponibile alla societa’.

 

Psicosi 2012. Le risposte della scienza”, un libro di divulgazione della scienza accessibile a tutti e scritto per tutti. Matteo Martini, Armando Curcio Editore.

Marte: altro che batteri, ci sono foreste!

15 Ott

Attraverso la pagina Facebook di Psicosi 2012, un nostro caro lettore, sempre disponibile a fornire spunti interessanti, ci ha chiesto di commentare alcuni articoli che circolano in rete gia’ da diverso tempo, ma che ancora non erano stati affrontati qui sul blog.

Come sapete, diverse volte ci siamo lanciati a commentare le ultime scoperte fatte dalle sonde orbitanti intorno a Marte o dei Rover in superficie, ultimo di questi Curiosity a cui abbiamo dedicato diversi post. Lo studio della superficie di Marte, oltre all’interesse scientifico indubbio, suscita da sempre la curiosita’ e la fantasia di molte persone. Come e’ facile intuire, ogni qual volta si parla di pianeti diversi dalla Terra, il primo pensiero e’ quello della ricerca di forme di vita intelligente.

Piccola parentesi di cui abbiamo discusso gia’ moltissime volte ma che e’ meglio ricalcare, la scienza non si oppone assolutamente all’esistenza di forme di vita diverse dalla nostra. La ricerca ha piu’ volte cercato precursori o forme di vita nei pianeti del Sistema Solare e, ancora oggi, lo studio dei pianeti extrasolari punta per prima cosa a trovare zone abitabili in cui potrebbe essersi sviluppata la vita. Fate sempre pero’ attenzione ad una cosa, parlare di forme di vita non significa parlare di omini verdi che viaggiano nel cosmo. Quando in scienza si parla di forme di vita, si intendono quasi sempre forme di vita semplici come batteri o microorganismi che potrebbero, anche in condizioni estreme, essere riuscite a svilupparsi su un pianeta.

Proprio a questo filone, appartiene la notizia che vorrei commentare. Probabilmente, trattandosi come detto di una storia vecchiotta, alcuni di voi potrebbero gia’ aver sentito queste affermazioni.

Durante la sua missione, la sonda MGS, Mars Global Surveyor, ha scattato diverse immagini ad alta risoluzione di alcune zone di Marte. In particolare, ci sono molti scatti che riguardano la fascia vicino al polo Sud e che hanno suscitato notevole attenzione fin dai primi momenti.

Di cosa si tratta?

Prima di tutto, vorrei mostrarvi una di queste foto:

Foto del presunto albero sulla superficie di Marte

Foto del presunto albero sulla superficie di Marte

Cosa sono quelle strane figure che appaiono sulla superficie? Senza tanti giri di parole, e nemmeno richiedendo uno sforzo troppo notevole alla fantasia, queste immagini sembrano senza dubbio ritrarre degli alberi. Tra l’altro, si notano anche molto bene le ramificazioni.

Se ancora non siete contenti, vi mostro un’altra immagine, forse ancora piu’ esaustiva della prima:

Quella che sembra una foresta su Marte

Quella che sembra una foresta su Marte

Qui addirittura si vede anche la colorazione verde degli alberi e, avendo ripreso la superficie da un’altezza maggiore, si vede come non sia presente un singolo albero, ma addirittura una foresta di arbusti sulla superificie di Marte.

Possibile tutto questo?

Seguendo i siti che raccontano la storia, assolutamente si. Per prima cosa, le dimensioni degli arbusti sarebbero molto maggiori di quelle normalmente presenti sulla Terra. Confrontando con la scala della foto, gli alberi mostrati avrebbero un diametro anche fino ad 1 km. Possibile? Ovviamente si, sapete perche’? La minore atmosfera del pianeta rosso rispetto a quella terrestre, renderebbe necessaria una superficie maggiore per lo scambio gassoso. Proprio per questo motivo gli alberi crescerebbero molto di piu’ che sulla Terra, appunto per un concetto di sopravvivenza. Inoltre, gli alberi avrebbero radici molto profonde per pescare acqua nello stato liquido nel sottosuolo di Marte.

Aspettate un secondo, ci sono foto della NASA che mostrano l’esistenza di “foreste” su Marte e poi, a distanza di anni, mandiamo Curiosity dentro il createre Gale, brutto, polveroso, senza niente da vedere se non qualche sasso, con la scusa di cercare batteri? Qualcosa non torna.

Perche’ avviene questo?

Che domande, la risposta e’ ovvia: le missioni marziane odierne sono solo una copertura per far vedere che la ricerca continua. Come al solito, i signori della NASA fanno ricerca per finta. Sanno che ci sono foreste in molte zone, ma mandano i rover in punti dove non potranno trovare niente. In questo modo, riescono a mantere il segreto di Marte.

Alcuni siti si lanciano anche nella spiegazione del perche’ avverrebbe questo. La risposta anche qui e’ molto semplice, ed e’ da ricercarsi nella religione. Sarebbe sconvolgente per la nostra societa’, ancorata alla tradizione religiosa, sapere che esistono forme di vita evolute, o anche solo alberi, su un altro pianeta. Chi li ha creati? Il nostro Dio? Un altro? Secondo le fonti, questo potrebbe destabilizzare l’animo umano facendolo entrare in una via senza ritorno.

Tralasciando questi tentativi di spiegazione, per carita’ interessanti dal punto di vista antropologico e umano, cerchiamo invece di capire cosa sarebbero queste foto che si trovano in rete.

La prima cosa che si potrebbe pensare e’ che le foto siano dei falsi. In realta’ non e’ cosi’, o meglio non lo e’ totalmente.

Queste foto sono state scattate utilizzando lo strumento MOC, che sta per Mars Orbiter Camera. Una camera abbastanza potente utilizzata per scattare foto della superficie dall’orbita di passaggio. Si tratta in realta’ di un sistema composto da tre camere. La prima, la piu’ potente, era in grado di scattare foto ad alta risoluzione in bianco e nero. Le altre due invece, a risoluzione minore, erano sensibili solo al rosso e al blu. Perche’ questo? La sensibilita’ a lunghezze d’onda specifiche poteva aiutare ad identificare ed isolare determinate emissioni o spettri specifici utili per analizzare in dettaglio alcune carateristiche. Se pensate che il sistema sia antiquato, non dimenticate che la missione MGS e’ terminata gia’ nel 2001, per cui la tecnologia a bordo, oggi, puo’ sembrare molto datata.

Prima osservazione, se ci sono camere in bianco e nero, sul rosso o sul blu, come e’ possibile avere una splendida foto, come la seconda mostrata, in cui si vede una foresta verdognola? Molto semplice, questa foto, cosi’ come molte altre che trovate in rete, sono state ricolorate a posteriori utilizzando programmi di grafica. Perche’ questo? Risposta quantomai facile, per spingere ancora di piu’ l’opinione che si trattasse di foreste sulla superficie di Marte.

Attenzione pero’, d’accordo che il colore e’ falso per capacita’ tecnologica, ma anche se immaginiamo le foto in colori diversi, le strutture presenti sono sempre paragonabili ad alberi.

Cosa sono queste forme che si vedono?

Anche qui, la risposta e’ quantomai facile da dare. Quelli che si vedono sono dei semplici sbuffi di anidride carbonica che partono dal permafrost di Marte e si alzano verso il cielo. Da cosa sono dovuti? Il permafrost di Marte e’ costituito di ghiaccio secco, o anidride carbonica allo stato solido. Le foto che abbiamo mostrato sono state scattate nel mese di ottobre, cioe’ quando stava iniziando l’equivalente primavera in quella regione di Marte. Questo non significa altro che le temperature erano in rapida ascesa.

Avete mai visto del ghiaccio secco? Come sapete, e’ una sostanza che non passa per lo stato liquido ma, attraverso il processo cosiddetto di sublimazione, evapora passando immediatamente da solido a gas.

Fin qui ci siamo. Ora, e anche questa non e’ una novita’, il terreno di Marte e’ costituito da una sabbia molto sottile e che spesso viene modellata da vere e proprie tempeste. Queste possono, durante i mesi invernali, ricorprire il permafrost seppellendo lo strato traslucido di ghiaccio secco. Quando poi le temperature si alzano, il vapore intrappolato nel terreno fa aumentare la pressione arrivando poi ad uscire con sbuffi di forte intensita’. Risultato di queste emissioni sono lanci di polveri anche a diverse centinaia di metri dal punto di fuoriuscita.

Che prove ci sono a sostegno?

Per prima cosa, la struttura del terreno di Marte e’ conosciuta molto bene e quindi questa spiegazione e’ compatibile con la conoscenza che abbiamo. Inoltre, ma questo spesso i siti che sostengono l’ipotesi foresta dimenticano di dirvi, nelle foto successive a quelle riportate, scattate poco dopo, non si notano piu’ gli alberi di cui stiamo parlando, ma qualcosa di questo tipo:

Segni sul terreno lasciati dall'emissione di CO2 dal permafrost

Segni sul terreno lasciati dall’emissione di CO2 dal permafrost

Questi altro non sono che i segni lasciati dalla fuoriuscita della CO2 dal terreno. Le righe che vedete sono proprio le linee di fuga verso le quali e’ stata lanciata la sabbia. Non credo assolutamente che si possa pensare che gli alberi da 1 kilometro appaiono e scompaiono nel giro di pochi secondi.

A questo punto, non credo ci sia altro da aggiungere. Purtroppo, spesso, soprattutto in casi di questo tipo, la vista puo’ fare brutti scherzi. Ovviamente, sono io il primo a dire che le strutture mostrate potevano essere scambiate per alberi, ma, come spesso avviene, ci sono spiegazioni ben piu’ razionali e scontate che forse andrebbero ricercate.

Come detto all’inizio, questa storia gira gia’ da diverso tempo sulla rete e, ma anche a questo siamo abituati, di tanto in tanto viene ritirata fuori a sostegno dei tanti complotti architettati dalla NASA per non far conoscere la verita’ che si nasconderebbe nel nostro Sistema Solare.

 

Psicosi 2012. Le risposte della scienza”, un libro di divulgazione della scienza accessibile a tutti e scritto per tutti. Matteo Martini, Armando Curcio Editore.

Parmitano e l’acqua nel casco

27 Ago

Come forse avrete letto dai giornali, il 16 Luglio scorso ci sono stati alcuni problemi durante la seconda “passeggiata spaziale” per il nostro astronauto Parmitano che si trova sulla Stazione Spaziale Internazionale. La notizia e’ passata un po’ in sordina, complice anche il periodo estivo, e anche sui giornali che ne hanno parlato, il discorso e’ stato un po’ fumoso e poco specifico.

Cosa e’ successo?

Facciamo un breve riassunto. Il 16 Luglio era prevista una seconda EVA, che sta per Attivita’ Extra-Veicolare (quella che normalmente chiamiamo passeggiata spaziale), di 6 ore per fare dei lavori straordinari all’esterno della ISS. I lavori prevedevano la preparazione della stazione per accogliere, entro la fine dell’anno, un nuovo modulo russo che dovrebbe essere connesso alla ISS.

Alla EVA hanno partecipato Parmitano e Chris Cassidy, astronauta americano di grande esperienza con alle spalle ben 7 passeggiate. Qualche decina di minuti dopo l’inizio dei lavori, il nostro astronauta ha avvisato il centro di controllo NASA di Houston, che stava seguendo tutte le manovre da terra, di sentire dell’acqua vicino al collo. Inizialmente, gli esperti NASA hanno pensato ad un’eccessiva sudorazione, causata anche dalla fatica e dallo stress. Dopo qualche altro minuto, Parmitano ha pero’ comunicato che l’acqua continuava ad aumentare e stava diventando un problema.

Ora, tenete conto che siamo in assenza di gravita’, condizione per cui l’acqua e’ si in forma liquida, perche’ all’interno della tuta pressurizzata, ma e’ tenuta insieme solo dalla tensione superficiale. In questa condizione, il liquido si presenta come delle gocce piu’ o meno grandi che fluttuano all’interno del casco dell’astronauta.

La presenza di acqua che continuava ad aumentare, cominciava ad entrare nel naso e negli occhi di Parmitano, rendendo la respirazione difficile e la visibilita’ compromessa. Questa situazione ha fatto scattare l’allarme al centro controllo di Houston che ovviamente ha ordinato subito il rientro all’interno della ISS, dopo circa 90 minuti dall’inizio delle operazioni.

Parmitano ha raccontato questi momenti di paura, ma non ha mai perso la calma e la mente lucida. Come potete immaginare, gli astronauti sono addestrati per poter gestire situazioni anche difficili senza perdere il controllo. In caso contrario, un eccessivo allarmismo potrebbe causare conseguenze molto gravi.

Parmitano aiutato da Cassidy e seguendo il cavo che lo teneva legato alla ISS e’ riuscito a rientrare all’interno in pochi minuti dove c’erano ad accoglierlo gli altri occupanti della ISS che hanno pressurizzato la zona di ingresso e lo hanno aiutato a togliere il casco. Come riportato dal comunicato NASA, l’astronauta stava bene anche se molto stanco, e aveva all’interno del casco circa mezzo litro di acqua.

Ragionando ora, sapendo che tutto e’ andato bene, sembra veramente assurdo rischiare di morire affogati nello spazio. Proprio questo e’ stato infatti il rischio corso da Parmitano. I molti giornali che hanno riportato la notizia, non hanno pero’ risposto ad una domanda, se vogliamo, scontata, da dove proveniva quell’acqua?

Come prima ipotesi, i tecnici NASA hanno pensato che provenisse dal cosiddetto “drink pack”, cioe’ un serbatoio di acqua potabile munito di cannuccia nel casco e che serve per idratare gli astronauti durante le EVA. Questa ipotesi e’ stata pero’ smentita dallo stesso Parmitano che, nelle prime fasi dell’incidente, ha assaggiato un goccia di questo liquido, comunicando che non si trattava di acqua potabile.

Dunque?

Per poter rispondere alla domanda, e’ necessario vedere come e’ fatta una tuta spaziale moderna. Questo e’ uno schema illustrato delle varie parti:

Tuta spaziale usata durante le EVA

Tuta spaziale usata durante le EVA

Ovviamente, la tuta e’ munita di tantissimi strumenti sia scientifici che di diagnostica per controllare lo stato dell’astronauta. In tal senso, troviamo un dosimetro, una telecamera, una valvola di regolazione della temperatura interna, la radio, il controllo dell’ossigeno, un sistema elettrocardiografico per controllare le funzioni cardiache dell’astronauta, ecc. Con un totale di circa 10 strati diversi.

Come vedete, il serbatoio di acqua potabile e’ posizionato vicino al casco. Questa ipotesi e’ pero’ stata smentita da Parmitano durante le prime fasi dell’incidente. Nella tuta e’ presente anche un “pannolone” super assorbente detto MAG. Non c’e’ ovviamente nulla di strano nella presenza di questo accessorio se pensiamo che, come nel caso dell’incidente, la EVA prevista era di ben 6 ore all’esterno della ISS. Ovviamente, e’ da escludere anche che il liquido presente nel casco fosse urina, dal momento che il sistema di drenaggio e’ in grado di assorbire volumi molto maggiori di quelli normalmente espulsi da un astronauta.

Fate pero’ attenzione ad un particolare, nell’immagine della tuta vedete che e’ presente una calzamaglia refrigerante. Questo sistema e’ presente per mantenere una temperatura confortevole all’interno. Come sapete, l’escursione passando da una zona verso il Sole ad una in ombra puo’ normalmente superare i 100 gradi, mentre la temperatura all’interno deve rimanere confortevole per l’astronauta. Poiche’ nello spazio, essenzialmente nel vuoto, lo scambio di calore non puo’ avvenire con convezione, un sistema di tubicini fa scorrere l’acqua intorno al corpo estraendo calore. Il liquido refrigerante viene poi convogliato al Primary Life Support System situato sulla vita, che altro non e’ che uno scambiatore di calore.

La zona del casco da cui Parmitano ha sentito inizialmente il liquido.

La zona del casco da cui Parmitano ha sentito inizialmente il liquido.

Come riportato sia da Parmitano che dalla NASA, il liquido presente nella tuta dell’astronauta proveniva proprio dal sistema refrigerante. Purtroppo, ancora oggi, non e’ nota la posizione esatta della perdita. Ovviamente, la tuta in questione non viene piu’ utilizzata. Nell’immagine di fianco, trovate anche una foto della zona del casco da cui Parmitano ha sentito per la prima volta fluire liquido. L’immagine e’ stata postata su twitter da un altro astronauta presente nella ISS, Douglas H. Wheelock.

Fortunatamente, l’incidente non ha avuto conseguenze per il nostro astronauta. Una situazione di questo tipo non si era mai verificata durante un EVA, per cui sono stati aggiornati anche i rischi possibili durante le passeggiate spaziali. Credo che il modo migliore per concludere questo articolo, sia riportare fedelmente le parole dello stesso Parmitano scritte subito dopo il suo incidente:

Lo Spazio è una frontiera, dura e inospitale, in cui noi siamo ancora degli esploratori e non dei coloni. La bravura dei nostri ingegneri, e la tecnologia che abbiamo a disposizione, fa sembrare semplici cose che non lo sono, e a volte forse lo dimentichiamo.

Meglio non dimenticare.

 

Psicosi 2012. Le risposte della scienza”, un libro di divulgazione della scienza accessibile a tutti e scritto per tutti. Matteo Martini, Armando Curcio Editore.

Aggiornamento sulla Voyager-1

1 Lug

Solo qualche mese, avevamo parlato della sonda Voyager-1, discutendo il clamoroso equivoco in cui era caduta la American Geophysical Union, che male aveva interpretato un comunicato della NASA. Come visto in questo articolo:

Siamo fuori dal sistema solare … o forse no?

intorno a Marzo, la sonda si trovava in una zona del sistema solare nota come Magnetic Highways. Qui, il campo magnetico esercitato dal Sole presentava una repentina variazione che poteva far credere che la sonda fosse uscita dal sistema solare. Nella comunita’ scientifica, questo momento di passaggio e’ atteso con trepidante attesa visto che, per la prima volta, un oggetto tecnologico costruito dall’uomo potrebbe entrare nello spazio interstellare.

La sonda Voyager

La sonda Voyager

Ovviamente, come visto nel precedente articolo, non e’ semplice definire un confine esatto per il nostro sistema solare. Come e’ facile immaginare, ruolo dominante in questa definizione viene dato al Sole. Se pensiamo alla forza gravitazionale, questa ha in realta’ un intervallo infinito in cui fa sentire i suoi effetti. Nonostante questo, si e’ soliti definire il confine del sistema solare come quella zona in cui il campo magnetico del Sole scende bruscamente e dunque non arrivano le particelle cariche emesse dalla nostra stella. Se vogliamo, questa data e’ una definizine operativa che ci permette dunque di avere un confine piu’ o meno preciso della seprazione tra il nostro sistema solare o lo spazio profondo.

Come visto anche in precedenza, questo confine e’ molto lontano dalla nostra posizione, trovandosi a circa 123 unita’ astroniche, cioe’ circa 18 miliardi di kilometri dal Sole, ben oltre l’orbita di Plutone.

Perche’ torno a parlare di questo?

Nei mesi trascorsi dal nostro ultimo aggiornamento, la Voyager-1 ha continuato a spingersi verso il confine del sistema solare e, dopo il passaggio nella Magnetic Highway, ci si aspettava da un momento all’altro l’ingresso nello spazio profondo. La sonda lanciata nel 1977, continua ad essere alimentata dalla sue batterie atomiche, e, ad intervalli regolari, invia a terra le misure sia di campo magnetico che di flussi di particelle. Proprio questi dati, come visto nella definizione operativa di confine, ci darebbero il momento storico del passaggio.

Bene, ormai a 18 miliardi di kilometri da noi, la Voyager-1, invece di entrare nello spazio interstellare, ha trovato una nuova regione del tutto inattesa dai modelli teorici.

Di cosa si tratta?

Analizzando i dati inviati a terra, i tecnici della NASA hanno trovato valori molto altalenanti sia di campo magnetico che di flusso di particelle. La regione piu’ esterna dell’eliosfera, anche detta Eliosheath o elioguaina, che e’ quella in cui ci trovavamo prima, invece di lasciare il posto allo spazio profondo, viene seguita da una regione in cui gli effetti del nostro Sole si sovrappongono a quelli delle stelle esterne al Sistema Solare. Questa regione e’ stata subito ribattezzata “Eliosheath depletion region”.

Nella nuova regione scoperta, il campo magnetico solare e’ ancora presente ma calano bruscamente i flussi di particelle cariche provenienti dalla nostra stella. Come evidenziato pero’ dagli strumenti della Voyager-1, nella regione cominciano a farsi sentire i flussi di raggi cosmici provenienti dall’esterno.

Molto interessante e’ il video pubblicato proprio dal nostro INAF per spiegare questa nuova importante scoperta:

Se vogliamo dirlo in parole semplici, la Voyager si trova ora in una zona di separazione tra il sistema solare e l’esterno, che, ovviamente, non e’ una linea. Quello che invece era inatteso, e’ questo comportamento altalenante dai valori dovuto, se vogliamo, ad un mescolamento delle linee di forza del campo magnetico del Sole con quello delle stelle esterne.

Come vedete, la sonda Voyager continua ad offirci importanti risultati. Anche se tutti siamo in attesa di questo storico passaggio nello spazio esterno, la scoperta fatta e’ del tutto inattesa e assolutamente non aspettata dai modelli teorici. La cosa piu’ affascinante e’ che la sonda venne lanciata ormai 36 anni fa per misurare importanti parametri di Giove e Saturno. A distanza di decadi, e’ ormai pronta per il passaggio verso l’esterno e continua ad inviare dati con regolarita’, regalandoci di volta in volta scoperte ed emozioni sempre nuove.

 

Psicosi 2012. Le risposte della scienza”, un libro di divulgazione della scienza accessibile a tutti e scritto per tutti. Matteo Martini, Armando Curcio Editore.

Aura, Aureola e … effetto Kirian

15 Mag

Nella sezione:

Hai domande o dubbi?

una nostra cara lettrice ha fatto una richiesta a prima vista un po’ particolare, mi e’ stato chiesto di scrivere un articolo riguardo l’aura energetica e ai suoi colori. Perche’ dico “particolare”? Come e’ noto, questa e’ materia della parapsicologia e, molto spesso, concetti di questo tipo si scontrano violentemente con la scienza. Notate pero’ come abbiamo definito “a prima vista particolare” questa richiesta.

In questo post, cercheremo di affrontare in maniera scientifica il discorso dell’aura energetica ma non nascondendoci dietro il “e’ tutto falso” senza motivare. Non voglio assolutamente cercare di far scontrare scienza e parapsicologia, anche perche’, a mio avviso, parliamo di cose completamente diverse tra loro. Quello che vorrei fare in questo articolo e’ cercare di capire se veramente potrebbe esistere questa aura, magari non visibile a tutti, emanata dai corpi viventi e, perche’ no, caratterizzata anche da colori diversi in base al soggetto che la emana.

Parlando di aura, molto spesso, si tende a confondere questo conetto anche con quello di “aureola” che, come tutti sanno, e’ quel disco o anello luminoso che molto spesso viene rappresentato insieme alle figure dei santi o comunque di persone di alta levatura morale. Dico che spesso questi concetti si mescolano perche’ non sempre l’aureola e’ stata indicata in questo modo ma, nel corso dei secoli, si e’ spesso raffigurata come un mantello luminoso intorno alle figure umane, esattamente come si vorrebbe fatta l’aura.

Premesso questo, cerchiamo di capire qualcosa di piu’ sull’aura.

Come molti sapranno e come anticipato, l’aura altro non sarebbe che quell’alone di luce, uniforme o raggiato, che i corpi viventi emanano. Secondo alcuni, l’esistenza di questa luce sarebbe proprio la dimostrazione che il nostro essere e’ dovuto alla sovrapposizione di un corpo materiale e di un qualcosa di etereo  e spirituale, non visibile a tutti. Dico “non visibile a tutti” perche’, secondo la tradizione, alcuni sensitivi, o se volete chiamiamole persone con un dono, sarebbero in grado di vedere questa luce e dunque di poter osservare anche la natura spirituale delle persone che hanno davanti.

Su questi argomenti e’ presente una vastissima letteratura, soprattutto in campo new age. Secono alcuni, l’aura potrebbe essere creata dall’emissione di onde elettromagnetiche da parte del nostro corpo, ma ad una lunghezza d’onda in cui i nostri occhi non sarebbero sensibili. In questo contesto, il dono dei sensitivi sarebbe comprensibile parlando di sistema oculare in grado di percepire anche emanazioni al di fuori del normale campo visivo.

Ora, non per fare lo scienziato di turno, esistono prove a sostegno dell’aura?

Secondo tantissime fonti, queste prove esisterebbero e sarebbe possibile, con determinati accorgimenti e apparecchiature, vedere anche l’aura. Attenzione, questo e’ un punto fondamentale del discorso. Come detto molte volte, oggi come oggi, siamo in grado di costruire strumentazione molto precisa e, se vogliamo, molto piu’ sensibile dei nostri normali sensi. Cosa significa questo? Come visto in questo post:

Animali e Terremoti

quando si cerca di convincere che gli animali hanno sensi specifici piu’ sviluppati dei nsotri, e’ vero, ma non dimentichiamoci che se, ad esempio, non siamo in grado di ascoltare un rumore ad una certa frequenza, siamo in grado di costruire uno strumento in grado di farlo in maniera ottimale. Questo solo per ribadire il concetto che il nostro attuale livello tecnologico ci consente di “aiutare” i nostri sensi mediante strumentazione di estrema precisione.

Torniamo dunque al discorso dell’aura e di come sarebbe possibile vederla.

Tutte le fonti concordano che la strumentazione per mostrare l’aura anche ai non sensitivi sarebbe la cosiddetta “camera Kirian”.

Di cosa si tratta?

Partiamo con un po’ di storia. Kirian era un riparatore di macchine fotografiche che, durante il suo lavoro, una volta ebbe la sfortuna di prendere una tensione molto alta, dell’ordine delle decine di migliaia di KiloVolt, ma a bassissima corrente. A seguito di questa scossa, Kirian riporta di aver visto piccoli aloni luminosi intorno alle sue dita e agli oggetti che lo circondavano.

Dopo questa esperienza, Kirian ebbe la brillante idea di costruire una macchina in grado di fotografare quello che aveva visto. Da sempre appassionato di misticismo, il riparatore associo’ da subito quello che aveva visto con l’aura emanata dal suo corpo. Nel corso degli anni, l’episodio iniziale e’ del 1939, Kirian realizzo ‘ diverse macchine in grado di riprodurre il primo incidente. Questi dispositivi erano basati su un forte campo elettrico prodotto da due elettrodi a notevole differenza di potenziale, dell’ordine dei 10000 V e bassa corrente, in mezzo al quale si metteva l’oggetto da fotografare e una lastra fotografica. Mediante questo ingegnoso sitema Kirian riusci’ a riprodurre l’effetto.

Ecco uno schema di funzionamento delle cosiddette “macchine Kirian”:

Schema di funzionamento di una camera Kirian

Schema di funzionamento di una camera Kirian

mentre questa e’ una delle foto realizzate da Kirian sulle sue stesse mani:

Foto scattata con una macchina Kirian

Foto scattata con una macchina Kirian

Come vedete, intorno alle dita del riparatore compare un alone bluastro molto ad effetto. Kirian associo’ dunque quanto osservato con la presenza dell’aura emanata dai corpi. Proprio per questo motivo, spesso si indica questo alone come “aura Kirian”.

Cosa c’e’ di vero in tutto questo? Quella che viene osservata e’ veramente una prova dell’esistenza dell’aura?

Rispondere a queste domande e’ di fondamentale importanza dal momento che i risultati di Kirian sono una delle prove maggiormente utilizzate a sostegno dell’ipotesi dell’aura.

Purtroppo, non c’e’ nessuna correlazione tra emanazioni energetiche e aura Kirian e questo e’ stato dimostrato da moltissimo tempo, in realta’ gia’ ai tempi dello stesso Kirian. Spesso pero’, molte fonti fanno finta di dimenticare questi “particolari” cercando anche di ribaltare la storia ed ergendo Kirian al solito paladino della scienza incompresa.

Andiamo con ordine.

In fisica, l’effetto osservato da Kirian e’ del tutto noto e capito gia’ da moltissimo tempo. Prima di parlarvi di questo, vorrei pero’ fare un passo indietro. Come visto, la definizione stessa di aura e’ di un alone che circonda gli esseri viventi. Lo stesso Kirian, puntava le sue ricerche sulla dimostrazion di questo. Guardate allora questa foto:

Foto scattata con camera Kirian

Foto scattata con camera Kirian

Cosa vedete? E’ una foto di alcune monete scattata con un a macchina Kirian. Cosi’ come avviene per i corpi viventi, anche gli oggetti inanimati hanno un alone che li circonda. Dunque? Per la definizioen stessa di aura, questa e’ la dimostrazione che quanto osservato da Kirian non puo’ assolutamnte essere una prova dell’esistenza dell’aura.

Torniamo dunque a questo alone. Da cosa dipende?

Come visto, nella strumentazione, l’oggetto da fotografare viene posizionato all’interno di un forte campo elettrico prodotto dalla differenza di potenziale tra i due elettrodi. Bene, quando siamo in condizioni di questo tipo, il gas del mezzo, nei casi piu’ comune aria, viene polarizzato formando un plasma e facendo fluire corrente dall’elettrodo a potenziale maggiore a quello a potenziale minore. Il trasferimento di queste cariche provoca la ionizzazione del gas che dunqe emette, formando appunto lo strano alone visibile nelle foto.

A riprova di questo, la maggior parte delle foto che potete vedere dell’aura visualizzata con queste macchine hanno come colore dominante il blu. Questa e’ una precisa indicazione che la foto e’ stata scattata in aria. Il colore dell’alone che si visualizza dipende, come detto, dal gas del mezzo utilizzato. Il colore blu e’ tipico dell’azoto, l’ossigeno e’ giallo, il neon e’ arancione e via dicendo.

Questo in fisica si chiama “effetto corona” ed e’ un principio molto noto e comunemente utilizzato. In questo caso, e’ necessario che il potenziale sia elevato ma non al punto da innescare una scarica ad arco tra gli eelttrodi. Inoltre, prima parlavamo di aloni intervallati anche da raggi piu’ netti. Anche questo effetto e’ comprensibile nell’ambito dell’effetto corona. Un corpo di forma irregolare non presenta sempre lo stesso valore di campo ma il tutto e’ dominato dal cosiddetto “effetto punta”. Un’asperita’ del corpo provoca un accumulo di cariche e dunque zone specifiche a piu’ alto potenziale. In questo senso, e’ possibile che ci siano sfumature piu’ o meno marcate in base alla forma dell’oggetto.

Cosa c’e’ di strano in tutto questo? Assolutamente nulla. Solo per darvi un’idea, l’effetto corona viene, ad esempio, utilizzato per la produzione di ozono, per sgrassare superfici o anche per ionizzare l’aria a scopo salutistico. In taluni casi poi, l’effetto corona viene combattutto per evitare danni a sistemi pre-esistenti. E’ questo, ad esempio, il caso delle linee di trasmissione in cui l’effetto corona puo’ risultare in una perdita di dielettrico.

Tornando alla nostra aura, o equivalentemente all’aureola, l’effetto Kirian non e’ assolutamente una prova della sua esistenza. Le fonti che ancora propongono questa spiegazione dimostrano soltanto una notevole ignoranza nelle materie scientifiche e anche una scarsa volonta’ di documentarsi prima di parlare di certe cose.

Nel caso fosse interessati a questo comunque paticolare effetto, al giorno d’oggi macchine Kirian sono in vendita sulla rete:

Macchine Kirian

Dal punto di vista prettamente scientifico, non esiste nessuna dimostrazione dell’esistenza dell’aura. Ovviamente, ci stiamo muovendo in un terreno quasi minato e ancora poco esplorato. Cosi’ come visto nei casi di pre-morte:

Le esperienze di premorte

ognuno di noi e’ libero di pensare quello che vuole e credere o meno all’aura. Diverso e’ il discorso quando si vuole far credere che esista una dimostrazione scientifica della cosa. La cosiddetta parapsicologia, ad oggi, non e’ riuscita a dimostrare in modo inconfutabile nessuna teoria. Proprio per questo motivo, dai numerosi centri nati nei primi anni del 1900, ad oggi esistono soltanto due universita’ che studiano e fanno ricerche in questo settore. Si tratta ovviamnete di laboratori completamente accessoriati e che puntano proprio alla dimostrazione, mediante metodi scientifici, di concetti che, al momento, di dimostrabile hanno ben poco. Ovviamente, come ormai siamo abituati, non precludiamo nessuna strada. Qualora ci dovessero essere novita’ o dimostrazioni di qualcosa di questo tipo, saremo pronti ad analizzarli.

 

Psicosi 2012. Le risposte della scienza”, un libro di divulgazione della scienza accessibile a tutti e scritto per tutti. Matteo Martini, Armando Curcio Editore.

Animali e Terremoti

24 Apr

In diverse occasioni, mi avete chiesto di esprimere il mio parere su quella che secondo alcuni potrebbe sembrare una leggenda popolare, mentre per altri e’ una realta’ scientifica, il comportamento anomalo di alcune specie animali prima dell’arrivo di un terremoto.

Vi dico subito che questo discorso non e’ affatto semplice. Molto spesso la tradizione popolare si fonde in modo uniforme con quanto raccontato da falsi profeti o anche con la presunta scienza.

Come sapete, molti credono che all’avvicinarsi di un terremoto, con un tempo variabile tra qualche secondo e diverse ore, alcuni animali assumano comportamenti anomali o siano in grado di lanciare veri e propri segnali di allarme. Molto spesso su questo blog, abbiamo parlato di precursori sismici, cercando appunto di capire quali potrebbero essere i segnali natuali in grado di farci prevedere un sisma. In questo contesto, si parla dell’emissione di particolari gas dal terreno, di formazione di nuvole strane, di innalzamento dei livelli dei pozzi, tutti fenomeni che in qualche caso sono stati osservati prima di un terremoto di forte intensita’.

A questo punto, appare evidente chiederci una cosa: se gli animali sono in grado di prevedere un terremoto, perche’ non imparare a decifrare questi segnali per poi utilizzarli come precursori sismici?

Ovviamente, si tratta di una domanda naturale e assolutamente corretta. Non resta che capire cosa c’e’ di vero in questa correlazione e se veramente possiamo pansare di utilizzarla a nostro favore.

Su questo argomento, esiste una vera e propria letteratura di settore. Cercando informazioni in rete, trovate storie riguardanti non solo animali domestici come cani e gatti, ma anche topi, cavalli, elefanti, galline, serprenti, formiche. In piu’ di qualche occasione, per ciascuno di questi animali, e’ stato notato un comportamento diverso rispetto al normale.

Ragioniamo subito su un particolare. Tutti i racconti che trovate, riguardano osservazioni a posteriori del comportamento anomalo. Mi spiego meglio. Dopo che si e’ verificato il terremoto, le persone ricordano di aver notato qualcosa di diverso nel comportamento degli animali. Questo non e’ affatto un dettaglio trascurabile. A seguito di un evento traumatico come un terremoto, le considerazioni delle persone possono essere viziate da una scarsa capacita’ critica, senza tenere conto poi della ricerca del sensazionalismo sempre presente in alcuni casi.

Cosa significa questo? Ovviamente non voglio gettare fango o dire che tutti i racconti sono falsi, solo che dopo un terremoto, magari di forte intensita’, l’oggettivita’ delle persone potrebbe essere alterata. Ad oggi, non esiste un solo caso di terremoto previsto partendo dall’osservazione del comportamento animale, tutti i casi riportati sono frutto di ricordi a posteriori. Facciamo anche un’altra considerazione, quante volte, osservando magari i vostri animali domestici, avete notato comportamenti diversi rispetto alla norma? Sicuramente in diverse occasioni, anche se molto spesso non ci facciamo neanche caso. Ovviamente, nella maggior parte dei casi, questi comportamenti non sono stati succeduti da un terremoto.

Fin qui pero’, stiamo parlando solo di punti di vista personali. E’ vero che dopo un terremoto le persone possono avere meno senso critico, ma e’ anche vero che queste affermazioni, sia in un senso che in un altro, non possono essere provate con metodo scientifico.

Cerchiamo dunque di fare considerazioni scientifiche partendo da quello che sappiamo.

Anche l’essere umano appartiene al regno animale, ma e’ altresi’ vero che alcune specie possono avere dei sensi meglio sviluppati dei nostri. Ad esempio, e’ provato che il nostro orecchio riesce a sentire suoni compresi tra i 16 e i 20000 Hz, mentre i cani possono raggiungere i 60000 Hz, i gatti i 70000 Hz, mentre pipistrelli, delfini e balene possono raggiungere valori ancora piu’ alti nella zona degli ultrasuoni. Perche’ dico questo? Sappiamo per certo che un terremoto non e’ un evento istantaneo. Possiamo ad esempio supporre che prima di un sisma ci siano delle microscosse che causano rumori e vibrazioni ad ultrasuoni, non udibili da noi, mentre dai nostri animali si. Questa potrebbe essere un’ipotesi reale, ed in tal senso, gli animali sarebbero in grado, grazie al loro udito differente, di percepire questi rumori provenienti dal sottosuolo.

Ora pero’, facciamo un’altra considerazione. E’ vero che il nostro orecchio non e’ in grado di percepire una vasta gamma di suoni, ma noi, al contrario degli altri animali, abbiamo una dote molto speciale: siamo in grado di costruire strumenti di misura avanzati. Anche se il nostro orecchio non e’ in grado di sentire un suono, disponiamo di una notevole strumentazione molto piu’ precisa del sistema uditivo degli animali.

Ho fatto l’esempio degli ultrasuoni, perche’ e’ quello che maggiormente viene citato quando si toccano questi argomenti, ma non e’ certamente l’unico ne’ tantomeno il piu’ interessante.

Parlando sempre in termini scientifici, riprendiamo quanto detto sui precursori sismici. Di questi particolari eventi, ne sono stati studiati moltissimi. Quando si effettuano ricerche di questo tipo, si parte sempre da qualcosa che e’ stato osservato in almeno un caso particolare e poi si cerca di capire se questo fenomeno avviene sempre prima di un terremoto. In tal senso, non possiamo ancora dire di avere dei precursori sismici certi perche’ tutti i fenomeni studiati non presentano una relazione univoca con i terremoti. Mi spiego meglio. Riprendiamo il solito caso del Radon di cui tanto si parla. Come detto in moltissimi post, ci possono essere terremoti preceduti da emissioni di radon, ci possono essere terremoti senza emissione di radon, ma ci possono anche essere emissioni di radon senza terremoti. Detto questo, e’ vero che per alcuni terremoti sono state osservate emissioni anomale di questo gas dal sottosuolo, ma non e’ certamente la norma e non e’ detto che un segnale di questo tipo preannunci un sisma.

Ora, il radon e’ un gas incolore e inodore. Come sappiamo, i cani hanno un olfatto molto piu’ sviluppato del nostro. Supponiamo per assurdo che questi animali siano in grado di annusare il radon emesso dal terreno e che questo produca un comportamento anomalo dell’animale. In questo senso, potremmo aver spiegato perche’ in alcuni casi si parla di cani agitati prima di un terremoto. Come nel caso precedente pero’, e’ vero che noi esseri umani non siamo in grado di avvertire il radon, ma poiche’ si tratta di un gas radioattivo, abbiamo a disposizione contatori in grado di rivelarlo indirettamente. Se i cani riuscissero ad annusare il radon, questo renderebbe il loro comportamento un precursore sismico? Assolutamente no. Come detto prima, queste emissioni non sono sempre correlate con i terremoti, per cui, come nel caso tanto discusso, ci sarebbero tanti falsi allarmi che in alcuni casi possono essere piu’ dannosi di un sisma di piccola intensita’.

Gli esempi fatti, ci fanno capire un punto fondamentale. Scientificamente, abbiamo osservato molti fenomeni anomali prima di alcuni terremoti, ma, almeno ad oggi, non e’ stato possibile individuare un evento che preannunci sempre e con certezza un futuro terremoto, ma soprattutto che ci faccia capire in anticipo l’intensita’ del sisma. Detto questo, alcuni animali potrebbero essere sensibili ad alcuni fenomeni particolari e in alcuni casi questi potrebbero verificarsi prima di un sisma. Se ripensiamo a quanto detto sul comportamento anomalo degli animali e all’insorgenza dei terremoti, come nel caso dei precursori sismici, non e’ assolutamente detto che questi comportamenti segnalino con certezza l’arrivo di un terremoto.

Come anticipato, la letteratura su questo argomento e’ molto vasta ed include osservazioni su tantissime specie animali. In questa tabella vengono riassunte le specie principali divise anche con l’anticipo osservato rispetto al sisma:

Tabella riassuntiva delle relazioni tra animali e terremoti

Tabella riassuntiva delle relazioni tra animali e terremoti

Come potete vedere e come anticipato, le osservazioni riguardano i piu’ diversi animali con comportamenti documentati solo in alcuni casi particolari.

Pensate che la scienza non si sia mai occupata di questo? Ovviamente la risposta e’ no. A livello scientifico, partendo proprio da racconti di osservazioni, si e’ cercato di studiare i comportamenti anomali, studiando proprio l’eventuale precursore sismico avvertito dall’animale in questione.

Cominciamo con un esempio storico. L’India e’ un paese a forte rischio sismico trovandosi proprio sopra una regione di allineamento tra faglie profonde e molto attive. Diverse persone in questo paese sostengono di poter prevedere i terremoti osservando i movimenti delle formiche, o meglio i comportamenti anomali nel loro moto, solitamente ordinato, prima dell’arrivo di un terremoto. Partendo da questi racconti, alcuni gruppi sperimentali hanno studiato a fondo questi movimenti in un’altra zona molto sismica, la California. Dopo un’osservazione scientifica durata mesi ed in cui diversi terremoti sono accaduti, uno anche di M7.4, i diversi gruppi sono indipendentemente giunti alla conclusione che non esisteva nessuna relazione tra i due fenomeni studiati. Ragionate su alcune cose: diversi gruppi si sono cimentati nello studio e “indipendentemente” sono giunti alla stessa conclusione. Contrariamente a quanto trovate su alcuni siti, perche’ la scienza dovrebbe nascondere risultati diversi? In questo caso, trovo veramente fuori luogo parlare di complottismo o anche di “scienza marcia” come a qualcuno piace definirla.

Dal momento che un nostro affezionato e attento lettore lo ha citato in un commento a questo articolo:

Scienza, fantascienza e non scienza

Leggenda di Namazu

Leggenda di Namazu

vorrei parlarvi anche di un’altra specie particolare messa in relazione con i terremoti, il pesce gatto “Namazu”. Secondo la mitologia giapponese, questo paese sarebbe appoggiato sulla schiena di un enorme pesce gatto chiamato appunto Namazu. Questo pesce vivrebbe nel fango, sotto l’arcipelago che compone il Giappone. Namazu avrebbe un carattere molto impulsivo e il Dio Kashima avrebbe il compito di tenere fermo il pesce schiacciandogli la testa con un grosso masso magico. Quando pero’ Kashima si distrae o si stanca, Namazu inizia a muoversi e con i suoi possenti colpi di coda sul terreno provocherebbe i terremoti e gli tsunami che affliggono il Giappone.

Ovviamente, questa e’ la leggenda Giapponese, ma esiste una reale specie di pesce gatto che vive in Giappone e che viene chiamata Oonamazu. Come nel caso del mitico Namazu, questa specie ittica, che puo’ superare il metro di lunghezza, viene da sempre messa in relazione con i terremoti. Secondo molte testimonianze, con l’avvicinarsi di un sisma, il pesce gatto aumenterebbe moltissimo la sua attivita’ lasciando presagire il pericolo in arrivo.

Ragioniamo su quanto detto. Alla luce degli esempi fatti, anche in questo caso, il Oonamazu potrebbe essere sensibile a particolari fenomeni che avvengono prima di un sisma. In molti altri pesci e’ stata, ad esempio, osservata una notevole sensibilita’ alle vibrazioni che si propagano nell’acqua. Queste oscillazioni possono ovviamente intervenire anche prima di un sisma, causate da piccole scosse magari non percepibili a terra. Inoltre, molte specie animali, tra cui anche alcune varieta’ di pesci, si muovono seguendo le linee di forza del campo magnetico terrestre. Prima o durante un terremoto, lo spostamento profondo di rocce, puo’ provocare variazioni locali del campo geomagnetico. La spiegazione e’ molto semplice, il movimento di rocce contenenti ferriti, puo’ disturbare in alcuni punti le linee di forza del campo magnetico. Poiche’ diversi animali si muovono seguendo queste linee, l’osservazione di un movimento anomalo potrebbe segnalare spostamenti di roccia negli strati profondi. Questo genere di eventi sono gia’ stati studiati a fondo non solo a livello geomorfologico. Come nei casi precedenti pero’, ci possono essere terremoti anche molto intensi in strati superificiali o che prevedano lospostamento di rocce a basso contenuto ferritico. Inoltre, variazioni di campo magnetico, molto piu’ intense di quelle di cui stiamo parlando, sono prodotte molto facilmente da linee di alta tensione e altri sistemi che prevedano sorgenti non naturali di campo magnetico. In questi casi, l’osservazione di un comportamento anomalo degli animali non sarebbe assolutamente correlato con un terremoto. Come capite, anche in questo caso, non e’ possibile parlare di reale precursore sismico.

Tornado a Namazu, e’ vero che comportamenti anomali sono stati osservati, ma e’ anche vero che gli stessi comportamenti sono stati osservati senza presagire un terremoto. Anche in questo caso, diversi gruppi sperimentali stanno studiando la specie, cosi’ come si studiano i comportamenti, ma soprattutto gli eventi in grado di innescare variazioni significative in alcuni animali.

Concludendo, ci sono diverse evidenze che mostrano relazioni tra i comportamenti degli animali e l’arrivo di un sisma. Questi due eventi non possono pero’ essere considerati sempre legati tra loro. Molti animali, dispongono di sensi piu’ sviluppati dei nostri e questi possono essere utilizzati per captare particolari segnali, ma, come visto, non e’ assolutamente vero pensare che questi segnali siano sempre legati a terremoti. Inoltre, a livello tecnico, siamo in grado di supplire alla nostra inferiorita’ specifica mediante l’utilizzo di strumentazione anche abbastanza semplice da costruire. Ovviamente, le testimonianze riportate sono state prese in considerazione nella faticosa ma indispensabile ricerca di precursori sismici. Ripetiamo nuovamente che, ad oggi, non e’ stato ancora possibile individuare un precursore sismico certo, cioe’ un evento sempre seguito da un terremoto. Proprio per rispondere alla domanda iniziale “gli animali sono in gradi di prevedere i terremoti”, la risposta e’ dunque “No”.

 

Psicosi 2012. Le risposte della scienza”, un libro di divulgazione della scienza accessibile a tutti e scritto per tutti. Matteo Martini, Armando Curcio Editore.

Addomesticare gli asteroidi

13 Apr

Come sappiamo bene, dopo l’evento russo di Chelyabinsk, in rete e’ esplosa una vera e propria psicosi per la minaccia alla Terra che potrebbe provenire dallo spazio. Delle tante voci catastrofiste ne abbiamo parlato in diversi post e, come visto, a parte il caso russo che ha provocato 1200 feriti tra la popolazione, tutte le altre notizie che vorrebbero esplosioni in varie parti del mondo sono tutte false.

Questa volta pero’ vorrei scrivere un articolo, sempre su questo argomento, ma orientato, finalmente, a qualcosa di piu’ scientifico. A parte scatenare gli animi catastrofisti, l’evento russo ha anche rilanciato i discorsi sulla difesa spaziale che, negli ultimi anni, avevano subito un rallentamento e notevoli tagli di budget.

Come sappiamo bene, la NASA, cioe’ l’ente spaziale americano, sta attraversando un periodo non semplice a causa dei numerosi tagli ai finanziamenti e soprattutto dopo la chiusura del programma Shuttle. Come visto in questo articolo:

I lanci spaziali del futuro

esistono ovviamente molte proposte per sostituire il vecchio programma e molte di queste, sempre a causa dei ridotti finanziamenti, stanno andando avanti proprio grazie alla collaborazione con aziende private. Solo per darvi qualche numero, per il 2014, la NASA ha chiesto al presidente Obama un budget complessivo di 17 miliardi e 715 milioni, praticamente in linea con i finanziamenti sia del 2013 che del 2012. Questa cirfra dovra’ ora essere discussa dal congresso ma la NASA assicura che questa cifra, ripeto senza nessun aumento, e’ quella necessaria per mantenere in vita i progetti in corso. In caso di tagli, probabilmente ci si trovera’ costretti a chiudere alcune missioni.

Tra le varie voci del finanziamento, ce n’e’ anche una molto interessante per l’argomento che stiamo discutendo. Si tratta del progetto “Asteroids Iniatiative”, per una cifra iniziale di 105 milioni di dollari ed un costo complessivo di 2.5 miliardi.

Cosa sarebbe questo “Asteroids Iniziative”?

Come visto in questo post:

Asteroidi: sappiamo difenderci?

Ci sono moltissimi progetti in corso di studio per pensare ad un sistema di difesa in caso di asteroide in rotta di collissione con la Terra. Oltre a questi visti, la NASA ha appunto lanciato un nuovo programma che prevede uno studio molto ravvicinato degli oggetti vicini alla Terra e potenzialmente pericolosi (NEO, near Earth objects).

Come facciamo a studiare un asteroide con tutta calma? Semplice, basta portarlo vicino alla Terra!

Anche se sembra assurdo, il progetto Asteroids Iniziative prevede proprio la cattura di un asteroide di piccole dimensioni per portarlo in un’orbita vicino alla Terra, in modo che possa essere raggiunto e studiato dagli astronauti. Capite bene che per catturare un corpo del genere, ci si deve limitare ad oggetti di piccole dimensioni.

Vi mostro un video molto bello che riporta tutte le fasi della missione:

Come vedete, la missioni consiste di fasi ben distinte tra loro. Per prima cosa, una sonda appositamente costruita si avvicina all’asteroide per posizionarsi in un’orbita adatta alla cattura. Mediante una sorta di “rete da pesca” l’asteroide viene catturato e dunque agganciato alla sonda. Completata questa operazione, la sonda torna verso la Terra e si posiziona in un’orbita adatta.

Come avete visto nel video, una volta tornata la sonda, l’asteroide puo’ gia’ essere studiato dagli astronauti sfruttando le apposite aperture nello strato di contenimento. Come anticipato, sfruttando la gravita’ terrestre, l’asteroide potrebbe anche essere messo in orbita stazionaria in modo da farlo ruotare intorno alla Terra. In questo modo, il corpo, liberato del suo involucro, offrirebbe una superficie di appoggio per gli astronauti che dunque potrebbero lavorare in tutta calma.

Cosa ci si aspetta di scoprire con questa missione?

Come capite, si tratta di una missione scientifica esplorativa. Prima di tutto, la missione fornirebbe una prova diretta della possibilita’ di cattura degli asteroidi, anche nel caso in cui questi fossero in rotta di collisione con la Terra. Lo studio approfondito del corpo, darebbe poi dati molto precisi sia sulla composizione del corpo sia sui suoi parametri chimico-fisici. Questi dati sono fondamentali per poter perfezionare gli eventuali rimedi distruttivi in caso di pericolo per la Terra.

Dal punto di vista prettamente scientifico, la missione Asteroids Initiative riveste un ruolo di prim’ordine. Come e’ facilmente intuibile, la possibilita’ di studiare corpi di questo tipo in modo cosi’ ravvicinato e con gli strumenti spaziali di cui disponiamo potrebbe offrire molte delle risposte che ancora cerchiamo. In primis, un’analisi completa e non solo superficiale degli asteroidi ci puo’ permettere di capire molte cose in piu’ sull’origine di questi corpi, ma anche sull’origine del sistema solare.

Per chi fosse interessato, vi riporto anche il link alla pagina NASA dedicata a questa proposta di missione:

NASA, Asteroid Initiative

In termini strettamente finanziari, la missione offrirebbe anche uno stimolo in piu’ nel completamente e nella realizzazione dei nuovi sistemi di lancio della NASA. Il sistema SLS, di cui abbiamo parlato nel link riportato prima, sarebbe infatti il mezzo ideale per portare gli astronauti all’esplorazione dell’asteroide catturato ed in orbita intorno alla Terra.

Superficie di Eros (lato 12 metri)

Superficie di Eros (lato 12 metri)

Non pensate assolutamente che questa sia la prima missione di questo tipo realizzata dalla NASA. Come forse qualcuno ricordera’, intorno al 2000 la NASA ha realizzato anche l’importante missione NEAR, Near Earth Asteroids Rendezvous. Obiettivo di questa missione era il monitoraggio ravvicinato e prolungato di asteroidi vicini alla Terra e potenzialmente pericolosi.

Durante la missione NEAR si studiarno in dettaglio, grazie a passaggi ravvicinati, sia Mathilde che Eros. Quello che pero’ forse alcuni ignorano e’ che il 12 febbraio 2001, la sonda NEAR e’ atterrata proprio su EROS.

La scelta di EROS e’ stata fatta a causa del diametro maggiore di questo corpo. Anche se questo NEO non rappresenta un vero pericolo per la Terra, dal momento che la sua orbita non interseca la nostra, lo scopo della missione era quello di acquisire informazioni sulla struttura di questi corpi e dunque comprendere scientificamente l’origine degli stessi.

In realta’, l’atterraggio sull’asteroide non era pensato per questa missione. Dopo essere entrata in orbita intorno ad EROS, NEAR invio’, attraverso i suoi strumenti, moltissimi dati. Giunti al momento di spegnere la missione (perche’ ormai completata) gli ingegneri NASA pensarono di tentare un atterraggio su EROS. Consapevoli della difficolta’ della manovra, gli strumenti di NEAR vennero lasciati accesi durante la fase di atterraggio e la sonda invio’ moltissimi dati utili. Con enorme stupore dei tecnici, dopo l’atterraggio la sonda era ancora funzionante ed invio’ dati molto importanti per i successivi 14 giorni.

Il cratere Psyche su Eros

Il cratere Psyche su Eros

Solo per completezza, vi dico che tramite questa missione si ottennero moltissimi dati utili su EROS, sulla sua struttura interna e superficiale, ma anche parametri orbitali molto precisi che hanno consentito di migliorare notevolmente gli algoritmi ancora oggi usati nel calcolo delle orbite.

Concludendo, la psicosi asteroide scoppiata dopo il caso russo, ha riacceso anche l’interesse scientifico nello studio e nella realizzazione di sistemi di protezione contro i NEO. La missione Asteroids Initiative proposta dalla NASA prevede addirittura la cattura di un piccolo asteride per permettere ad un team di astronauti di studiare in dettaglio il corpo. Gia’ in passato ci furono molte missioni esplorative da parte della NASA, tra cui la piu’ importante e’ certamente NEAR. Al termine di questa missione, si riusci’ addirittura ad atterrare sulla superficie di EROS potendo raccogliere dati molto importanti anche dal punto di vista scientifico.

 

Psicosi 2012. Le risposte della scienza”, un libro di divulgazione della scienza accessibile a tutti e scritto per tutti. Matteo Martini, Armando Curcio Editore.

La terza fascia di Van Allen

4 Mar

Anche se, come spesso avviene, dobbiamo partire dal catastrofismo, questa volta parliamo di scienza vera ed in particolare della scoperta, pubblicata proprio in questi ultimi giorni, di una terza fascia di Van Allen intorno alla Terra.

Di cosa si tratta?

Andiamo con ordine, delle fasce di Van Allen abbiamo gia’ parlato in questo post:

L’anomalia del Sud Atlantico

Come abbiamo visto, queste altro non sono che delle strutture intorno alla Terra formate da particelle cariche. In particolare, fino a pochi giorni fa, erano conosciute due fasce, una formata da elettroni ed una da protoni. Dal momento che queste particelle vengono intrappolate mediante la forza di Lorentz per opera del campo magnetico terrestre, nella fascia piu’ interna troviamo protoni, mentre in quella piu’ esterna elettroni.

Fasce di Van Allen intorno alla Terra

Fasce di Van Allen intorno alla Terra

In particolare, quando le particelle delle fasce di Van Allen vengono eccitate a causa dell’attivita’ solare, si ha il fenomeno delle aurore, di cui abbiamo discusso gia’ diverse volte.

Facciamo un piccolo passo indietro. Perche’ queste strutture sono tanto care ai catastrofisti? Come ricorderete, uno degli argomenti maggiormente citati per il 21 Dicembre 2012, era l’ipotizzata inversione dei poli magnetici terrestri. Dal momento che, come visto, l’esistenza stessa delle fasce di Van Allen e’ dovuta al campo magnetico terrestre, molto si e’ speculato in questa direzione, cercando presunte prove dell’imminente inversione. Di questi aspetti abbiamo parlato, ad esempio, in questo post:

Inversione dei poli terrestri

Come visto, niente di tutto questo e’ reale. Sappiamo che il polo nord magnetico e’ in lento e continuo movimento, cosi’ come sappiamo che in passato e’ avvenuta un’inversione dei poli terrestri, ma questo non comporterebbe certamente la fine del mondo e assolutamente questo non e’ un processo che avviene dall’oggi al domani ma esistono modelli matematici, basati sulle informazioni provenienti dal Sole, che periodicamente inverte i suoi poli, che ci mostrano come questo fenomeno dovrebbe avvenire.

Bene, detto questo, proprio in questi giorni si e’ tornati a parlare delle fasce di Van Allen, dopo che e’ stato pubblicato un articolo sulla rivista Science di un’importante scoperta fatta da ricercatori NASA nell’ambito della missione Radiation Belt Storm Probes. Questa missione consiste in due sonde gemelle lanciate nello spazio la scorsa estate proprio per studiare ed osservare le cinture di particelle che circondano la Terra.

Cosa hanno osservato le due sonde?

Subito dopo il lancio, le sonde hanno potuto osservare le due fasce come normalmente avviene e come abbiamo detto anche nel precedente post. Ai primi di settembre pero’, i ricercatori hanno osservato la fascia esterna spostarsi verso il basso ed e’ apparsa una terza fascia, molto meno compatta, ancora piu’ lontana dalla prima e sempre popolata di elettroni.

Questo e’ un modello che mostra appunto il confronto tra la struttura a due (nota) e a tre (innovativa) fasce di Van Allen intorno alla Terra:

Modello a 2 e 3 fasce di Van Allen

Modello a 2 e 3 fasce di Van Allen

LA cosa che ha sorpreso ancora di piu’ e’ che dopo circa  3 settimane, la fascia piu’ esterna ha iniziato lentamente a dissolversi fino a quando, dopo circa un mese dalla prima osservazione, una potente emissione di vento solare ha letteralmente spazzato via la fascia esterna riformando la solita struttura a due cinture che tutti conoscono.

Ora, cerchiamo di analizzare quanto riportato.

Prima di tutto, c’e’ da dire che l’osservazione di questa struttura e’ stato un gran bel colpo di fortuna per i ricercatori della NASA. Secondo il programma infatti, gli strumenti delle sonde avrebbero dovuto cominciare a raccogliere dati solo dopo un mese dal lancio. Questa procedura e’ del tutto normale e viene utilizzata per far stabilizzare la strumentazione dopo il lancio. In questo caso pero’, si e’ insistito affinche’ gli strumenti fossero accesi subito. Se vogliamo, dato questo particolare, non si e’ trattato solo di fortuna. Proprio l’accensione anticipata degli strumenti ha consentito di osservare questo nuovo effetto. Se fosse stato rispettato il programma, al momento dell’accensione la terza fascia era gia’ scomparsa.

Al momento, non esiste ancora una teoria per siegare quanto osservato o meglio, i dati raccolti sono completamente in disaccordo con quanto sapevamo e con quanto osservato in passato. Questo significa che adesso ci vorra’ tempo affinche’ vengano formulati nuovo modelli per tenere conto di questo effetto.

Allo stato attuale, non si conosce neanche quanto frequentemente avviene la divisione in tre fasce. Probabilmente questo fenomeno avviene regolarmente a causa dell’attivita’ solare, ma fino ad oggi non eravamo stati in grado di osservarlo.

Perche’ parlo di attivita’ solare? Come detto, il vento solare modifica la struttura delle fasce di Van Allen e quindi, con buona probabilita’, anche questo effetto puo’ essere ricondotto alla stessa causa. Inoltre, come osservato, proprio il vento solare ha ripristinato la struttura a due fasce.

Da quanto sappiamo, le due fasce sono separate da una zona non popolata di particelle detta “zona di sicurezza”. Dai dati raccolti, sembrerebbe che la pressione esercitata dalla radiazione solare abbia spostato gran parte degli elettroni in questa zona formando cosi’ la struttura a tre fasce osservata. Sempre un’emissione di vento solare ha poi spazzato via la terza fascia meno densa e di conseguenza gli elettroni sono risaltati nella posizione originale.

Ovviamente, si tratta ancora di ipotesi. Come detto, i dati raccolti verranno ora analizzati per cercare di formulare un modello in grado di spiegare quanto osservato.

Solo per concludere, non c’e’ niente di misterioso in questa scoperta. Su alcuni siti si e’ tornati a parlare di inversione del campo magnetico terrestre, speculando circa la modificazione delle fasce di Van Allen. Niente di tutto questo e’ reale. Come visto, si tratta di una scoperta nuova e del tutto inaspettata. In quanto tale, e’ ovvio che non si ha ancora un’idea precisa o una spiegazione uniformemente accettata. A questo punto non resta che aspettare l’analisi dei dati per capire la spiegazione di questo nuovo fenomeno.

 

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