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Ma questa crema solare …. come dobbiamo sceglierla?

30 Giu

Sempre alla nostra sezione:

– Hai domande o dubbi?

va il merito, ma ovviamente tutto il merito va a voi che rendete questo blog vivo ed interessante, di aver richiamato da una nostra cara lettrice una nuova interessantissima domanda. Questa volta però, vi preannuncio che l’argomento scelto è molto complesso nella sua apparente semplicità, oltre ad essere assolutamente in linea con il periodo dell’anno. Come potete leggere, la domanda riguarda le creme solari e tutte le leggende che girano, non solo in rete, e che da sempre abbiamo ascoltato.

Come anticipato, non è semplice cercare di trovare la giusta strada nella giungla di informazioni disponibili. Se provate a confrontare dieci fonti, troverete dieci versioni diverse: le creme solari devono essere usate. No, non devo essere usate. Il sole è malato. Il sole provoca il cancro. No, sono le creme che creano il cancro alla pelle. Insomma, di tutto di più, e non pensate di rifuggire nella frase: “mi metto sotto l’ombrellone”, perché, come vedremo, anche questo lascia filtrare alcune componenti dei raggi solari e, sempre scimmiottando quello che trovate in rete, vi può venire il cancro. Allora sapete che c’è? Me ne sto chiuso dentro casa fino a settembre! Va bene così? No, sicuramente non prendi il sole (e quindi non ti viene il cancro), ma non ti si fissa la vitamina D e quindi potresti soffrire di rachitismo.

Insomma, come la mettete la mettete, sbagliate sempre. Cosa fare allora? Sicuramente, in linea con il nostro stile, quello che possiamo fare è “andare con ordine” e provare a verificare quali e quante di queste affermazioni corrispondono al vero. Solo in questo modo potremo capire quale crema solare scegliere, come applicarla e quali sono i rischi che possiamo correre con l’esposizione al Sole.

Prima di tutto, non dobbiamo considerare i raggi solari come un’unica cosa, ma è necessario distinguere la radiazione che ci arriva. Questa suddivisione è essenziale perché l’interazione della nostra pelle con i fotoni emessi dal sole non è sempre uguale, ma dipende dalla lunghezza d’onda. Bene, in tal senso, possiamo distinguere la parte dei raggi solari che ci interessa in tre grandi famiglie, in particolare, per i nostri scopi, ci concentreremo sulla parte ultravioletta dello spettro, che è quella di interesse in questo campo.

La parte cosiddetta ultravioletta è quella con lunghezza d’onda immediatamente inferiore alla parte visibile. Normalmente, questa parte dello spettro viene divisa in UVA, con lunghezza d’onda tra 400 e 315 nanometri, UVB, tra 315 e 280 nanometri e UVC, tra 280 e 100 nanometri. Quando parliamo di tintarella o di danni provocati dalla radiazione solare, dobbiamo riferirci alla parte UV ed in particolare a queste 3 famiglie.

Bene, la componente più pericolosa della radiazione solare è quella degli UVC cioè con lunghezza d’onda minore. Perché? Sono radiazioni utilizzate come germicidi, ad esempio nella potabilizzazione dell’acqua, a causa del loro potere nel modificare il DNA e l’RNA delle cellule. Per nostra fortuna, questa componente della radiazione è completamente bloccata dallo strato di ozono che circonda la Terra. Di questo, e soprattutto dello stato di salute dello strato di ozono, abbiamo parlato in un post specifico:

– Che fine ha fatto il buco dell’ozono?

Per la parte più pericolosa dello spettro, quella degli UVC, possiamo dunque tirare un respiro di sollievo. Vediamo le altre due componenti.

Gli UVA, a causa della lunghezza d’onda maggiore, penetrano più a fondo nella pelle, promuovendo il rilascio di melanina e dunque l’abbronzatura. Che significa? Molto semplice, quando prendiamo il sole, la nostra pelle reagisce cercando di proteggersi autonomamente appunto rilasciando melanina. Questa sostanza serve a far scurire gli strati più superficiali della pelle appunto come protezione dai raggi. Riguardo ala dannosità? Su questo punto, purtroppo, non si ha ancora chiarezza. Per prima cosa, dobbiamo dire che l’esposizione crea meno danni a tempi brevi rispetto, come vedremo, a quella agli UVB. Questa componente però è una delle maggiori sospettate per i danni a lungo termine, connessi anche con l’insorgere di tumori alla pelle, e provoca un invecchiamento veloce della pelle. Gli UVA sono molto conosciuti da coloro che frequentano i centri estetici per sottoporsi alle “lampade”. Questi sistemi infatti hanno sistemi di illuminazione concentrati negli UVA appunto per promuovere un’abbronzatura rapida.

Per quanto riguarda gli UVB invece, si tratta della radiazione più pericolosa nell’immediato. Questa componente dello spettro solare infatti, è responsabile della classica “scottatura”, in alcuni casi vera e propria ustione, provocata da un’esposizione prolungata al Sole. Anche se potenzialmente dannosa, la radiazione UVB è comunque importante per il nostro organismo perché promuove la sintesi della vitamina D. Come è noto, in assenza di questo fondamentale processo possono insorgere casi di rachitismo, soprattutto in soggetti non ancora adulti.

Bene, abbiamo capito come è divisa la radiazione ultravioletta del sole e abbiamo finalmente capito a cosa si riferiscono tutti questi nomi che siamo soliti ascoltare o leggere riguardo la tintarella.

Passiamo dunque a parlare di creme solari. Cosa dobbiamo cercare? Perché? Quali sono i prodotti più indicati?

Ripensando a quanto scritto, viene evidente pensare che una buona crema debba proteggerci dagli UVA e UVB poiché per gli UVC ci pensa lo strato di ozono. Primo pensiero sbagliato! Quando acquistiamo una crema solare, che, come vedremo, offre una certa protezione, questo valore si riferisce alla sola componente B della radiazione. Perché? Semplice, come visto, gli UVB sono responsabili delle scottature immediate. Se ci proteggiamo da questa componente salviamo la pelle garantendo la tintarella. Questo è assolutamente falso, soprattutto pensando ai danni a lungo termine dati da un’esposizione troppo prolungata agli UVA.

Solo negli ultimi anni, sono comparse sul mercato creme con protezioni ad alto spettro. Fate bene attenzione a questa caratteristica prima di acquistare un qualsiasi prodotto. Una buona crema deve avere un fattore di protezione per gli UVA non inferiore ad 1/3 di quello garantito per gli UVB.

Ora però, anche seguendo quanto affermato, parliamo appunto di queste protezioni. Fino a qualche anno fa, ricordo benissimo gli scaffali dei negozi strapieni di creme solari con fattori di protezione, SPF cioè fattore di protezione solare, che andavano da 0 a qualcosa come 100. Già allora mi chiedevo, ma che significa zero? A che cosa serve una crema con protezione 0 e, allo stesso modo, protezione 100 o, come qualcuno scriveva “protezione totale”, significa che è come mettersi all’ombra?

Capite già l’assurdità di queste definizioni create solo ed esclusivamente a scopo commerciale. Fortunatamente, da qualche anno, è stata creata una normativa apposita per questo tipo di cosmetici aiutando il consumatore a comprendere meglio il prodotto in questione. Oggi, per legge, esistono solo 4 intervalli di protezione che sono: basso, medio, alto e molto alto. Questi intervalli, in termini numerici, possono essere compresi utilizzando la seguente tabella:

 

Protezione SPF

Bassa 6 – 10

Media 15 – 20 – 25

Alta 30 – 50

Molto alta 50+

Notiamo subito che sono scomparse quelle orribili, e insensate, definizioni “protezione zero” e “protezione totale”. Ma, in soldoni, cosa significa un certo valore di protezione? Se prendo una crema con SPF 30 è il doppio più efficace di una con SPF 15? In che termini?

Detto molto semplicemente, il valore numerico del fattore di protezione indica il tempo necessario affinché si creino scottature rispetto ad una pelle non protetta. Detto in questo modo, una SPF 15 significa che la vostra pelle si brucerà in un tempo 15 volte maggiore rispetto a quello che impiegherebbe senza quella crema. Dunque, anche con una crema protettiva posso scottarmi? Assolutamente si. In termini di schermo alla radiazione, il potere schermante non è assolutamente proporzionale allo SPF ma, come visto, solo ai tempi necessari per l’insorgere di scottature.

A questo punto, abbiamo capito cosa significa quel numerello che corrisponde al fattore di protezione, ma come fanno le creme a schermare effettivamente dai raggi solari?

Per rispondere a questa domanda, dobbiamo in realtà dividere la protezione in due tipi: fisico e chimico. La protezione fisica avviene in modo pressoché meccanico aumentando il potere riflettente della pelle. Per questo scopo, nelle creme solari sono presenti composti come il biossido di titanio e l’ossido di zinco, sostanze opache che non fanno altro che far riflettere verso l’esterno la radiazione solare che incide sul nostro corpo.

Primo appunto, secondo alcuni l’ossido di zinco potrebbe essere cancerogeno! Ma come, mi metto la crema per proteggermi dai raggi solari ed evitare tumori alla pelle e la crema crea tumori alla pelle? In realtà, come al solito, su questo punto si è fatta molta confusione, tanto terrorismo e si è corsi, per convenienza, a conclusioni affrettate. Alcune ricerche hanno mostrato come tessuti cosparsi di molecole di ossido di zinco e sottoposti ad irraggiamento UV possano sviluppare radicali liberi che a loro volta reagiscono con le cellule modificandone il DNA. Questo processo può portare alla formazione di melanomi, per la pelle, e di altri tumori, per le altre cellule. Ora, si tratta di studi preliminari basati su valori di irraggiamento più alti rispetto a quelli che normalmente possono derivare da un’esposizione, anche prolungata, anche nelle ore centrali della giornata, al Sole. Detto molto semplicemente, questi studi necessitano di ulteriori ricerche per poter definire margini di errore e valori corretti. Gli stessi autori di queste analisi preliminari si sono raccomandati di non male interpretare il risultato dicendo che le creme solari provocano il cancro alla pelle. In altre parole, si corrono più rischi non proteggendosi dal sole piuttosto che proteggendosi con una crema contenente ossido di zinco. Tra le altre cose, questa molecola è molto nota tra le mamme che utilizzano prodotti all’ossido di zinco per alleviare le ustioni da pannolino nei loro bambini.

Detto questo, abbiamo poi la protezione chimica. Come potete facilmente immaginare, in questo caso si tratta di una serie di molecole (oxibenzone, fenilbenzilimidazolo, acido sulfonico, butil metoxidibenzoilmetano, etilexil metoxicinnamato, ecc.) che hanno il compito di assorbire la radiazione solare e di cedere parte di questa energia sotto forma di calore. Perché possiamo trovare così tante molecole in una crema solare? Semplice, ognuna di queste è specifica per una piccola parte dello spettro di radiazione, sia UVA che UVB. Anche su queste singole molecole, ogni tanto qualcuno inventa storie nuove atte solo a fare terrorismo, molto spesso verso case farmaceutiche. Singolarmente, come nel caso dell’ossido di titanio, ci possono essere studi più o meno avanzati, più o meno veritieri, sulla pericolosità delle molecole. Anche qui però, molto spesso si tratta di effetti amplificati, ben oltre la normale assunzione attraverso la cute e, ripeto per l’ennesima volta, si rischia molto di più esponendosi al sole piuttosto che utilizzando creme solari.

Ennesima cavolata in voga fino a qualche anno fa e ora vietata: creme solari “water proof”, cioè creme resistenti completamente all’acqua. Ve le mettete una volta, fate quanti bagni volete e siete a posto. Ma secondo voi, è possibile qualcosa del genere? Pensate di spalmarvi una crema o di farvi un tatuaggio indelebile? Oggi, per legge, la dicitura water proof è illegale e ha lasciato spazio, al massimo, a “water resistant”, cioè resistente all’acqua. Una qualsiasi crema solare, a causa del bagno, del sudore, del contatto con il telo, tende a rimuoversi e, proprio per questo motivo, si consiglia di riapplicare la crema ogni 2-3 ore circa per garantire la massima protezione possibile.

Riassumendo, abbiamo capito che conviene, sempre ed in tutti i casi, utilizzare una crema solare protettiva, ma quale scegliere?

Molto brevemente, in questo caso, si deve valutare quello che è definito il proprio fenotipo. Come potete immaginare, si tratta di una serie di caratteristiche fisiche che determinano, in linea di principio, l’effetto dell’esposizione la Sole. Per poter determinare il proprio fenotipo, possiamo fare riferimento a questa tabella:

fenotipo

Ovviamente, per i valori più bassi (I e II) è consigliabile utilizzare una crema ad alto SPF, valore che può diminuire qualora fossimo meno soggetti a scottature ed ustioni.

Credo che a questo punto abbiamo un quadro molto più chiaro riguardo alla creme solari ed alla loro utilità. Ripeto, per l’ennesima volta, in ogni caso, proteggersi è sempre meglio che esporsi al sole senza nessuna protezione. Ultimo appunto, che vuole sfatare un mito molto diffuso, sotto l’ombrellone siamo comunque esposti alla radiazione solare. In primis, il tessuto di molti ombrelloni lascia passare buona parte dello spettro solare ma, soprattutto, la riflessione dei raggi solari, ad esempio ad opera della sabbia, raggiunge comunque un soggetto tranquillo e (falsamente) riparato sotto l’ombrellone. In genere, la riflessione dei raggi solari può incrementare, e anche molto, la quantità di radiazione a cui siamo esposti. Stando nell’acqua, ad esempio, abbiamo sia un’esposizione diretta ai raggi solari sia una indiretta dovuta ai raggi riflessi dalla superficie. Come potete immaginare questo amplifica molto l’esposizione.

Concludendo, utilizzate le creme solari ma, soprattutto, leggete bene le etichette prima di acquistare o, peggio ancora utilizzare, un qualsiasi prodotto. Ovviamente, qualsiasi prodotto diventa non efficace se unito alla nostra incoscienza. Se pensate di potervi spalmare una crema e stare come lucertole sotto il Sole dalle 10 del mattino al tramonto … forse questa spiegazione è stata inutile.

 

Psicosi 2012. Le risposte della scienza”, un libro di divulgazione della scienza accessibile a tutti e scritto per tutti. Matteo Martini, Armando Curcio Editore.

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Tempesta solare e problemi ai telefoni?

21 Giu

Nella sezione:

Hai domande o dubbi?

e attraverso varie mail che mi sono arrivate, mi è stato chiesto di fare un po’ di chiarezza sui problemi telefonici che si sono avuti nei giorni scorsi soprattutto in virtù di quanto raccontato su vari siti e giornali. Come forse avrete letto, diverse fonti hanno infatti puntato il dito contro la forte attività solare per spiegare i guasti alla rete mobile, soprattutto per i clienti wind, che hanno visto un picco di malfunzionamenti intorno al 13 Giugno.

Diverse volte su questo blog ci siamo occupati di attività solare e dell’alternanza di massimi e minimi che la nostra stella presenta nel corso del tempo:

– Evidenze dal Sole?

– Le macchie solari AR1504

– Gli effetti di AR1504

– Sole: quanta confusione!

– Inversione dei poli terrestri

– Nuova minaccia il 22 Settembre?

– Come seguire il ciclo solare

– Curiosita’ sui cicli solari

Possiamo scegliere tra era glaciale o desertificazione

Come visto, il nostro Sole non è affatto un corpo con un’attività costante nel tempo ma passa attraverso periodi di massimo e minimo in un tempo di circa 11 anni. Non c’è assolutamente nulla di strano o di anomalo in questo comportamento, ma il tutto fa parte del normale e corretto funzionamento di stelle di questo tipo. Nonostante la buona conoscenza astronomica del Sole, molto spesso l’attività di questa stella, soprattutto a causa della sua connessione con la Terra e con la vita, viene chiamata in causa per annunciare catastrofi o per spiegare, come nel caso in questione, problematiche che in realtà non sono assolutamente correlate.

Cerchiamo dunque di andare con ordine e capire prima di tutto cosa è successo qualche giorno fa.

Come detto all’inizio, la scorsa settimana si sono avuti problemi per molti clienti di telefonia fissa e mobile principalmente per l’operatore Wind. Moltissime persone sono rimaste per qualche ora completamente isolate ed impossibilitate sia a ricevere chiamate che a collegarsi alla rete.

Normali problemi? In realtà no, dal momento che blackout così estesi rappresentano eventi eccezionali e, molto spesso, legati a problematiche uniche e per cui la rete non è protetta. Normalmente, quando avvengono problemi di questo tipo i guasti vengono risolti e realizzate soluzioni specifiche che possano impedire nel futuro il riproporsi di anomalie simili.

Nonostante questo, diverse fonti sulla rete hanno parlato di questi guasti parlando di eventi dovuti alla forte attività del Sole. Come forse avrete letto, nei giorni precedenti il guasto si sono registrati alcuni flare solari molto potenti che, stando a quanto riportato, avrebbero rilasciato particelle molto energetiche che una volta arrivate sulla Terra avrebbe messo fuori gioco i satelliti delle comunicazioni.

Aspettate un attimo. Guasto alla rete fissa e mobile per i clienti Wind. Se proprio vogliamo essere precisi, alcune interruzioni sporadiche e di minore entità per un numero ristretto di clienti Fastweb. Spiegazione? I flare solari. C’è qualcosa che non mi torna in tuta questa storia. Secondo voi, il Sole emette particelle energetiche verso la Terra. Queste arrivano e decidono di colpire solo le infrastrutture di un operatore lasciando intatte le altre? Capite l’assurdità di quello che vi stanno dicendo?

Torniamo seri e cerchiamo di capire meglio l’intera storia. Come visto negli articoli precedenti, durante i periodi di massima attività solare ci possono essere emissioni di flare di particelle verso l’esterno. Queste potenti emissioni possono ovviamente arrivare sulla Terra. Normalmente, i bersagli più a rischio sono i satelliti in orbita perché esposti al flusso di particelle. La superficie terrestre è invece protetta e schermata dallo scudo magnetico offerto dal campo geomagnetico. Questa naturale protezione riesce a deviare la maggior parte delle radiazioni dannose provenienti dal Sole impedendo a queste di raggiungere la superficie.

Solo per maggiore informazione e per completezza, vi riporto anche il link della pagina che Wind ha pubblicato per spiegare il motivo del guasto e, soprattutto, per scusarsi con i propri clienti:

Wind guasto 13 Giugno

Premesso dunque il discorso sull’assurdità del solo operatore telefonico, credo sia interessante capire meglio, approfittando della bufala, come funziona la rete mobile che ci consente di telefonare, inviare messaggi e collegarci alla rete con i nostri dispositivi senza fili.

Oggi come oggi, siamo talmente abituati alla possibilità di collegamento che abbiamo a disposizione che molti di noi ignorano completamente come funzioni questa tipologia di comunicazione. Quando effettuiamo una chiamata, il nostro cellulare emette onde radio con una frequenza specifica. Ad oggi, la maggior parte dei telefonini che abbiamo hanno la possibilità di emettere onde in tre bande, di cui la terza utilizzata solo in alcuni paesi come, ad esempio, gli Stati Uniti.

Bene, le onde radio prodotte dal nostro cellulare, contengono le informazioni relative alla chiamata che stiamo facendo. Detto in parole povere, la nostra voce captata dal microfono del cellulare mette in vibrazione una membrana che genera un segnale successivamente digitalizzato e trasmesso attraverso onde radio. Queste onde vengono poi captate da quella che viene chiamata “stazione base”. Questa altro non è che una struttura munita di antenne riceventi che captano le onde radio e le trasmettono attraverso una rete cablata. Come potete capire, il vantaggio della rete mobile è rappresentato dalla possibilità di poter comunicare senza fili. Le onde radio che si propagano in aria rappresentano il filo invisibile che connette il nostro dispositivo mobile con la stazione base.

Le stazioni base possono essere di diverse dimensioni e potenze. Esistono anche stazioni “camuffate” per potersi integrare al meglio con l’ambiente circostante (finti alberi, integrate in strutture preesistenti o, anche, installate su carrelli mobili che possono essere spostati da un punto all’altro). La stazione base con cui il nostro telefono è connesso rappresenta quella che viene definita “cella”. Il numero di stazioni base presenti nel territorio è determinato ovviamente dalla copertura che il sistema utilizzato riesce ad offrire e alla potenza massima installabile in base alla zona specifica. Per spiegarmi meglio, la copertura offerta da una singola stazione non è calcolabile a priori ma dipende anche dalla morfologia del territorio in questione e alla presenza di case, edifici o altre strutture in grado di limitare la copertura a causa della riflessione e dispersione dei segnali radio inviati dai cellulari.

Oltre alla comunicazione voce e messaggistica, a partire dalla seconda generazione di comunicazione (2G), i nostri cellulari sono in grado di inviare e ricevere anche pacchetti di dati che sono quelli che ci consentono di collegarci ad internet senza un cablaggio fisico.

Capite dunque come è possibile chiamare dai nostri cellulari? La connessione tra le stazioni base avviene invece via normali cavi coassiali o, sempre più spesso, attraverso fibre ottiche. In particolare, l’utilizzo delle fibre ha consentito di migliorare la trasmissione dei segnali con minori perdite nel percorso e di aumentare il numero di collegamenti gestibili a parità di sezione del filo.

E se non sono presenti stazioni base nelle vicinanze? Semplice, questo è il caso di un cellulare che, come si dice, “non ha campo”. In regioni isolate del pianeta si ricorre ad una tecnologia diversa che è invece quella dei telefoni satellitari. In questo caso, i dispositivi si connettono direttamente con satelliti in orbita geostazionaria che hanno il compito di ritrasmettere i segnali digitali a Terra e di consentire in questo modo la comunicazione da qualsiasi parte del pianeta.

 

Psicosi 2012. Le risposte della scienza”, un libro di divulgazione della scienza accessibile a tutti e scritto per tutti. Matteo Martini, Armando Curcio Editore.

 

Europa: oceani, acqua e …. (forse) vita

10 Mag

Diverse volte abbiamo parlato di esplorazione spaziale e altrettante siamo poi finiti a discutere dell’esistenza o meno di forme di vita al di fuori del nostro pianeta. Come e’ noto, uno degli aspetti senza dubbio piu’ interessanti e sentiti, anche dai non addetti ai lavori, e’ la possibilita’ che la vita si sia sviluppata anche su altri pianeti.

Personalmente, come detto tante volte, non sono assolutamente chiuso all’idea che la vita si possa essere sviluppata da qualche altra parte ma ogni qual volta si affrontano discorsi di questo tipo, si deve sempre prestare la massima attenzione nel mantenere un approccio scientifico al problema, senza finire, come avviene molto spesso in rete, a discutere di improbabili quanto assurdi avvistamenti di dischi volanti o alieni fotografati in qualche bosco sperduto.

Di queste tematiche abbiamo parlato in diversi articoli. Dapprima sotto il profilo puramnete scientifico-biologico:

Il segnale WOW!

Messaggio alieno nelle aurore?

poi discutendo invece dove cercare questa vita, introducendo il discorso degli esopianeti e della loro scoperta al di fuori del nostro Sistema Solare:

A caccia di vita sugli Esopianeti

Nuovi esopianeti. Questa volta ci siamo?

Esopianeti che non dovrebbero esserci

Ancora sugli Esopianet

In particolare, tutto il discorso degli esopianeti riguarda principalmente l’identificazione di corpi orbitanti intorno a qualche stella e che si trovano in una zona potenzialmnete adatta allo sviluppo della vita. Come discusso varie volte negli articoli precedenti, la definizione di questi parametri impone una discussione di diversi fattori, non solo legati all’irraggiamento da parte della stella centrale e dunque della posizione orbitale del pianeta stesso.

Detto questo, questa volta vorrei parlare della ricerca di vita non al di fuori del nostro Sistema Solare, bensi’ al suo interno, molto piu’ vicino di quanto si possa pensare. Molti di voi, conosceranno sicuramente Europa, uno dei satelliti orbitanti intorno a Giove e che, da diverso tempo ormai, e’ visto come un possibile candidato ad ospitare forme di vita non sulla superficie, bensi’ al suo interno.

Visto da fuori, Europa si presente come un corpo estremamente inospitale:

Il satellite di Giove Europa

Il satellite di Giove Europa

La scoperta di Europa risale addirittura la 1610, quando Galileo riusci’ ad osservarlo, insieme ad altre lune di Giove, con l’ausilio del suo telescopio appena inventato. La superficie di Europa appare praticamente liscia e priva di criteri da impatto. Le osservazioni fatte a partire dal 1995 dalla sonda Galileo hanno evidenziato la presenza di una spessa crosta fatta di ghiaccio, molto simile al pack presente sui mari polari della Terra.

Come anticipato, in superficie, l’ambiente offerto da Europa non e’ assolutamente dei migliori. La temperatura superficiale si aggira intorno ai -150 gradi centigradi con un irragiamento da parte del Sole che e’ circa 1/25 di quello che arriva sulla Terra. Vicino ai poli geografici del satellite, la situazione e’ ancora peggiore con temperature che scendono fino a -230 gradi.

Perche’ su una luna di questo tipo ci potrebbe essere la vita?

Le osservazioni fatte nel corso degli anni dai vari satelliti che hanno sorvolato Europa hanno mostrato alcuni aspetti del pianeta che potrebbero essere compatibili con una struttura interna del tutto diversa da quella che vediamo dall’esterno. Il modellamento della superficie potrebbe infatti essere dovuto a moti mareali innescati dal vicino e massivo Giove su un enorme volume di acqua liquida, o ghiaccio conduttivo, contenuta all’interno di Europa. Questa immagine mostra molto bene le due ipotesi sulla struttura interna:

Possibili modelli per la struttura interna di Europa

Possibili modelli per la struttura interna di Europa

Oltre a queste considerazioni, le misure sul magnetismo del sistema Giove-Europa hanno evidenziato la presenza di un lieve campo magnetico sul satellite e di materiale conduttivo all’interno. Basta? Niente affatto, Europa presenta anche una lieve atmosfera propria con la presenza di ossigeno prodotto dalla dissociazione dell’acqua degli strati superficiali di ghiaccio. Poi? Nel 2013 il telescopio Hubble ha mostrato enormi geyser di vapore acqueo che fuoriescono dalle zone polari di Europa e che si elevano fino a 200 Km di altezza. Anche in questo caso, anche se da confermare ovviamente, il vapore acqueo potrebbe arrivare direttamente dall’interno del satellite spinto dall’attivita’ vulcanica, interna anche in questo caso.

Ragioniamo un attimo insieme: abbiamo una serie di evidenze che ci spingono a pensare che la superficie di Europa possa essere uno strato di ghiaccio contenente al suo interno un enorme oceano di acqua liquida. Alcune domande banali: quanto e’ spesso questo strato di ghiaccio? Come avrebbe fatto la vita a formarsi in un ambiente cosi’ ostile e, soprattutto, senza un sufficiente irraggiamento da parte del sole?

Domande ovviamente lecite e su cui e’ doveroso ragionare.

Per quanto riguarda lo spessore di ghiaccio, studiando la morfologia del pianeta, il suo moto e altri parametri chimico-fisici, si suppone che questo strato possa essere spesso circa 20 Km. Inoltre, le proprieta’ magnetiche di Europa potrebbero essere compatibili con un oceano di acqua addirittura salata, proprio come quella che riempie gli oceani della nostra Terra. Certo, uno spessore di 20 Km non e’ trascurabile e proprio questo aspetto rappresenta una delle difficolta’ principali per la probabile esplorazione e la ricerca di vita su Europa. Ma, come vedremo, le soluzioni tecnologiche potrebbe esserci.

L’altra domanda che ci siamo posti e’ invece legata alla possibilita’ che ci sia vita in questo immenso oceano sotterraneo. Per prima cosa, vi ricordo un argomento discusso qualche tempo fa su questo blog:

I misteri del lago Vostok

Lago Vostok, c’e’ vita?

Come ricorderete, anche nelle profondita’ di questo lago polare si ipotizza possa essere presente la vita, sviluppata in un ambiente apparentemente ostile e completamente isolato dalla superficie. Oltre a questo, nell’mmaginario comune, la moltitudine di forme di vita che si sviluppano nei nostri mari sono possibili grazie unicamente all’energia dei raggi solari che penetrano fino a profondita’ molto elevate. Se mettiamo un “tappo” di 20 Km su questo oceano e per di piu’ all’esterno abbiamo un irraggiamento proveniente dal sole gia’ notevolmente inferiore a causa della distanza Europa-Sole, come possiamo pensare che ci possano essere le condizioni per la vita?

Anche a questa domanda abbiamo una risposta che viene direttamente da quello che abbiamo potuto osservare sul nostro pianeta. Vi mostro una foto:

Fumarola Nera

Fumarola Nera

Di cosa si tratta? Quella che vedete e’ una cosiddetta “fumarola nera”, cioe’ un punto da cui fuoriescono gas provenienti dalle profondita’ della terra. Gas come idrogeno e acido solfidrico che, a causa della presenza di una forte attivita’ vulcanica su Europa, potrebbero essere presenti anche nell’oceano che vogliamo studiare. Di che tipo di forme di vita parliamo? Nel 1977, durante una missione esplorativa nelle Galapagos, venero scoperte colonie di vermi tubo, vongole, crostacei e mitili proprio intorno ad una fumarola nera in un punto in cui la luce del Sole non poteva assolutamente arrivare. Queste forme di vita, dunque non solo batteriche, si sviluppano grazie alla cosiddetta “chemiosintesi batterica”. In questo caso, al contrario della fotosintesi in cui si usa l’energia solare per ricavare energia, il processo sfrutta processi inorganici ad alta entalpia per formare sostanze organiche come, ad esempio, il glucosio. Detto questo, capite bene come la ricerca di vita su Europa potrebbe non essere assolutamente un azzardo, bensi’ una missione in grado di portare risultati.

Bene, a questo punto abbiamo capito dove poter cercare la vita, come potrebbe essersi sviluppata ma manca da capire se esistono i mezzi e la volonta’ per una missione di questo tipo. Senza tanti giri di parole, vi riporto un link sicuramente interessante il “President budget” per il Fiscal Year 2015:

President Budget, FY15

Per la prima volta, l’esplorazione su Europa e’ stata inserita nei finanziamenti della NASA per dare avvio a quella che viene chiamata missione Clipper.

Di cosa si tratta?

Come potete immaginare, il nome Clipper sta proprio per “taglia ghiaccio”. Scopo della missione e’ dapprima quello di effettuare 45 flyby intorno ad Europa partendo da un’altezza di 2700 Km per scendere fino a 25. Durante questi passaggi, grazie agli strumenti in dotazione, Clipper potra’ esaminare molti parametri chimico fisici sia dell’atmosfera che delle emissioni gassose intorno ai poli della luna. Inoltre, potranno essere scattate foto della superficie per una ricostruzione precisa di tutto il corpo. Nella seconda fase invece, la missione avra’ il compito di atterrare sul satellite e raccogliere campioni del terreno in superficie, e a profondita’ diverse comprese tra i 2 e i 10 cm. Perche’ questa raccolta? Semplice, l’analisi di questi campioni potra’ confermare o meno la presenza di salinita’, di materiale organico e di ogni altro parametro interessante per farci comprendere la presenza di o meno di vita all’interno di Europa.

La missione Clipper, gia’ in fase di studio da qualche anno e che, se tutto va nel verso giusto, dovrebbe essere lanciata nel 2025, rappresenta senza dubbio un primo passo per uno studio dettagiato di Europa. Ovviamente, come e’ facile immaginare, in questo caso, ancora piu’ che in altri, sara’ fondamentale garantire una sterilizzazione perfetta di tutti gli strumenti al fine di non “inquinare” i campioni con eventuali forme di vita terrestri.

Oltre alla NASA, molti altri paesi ed agenzie stanno pensando a missioni specifiche su Europa e su altre lune di Giove. L’ESA, ad esempio, sta preparando la missione JUICE per lo studio delle atmosfere di alcuni satelliti gioviani, tra cui ovviamente Europa. Se i risultati di queste missioni confermeranno, o almeno saranno compatibili, con l’ipotesi di vita, si passera’ ad una fase due con l’intenzione proprio di perforare lo strato di ghiaccio ed esplorare l’oceano sottostante. Per darvi un’idea, gia’ molti pensano a come realizzare queste missioni utilizzando trivelle alimentate da combustibile nucleare in grado di fornire l’acqua calda per forare l’enorme strato di ghiaccio. Oltre a questo, saranno sicuramente presenti non piu’ rover, ma mini sommergibili automatizzati per l’esplorazione dell’oceano e la ricerca di forme di vita.

Come vedete, Europa rappresenta sicuramente un futuro molto prossimo dell’esplorazione spaziale. Da qui a qualche anno potremmo finalmente capire se questo satellite possa essere un ambiente ospitale per la vita o se dovremmo limitarci a cercare al di fuori del nostro Sistema Solare.

Psicosi 2012. Le risposte della scienza”, un libro di divulgazione della scienza accessibile a tutti e scritto per tutti. Matteo Martini, Armando Curcio Editore.

Buon appetito Sagitarius A*

5 Mag

Un nostro caro lettore, nella sezione:

Hai domande o dubbi?

ci ha segnalato delle pagine davvero molto interessanti, dal nostro punto di vista, riguardanti un evento cosmico molto affascinante che sta iniziando proprio in questi mesi e durera’ per almeno una decina di anni.

Di cosa si tratta?

Molto probabilmente, se siete appassionati di astronomia e eventi cosmici, avrete sentito parlare di G2, una nube di gas che si sta avvicinando verso il centro della nostra galassia. Cosa c’e’ di speciale in questo movimento? In alcuni articoli abbiamo gia’ parlato del centro della Galassia e soprattutto di Sagitarius A*, il buco nero super massivo che si trova in questo punto:

Nube assassina dallo spazio

Meteorite anche a Cuba e dark rift

Nuova sconvolgente Teoria

Come visto, non c’e’ assolutamente nulla di anormale nella presenza di questo buco nella nostra galassia anzi, per dirla tutta, si pensa che oggetti di questo tipo siano presenti nel centro di molte galassie.

Ora, cosa sarebbe G2? Anche in questo caso, dietro questo nome misterioso, non c’e’ nulla di sorprendente. Si tratta di una nube di gas con una massa circa 3 volte quella della Terra che pero’ si trova molto vicina a Sagitarius. Come e’ ormai noto, parlando cosmologicamente di “molto vicino”, intendiamo comunque dimensioni molto elevate. Nel caso di G2, la sua orbita prevede un passaggio ravvicinato con una minima distanza dal buco nero di circa 260 unita’ astronomiche. Come visto in questo articolo:

I buchi neri che … evaporano

questa distanza corrisponde pero’ a circa 3000 volte il raggio dell’orizzonte degli eventi del buco nero. Come potete facilmente immaginare, ad una distanza cosi’ “piccola”, la nube sara’ attratta dalla gravita’ del buco nero per cui gli effetti di questa forza saranno molto intensi per il gas.

G2 e’ stata scoperta nel 2002, ma solo nel 2012 si e’ iniziato a studiarla in dettaglio proprio quando si e’ ricostruita con maggiore precisione la sua orbita. Il passaggio ravvicinato con Sagitarius A*, rappresenta un evento cosmico molto importante dal punto di vista dell’astrofisica. Durante questo incontro, sara’ infatti possibile studiare in dettaglio diverse caratteristiche dei buchi neri, ancora poco noti, come, ad esempio, il processo di accrescimento, la gravita’, l’orizzonte degli eventi, ecc..

Perche’ questo evento viene richiamato da alcuni siti catastrofisti? La motivazione e’ sempre, purtroppo, la stessa: speculare su eventi assolutamente non pericolosi pur di aumentare le visite ai propri siti. Come visto negli articoli precedenti, la Terra si trova a circa 26000 anni luce dal centro della Galassia. Questo significa che, anche volendo, qualunque cosa, radiazione o materia, sparata da Sagitarius A verso la Terra impieghera’ al minimo 26000 anni per raggiungerci. Detto questo, non credo sia il caso di preoccuparci ne’ di questo incontro, ne’ di qualunque altro evento cosmico che possa interessare il centro della nostra galassia.

Oltre a questa speculazione “scontata”, come sottolineato nel commento iniziale da cui siamo partiti, ci sono alcuni siti, apparentemente camuffati da siti scientifici, che propongono teorie “alternative” per G2 e per il suo passaggio ravvicinato. La prima ipotesi che salta agli occhi e’ che si vorrebbe far credere che G2 non sia in realta’ una nube di gas ma una stella. E’ possibile questo? In realta’ si, ma questa ipotesi, prima che su questi siti, e’ stata discussa a livello scientifico. Esistono infatti diverse ipotesi sull’origine e sulla struttura di G2. Come detto all’inizio, si pensa con maggiore probabilita’ che questa sia una nube di gas. Da dove proviene? Ipotesi possibili potrebbero essere che si tratti di una nube di gas cosmico isolata oppure che si tratti dell’atmosfera di una qualche stella strappata da eventi cosmici. Un’idea alternativa prevede invece, da studi sull’orbita, che non si tratti esclusivamente di gas, ma che, all’interno della nube osservata, ci sia un corpo massivo come una stella nelle fasi finali della propria esistenza. Altre ipotesi alternative prevedono che G2 sia un proto-pianeta, cioe’ quello che rappresentava un disco di accrescimento di un corpo massivo che pero’ non e’ riuscito a formarsi a causa della temperatura troppo alta dei gas. Tutte ipotesi possibili scientifiche e su cui ancora oggi si dibatte.

Dal punto di vista del passaggio ravvicinato, cosa comporterebbe una struttura diversa di G2?

Ovviamente, la reale natura della nube, continuiamo a chiamarla cosi’, determinera’ uno “spettacolo” diverso durante il passaggio. Per essere precisi, e per smentire alcuni siti e giornali che hanno usato titoli pomposi, questo passaggio non rappresentera’ un lauto pasto per Sagitarius A*, ma piu’ che altro uno spuntino. La minima distanza di passaggio sara’ tale da far avvertire l’attrazione gravitazionale da parte del buco nero ma, molto probabilmente, G2 sopravvivera’ all’incontro perche’ troppo distante dall’orizzonte degli eventi.

Diverse simulazioni condotte in questi mesi hanno mostrato scenari possibili in cui G2 sopravvivera’ anche se la sua orbita e la sua struttura saranno fortemente modificati. In particolare, dopo l’incontro, la nube di gas potrebbe essere talmente diffusa da non apparire piu’ come compatta. Inoltre, se G2 fosse composta solo ed esclusivamente di gas, durante l’assorbimento da parte di Sagitarius A*, verranno emessi brillamenti di radiazione soprattutto nei raggi X. Al contrario, se all’interno fosse presente un corpo massivo, questo effetto sarebbe notevolmente ridimensionato. Come potete capire molto bene, dall’emissione di radiazione nel passaggio, sara’ dunque possibile capire anche la struttura intima di G2.

Vi mostro anche una simulazione di uno degli scenari possibili dell’attrazione di G2 da parte del buco nero:

Simulazione dell'attrazione di G2 da parte di Sagitarius A*

Simulazione dell’attrazione di G2 da parte di Sagitarius A*

Come vedete, l’orbita seguita dalla nube viene deviata verso la parte centrale a causa dell’attrazione gravitazionale esercitata da Sagitarius A*.

Concludendo, a partire dal 2013 e’ iniziato il passaggio ravvicinato di una nube di gas, G2, in prossimita’ del buco nero che occupa il centro della nostra galassia, Sagitarius A*. Questo evento cosmico durera’ uan decina di anni che rappresentano comunque un intervallo molto breve sulle scale del nostro universo. A parte le speculazioni sempre presenti per eventi di questo tipo, si tratta di un evento assolutamente non pericoloso, ma estremamente affascinante dal punto di vista scientifico. Come visto nell’articolo, osservando questo passaggio, sara’ possibile ottenere informazioni molto importanti sulla nube di gas, sulla sua struttura interna ma, soprattutto, sara’ possibile carpire informazioni molto importanti per comprendere meglio i buchi neri e i processi che ne regolano il loro accrescimento.

 

Psicosi 2012. Le risposte della scienza”, un libro di divulgazione della scienza accessibile a tutti e scritto per tutti. Matteo Martini, Armando Curcio Editore.

Ascoltate finalmente le onde gravitazionali?

19 Mar

Sicuramente, io non posso attaccare o denigrare la divulgazione della scienza e il voler diffondere la conoscenza, sempre troppo scarsa, e le ultime scoperte alle, cosiddette, persone di strada. Per poter fare questo pero’, mia opinione personale, si deve fare un lavoro immenso di modellamento delle informazioni e si deve essere in grado di immedesimarsi in colui che legge quello che scriviamo. Questo non significa assolutamente dire cose false ma solo fare in modo che le informazioni che passano possano appassionare ed essere comprese da coloro che non hanno una base scientifica di supporto. Credetemi, a volte questo lavoro non e’ semplice. Senza voler essere presuntuosi, molte volte un ricercatore abituato a lavorare su delle tematiche, tende a dare per scontate molte cose quando si interfaccia con qualcuno. Il risultato di questo e’, ovviamente, una impossibilita’ di comprensione da chi non ha la stessa base di chi parla.

Perche’ faccio questo preambolo?

La notizia di questi giorni, che sicuramente avrete letto su siti, blog, forum e giornali, e’ quella della conferenza stampa fatta dall’universita’ di Harvard per mostrare i dati raccolti dall’esperimento americano Bicep-2 che si trova in Antartide.

Bene, sulla maggior parte dei giornali che ho letto, e ci metto dentro anche i siti internet, ho visto una quantita’ di cavolate tali da far rabbrividire. Ovviamente, non faccio di tutte l’erba un fascio, ma, da una mia stima, circa il 10% delle notizie aveva senso, il restante era pieno di una quantita’ di idiozie che mai avrei pensato di leggere. Questa volta abbiamo superato di gran lunga gli articoli sulla scoperta del bosone di Higgs. L’unica cosa vera letta e’ che la notizia era attesa ed ha avuto un grandissimo risalto nella comunita’ scientifica, il resto lo potete buttare nel secchio.

Apro e chiudo parentesi: perche’ dobbiamo procedere in tal senso? Cari giornalisti che vi cimentate a scrivere di scienza, chiedete lumi, intervistate addetti ai lavori, non scrivete assurdita’ che non fanno altro che creare confusione su confusione in chi legge.

Detto questo, cerchiamo di capire di cosa si sta parlando.

Dunque, di Big Bang, nascita dell’universo, radiazione di fondo, ecc., abbiamo parlato in questi articoli:

E parliamo diquesto Big Bang

Il primo vagito dell’universo

Universo: foto da piccolo

La materia oscura

Materia oscura intorno alla Terra?

Due parole sull’antimateria

Flusso oscuro e grandi attrattori

Ipotizziamo che l’universo sia nato da un Big Bang, che ad un certo punto materia e antimateria si siano separate, poi, circa 380000 anni dopo il botto, si sono separate materia e radiazione ed e’ nata la Radiazione Cosmica di Fondo, o CMB. Proprio questa radiazione, di cui abbiamo parlato, e’ la prova sperimentale a supporto del Big Bang. Come scritto altre volte, possiamo vedere la CMB come una radiazione fossile di un preciso momento dell’universo. Prima di questo istante, c’e’ il buio perche’ la radiazione non riusciva a “scappare” e rimaneva intrappolata con la materia.

Primo punto fondamentale, la Radiazione Cosmica di Fondo esiste e l’abbiamo gia’ trovata. La prima osservazione della CMB risale al 1964 ad opera di Arno Penzias e Robert Wilson che vinsero poi il nobel nel 1978. Questo per rispondere alle notizie false che girano secondo le quali Bicep-2 avrebbe “scoperto” l’essitenza della radiazione di fondo.

Bene, l’esperimento Bicep-2 serve invece per “rilevare” con altissima precisione la CMB. Perche’ allora si parla di onde gravitazionali?

Non voglio neanche commentare le notizie i cui autori si lanciano a parlare di tensori e modi B perche’ il mio punto di vista e’ stato espresso all’inizio dell’articolo parlando di come, a mio avviso, si deve fare divuilgazione.

Cosa sono le onde gravitazionali?

Come giustamente detto da alcune fonti, questa tipologia di onde e’ stata predetta da Einstein nella sua relativita’ generale anche se queste non sono mai state osservate in maniera “diretta”. Dunque, ad Harvard hanno osservato le onde gravitazionali? Assolutamente no. Le hanno “scoperte” come qualcuno sostiene? Assolutamente no, anche in questo caso.

Per cercare di capire cosa sono le onde gravitazionali, proviamo a fare un esempio molto semplice. Immaginate lo spazio-tempo, concetto di per se molto vago ma supponete, sempre per semplicita’ , che si tratti dell’universo, come un materasso. Si, avete capito bene, un materasso come quello che avete in casa e su cui andate a dormire. Non sono impazzito, vorrei solo farvi capire questo importante concetto in modo semi-intuitivo. Dunque, ora immaginate di mettere un corpo molto pesante, ad esempio una palla da bowling, sul materasso. Cosa succede? Semplice, il materasso si “curva” in prossimita’ del corpo pesante. Bene, il materasso e’ lo spazio tempo, la palla da bowling e’ un pianeta, una galassia, ecc.. Parlando scientificamente, lo spazio tempo quadri-dimensionale e’ curvato dalla massa.

Ora, immaginate di far rotolore o togliere la vostra massa. Cosa succede? La curvatura si sposta insieme alla massa oppure, nel secondo caso, lo spazio tempo torna al suo posto. Le “piegature” dello spazio-tempo che fine fanno? Semplice, succede esattamente quello che avviene se tirate un sassolino dentro uno stagno. Queste “increspature” si propagano partendo dalla sorgente, nel nostro caso la massa, verso l’esterno.

Finalmente ci siamo. Il movimento delle masse, l’esplosione delle Supermovae, lo scontro tra Galassie, sono tutti fenomeni che deformano lo spazio tempo. Effetto di queste deformazioni, cosi’ come avviene per il sasso nello stagno, e’ la formazione di onde che si propagano liberamente nello spazio. Come potete immaginare, queste sono le cosiddette onde gravitazionali.

Ora, la teoria e’ compresa. Le abbiamo viste sperimentalmente? Purtroppo ancora no. Rimanendo ad un approccio divulgativo, lo spazio tempo e’ molto rigido e dunque le onde che si creano hanno intensita’ molto molto piccole. Questo rende le onde gravitazionali estremamente difficili da essere “ascoltate”. In termini di ricerca scientifica, a partire dagli anni ’50 del secolo scorso, diversi esperimenti sono stati realizzati per cercare di captare queste onde. Dapprima, e sono ancora in funzione, si costruivano antenne risonanti, cioe’ una sorta di elemento in grado di vibrare al passaggio dell’onda, ora si procede con interferometri, strumenti che segnano il passaggio dell’onda osservando le minime variazioni meccaniche su strutture molto lunghe in cui vengono fatti passare dei laser. In un modo o nell’altro pero’, queste onde non sono mai state osservate in modo “diretto”.

Perche’ continuo a scrivere insistentemente “in modo diretto”? Semplice, perche’ sappiamo, con buona certezza, che queste onde esistono dal momento che sono state osservate in vari casi in modo “indiretto” cioe’ attraverso gli effetti che queste onde producono. La prima osservazione indiretta, fatta mediante l’osservazione di una pulsar binaria con il radio-telescopio di Arecibo, e’ valsa agli astronomi Taylor e Hulse il premio nobel nel 1993.

Bene, la CMB esiste e dimostra qualcosa, le onde gravitazionali sono state predette da Einstein e sono state osservate in modo indiretto, Bicep-2, come detto prima, non le ha osservate in modo diretto, ma, allora, di cosa stiamo parlando? Perche’ si parla di scoperta cosi’ importante?

Torniamo un attimo alla nascita del nostro universo. Abbiamo detto che c’e’ stato il Big Bang e abbiamo parlato di quando, 380000 anni dopo, materia e radiazione si sono separate. Secondo i modelli cosmologici accettati, c’e’ stato un momento nei primi istanti di vista dell’universo, precisamente 10^(-34) secondi dopo il Big Bang, in cui l’universo ha subito una rapidissima accelerazione dell’espansione a cui si da il nome di “inflazione”. Questo e’ un momento del tutto particolare in cui si e’ registrata un’espansione violentissima al punto, come dicono i cosmologi, da andare oltre l’orizzonte degli eventi. Proprio grazie a questo movimento cosi’ brusco si ha un universo cosi’ uniforme ed e’ tanto difficile registrare fluttuazioni nella distribuzione della radiazione di fondo.

Ora, per l’inflazione abbiamo dei modelli che la includono e la spiegano ma manca una prova, anche indiretta, dell’esistenza di questo momento. Come detto, studiando la CMB arriviamo fino ad un preciso istante prima del quale non possiamo andare perche’ materia e radiazione non erano separate. Attenzione, non erano separate ma, ovviamente, erano presenti. Se ripensiamo a quanto detto in precedenza per le onde gravitazionali, sicuramente un’espansione cosi’ violenta come quella dell’inflazione ne ha generate moltissime. Bene, queste onde avrebbero a loro volta interagito con la CMB lasciando una inconfondibile firma del loro pasaggio. Trovare evidenza di questa segnatura sarebbe molto importante e utile per la comprensione del modelli dell’universo che abbiamo sviluppato.

Detto questo, cosa avrebbe trovato Bicep-2?

Ovviamente quello a cui state pensando, l’effetto primordiale lasciato sulla CMB dalle onde gravitazionali dell’inflazione, dunque una misura indiretta dell’esistenza di questo periodo. Capite la portata di una misura di questo tipo? Questa evidenza ci fa capire che i modelli che prevedono un periodo inflazionario durante i primi istanti di vita del nostro universo potrebbero essere corretti. Inoltre, la tipologia dei segnali trovati riesce gia’ ad escludere alcuni dei modelli formulati in questi anni.

Come avrete letto sulle varie fonti, gia’ molti parlano di nobel per questa misura. In realta’, anche in questo caso, si sta esagerando, non per l’importanza di una misura del genere ma, semplicemente, perche’ parliamo di “evidenza”. Dopo tutte le varie storie sentite sul bosone di Higgs, come sapete bene, prima di poter parlare scientificamente di scoperta e’ necessario che il segnale atteso abbia una certa “significanza statistica” che ci faccia affermare che quanto visto corrisponde al vero. In questo caso, statisticamente ripeto, parliamo ancora di “evidenza” non di “scoperta”. Ovviamente, una misura del genere non puo’ che spingere a migliorare e perfezionare una ricerca di questo tipo, anche da parte di altri esperimenti in grado di captare e raccogliere i dati relativi alla radiazione di fondo a microonde.

Concludendo, l’annuncio fatto dall’universita’ di Harvard e’ importantissimo dal punto di vista della fisica. Purtroppo, come spesso avviene, nel raccontare cose di questo tipo si fa molta confusione e si finisce col dire cose non veritiere e che non permettono ai non addetti ai lavori di comprendere la rilevanza di notizie del genere. Come detto, quanto osservato e’ una prova indiretta dell’esistenza dell’inflazione per il nostro universo. Questo e’ un momento assolutamente unico previsto nella teoria dell’esansione dell’universo, in cui quest’ultimo si e’ stirato in modo impensabile anche solo da immaginare. Come spesso avviene, per ogni piccolo passo avanti fatto nella comprensione, si aprono ogni volta decine di nuove domande in cerca di una risposta. Non resta che andare avanti e continuare ad osservare il cosmo consapevoli di quanti misteri ancora ci siano da scoprire.

 

Psicosi 2012. Le risposte della scienza”, un libro di divulgazione della scienza accessibile a tutti e scritto per tutti. Matteo Martini, Armando Curcio Editore.

Un nuovo segnale WOW!

18 Mar

Spulciando, come mia abitudine, la rete in cerca di novita’, tendenze e, purtroppo in molti casi, nuove bufale, mi sono imbattuto in un articolo che ha suscitato il mio interesse. Come forse avrete letto, sembrerebbe che in questi giorni il SETI abbia annunciato la visione di quello che molti, senza mezzi termini, definiscono il segnale WOW! del XXI secolo.

Prima di affrontare la notizia, facciamo un po’ di ripasso dal momento che questi sono argomenti che abbiamo gia’ visto su questo blog. Per prima cosa, il SETI e’ il programma per la ricerca dei segnali alieni provenienti dallo spazio. Anche se su questo si potrebbe discutere a lungo, si tratta di un programma scientifico reale per la ricerca di segnali non convenzionali, cioe’ non prodotti naturalmente, che arrivano sulla Terra da qualche zona dell’universo. Come sapete, l’aggettivo “scientifico” in questo caso non e’ sempre accettato, non per l’assurdita’ della ricerca in se, ma semplicemente perche’ una ricerca del genere e’ soggetta a forti limitazioni, prima tra tutte le possibile non ripetibilita’ di un segnale captato dallo spazio. Nonostante questo, nel bene o nel male, il programma SETI va avanti da decenni cercando, anno dopo anno, di migliorarsi raffinando i criteri di ricerca ed includendo sempre piu’ punti di ascolto mediante radiotelescopi.

Cosa ha trovato fino ad oggi il programma SETI?

Come visto in questo articolo:

Il segnale WOW!

nel 1977 e’ stato captato un segnale molto particolare e che e’ stato appunto chiamato WOW! per via della nota lasciata a fianco al listato proprio ad indicare la stranezza di quanto osservato. Questo segnale fu intercettato dal telescopio Big Ear, come gia’ raccontato nell’articolo, ed aveva tutte le caratteristiche di un segnale proveniente dallo spazio e non prodotto da qualcosa di naturale. Ancora oggi, non si e’ trovata una spiegazione “naturale” al segnale.

Personalmente, come scritto anche in precedenza, trovo assurdo che molti preferiscano parlare di ipotetici avvistamenti senza una minima validita’ oggettiva mentre la storia del segnale WOW! e’ molto spesso dimenticata e non ricordata a sufficienza.

Detto questo, come anticipato, in questi giorni stano uscendo diversi articoli in rete che parlano di una nuova evidenza di segnale compatibile con intelligenza aliena. Per prima cosa, se provata a fare una ricerca in rete, potrete rimanere davvero molto delusi. Le informazioni che potete reperire sono frammentarie e solo frutto di un selvaggio copia/incolla da una singola fonte. Cosa significa questo? Semplice, come al solito, l’effetto gregge e’ stato dominante. Qualcuno scrive qualcosa in rete, giusto o sbagliato poco importa, e tutti dietro a copiare a pappardella senza una minima considerazione o, ancora peggio, senza verificare che quanto scritto corrisponda veramente a realta’.

Per non cadere nello stesso errore, cerchiamo di analizzare la notizia sotto un altro punto di vista, facendo riferimento soprattutto alla nota emanata proprio dal SETI in cui ci sarebbe l’evidenza di questo nuovo segnale.

Per prima cosa, trovate l’articolo in questione a questo link:

Articolo SETI, 2014

A pag. 12 c’e’ questo fantomatico nuovo segnale WOW!, che vi riporto per completezza:

Segnale captato dal SETI nel 2010

Segnale captato dal SETI nel 2010

Bene, anche per uno che di segnali non capisce nulla, si vede chiaramente un picco altissimo che si alza su un fondo piu’ o meno piatto. Questo segnale sarebbe quello di cui stiamo parlando e dovrebbe provenire da qualche parte in prossimita’ dalla stella TYC 1220-91-1 che si trova a circa 100 anni luce dalla Terra. 

Fin qui tutto chiaro. Ora, prima di andare avanti, leggiamo le informazioni che tanti hanno scopiazzato e pubblicato in rete. Come ricordato varie volte, il segnale proviene da una stella potenzialmente abitabile e questo particolare sarebbe ripetuto piu’ volte nell’articolo del SETI. Inoltre, questo segnale e’ stato captato nel 2010 ma reso noto soltanto oggi perche’ per molto tempo hanno provato a nasconderlo o hanno cercato una soluzione razionale per giustificarlo. Non avendo trovato nulla, hanno deciso di rendere nota questa evidenza. Sempre nell’articolo della rete, trovate scritto che in diversi punti il SETI parli di intelligenza aliena senza pero’ mai menzionare direttamente l’esistenza degli extraterrestri. Questa e’ solo una chiara evidenza della scoperta che pero’ deve essere somministrata un poco alla volta alla popolazione ancora non pronta a notizie del genere.

Ma siamo sicuri di questo?

Capisco che l’articolo del SETI, linkato in precedenza, e’ lungo piu’ di 30 pagine, pero’ forse si dovrebbe leggere meglio prima di fare affermazioni di questo tipo.

Prima cosa, il titolo e’ “A new Class of SETI Beacons that contain information”, cioe’ una nuova classe di radiofari che contengono informazioni. Perche’ questo titolo? Semplice, l’articolo in questione, ripeto scritto da astronomi facenti parte del programma SETI, vuole evidenziare come la ricerca condotta fino ad oggi possa contenere molti falsi segnali ed in particolare come la non ripetibilita’ di alcune evidenze possa influenzare notevolmente la comprensione dei dati. Nell’articolo in questione, gli autori spiegano come potrebbe essere possibile inserire molte informazioni in un segnale proveniente dallo spazio ed inviato per lo stesso motivo per cui noi abbiamo il SETI, mettersi in contatto con altre civilta’ dell’universo.

In questo articolo, in cui compare molta matematica e ovviamente teoremi fondamentali utilizzati per lo studio dei segnali, si cerca di mostrare prima di tutto la criticita’ della ricerca tradizionale e poi quante risorse, soprattutto computazionali, sarebbero necessarie per effetturare una ricerca piu’ mirata su segnali come quelli indicati nell’articolo stesso.

In questo contesto, quanto riportato a pag.12 dell’articolo assume tutto un altro significato. Come potete vedere, siamo nella sezione 2.5 che si chiama “persistenza”. Qui, come potete verificare, si discute proprio la mancanza di persistenza che un segnale potrebbe avere e che, a causa di questo problema, non potrebbe essere identificato con precisione, se non molto intenso o molto vicino alla Terra. Come anticipato, nelle varie sezioni del paragrafo 2 che stiamo analizzando, si discutono proprio le molteplici criticita’ della ricerca classica del SETI per poi arrivare nei paragrafi successivi a confrontarle con la nuova ricerca proposta.

Bene, mancanza di persistenza significa difficolta’ di identificazione della provenienza di un segnale. Andando avanti leggete poi:

Interesting signals without persistence are observed thousands of times each day at the SETI Institute

Capito? Segnali provenienti dallo spazio senza persistenza sono osservati migliaia di volte dal SETI. Subito dopo questa importante frase, non dopo pagine o righe, ma subito dopo, c’e’ scritto:

Figure 4 for example shows a result obtained in a narrowband SETI search near the PiHI frequency (the number π times the HI observing line of 1420.4 MHz).

La figura 4, come potete indovinare e verificare, e’ propria quella del segnale. Dunque? Questo segnale viene preso come un esempio, tra migliaia, di quei segnali senza persistenza di cui non possiamo essere certi e, come riportato nella frase precedente, non possiamo determinare con esattezza la provenienza. Infatti, proprio poche righe sotto, dopo una discussione sulla frequenza del segnale che comunque e’ interessante e tra quelle in cui sia pensa potrebbero arrivare segnali extraterrestri, trovate scritto:

This pulse has interesting features: It is observed at a magic frequency in the direction of a nearby and potentially habitable star. Yet we cannot be sure this signal was created intentionally or unintentionally by some transmitter on Earth.

Dunque, il segnale potrebbe provenire dalla direzione in cui si trova una stella che potrebbe avere un sistema stellare con pianeti in zona abitabile, OK. Subito dopo pero’, “non possiamo essere sicuri che questo segnale sia state creato intenzionalmente o meno da qualche trasmettitore sulla Terra”.

Trovate assurda questa frase? Assolutamente no. Si tratta di una considerazione appositamente fatta per mostrare la criticita’ della ricerca condotta con i metodi classici. Tra l’altro, e giusto per inciso, questa pagina e’ l’unica in cui viene discusso questo segnale e la frase riportata e’ l’unica in cui si parla di stella abitabile come probabile direzione. Non e’ assolutamente vero che in questo articolo si voglia assolutamente dire e non dire, ma far capire, che si tratta di un segnale con molta probabilita’ proveniente da civilta’ extraterrestri.

Concludendo, niente di interessante e assolutamente non un nuovo segnale WOW! sul quale arrovellarci per trovare una spiegazione.

 

Psicosi 2012. Le risposte della scienza”, un libro di divulgazione della scienza accessibile a tutti e scritto per tutti. Matteo Martini, Armando Curcio Editore.

Fusione, ci siamo quasi?

17 Feb

La chimera della produzione di energia attraverso processi nucleari e’ senza ombra di dubbio la fusione. Come sappiamo, detto in modo improprio, possiamo pensare a questo processo come qualcosa di inverso alla Fissione. Se in quest’ultimo caso, un nucleo atomico viene spezzato in due nuclei piu’ piccoli liberando energia, nella fusione abbiamo due elementi piu’ leggeri che vengono uniti in uno piu’ grande. Anche in questo caso, nel processo c’e’ un eccesso di energia che viene liberato verso l’esterno. Non si tratta di magia ma del bilancio energetico delle reazioni, facilmente calcolabile utilizzando i principi base della fisica nucleare.

Per la fissione, il processo e’ relativamente semplice ed in grado di autosostenersi. Quest’ultimo aspetto e’ fondamentale quando si considerano processi di questo tipo. Detto in altri termini, basta dare il “la” alla reazione per avere qualcosa in grado di autosostenersi autonomamente e continuare cosi’ a produrre energia. Come noto, siamo in grado di utilizzare questo processo molto bene sia con reazioni controllate nei reattori a fissione sia in modo non controllato attraverso la bomba atomica.

E per la fusione?

Qui il discorso e’ diverso. A partire dagli anni ’50, abbiamo iniziato a studiare queste reazioni per cercare di ottenere un bilancio positivo. Cosa significa? Prendete due nuclei leggeri. Per far avvenire la fusione dovete avvicinarli tra loro fino a formare qualcosa di piu’ grande. Semplice ma non scontato. Prendiamo il discorso in modo improprio ma comprensibile. Nei nuclei avete protoni e neutroni. Come ci hanno insegnato a scuola, se proviamo ad avvicinare cariche di uguale segno queste si respingono attraverso la forza coulombiana. Ma allora, perche’ nel nucleo i protoni sono fermi e tutti vicini tra loro? Avvicinando due particelle come i protoni, inizialmente avete la repulsione coulombiana dovuta alle cariche elettriche che tende ad allontanarle. Se resistete opponendovi a questa forza, vi accorgete che sotto una certa distanza interviene un’altra forza, questa volta attrattiva e molto piu’ intesa di quella dovuta alle cariche elettriche, la forza nucleare forte. Si tratta solo di un’altra interazione che pero’ agisce a distanze molto corte tra i nucleoni. La presenza dei neutroni nel nucleo serve proprio a tenere unito il nucleo stesso. Poiche’ i neutroni non hanno carica elettrica, non subiscono repulsione coulombiana mentre esercitano e subiscono l’interazione forte. Detto in altri termini, i neutroni fanno da collante per far si che la forza forte, attrattiva, vinca su quella coulombiana, repulsiva.

Bene, lo scopo del gioco della fusione e’ proprio questo. In qualche modo dobbiamo avvicinare i nuclei spingendoli fino a che la forza forte non diventi piu’ intensa di quella coulombiana. Sotto questo limite, ci sara’ un’attrazione spontanea che portera’ alla formazione di un nucleo piu’ pensate, rilasciando energia.

Qual e’ il limite nella produzione di energia da fusione? Ovviamente, dovete fare in modo che l’energia spesa per avvicinare i nuclei sia minore di quella che viene ceduta dopo la fusione. Questo e’ il famoso bilancio positivo di cui tanti parlano ma, lasciatemi dire, in pochi hanno veramente capito.

Di questi processi abbiamo parlato in diversi articoli mostrando le diverse tecniche che si stanno sperimentando nel mondo:

Sole: quanta confusione!

La stella in laboratorio

Studiare le stelle da casa!

Contrapposti a questi, ci sono poi i diversi esperimenti per creare quella che viene definita “fusione fredda” e su cui tanta speculazione e’ stata fatta negli ultimi anni:

E-cat meraviglia o grande bufala?

Ancora sulla fusione fredda

Come detto e ripetuto piu’ volte, dobbiamo essere aperti di mente nei confronti di questi processi che pongono le loro radici in metodi scientifici conosciuti. Quello che pero’ manca, e’ una dimostrazione oggettiva che questi apparecchi, esempio su tutti l’E-Cat, siano veramente in grado di produrre energia in quantita’ maggiore di quella data in ingresso.

Perche’ torno nuovamente su questi argomenti?

Come forse avrete letto, solo pochi giorni fa e’ stato fatto un nuovo anuncio riguardante la ricerca sulla fusione nucleare. In un articolo pubblicato sulla rivista Nature, il NIF, National Ignition Facility, della California ha annunciato di aver ottenuto un bilancio positivo della reazione di fusione di isotopi di idrogeno in elio.

Del NIF abbiamo gia’ parlato nei precedenti articoli riportati sopra. Come sappiamo, in questo caso si utilizzano quasi 200 fasci laser per comprimere, mediante oro, atomi e isotopi di idrogeno, deuterio e trizio, per formare elio. Nel processo viene rilasciata l’energia della fusione.

Come capite bene, in questo caso il bilancio positivo si ha se l’energia rilasciata e’ maggiore di quella necessaria per far sparare nello stesso istante tutti i laser.

Nei primi anni di vita, il NIF ha rappresentato una grande speranza per la ricerca della fusione, attirando grandi finanziamenti. Finanziamenti che poi sono diminuiti quando i risultati ottenuti erano notevolmente inferiori alle aspettative.

Oggi, il NIF e’ riuscito ad ottenere per la prima volta un bilancio positivo, anche se solo minore dell’1%, rispetto all’energia richiesta per far andare i laser. Se proprio vogliamo dirla tutta, non siamo ancora contenti di questo risultato e saranno necessari tantissimi altri studi prima di poter gridare vittoria e prima di poter vedere la fusione utilizzata per la produzione di energia.

Come detto nell’introduzione, lo scopo di questo gioco e’ quello di tenere in qualche modo gli atomi fermi mentre li comprimiamo fino alla fusione. Nel NIF questo confinamento avviene sfruttando l’inerzia dei nuclei stessi e proprio per questo motivo si parla di “confinamento inerziale”. Diversamente, ad esempio per ITER, si cerchera’ di utilizzare forti campi magnetici per tenere i nuclei uniti, parlando di “confinamento magnetico”. La trattazione di questo aspetto non e’ affatto banale e rappresenta, a questo livello, un contributo assolutamente non trascurabile nel bilancio energetico finale della reazione.

Perche’ dico questo?

I risultati ottenuti dal NIF sono assolutamente ragguardevoli e sono un ordine di grandezza maggiore rispetto ai migliori risultati precedenti. Il bilancio positivo dell’1% non tiene pero’ conto dell’energia spesa per il confinamento. Questo per far capire quanto lavoro e’ ancora necessario.

La comunita’ scientifica della fusione, pone tutte le sue speranze, nel progetto internazionale ITER. Come sapete bene, in questo caso si parla di un vero e proprio reattore prototipale per la produzione di energia per fusione. Anche in questo caso, ci saranno diverse sfide tecnologiche da vincere ma la strada segnata dai successi degli ultimi anni non puo’ che farci ben sperare.

 

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Stelle marine che si sciolgono

4 Dic

Come sempre, siamo sempre attenti alle tematiche ambientali, buttando un occhio sulle notizie che arrivano dal mondo legate a variazioni significative nell’ecosistema. Questa volta, vorrei parlare di una strana epidemia che sta colpendo una specie da sempre affascinante, quella delle stelle marine.

Cosa succede?

Vi dico in breve i fatti: sulla costa occidentale degli Stati Uniti si sono registrate diverse morie di stelle marine. La particolarita’ di queste morti improvvise e’ nella dinamica. A causa di un qualche disturbo non noto, diversi esemplari sono stati ritrovati con gravi lesioni superficiali e con forme accartocciate come ad indicare una notevole sofferenza ante morte. Ecco una foto di una stella marina cosi’ come e’ stata ritrovata dopo la morte:

Stella marina morta in seguito all'epidemia

Stella marina morta in seguito all’epidemia

Bene, questa notizia e’ ancora poco battuta sui siti italiani anche se non manca chi l’ha scovata e si e’ lasciato prendere la mano.

In che modo?

Dai fatti citati, siamo arrivati a questa notizia: una misteriosa epidemia sta colpendo le stelle marina di tutto il mondo. L’epidemia di origine sconosciuta e mai vista prima scioglie completamente i poveri animali.

Sulle origini della malattia, siamo, al solito, di fronte alle solite supposizioni: inquinamneto nucleare, Fukushima, rifiuti dannosi scaricati in mare da qualche organizzazione para governativa che ci sta uccidendo, ecc. Insomma, cambia lo scenario, ma le conclusioni evergreen sono sempre le stesse.

Credo che non sia necessario commentare oltre queste affermazioni ma sia importante ragionare su quanto sta avvenendo.

Prima di tutto, come anticipato, l’epidemia non sta colpendo tutto il mondo, ma solo alcune zone specifiche della costa occidentale degli USA. In particolare, questa mappa mostra i punti precisi dove sono stati rinvenuti animali morti da quando e’ iniziata l’epidemia:

Mappa dei ritrovamenti di stelle marine morte.

Mappa dei ritrovamenti di stelle marine morte.

Queste informazioni possono essere reperite sul sito web del “Pacific Rocky Intertidal Monitoring” a questo indirizzo:

PRIM, mappa ritrovamenti

Per quanto riguarda l’epidemia in se, e’ vero che l’origine e’ ancora sconosciuta ma non e’ da escludere una causa naturale della malattia. Mi spiego meglio, come visto in diversi articoli:

Moria di uccelli nel mondo

Moria di delfini nel Tirreno

Altra moria, questa volta di mante

alcune morie sistematiche di specie animali si verificano per cicli naturali intrinseci nell’ecosistema. In questo senso, la morte delle stelle marine potrebbe essere determinata da un’eventuale ciclo naturale dettato da una causa ancora non nota.

Questa e’ un’ipotesi probabile, ma non la sola possibile.

Tra le cause non direttamente naturali ma sempre di origine organica, potrebbe esserci, ad esempio, una qualche nuova forma non autoctona che si e’ stabilita in alcuni tratti di mare trasportata dalle correnti o dall’uomo. Non sarebbe certamente la prima volta che una specie trapiantata fuori dal luogo di origine provoca danni all’ecosistema esistente.

Oltre a queste cause, non possiamo certo dimenticare l’inquinamento. Sensa dover necessariamente parlare di radioattivita’, la presenza di inquinanti in alcuni tratti di mare potrebbe provocare l’epidemia attualmente in corso. Su questo punto facciamo pero’ un’altra considerazione. Se l’origine fosse questa, sarebbe molto difficile pensare, come visto nella mappa, che ci siano punti con un’epidemia in corso e zone, distanti pochi chilometri, in cui non si e’ verificato nulla. Come vedete dalla mappa precedente, su molte zone c’e’ un’alternanza molto alta di punti rossi e blu. Questo ovviamente elimina completamente l’ipotesi radioattiva, molto spesso citata per Fukushima, dal momento che, anche se fosse, acque contaminate raggiungerebbero senza dubbio tutta la costa o almeno grossi tratti di essa. In questo caso, dovremmo allora avere ampie zone tutte rosse seguite da zone blu in cui l’epidemia non si verifica.

Sempre per smentire le tante voci che si rincorrono sul web, casi come quelli descritti sono gia’ avvenuti in passato, come riportato anche su Reuters:

Reuters epidemia

La differenza principale rispetto al passato e’ che oggi la diffusione sta assumendo dimensioni molto vaste rispetto ai precedenti casi.

Riassumendo, e’ in corso un’epidemia mortale per le stelle marine. I casi sono ancora isolati solo ad alcune zone della costa ovest degli USA. Purtroppo, l’origine di questa malattia e’ ancora sconosciuta ma diversi studi sono in corso per cercare di determinare il fattore scatenante. Nonostante questo, e dalle considerazioni viste nell’articolo, e’ assolutamente assurdo pensare che la malattia sia dovuta a fattori di inquinamento straordinario, leggasi, ad esempio, radioattvita’ dal Giappone. Al momento, molti studi sono in corso e speriamo che la causa, ma soprattutto la soluzione, vengano trovate nel piu’ breve tempo possibile.

 

Psicosi 2012. Le risposte della scienza”, un libro di divulgazione della scienza accessibile a tutti e scritto per tutti. Matteo Martini, Armando Curcio Editore.

La stella in laboratorio

3 Ott

Attraverso le pagine del forum di Psicosi 2012:

Psicosi 2012, forum

mi e’ stato segnalato un articolo molto interessante. Perche’ lo definisco in questo modo? Semplice, l’articolo e’ talmente assurdo che merita di essere presentato qui sul blog.

Come diceva un proverbio: “Dagli amici mi guardi Dio perche’ da nemici mi guardo io”. Cosa significa? Mentre siamo guardinghi nei confronti dei nostri nemici,  ci sentiamo tranquilli verso gli amici. A volte questo puo’ creare la condizione per poter essere, come si dice, accoltellati alle spalle.

Cosa voglio dire con queste parole? Mentre ormai abbiamo capito bene quali sono i siti complottisti e catastrofisti e, almeno spero, abbiamo imparato a leggerli con occhio attento e guardingo, a volte quelli che dovrebbero essere siti seri e scientifici si lasciano prendere un po’ troppo la mano.

Questo e’ purtroppo il caso di una notiizia apparsa su ben due noti giornali online nazionali che, copiandosi spudoratamente tra di loro, hanno finito per sparare cavolate veramente fuori dalla grazia del Signore.

Prima di tuttto, vi segnalo gli articoli in questione:

Articolo 1

Articolo 2

Potete anche leggerne uno solo, tanto le parole utilizzate sono le stesse, ergo, non so chi dei due, ha fatto copia/incolla.

Avete letto bene? I ricercatori dell’istituto americano NIF, stanno per accendere una stella in laboratorio. Una stella? Proprio cosi’ dicono gli articoli. Si tratta di un esperimento di fusione in cui sono stati utilizzati laser con una potenza di 500 Tera Watt, 500 mila miliardi di watt di potenza. Come recita l’articolo, questa potenza e’ pari a 1000 volte quella che gli Stati Uniti stanno consumando in quel momento.

Signori, scusate le sfogo, ma questa e’ disinformazione scientifica sulle pagine di giornali nazionali che pretendono di avere una sezione di scienze! Poi, non ci sorprendiamo quando le persone pensano che al CERN si creeranno buchi neri che distruggeranno la Terra. Dall’altra parte dell’oceano stanno creando una stella in laboratorio.

Finito il mio piccolo sfogo personale, vorrei passare a commentare questa notizia. Al contrario di quanto fatto sui giornali citati, per poter capire questa notizia, e’ necessario capire bene il campo in cui ci andiamo a muovere, cioe’ la fusione nucleare.

Cercando di mantenere un approccio semplice e divulgativo, tutti conoscono le centrali nucleari per la produzione di energia elettrica. Questi reattori funzionano attraverso la fissione nucleare, cioe’ la scissione di un nucleo pesante, il combustibile, in nuclei piu’ leggeri. Questo processo, oltre ai due nuclei figli, produce un eccesso di energia. Il processo si dice dunque esoenergetico perche’ rilascia energia.

Detto in modo molto improprio, il processo inverso a quello di fissione nucleare e’ quello di fusione. In questo caso, si prendono due nuclei leggeri per fonderli insieme e formare un nucleo piu’ pesante. Questo processo e’ conveniente solo per nuclei molto leggeri, in linea di principio fino al ferro. Come viene fatto il processo? Quelli che dovete avvicinare sono degli atomi. Come sapete, nel nucleo sono presenti protoni con carica positiva. Avvicinando tra loro due cariche di segno uguale, queste si respingono tra loro con una forza che aumenta al diminuire della distanza. Sotto una certa distanza pero’, la forza coulombiana repulsiva, cioe’ quella tra cariche elettriche, diviene piu’ piccola della cosiddetta forza nucleare forte. Questa interazione e’ molto intensa, ma solo a distanze molto piccole. Detto in altri termini, dovete comprimere molto i nuclei tra loro, fino ad arrivare al punto in cui questi si attirano grazie alla forza forte.

Questa caratteristica rende il processo di fusione nucleare molto difficile da realizzare o meglio, molto difficile da sfruttare. Come anticipato, si tratta di un processo che rilascia energia. Per poter comprimere i nuclei tra loro dovete pero’ spendere un certo quantitativo di energia in qualche forma. Bene, per poter sfruttare questo processo, o meglio per guadagnarci, dovete fare in modo che l’energia spesa per attivare il processo, quella di compressione, sia minore di quella che poi viene rilasciata dai nuclei che si fondono.

Una delle possibili e piu’ studiate reazioni di fusione nucleare e’ quella del deuterio con il trizio:

D + T → 4He (3,5 MeV) + n (14,1 MeV)

In questa reazione i due reagenti, che altro non sono che isotopi piu’ pesanti dell’idrogeno, vengono fusi per formare un nucleo di elio, detto anche particella alfa, liberando anche un neutrone di una certa energia.

Vedete bene il processo. Indipendentemente da quello che ognuno di noi pensa delle centrali nucleari a fissione, il processo di fusione risolve automaticamente il problema delle scorie. In questo caso, non abbiamo sottoprodotti radioattivi a lunga vita media. Proprio per questo motivo, la costruzione di centrali di questo tipo e’ vista come la chimera della fisica nucleare e da diversi anni sono in corso ricerche per cercare di rendere il processo di fusione conveniente dal punto di vista energetico.

Il punto cruciale di questi studi e’ ovviamente come innescare il processo, cioe’ come far avvicinare tra loro i nuclei per far partire la fusione. Il caso visto negli articoli da cui siamo partiti e’ il cosiddetto confinamento inerziale ad ignizione laser. Detto in parole semplici, si utilizzano fasci laser per riscaldare e comprimere i nuclei e far partire la fusione.

Bene, a questo punto siamo in grado di rileggere gli articoli e di capire veramente quello che e’ successo nei laboratori del NIF.

Il laboratorio in questione utilizza 192 fasci laser per riscaldare e comprimere un sferetta di deuterio-trizio. Il numero elevato di laser serve prima di tutto per avere l’energia necessaria ma anche per poter riscaldare uniformemente la sfera di combustibile. Ovviamente, non serve irradiare continuamente il composto, ma e’ necessario che in un tempo molto breve l’energia arrivi tutta insieme sul campione. Quindi, proprio per questo si utilizzano fasci impulsati, cioe’ raggi molto intensi ma molto brevi nel tempo. Questo spiega l’enorme potenza in gioco. Data un’energia del fascio, tanto piu’ corto e’ il raggio, maggiore sara’ la potenza in gioco. Esattamente come in fisica definite la potenza come il rapporto tra lavoro e tempo per compierlo. Capite dunque da dove viene fuori quel valore enorme di 500 terawatt di potenza. Secondo voi, se fosse necessario avere 1000 volte la potenza che gli USA stanno consumando in quell’istante, chi sarebbe in grado di alimentare i laser? Nella migliore delle ipotesi, acceso il sistema salterebbe la corrente a tutti gli Stati Uniti. Direi che quanto affermato e’ quantomeno azzardato e dimostra la totale non conoscenza di quello che si sta raccontando.

Poi, cosa dice l’articolo? A questo punto, il sistema implode e si accende una stella.

Capiamo bene, perche’ implode? Lo schema semplificato del processo di fusione che avviene e’ questo:

Il meccanismo di ignizione laser per la fusione nucleare

Il meccanismo di ignizione laser per la fusione nucleare

Per compressione interna, si ha un implosione cioe’ un collassamento dei nuclei verso l’interno. Da come viene raccontato nell’articolo, sembra che ci sia una deflagrazione in laboratorio.

Poi si accende una stella ….

Perche’? Anche qui, si tratta di un’assurdita’ letta scopiazzando in giro. Il processo di fusione e’ quello grazie alla quale, ad esempio, le stelle producono la loro energia. Il nostro sole “funziona” grazie alla fusione degli atomi di idrogeno in elio. Quando si parla di processo vitale del sole e di passaggio allo stadio successivo, ci si riferisce proprio al momento in cui il combustibile finira’. Inoltre, se si vede la pagina Wikipedia dedicata al NIF:

Wikipedia, NIF

si legge una frase molto importante:

Oltre allo studio della fusione nucleare in campo energetico, al NIF si studieranno anche i segreti delle stelle; infatti quello che si sta tentando di fare è riprodurre il fenomeno della fusione dell’idrogeno che avviene sul Sole e su tutte le altre stelle.

Ecco da dove e’ nata l’idea che in laboratorio venga “accesa una stella”. Come vedete, l’autore dell’articolo ha provato a documentarsi sulla rete, ma non ha capito proprio il senso della frase riportata.

A questo punto, credo che l’assurdita’ di tali articoli sia evidente a tutti.

Tornando di nuovo a cose serie, perche’ e’ stata data questa notizia? Il motivo principale, e molto importante, e’ che, per la prima volta, e’ stato raggiunto il pareggio energetico. Cosa significa? Per la prima volta, si e’ riusciti ad ottenere la stessa quantita’ di energia che e’ stata necessaria per attivare il processo. Se prima l’energia per accendere la reazione era molto maggiore di quella che poi veniva prodotta, ora siamo in pareggio. Si tratta di un risultato molto importante, che dimostra i notevoli passi avanti fatti in questo campo. Certo, e’ vero che al momento non stiamo guadagnando nulla, ma prima, con lo stesso processo, ci rimettevamo tantissimo. Diciamo che il trend e’ dunque molto positivo.

Ovviamente, allo stato attuale, siamo ancora in un campo pioneristico. Magari, andando avanti, ci potremmo accorgere che si sono dei limiti alla produzione di energia che non siamo in grado di superare. Speriamo questo non avvenga e si riesca, in tempi rapidi, a spostare il bilancio energetico a nostro favore. Come detto prima, questa e’ la condizione per poter sperare nella realizzazione di centrali nucleari a fusione per la produzione di energia.

 

Psicosi 2012. Le risposte della scienza”, un libro di divulgazione della scienza accessibile a tutti e scritto per tutti. Matteo Martini, Armando Curcio Editore.

Ancora sul 23 agosto ….

20 Ago

Come sapete, sul web si e’ diffusa la notizia che il 23 agosto ci sara’ la fine del mondo a causa di una violentissima tempesta solare in grado di cancellare l’umanita’ dalla faccia della Terra. Questa nuova profezia viene niente poco di meno che da Rasputin, il famoso veggente-santone-consigliere russo, e sarebbe confermata anche dall’esule Snowden che ne sarebbe venuto a conoscenza da rapporti tra la NSA americana e la NASA.

Di questa profezia ne abbiamo parlato in dettaglio in questo articolo:

Ci risiamo: il mondo finira’ il 23 agosto

Come visto, le basi su cui si fonda questa diceria sono assolutamente deboli. Il tutto nasce da un articolo pubblicato su una rivista pseudoscientifica, World Weekly News, nel 1997 e poi riproposto anche nel 2000 quando i primi segnali premonitori non sarebbe sistematicamente avvenuti.

Perche’ torno su questo argomento?

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In realta’, solo per un breve aggiornamento. Come sapete, siamo riusciti a tradurre la parte centrale in russo che parlerebbe della profezia utilizzando il traduttore di Google. Ora, avendo selezionato solo la parte di nostro interesse e avendo utilizzato internet per la traduzione, proprio per essere sicuri che le cose fossero cosi’, mi sono fatto aiutare da una persona che il russo lo parla davvero, essendo originaria proprio della Russia. La persona in questione e’ Julia, una fan della pagina facebook di Psicosi 2012:

Psicosi2012, facebook

che ha volentieri accettato di darci una mano.

Cosa dice la nostra Julia?

Tramite mail, Julia mi dice che il giorno 23 ricorre molte volte nel libro che abbiamo citato, 100 profezie di Rasputin come visto nell’articolo precedente. Solo nel pezzo precedentemente analizzato si fa riferimento al 23 agosto 2013. In tutti gli altri casi, il 23 e’ riferito a mesi ed anni differenti.

Inoltre, Julia ci conferma quello che avevamo detto, cioe’ che nel pezzo preso di mira da catastrofisti, non c’e’ assolutamente nessun riferimento al Sole. Questa e’ la traduzione letterale:

Il 23 agosto 2013 il fuoco prenderà tutta la terra,dopo di che moriranno tutte quanti e ci sarà tranquilità in questa terra

Molto probabilmente, come detto in precedenza, il riferimento e’ ad un ordigno nucleare. Infatti, nelle vere profezie di Rasputin si fa riferimento ad una terza guerra mondiale.

Non c’e’ invece nessun riferimento al fatto che la guerra sara’ combattuta tra Stati Uniti e mondo islamico. Questa e’ un’altra storia inventata dall’autore del libro, in realta’ copiata dall’autore dell’articolo originale, per rendere piu’ verosimile la profezia. Al tempo di Rasputin infatti, non c’era nessun conflitto in atto, ne tantomeno non dichiarato, tra occidente e mondo islamico. Come potete capire, si tratta solo di un mucchio di cavolate raccontate partendo da una base, forse attribuibile a Rasputin, ma poi condita con elementi moderni per far coincidere la profezia con i nostri giorni.

Tra l’altro, come anticipato anche nel precedente post, nell’articolo di giornale si parla di una guerra che durera’ 7 anni e che terminera’ nel modo visto, dunque, forse, con una bomba atomica.

Sempre Julia ci fa notare un’altra cosa importante. Le profezie di Rasputin, sono appositamente scritte per avere molteplici interpretazioni. Questa e’ ovviamente la chiave per formulare profezie durature, non smentibili ma neanche identificabili con precisione e che possono essere adattate a tutti gli eventi, le stagioni, i giorni, o quello che volete.

Altra cosa fondamentale, cercando in rete i commenti originali in russo, Julia ci dice che le vere profezie di Rasputin non sono in realta’ note, se non in parte. Questo significa che nel corso degli anni, il buontempone di turno, si diverte ad aggiungere pezzi o particolari che non hanno nulla a che fare con il veggente russo.

Concludendo, quanto carpito dai nostri ragionamenti nell’articolo precedente e’ stato confermato da una traduzione letterale. Come visto, non c’e’ assolutamente nessun riferimento al Sole ne tantomeno a tempeste solari che dovrebbero abbattersi sulla Terra. Purtroppo, anche in questo caso, dobbiamo segnalare la presenza di forti distorsioni e modificazioni fatte nel corso degli anni e che nulla hanno a che fare con le profezie originali. A questo punto, mi sembra che il discorso 23 agosto sia pienamente sfatato.

Ringrazio ovviamente Julia per la preziosissima collaborazione!

 

Psicosi 2012. Le risposte della scienza”, un libro di divulgazione della scienza accessibile a tutti e scritto per tutti. Matteo Martini, Armando Curcio Editore.