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Presunte previsioni di Terremoti

22 Apr

Di Patrizia Esposito

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Torno ad “approfittare” dello spazio che Matteo mi ha concesso sul blog per parlare nuovamente di terremoti. Il titolo dell’articolo che vi presento oggi è il nome di una sezione del forum Psicosi 2012, dedicata alle previsioni “ad capocchiam” dei terremoti, cioè quelle che indicano il giorno e il luogo esatti di un sisma (preferibilmente catastrofico) sulla base dei parametri più bislacchi (apparizioni, profezie, ecc.). L’ultimissima della serie- segnalata da un nostro caro utente- è quella di un tizio che aveva previsto per il 17 aprile scorso niente poco di meno che il Big One in California. Ma magari bastasse la lettura dei tarocchi per prevedere eventi catastrofici e salvare vite umane! La previsione dei terremoti è una materia spinosa e complessa alla quale si dedicano anima e corpo ricercatori scientifici seri. A tal proposito, vorrei illustrarvi qui di seguito uno studio tutto italiano che, a mio avviso, aggiunge un tassello interessante al mosaico della comprensione dei meccanismi che generano i terremoti. Buona lettura a tutti.

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Sul numero di marzo di Le Scienze è stato pubblicato un sunto dello studio condotto da Carlo Doglioni, Salvatore Barba, Eugenio Carminati e Federica Riguzzi. (1) Gli autori hanno analizzato la relazione tra la sismicità e il tasso di deformazione, evidenziando come le aree con terremoti più intensi siano quelle in cui la velocità di deformazione delle rocce è più bassa rispetto alle aree circostanti. Sono partiti dal considerare la crosta terrestre suddivisa in due porzioni: crosta superiore e crosta inferiore. La prima, spessa mediamente 15 km, ha un comportamento fragile ed è influenzata dalla pressione: il carico litostatico, che aumenta con la profondità, esercita una forza di contenimento sulle rocce, rendendole più stabili e aumentandone la resistenza. La crosta inferiore, invece, ha un comportamento duttile ed è influenzata dalla temperatura: il gradiente termico, che diminuisce con la profondità, indebolisce i legami dei reticoli cristallini rendendo le rocce meno stabili. Che cosa significa questo? Significa che le rocce crostali non si deformano tutte allo stesso modo. Infatti, quelle della crosta superiore si deformano “a scatti” attraverso l’attivazione delle faglie, quelle della crosta inferiore, invece, si deformano costantemente nel tempo, senza perdita di coesione, attraverso la distorsione dei reticoli cristallini:

Diverso comportamento meccanico della crosta superiore e della crosta inferiore.

Diverso comportamento meccanico della crosta superiore e della crosta inferiore.

I terremoti sono associati alle deformazione fragili. La transizione tra le due porzioni crostali con diverso comportamento meccanico, detta “transizione fragile-duttile”, corrisponde alla massima resistenza delle rocce, cioè la profondità a cui è necessaria l’energia massima per romperle. Più è profonda questa transizione e più lunga è una faglia, maggiore è il volume di rocce coinvolte nel sisma, quindi maggiore sarà la magnitudo. Per descrivere un evento sismico si utilizzano diversi valori numerici, come la magnitudo momento, la magnitudo locale e l’intensità macrosismica (il fatto stesso che per descrivere un sisma si prendano in considerazione diversi parametri sta ad indicare la complessità del fenomeno).

La legge di Gutenberg-Richter è l’espressione analitica della forza che agisce contemporaneamente sul guscio terrestre e che è responsabile della distribuzione sismica sul pianeta. L’origine di questa forza è ancora nel campo delle ipotesi, tra le quali sono contemplati i moti convettivi nel mantello e gli effetti della rotazione terrestre che spiegherebbero l’attuale deriva verso ovest delle placche litosferiche. La diversa velocità di queste ultime dipende dal grado di disaccoppiamento mantello-litosfera che è funzione della variazione di viscosità nel mantello: maggiore è la viscosità, minore è la velocità della placca.

Funzionamento delle faglie in funzione della transizione “fragile-duttile”.

Funzionamento delle faglie in funzione della transizione “fragile-duttile”.

In figura è illustrato il funzionamento delle faglie in relazione alla transizione fragile-duttile. Nel caso di faglia distensiva la transizione si configura come una zona dilatata in cui si formano delle fratture e dei vuoti che si riempiono di fluidi, in conseguenza all’accomodamento della crosta inferiore in lento ma costante movimento rispetto alla crosta superiore bloccata. Questa zona si espanderà fino a quando non sarà più in grado di sorreggere la parte alta (“tetto” della faglia), a quel punto le rocce si romperanno, il blocco cadrà sotto il suo stesso peso e l’energia potenziale gravitazionale accumulata sarà liberata attraverso le onde sismiche del terremoto. I fluidi presenti saranno espulsi come quando si strizza una spugna e migreranno verso l’alto: ecco perché un evento sismico è accompagnato da una risalita delle falde e da un aumento della portata delle sorgenti. Dopo la scossa principale, il tetto della faglia deve raggiungere una nuova condizione di equilibrio e questo avviene mediante le scosse di assestamento. Nel caso di faglia inversa, invece, la transizione si configura come una fascia in sovrapressione . Le rocce accumulano energia elastica fino al punto di rottura, quando le forze di deformazione superano la resistenza delle rocce e il tetto della faglia viene scagliato verso l’alto, originando il terremoto (possiamo assimilare questo meccanismo ad una molla prima totalmente compressa e poi espansa). Generalmente i terremoti associati a faglie compressive sono più violenti perché occorre più energia per vincere le forze di compressione e perché in questo contesto geodinamico occorre vincere anche la forza di gravità.

Relazione tra tasso di deformazione e magnitudo dei terremoti.

Relazione tra tasso di deformazione e magnitudo dei terremoti.

In figura sono riportati i risultati di osservazioni effettuate sulla sismicità in Italia in un intervallo temporale che va dal 1° gennaio 2007 al 31 dicembre 2011.

In particolare, sono stati messi in relazione i terremoti di magnitudo superiore a 3 con i tassi di deformazione ottenuti in corrispondenza di ciascuno degli epicentri. Il dato più importante è rappresentato dal fatto che i terremoti di magnitudo superiore a 4 sono avvenuti tutti in aree in cui il tasso di deformazione è inferiore a 40 nanostrain per anno (1 nanostrain= 1 mm ogni 1000 chilometri). Cosa significa questo? Significa che le aree che si deformano più lentamente rispetto alle aree circostanti sono le aree crostali “bloccate” che stanno accumulando energia . Anche se l’intervallo di osservazione ha dei limiti temporali, il valore stabilito può essere preso in considerazione come un parametro utile ad individuare aree a sismicità significativa. Sulla mappa della velocità di deformazione si possono sovrapporre le faglie attive note. E’ interessante notare come il terremoto de L’Aquila (2009) e quello in Emilia (2012) siano avvenuti in aree a basso tasso di deformazione. Lo studio condotto si è basato sui dati forniti dalla rete GPS e su modelli numerici. In conclusione: questa nuova idea sui terremoti non serve a sapere con esattezza quando e dove si registrerà un sisma ma può indirizzare gli studi verso aree con maggiore “urgenza” sismica, in cui fare prevenzione attraverso l’adeguamento antisismico degli edifici non a norma e l’educazione al rischio sismico. Vorrei sottolineare ancora una volta come lo studio dei terremoti sia reso complicato dall’impossibilità di investigare il sottosuolo alle profondità di interesse e quella di riprodurre perfettamente in laboratorio le condizioni di stress a cui sono sottoposte le rocce in profondità. Di certo un approccio multidisciplinare può migliorare i metodi di previsione.

Ad ogni modo, diffidate da tutte le previsioni “ad capocchiam” di cui è piena la rete!!

 

Psicosi 2012. Le risposte della scienza”, un libro di divulgazione della scienza accessibile a tutti e scritto per tutti. Matteo Martini, Armando Curcio Editore.

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La sequenza sismica del Matese

22 Gen

Dopo il primo articolo comparso qualche settimana fa:

Cos’e’ successo in Sardegna?

la nostra cara amica Patrizia ha deciso di concederci il bis, con un nuovo post sulla sismologia della nostra penisola. Questa volta ci spostiamo nel matese per capire cosa sta succedendo nella zona, se veramente e’ in corso uno sciame sismico come qualcuno sostiene e, soprattutto, per far capire alle popolazioni del posto come comportarsi. Chi meglio di una geologa puo’ raccontarci queste notizie?

Da Patrizia: La sequenza del Matese

 

Il 29 dicembre 2013, alle 18.08, si è verificato un terremoto di magnitudo 4.9 nella zona del Matese, in Campania, tra le province di Caserta e Benevento (figura 1), con  una profondità ipocentrale di 10,5 km. Pochi minuti prima la RSN (Rete Sismica Nazionale) ha registrato nella stessa area un evento di magnitudo 2.7.  Numerose sono state le scosse di assestamento successive, con magnitudo inferiore.

Oggi, 20 gennaio 2014, alle 08.12 , nella zona in esame si è avuto un nuovo evento importante di magnitudo 4.2, ad una profondità di 11,1 km.

A sinistra: Fig.1, Epicentro del terremoto del 29/12/13. A destra: Fig.2, Sequenza sismica del Matese.

A sinistra: Fig.1, Epicentro del terremoto del 29/12/13. A destra: Fig.2, Sequenza sismica del Matese.

 

Nel Matese è dunque palesemente in atto una sequenza sismica (figura 2).

Ormai siamo abituati a sentir parlare di sequenza sismica e spesso ci chiediamo se c’è un collegamento tra le diverse sequenze in atto sul territorio nazionale. Per sapere se c’è davvero un nesso geologico tra i terremoti registrati in Italia dalla RSN dobbiamo capire la geodinamica dell’area italiana. Quando parliamo di geodinamica prendiamo in considerazione  il movimento delle placche tettoniche. Il territorio italiano si trova nella zona di incontro/scontro tra la placca euroasiatica e la placca africana. In particolare, nell’Italia meridionale, l’interazione tra le due placche è accompagnata da un processo di subduzione testimoniato proprio dall’attività sismica intermedia e profonda. Detto in altri termini, la placca africana si infila sotto quella euroasiatica, dando luogo ai terremoti che si registrano lungo l’Appennino centro-meridionale.

fig3

Alla base delle sequenze sismiche degli ultimi tempi (Pollino, Gubbio, Matese) c’è quindi lo stesso meccanismo genetico. Nella figura 3 è indicato il meccanismo focale del terremoto del 29/12/13. Il meccanismo focale di un terremoto è dato dall’individuazione del piano di faglia e del movimento relativo delle rocce lungo tale piano ed è  rappresentato graficamente da un “pallone”. Nel caso specifico, il meccanismo focale ci indica che si è attivata una faglia distensiva con andamento NW-SE, detta faglia appenninica, come si vede dalla forma riportata nella figura.

Per capire come si muovono le rocce lungo il piano di faglia, consideriamo due fogli di carta in formato A4 e incolliamoli in corrispondenza del lato lungo con 3 o 4 punti di colla. Per scollarli esercitiamo una certa pressione dall’alto verso il basso in corrispondenza dei punti di colla. Progressivamente la colla cederà e i fogli si staccheranno. Analogamente, lungo un piano di faglia le rocce si frattureranno quando l’energia accumulata supererà il loro punto di rottura e libereranno questa energia come onde sismiche. La fatturazione può avvenire lungo uno o più punti (come il distacco dei due fogli di carta lungo i punti di colla).  In particolare la faglia sismogenetica del Matese che ha dato luogo al terremoto di fine anno risulta segmentata da una serie di faglie perpendicolari. Se il movimento delle rocce è avvenuto lungo un segmento di faglia, la “turbolenza” è stata trasmessa agli altri segmenti cioè la rottura in un punto ha alterato lo stato di sforzo delle porzioni di roccia adiacenti. In questo caso, siamo in presenza di un sottosuolo tettonicamente instabile e questo significa che nella stessa zona si possono verificare altri terremoti.

Fig.4: Terremoti storici nell’area del terremoto del 29/12/2013

Fig.4: Terremoti storici nell’area del terremoto del 29/12/2013

I dati della sismicità storica evidenziano tre eventi catastrofici nella zona in esame (figura 4):

1)    5/12/1456  (magnitudo intorno a 7)

2)    5/6/1688   (magnitudo intorno a 7)

3)    26/7/1805 (magnitudo 6.6)

Sempre nel distretto sismico del Matese, ma con altri epicentri, ricordiamo due eventi analogamente violenti nel XX secolo:

1)    21/8/1962  fra Sannio e Irpinia (magnitudo 6.1)

2)    23/11/1980 Irpinia (magnitudo 6.9)

Nonostante i dati storici a disposizione sul reale rischio sismico, la zona in esame fino al 1984 non era nemmeno classificata come sismica. Dal 1984 al 2002 è stata considerata a media sismicità. Solo dopo il 2002 è stata classificata come zona ad alta sismicità (figura 5):

Fig.5: Mappa di pericolosità sismica

Fig.5: Mappa di pericolosità sismica

Allo stato attuale delle conoscenze, non si è in grado di stabilire quanta energia sismica entri in gioco nel movimento delle placche dal momento che non è possibile investigare il sottosuolo oltre i 10 km di profondità e non è possibile riprodurre in laboratorio gli stati di sforzo cui sono sottoposte le rocce in queste condizioni. Questo significa che non si può prevedere il trend evolutivo della sequenza sismica che stiamo esaminando. Nessuno può indicare con esattezza dove, quando e se si verificherà un nuovo evento catastrofico. E’ probabile che l’energia accumulata si scaricherà attraverso una serie di eventi come quelli finora registrati. Siamo comunque nel campo delle ipotesi.

Senza alcuna intenzione polemica, mi dissocio da chi ha suggerito alla gente di dormire in auto per qualche notte. Piuttosto inviterei le persone interessate a verificare lo stato di agibilità delle proprie abitazioni e di ricorrere, se necessario, all’ospitalità di parenti/amici/conoscenti residenti in zone non a rischio. Logicamente, deve restare alto il livello di guardia per le autorità competenti affinché si mettano in sicurezza gli edifici non a norma.

 

Psicosi 2012. Le risposte della scienza”, un libro di divulgazione della scienza accessibile a tutti e scritto per tutti. Matteo Martini, Armando Curcio Editore.

Il “nuovo” vulcano sottomarino in Sicilia

16 Dic

Come sappiamo bene, parlando di vulcani italiani, la nostra attenzione non puo’ che andare su i due piu’ noti, cioe’ il Vesuvio e l’Etna. Vulcani profondamente differenti, se non altro per la loro diversa attivita’ negli anni sia passati che futuri. Come visto in diversi articoli, questi due “mostri” vengono superati di gran lunga da quello che e’ considerato uno dei piu’ grandi vulcani al mondo, ma che non si trova in superficie bensi’ sotto il mare, il Marsili. Di questo vulcano, soprattutto in risposta alle tante tesi catastrofiste degli ultimi mesi, abbiamo parlato in tanti post:

Marsili e terremoto siciliano

– Il vulcano Marsili

– Immagine ricostruita del Marsili

– Il risveglio del Marsili

Marsili: una fonte di energia enorme!

Perche’ ora torniamo a parlare di questo argomento?

In questi giorni, diversi siti catastrofisti si sono lanciati nella notizia sensazionale di un nuovo pericoloso vulcano sottomarino scoperto in Sicilia, precisamente al largo di Riposto, nel tratto di mare nei pressi di Aci Castello.

Di cosa si tratta?

Stando a quanto si legge in rete, si parla di un vulcano scoperto solo in questi giorni, grande, alla base, tre volte l’Etna ed estremamente pericoloso per la sua fervente attivita’ e per il rischio concreto di una prossima violenta eruzione.

Ecco, ci mancava anche questo problema in Italia, che, in quanto a vulcani, almeno leggendo in rete, rischia davvero tutti i giorni di essere devastata da qualche potente eruzione.

Cosa c’e’ di vero in questa notizia?

Fate attenzione, per poter rispondere a questa domanda, e’ necesario analizzarne tutti i diversi aspetti. Andiamo con ordine. Esiste questo vulcano? Assolutamente si, e la posizione e’ veramente quella che abbiamo citato in precedenza. Per essere precisi, vi mostro una mappa con indicata la posizione del vulcano in questione:

La costa Siciliana con l'Etna e il tratto di mare di fronte a Riposto

La costa Siciliana con l’Etna e il tratto di mare di fronte a Riposto

Quanto e’ grande questo vulcano? Se parliamo di base del monte, come anticipato in precedenza, parliamo di qualcosa piu’ o meno 3 volte l’Etna. Riguardo all’altezza, la cima del vulcano si trova a circa 500 metri dal pelo dell’acqua, mentre la base giace sul piano abissale a circa 2500 metri di profondita’.

Bene, fino a questo punto, le notizie che ci giungono dalla rete sono veritiere. Ora passiamo invece a quanto di “non vero” viene riportato o volutamente omesso.

Il vulcano e’ stato scoperto in questi ultimi giorni? In questo caso, la risposta e’ “assolutamente no”. Se provate a fare uan ricerca sul web, vi accorgete che gia’ nel 2009 si parlava di questa scoperta. Perche’ pero’ i siti catastrofisti ne parlano solo ora? Anche in questo caso, la risposta e’ abbastanza semplice. Cerchiamo di capire. Quando il vulcano venne scoperto nel 2009, molti, tra cui lo stesso INGV, erano scettici nel consdierare il vulcano come un’unita’ indipendente. Rigurdiamo la mappa riportata in precedenza. Parliamo di qualcosa molto vicino all’Etna. Detto questo, il primo pensiero fatto fu che questo vulcano era in realta’ non indipendente, ma un qualcosa direttamente connesso all’Etna e dunque alimentato dalla stessa linea magmatica. Proprio in queste ultime settimane, dopo anni di studi partiti proprio nel 2009 con la sua scoperta, si e’ arrivati alla conclusione che questo vulcano non sia assolutamente connesso con l’Etna, bensi’ qualcosa di indipendente, anche se molto vicino. Per poter arrivare a questa conclusione, e’ stato necessario condurre ricerche molto precise sulla morfologia della zona e sulla storia sismica della costa siciliana.

Ora, la parte piu’ interessante: questo vulcano presenta un’attivita’ sismica elevata e una alta possibilita’ di una eruzione in tempi brevi? Ragioniamo un attimo insieme. Come detto in precedenza, stiamo parlando di un qualcosa che si trova a “soli” 500 metri di profondita’, molto vicino alla costa e grande tre volte l’Etna. Se ci fosse una intensa attivita’ in corso, sia dal punto di vista sismico che vulcanico, ce ne saremmo accorti? Personalmente, credo proprio di si. Come potete facilmente immaginare, non vi e’ nessuna traccia di attivita’ in corso al momento. Questo, preclude ovviamente la possibilita’ anche di una prossima eruzione in tempi brevi.

Questo vulcano e’ attivo? Qui la risposta non e’ semplice. A parte che molto spesso, anche in vulcani che possiamo considerare spenti resta in profondita’ una camera magmatica sempre viva. In questo caso, si sospetta che ci siano delle risalite dagli strati bassi di magma, ma al momento non si puo’ affermare nulla con certezza su questo aspetto.

Concludendo, nel 2009 e’ stato scoperto un ulteriore vulcano sottomarino in Sicilia, di dimensioni assolutamente non trascurabili. In questi giorni, la notizia e’ ribalzata agli onori della cronaca, perche’, come pubblicato nei vari articoli scientifici, si e’ potuti arrivare alla conclusione che il vulcano sia un’unita’ indipendente e non una qualcosa direttamente legato all’Etna come si sopettava all’inizio. Questo vulcano non presenta al momento nessun segno di attivita’ in corso e questo preclude anche la possibilita’ di un’eruzione in tempi molto ravvicinati.

 

Psicosi 2012. Le risposte della scienza”, un libro di divulgazione della scienza accessibile a tutti e scritto per tutti. Matteo Martini, Armando Curcio Editore.

Vesuvio pronto ad esplodere

29 Nov

Ci risiamo, anche se si passa la maggior parte del tempo a formulare teorie catastrofiste sulla cometa ISON, ogni tanto una piccola parentesi piu’ terrena ci sta sempre bene. Cosa potremmo tirare fuori per spaventare un po’ di gente: semplice, un evergreen del catastrofismo, il Vesuvio!

Cosa significa?

In questi giorni il web sta letteralmente esplodendo con decine di articoli che parlano del Vesuvio. Attenzione, in che senso ne parlano? L’eruzione del Vesuvio sarebbe prossima, si trattera’ di un’eruzione letteralmente esplosiva con addirittura un milione di morti in 15 minuti.

Chi lo dice?

La fonte iniziale, come riportato da molti siti, sarebbe il professor Flavio Dobran, esperto di vulcani e docente della “New York University”.

A questo punto voi direte: ok, la solita bufala con un professore inventato di un’universita’ che non esiste o, in alternativa, un ricercatore indipendente al servizio di chissa’ quale testata inutile.

Mi dispiace deludervi ma il prof. Dobran esiste veramente ed e’ veramente un esperto di vulcani.

A questo punto, credo sia il caso di passare attraverso questa notizia e vederci chiaro.

Come potete leggere da molti siti, Dobran avrebbe studiato la storia geologica di molti vulcani sulla Terra per cercare di simularne il comportamento futuro. Da questa analisi sono venuti fuori risultati molto interessanti per il nostro Vesuvio. In particolare, sempre secondo questo modello, il Vesuvio avrebbe un comportamento ciclico alternando eruzioni di lieve e forte intensita’. Sempre secondo questi calcoli, e considerando che Dobran e’ anche un esperto di fluidodinamica, sarebbe stato possibile prevedere anche la dinamica dell’eruzione violenta, che sarebbe la prossima. La caldera sotto il vulcano raggiungerebbe fortissime pressioni con temperature molto elevate. Questo comporterebbe, da un’analisi del substrato attuale, la formazione di una sorta di pentola a pressione sprovvista di valvola di sfogo. L’aumentare delle pressioni porterebbero ad un certo istante ad una rottura completa del cono vulcanico provocandone dunque l’esplosione.

Ora, ragioniamo su quanto detto: modello di comportamento di un vulcano. Vi dice niente questa frase? L’analisi condotta dallo scienziato e’ assolutamente seria e va presa in considerazione. In che modo? Lo studio dinamico dei fluidi interni del Vesuvio hanno permesso di determinare una struttura in grado di reggere pressioni molto alte. Se vogliamo dirlo in termini semplici, la differenza principale tra il Vesuvio e l’Etna e’ proprio questa. Se, da un lato, l’Etna e’ una sorta di colabrodo che erutta in continuazione in modo lieve, dall’altra il Vesuvio tiene tutto all’interno arrivando, prima o poi, ad un punto di rottura completo con una violenta eruzione.

A parte lo studio completo e assolutamente degno di nota, al solito, i catastrofisti hanno preso solo la parte secondo loro interessante o meglio manipolabile cioe’: l’esplosione conseguente alla pressione e le alte temperature prodotte.

Questi aspetti sono noti da tempo e ne avevamo gia’ parlato in un articolo specifico:

Cosa succede in Campania?

In particolare, avevamo gia’ fatto anche tutti i confronti mostrando, in un altro articolo, il diverso comportamento di altri vulani nostrani come il gia’ citato Etna e lo Stromboli:

Due parole sull’Etna e sullo Stromboli

Ora, quando dovrebbe avvenire questa eruzione? E’ possibile che sia prossima?

La risposta alla prima domanda e’ “non lo sappiamo”, la seconda invece e’ “assolutamente no”. Attenzione pero’, se non sappiamo quando avverra’ l’eruzione, come possiamo dire che non sara’ a breve?

Anche qui, basta ragionare con la testa per capire dov’e’ la verita’. Lo studio di Dobran non consente assolutamente di determinare il momento dell’eruzione ma solo come questa avverra’. Ora pero’, come detto in precedenza, la dinamica precedente all’esplosione presenterebbe dei movimenti caratteristici assolutamente ben identificabili. Immaginate la caldera del vulcano che va in forte pressione, cosa succederebbe all’esterno? Sicuramente questo provocherebbe una serie di terremoti di intensita’ crescente. Inoltre, ci sarebbero fenomeni di innalzamento del terreno assolutamente non trascurabili.

Sono presenti oggi questi fenomeni?

Assolutamente no. Oggi sentiamo parlare di attivita’ sismica sul Vesuvio e movimenti del terreno che si alza e si abbassa. Anche se simili, questi non sono assolutamente segnali precursori dell’esplosione ma conseguenze della normale attivita’ del vulcano, sempre presente. Come visto, le intensita’ dei fenomeni precursori sarebbero estremamente piu’ intense e assolutamente non confondibili con quelle standard.

Allora possiamo stare tranquilli?

Anche qui, come detto nei precedenti articoli, mi permetto di dissentire. Anche se oggi non siamo in procinto dell’eruzione, sapiamo che, prima o poi, questa ci sara’. Bene, dovremmo sfruttare questi momenti per predisporre piani di sicurezza, mettere in sicurezza la zona, definire zone rosse, ecc. Tutte attivita’ che, quando l’emergenza scattera’, potrebbero essere in grado di salvare molte vite. Ad oggi, anche se qualcosa si sta muovendo, le attivita’ in corso sono sempre troppo poche. Complice la crisi e, permettetemi, anche la mentalita’ locale, siamo abituati a non preoccuparci di qualcosa fino a che questo qualcosa non diviene un’emergenza. Come potete facilmente immaginare, questo approccio e’ fallimentare. Perche’ aspettare di piangere i morti quando, oggi, potremmo fare in modo che la conta sia molto ridotta?

 

”Psicosi 2012. Le risposte della scienza”, un libro di divulgazione della scienza accessibile a tutti e scritto per tutti. Matteo Martini, Armando Curcio Editore.

Ancora sulla Terra che ribolle

22 Lug

Visto che e’ un argomento che interessa molto, torno per un breve aggiornamento sulla faccenda della terra che ribolle in Emilia Romagna. Come visto in questi articoli:

Ad un anno dal sisma, la terra ribolle in Emilia

Ultime news sulla terra che ribolle a Mantova

in due comuni dell’Emilia si erano registrati dei fenomeni di fuoriuscita di gas dal terreno, accompagnate da un rumore come di ribollimento sotto la superficie.

Nei post precedenti, avevamo mostrato non solo le nostre considerazioni, ma anche i risultati preliminari sull’emissione di gas. Come evidenziato piu’ volte, questo genere di fenomeni possono essere prodotti da tante cause, molte naturali, e, al contrario di quanto vorrebbero farvi credere in rete, non preannunciano assolutamente un terremoto in arrivo.

Nei post precedenti, diverse volte ci siamo chiesti come mai ci volesse tutto questo tempo per portare risultati definitivi e oggettivi di un campione di terreno. Proprio in questi giorni, e’ stato mostrato il perche’. Purtroppo, la risposta al questito non viene certo da incapacita’ nell’effettuare analisi, bensi’ nella solita mancanza di fondi alal ricerca italiana.

Andiamo con ordine.

Alessandro Favia, un consigliere regionale del Movimento 5 stelle, avrebbe prelevato un campione di terreno e lo avrebbe fatto analizzare autonomamente. In un articolo scritto sul suo blog:

Favia analisi terra

dice che i risultati, ripeto condotti su un campione di fango, mostrano la presenza di idrocarburi nel terreno, oltre a concentrazioni elevatissime di acido butirrico.

Cosa significa questo?

Non vorrei sembrare il solito malpensante, ma scrivere un articolo del genere non significa assolutamente nulla. Dal punto di vista scientifico, si dovrebbe prima di tutto spiegare come e dove e’ stato raccolto il campione di terreno. Inoltre, dire “quantita’ elevate” di qualcosa non significa nulla. Nelle scienze, tanto o poco non hanno senso, tutto deve essere accompagnato da numeri. Dal momento che ci sono state analisi, perche’ non vengono mostrati i risultati?

Nonostante questa mia considerazione personale, andiamo oltre. Il fatto di avere idrocarburi non significa nulla. Quali idrocarburi? In che quantita’? Dal momento che diverse volte Favia si e’ schierato contro la fratturazione idraulica e le perforazioni in generale, non vorrei che il suo fosse un messaggio per spingere l’opinione pubblica verso l’idea di una perforazione in corso. Ovviamente, anche qui ci siamo schierati contro il fracking, mostrando le notevoli pecche attuali di questa tecnica e la richiesta di maggiori studi in campo scientifico prima di un utilizzo massiccio. La mia non vuole essere un’accusa verso questa iniziativa molto lodevole del consigliere, solo che per poter discutere servono numeri.

Personalmente, anche la presenza di acido butirrico mi sembra alquanto strana. Nell’articolo si parla di quantita’ molto elevate. Ma elevate quanto? L’acido butirrico ha tra le sue proprieta’ quella di avere un odore pestilenziale e nauseabondo. Come potete leggere nell’articolo di wikipedia:

Wikipedia Acido Butirrico

questo acido viene prodotto nella fermentazione di alcuni formaggi. A causa del suo odore, un riversamento di questa sostanza nel terreno sarebbe “percepibile” anche a distanza elevata.

Ritornando all’articolo, vorrei invece parlare dei commenti che trovate in fondo. Come potete leggere, nella discussione e’ intervenuta anche Fedora Quattrocchi, una dirigente di ricerca tecnologa dell’INGV. Come spiegato nel suo commento, il motivo del ritardo nel conoscere i risultati delle analisi e’ dovuto al fatto che, molto spesso, le iniziative di questo tipo nello studio di fenomeni del genere vengono fatte su base volontaria. La dr.ssa Quattrocchi e’ responsabile di un gruppo di ricerca composto principalmente di precari, molto spesso pagati per condurre ricerche esterne. Proprio per questo motivo, le analisi di questo tipo possono essere condotte solo durante il tempo libero.

Come detto sempre nel commento, la priorita’ dell’INGV, aggiungo io giustamente, era quella di creare una rete sismica affidabile e che consentisse di monitorare e registrate tutti i terremoti nel nostro territorio. Ora, la rete e’ abbastanza completa e la stessa Quattrocchi auspica che in futuro maggiore attenzione verra’ posta nello studio delle emissioni dal terreno. Come sappiamo, anche se non e’ quello di Mantova il caso, queste emissioni potrebbero essere importanti anche per capire meglio i precursori sismici o comunque per aiutare ad avere un quadro piu’ completo della dinamica prima, durante e dopo un sisma.

Sempre nel commento, impariamo anche un’altra cosa molto curiosa. L’ARPA, cioe’ l’agenzia regionale per la protezione dell’ambiente, non e’ tenuta a contattare l’INGV qualora venisse a conoscenza di emissioni di fluidi e gas dal terreno. In tal senso, l’ARPA si puo’ limitare a fare un sopralluogo prendendo atto delle emissioni, ma senza contattare gli esperti dell’INGV. Analogamente, anche le compagnie petrolifere, che ovviamente conducono studi e molto spesso hanno esperti sismologi interni, non sono assolutamente tenute per legge a condividere i loro risultati con l’INGV.

Personalmente, trovo queste evidenze una notevole falla o mancanza legislativa. Nel momento in cui esiste un istituto nazionale che si occupa di questi fenomeni, mi sembrerebbe d’obbligo che altri enti condividano con questo istituto evidenze, informazioni o analisi.

Concludendo, abbiamo finalmente capito perche’ c’e’ tutto questo ritardo per conoscere i risultati delle analisi sulla terra che ribolle. Le analisi indipendenti, fatte da un consigliere regionale, mostrerebbero, il condizionale e’ dobbligo vista la non condivisione dei risultati, valori elevati di idrocarburi e acido butirrico nel terreno della zona. Come abbiamo visto, la mancanza di fondi e la mancanza di condivisione delle informazioni non regolamentata a livello legislativo, rendono il lavoro del nostro INGV molto difficile. Speriamo che prima o poi la situazione si sblocchi, anche perche’ molto spesso abbiamo parlato di prevenzione e studi necessari come unica arma per comprendere e anticipare i terremoti.

 

Psicosi 2012. Le risposte della scienza”, un libro di divulgazione della scienza accessibile a tutti e scritto per tutti. Matteo Martini, Armando Curcio Editore.

Prossimi terremoti secondo la statistica

27 Set

In questi giorni, si sta diffondendo in rete una nuova notizia secondo la quale la probabilita’ di un forte terremoto in Italia nei prossimi anni sarebbe molto alta. Come potete facilmente immaginare, questa nuova informazione viene al solito utilizzata per aumentare la paura in prossimita’ del 21 Dicembre e, piu’ in generale, per sfruttare la psicosi attuale su questo genere di fenomeni.

In questo stesso blog, abbiamo piu’ volte chiamato in causa la statistica per analizzare il fenomeno dei terremoti, concentrandoci principalmente sullo studio degli eventi passati. Come ribadito piu’ volte, allo stato attuale non esistono precursori sismici per prevedere, anche a breve termine, un terremoto. La statistica puo’ pero’ aiutarci a capire gli andamenti nel tempo di questi fenomeni, per tracciare mappe di pericolosita’ e per confutare l’ipotesi catastrofista che vorrebbe un aumento progressivo dei terremoti in vista del 21 Dicembre.

I post principali in cui abbiamo parlato di terremoti e statistica sono:

Analisi statistica dei terremoti

Riassunto sui terremoti

Dati falsi sui terremoti

Terremoti, basta chiacchiere. Parliamo di numeri

Nella notizia in questione, invece, la statistica e’ stata utilizzata per dare una previsione indicativa della probabilita’ dei prossimi eventi.

Prima di qualsiasi considerazione, analizziamo la notizia.

Come riportato da diversi siti, dall’analisi degli eventi passati, ad oggi (settembre 2012) la probabilita’ che si verifichi in Italia un terremoto di magnitudo superiore a M6.5 sarebbe, in funzione degli anni:

– 15% entro i prossimi 5 anni

– 33% entro i prossimi 10 anni

– 68% entro i prossimi 20 anni

Cosa significa questo? Semplicemente che abbiamo una probabilita’ del 68% che si possa verificare in Italia un terremoto superiore a M6.5 nei prossimi 20 anni.

Sempre in questa notizia, se a 20 anni da oggi, non si e’ verificato nessun evento di questo tipo, allora le probabilita’ per gli anni successivi sarebbero:

– 30% per i successivi 5 anni

– 52% per i successivi 10 anni

– 87% per i successivi 20 anni

Riassumendo, se partendo da oggi, nei prossimi 20 anni non ci sara’ nessun evento superiore a M6.5, allora la probabilita’ che questo possa accadere nei successivi 20 anni e’ ben dell’87%!

Effettivamente questi numeri fanno riflettere. Se ci pensiamo da oggi a 40 anni, abbiamo quasi il 90% delle probabilita’ che si possa verificare un terremoto di grande intensita’ in Italia.

Purtroppo, questi numeri sono reali. Prima di saltare sulla sedia pero’, cerchiamo di capire come vengono ricavati.

Ovviamente in questo blog non vogliamo fare terrorismo psicologico ne tantomeno nascondere dati importanti. Il nostro scopo e’ analizzare scientificamente notizie di questo tipo per cercare di capire a fondo le basi e le eventuali conseguenze.

Partiamo dalla prima tabella, cioe’ quella, partendo da oggi, di avere un terremoto dopo un certo numero di anni.

Per ricavare questi numeri, dobbiamo analizzare storicamente, in media, ogni quanti anni, in Italia, si verificano eventi di questo tipo. Per trovare questa informazione potete consultare anche le pagine di wikipedia:

Terremoti in Italia nel XX secolo

Terremoti in Italia nel XXI secolo

Come potete facilmente verificare, ci sono stati 5 eventi di magnitudo superiore a M6.5 in un periodo di circa 100 anni. Tradotto in numeri, possiamo dire che, in media, si verifica un evento di questo tipo ogni 20 anni circa.

Senza entrare nello specifico, per fare analisi di questo tipo si costruisce un istogramma con tutti gli eventi e si va a misurare la larghezza della distribuzione, ricavando quella che viene detta deviazione standard. Nel nostro caso, possiamo utilizzare, senza commettere grossolani errori, direttamente la media degli eventi.

Cosa significa la “media” in questo caso? Semplicemente che, appunto, “in media” ogni 20 anni si verifica un terremoto di questo tipo. Come sapete bene, la statistica dice 20 anni, ma potrebbero essere 10 come 30 e la cosa non ci turberebbe. Quant’e’ la probabilita’ che l’evento si verifichi dopo un periodo pari alla sua media? Appunto del 68%, che e’ il valore che trovate sulla prima tabella. Analogamente, dopo un tempo pari a meta’ della media (10 anni), la probabilita’ e’ del 52%.

Ora cerchiamo invece di verificare i dati della seconda tabella. Sappiamo che, in media, c’e’ un terremoto di questo tipo ogni 20 anni. Supponendo che in 20 anni da adesso non si verifichino eventi, qual’e’ la probabilita’ che possa accadere negli anni successivi?

In questo caso, non e’ piu’ sufficiente l’analisi della media degli eventi, ma si deve ricorrere ad una probabilita’ combinata. In questo blog, non vogliamo riportare formule o teoremi, ma vogliamo comprendere il risultato semplicemente ragionando, in modo da dare un spiegazione chiara per tutti.

Facciamo un esempio diverso. Supponiamo di comprare un frigorifero, proprio per fare esempi concreti e comprensibili, e che in media questo funzioni senza rotture per 5 anni. Possiamo essere sfortunati e buttare il frigo dopo 1 anno cosi’ come non avere guasti per 20 anni. Nel nostro caso, non stiamo parlando di fortuna, ma stiamo utilizzando la statistica per studiare questo problema. Se dopo 5 anni, il frigo funziona perfettamente, quant’e’ la probabilita’ che si rompa nei successivi anni? Questa e’ la probabilita’ combinata, detta anche, neanche a farlo apposta, “probabilita’ di sopravvivenza”. Ovviamente, se per 5 anni non e’ successo nulla, la probabilita’ di subire un guasto aumenta progressivamente al trascorrere degli anni.

Nel caso dei terremoti, il calcolo fatto e’ analogo. In media ce n’e’ uno ogni 20 anni. Se per 20 anni non e’ accaduto, la probabilita’ che un evento di questo tipo possa verificarsi aumenta di anno in anno. I dati della seconda tabella sono proprio ricavati studiando le probabilita’ di sopravvivenza del fenomeno.

Ovviamente parlare di un terremoto di forte intensita’ e’ diverso dal parlare del frigorifero di casa, ma il calcolo statistico delle probabilita’ e’ del tutto analogo. Se sapete che il frigo dura in media 5 anni e dopo 10 anni ancora e’ perfettamente funzionante, vi sentite ovviamente fortunati, ma sapete che un guasto potrebbe arrivare da un momento all’altro. In particolare, la probabilita’ che si guasti entro 5 anni dopo i primi 5 anni e’ del 87%. Esattamente lo stesso numero che abbiamo visto nella tabella dei terremoti.

Come vedete, quella che viene tanto pubblicizzata come una spada di Damocle sulla nostra testa, altro non e’ che un semplice calcolo statistico.

Mappa del rischio sismico espressa in funzione dell’accelerazione

A questo punto pero’, prima di concludere, facciamo qualche importante considerazione statistica. I terremoti possono essere analizzati statisticamente, ma ovviamente non stiamo parlando di dadi. Questo per dire che il fenomeno non e’ completamente aleatorio ma dipende da moltissimi fattori geologici. Se in media c’e’ un forte terremoto ogni 20 anni, non significa assolutamente che dopo 20 anni ne dobbiamo aspettare uno. Parlare poi dell’Italia nel suo insieme non serve a nulla. Come potete vedere dalle mappe di rischio sismico, ciascuna zona ha una sua morfologia e una sua storia diversa.

Utilizzare la statistica sui terremoti, ci consente di fare importanti considerazioni su questo fenomeno, ma assolutamente non ci permette di prevedere eventi futuri. La natura geologica del fenomeno, non ci consente di fare previsioni statistiche inconfutabili nel tempo.

Anche in questo caso, si sono presi dei dati scientifici, senza comprenderli a fondo, con il solo scopo di aumentare il terrore nelle persone. Purtroppo la disinformazione e il solito business economico, fanno si che si tenda a pubblicare notizie non veritiere con il solo scopo di mantenere alto il livello di guardia e quindi per incrementare visite su siti e giornali catastrofisti.

Purtroppo, anche in questo caso, ragionare sul problema e sui dati che vengono presentati e’ l’unico modo per non cadere nelle innumerevoli trappole che troviamo nei diversi mezzi di informazione. Per analizzare scientificamente eventi sempre attuali e troppo spesso strumentalizzati, non perdete in libreria “Psicosi 2012. Le risposte della scienza”.

 

 

Nuvole Sismiche

29 Lug

In diversi post abbiamo parlato della possibilita’ o meno di prevedere per tempo i terremoti:

Emilia 13-16 Luglio: un po’ di statistica

Riassunto sui Terremoti

Innalzamento dei pozzi in Emilia prima del sisma

Purtroppo, come detto, alla stato attuale non esiste un metodo scientificamente provato per prevedere intensita’ ed epicentro di un terremoto. Gli unici studi che ci possono dare un’indicazione del rischio sismico sono basati su metodi statistici, fatti prendendo in considerazione studi geologici dei terreni e storia sismica della zona.

Vogliamo tornare su questo argomento, per parlare dei cosidetti “precursori sismici”. Con questo termine si indicano tutti quegli eventi che, in teoria, potrebbero accadere “prima” del terremoto e dare in questo modo un’indicazione precisa dell’imminente scossa. In questo blog abbiamo gia’ visto alcuni eventi considerati da alcuni come precursori dei terremoti: vulcanelli, innalzamento del livello di falda, ecc. Come spiegato pero’, questi non sono dei precursori del sisma, bensi’ delle conseguenze dello stesso.

A livello scientifico, c’e’ invece una discussione in corso su alcuni fenomeni di natura elettromagnetica e meteorologica che potrebbero indicare l’imminenza di un forte terremoto. Cercando sulla rete, potete trovare decine di siti che parlano di: lampi globulari, colonne di fuoco che vengono sprogionate dalla Terra, globi di luce orbitanti a bassa quota, ecc. Al solito, su queste discussioni, verita’ scientifiche e leggende si mescolano insieme creando un “effetto confusione” in cui e’ difficile distinguere cosa c’e’ di giusto dalle bufale.

Prima di parlare di precursori sismici, permettiamoci una riflessione. Individuare un evento caratteristico antecedente al terremoto non e’ facile. La maggior parte di questi fenomeni avvengono in tempi brevissimi e in zone estremamente limitate. Per questo motivo, spesso ci si deve affidare alle testimonianze dirette delle persone piuttosto che a dati scientifici. Come potete ben immaginare, distinguere testimonianze veritiere da racconti non e’ sempre facile. Inoltre, prima di annunciare un sisma di forte intensita’, bisogna averne la certezza assoluta. Immaginate uno scenario del genere: viene fatto l’annuncio che nel giro di 15 minuti ci sara’ un forte terremoto in una grande citta’ come Roma, Napoli o Milano. Provate ad immaginare il caos creato da questa affermazione. Si rischia di avere piu’ morti nell’evacuazione di emergenza che a causa del terremoto. E se poi la notizia si rivelasse infondata? E se invece avessimo sbagliato l’epicentro e questo fosse, ad esempio, a 50 Km di distanza dove non abbiamo fatto evacuare?

Ovviamente non sto nascondendo nessuna informazione vitale alla popolazione. Questo ragionamento ci fa solo capire che prima di poter annunciare un evento del genere si deve avere la certezza assoluta di quello che stiamo facendo.

Tornando ai precursori sismici, come detto in precedenza, gli studi principali sono legati ai cambiamenti elettromagnetici del terreno e a fenomeni ad essi legati. Come sappiamo i terremoti sono causati dai movimenti della crosta terrestre. Il lento movimento delle placche crea un accumulo di energia nelle linee di faglia, energia che ad un certo punto viene rilasciata generando i sismi. La compressione di alcune rocce, come ad esempio il quarzo, puo’ provocare fenomeni di piezoelettricita’, come avviene negli accendini per fare la scintilla. Inoltre, lo spostamento di rocce puo’ modificare o creare alcuni segnali elettromagnetici del terreno, provocando disturbi nelle telecomunicazioni o localmente al campo magnetico.

Questi fenomeni sono attualmente sotto studio da parte della comunita’ scientifica. Dal punto di vista tecnico, la difficolta’ principale di queste ricerche sta proprio nella non ripetibilita’ degli eventi. Inoltre, stiamo parlando di fenomeni non facilmente visualizzabili a meno di avere sotto mano una strumentazione per rivelarli.

Diverso e’ il caso delle cosidette “nubi sismiche”, cioe’ la formazione di particolari nuvole che indicherebbero l’insorgere di un forte terremoto. La teoria alla base di questi fenomeni e’ molto semplice: il vapore acqueo sotterraneo, sottoposto alle alte pressioni dovute alle placche in collisione, riesce ad arrivare in superificie in diversi punti. Fuoriuscito dal terreno, il vapore sale verso l’alto fino ad incontrare masse d’aria piu’ fredda che lo fanno condensare creando formazioni nuvolose. Secondo queste teorie, non solo la creazione di queste nubi indicherebbe il prossimo sisma, ma la struttura e la grandezza della nuvola darebbe indicazioni sull’epicentro e sull’intensita’ dell’imminente scossa.

Come visto, il meccanismo alla base e’ relativamente semplice ma, come sempre, cercando su web trovate indicazioni completamente diverse e fantasiose sulle nuvole che si formerebbero, si parla indistintamente di nuvole irridescenti, cirri trafilati, nubi bucate, ecc. Anche in questo caso siamo in presenza di ipotesi fantasiose.

Rivediamo il meccanismo di formazione che abbiamo presentato. Se la nuvola e’ creata dalla condensazione del vapore acqueo proveniente dal sottosuolo, ci saranno molecole d’acqua in sospensione nella struttura. Questo ci fa pensare ad eventuali fenomeni luminescenti come nel caso degli arcobaleni.

Un fenomeno del genere e’ stato ad esempio osservato in Cina prima del terremoto che ha colpito la regione di Sichuan. Alcuni testimoni hanno fotografato delle strane nuvole comparse qualche minuto prima del sisma:

La nuvola osservata a Sichuan in Cina prima del sisma

Da quanto detto, il meccanismo proposto e’ verosimile. L’effetto e’ la formazione di nubi con fenomeni di luminescenza. Come potete pero’ immaginare, questi fenomeni durano pochissimo tempo e non sono facilmente misurabili mediante strumenti. Inoltre, la loro osservazione dipende dalla posizione dell’osservatore e da quella dei raggi luminosi che devono essere scomposti per creare l’effetto arcobaleno.

In questo blog, abbiamo gia’ parlato di strane formazioni nuvolose apparse in diverse parti del mondo:

Una nuvola che fa pensare alla fine del mondo

Altra strana nube, questa volta in Giappone

Altra strana nube a Tulsa

ma in nessuno di questi casi si sono avuti fenomeni sismici. Come abbiamo visto, formazioni di questo tipo sono descritte e conosciute in meteorologia e la loro creazione non presenta nessuna unicita’ particolare.

Qualcuno potrebbe pero’ osservare che queste formazioni sono diverse da quelle di Sichuan e facilmente distinguibili. Questo e’ vero, ma, come forse ricorderete, in un altro post abbiamo descritto una nuvola simile a quella cinese:

Strano arcobaleno a Conca della Campania

In questo caso abbiamo visto come il fenomeno fosse riconducibile alle note “Nubi arcobaleno”, la cui formazione e’ studiata e capita in meteorologia. Nel caso campano, la nuvola e’ davvero simile a quella cinese, ma non e’ avvenuto nessun terremoto dopo la sua formazione. Questo significa che non esiste una correlazione esclusiva tra la formazione di nuvole arcobaleno e i terremoti.

Prima di concludere, vorrei ragionare anche su un ultimo punto. Per come avviene, la fuoriuscita di vapore ad alta pressione, non e’ sempre possibile. Come sappiamo l’epicentro dei terremoti puo’ essere supericiale ma anche a diversi kilometri di profondita’. In questi ultimi casi, non ‘e detto che il vapore possa arrivare fino in superificie. E se l’epicentro fosse in mare? In questo caso non avremmo assolutamente formazione di nuvole.

Queste considerazioni, ci mostrano la complessita’ di queste ricerche. Ovviamente sono in corso diversi programmi per lo studio dei precursori sismici. Ad oggi, non siamo ancora in grado di isolare e identificare un chiaro evento che possa allarmarci dell’imminente terremoto. E’ anche sbagliato considerare queste come “ricerche di frontiera”, come vengono descritte su alcuni siti. Il termine  di per se non e’ corretto. Tutte le ricerche scientifiche sono di frontiera, se si sapesse gia’ il risultato a cui si deve arrivare, non si tratterebbe di una ricerca scientifica.

Concludendo, ad oggi non conosciamo con certezza dei precursori sismici per la previsione di questi eventi. Tantissime ricerche sono in corso e forse un giorno potrebbero arrivare a dei risultati in gado di salvare tantissime vite umane. Tutte le strade sono aperte e vengono percorse senza nessun preconcetto e senza tener nascosto nessun risultato.

Distinguere tra verita’ e fantasia in discorsi di questo tipo non e’ mai semplice. Tante voci vengono mescolate con l’unico scopo di aumentare la confusione o creare psicosi colletive sulla fine del mondo. Per fare chiarezza su questi concetti, sempre attuali ed interessanti, non perdete in libreria Psicosi 2012. Le risposte della scienza.