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Noi dormiamo ma lo smartphone NO!

12 Mar

Torniamo ora a parlare un po’ di tecnologia. Come sapete, ormai, nel bene o nel male, la maggior parte delle persone possiede uno smartphone. Questi piccoli strumenti nascondono al loro interno una capacita’ di calcolo impressionante se paragonata con le ridotte dimensioni, ma soprattutto, per quelli non proprio giovanissimi, se paragonata con quella dei personal computer piu’ costosi che si potevano acquistare anche solo 10 anni fa. Da un lato, questo e’ impressionante ma anche completamente comprensibile. Come sapete, l’elettronica e le capacita’ di calcolo seguono leggi esponenziali di crescita, di riduzione del prezzo e delle dimensioni dei dispositivi e l’insieme di questi parametri fa si che, di volta in volta, esca un prodotto nuovo che faccia impallidire i suoi predecessori.

Ora pero’, quanti di quelli che utilizzano uno smartphone lo utilizzano a pieno delle sue capacita’? In verita’, credo io, davvero un numero esiguo di persone riesce a sfruttare a pieno le capacita’ del proprio telefono se non facendo andare in contemporanea diversi programmi richiedenti la rete internet.

Oltre a questo poi, c’e’ un altro aspetto da considerare. Mediamente, questi piccoli oggetti sono molto energivori e le loro batterie difficilmente durano anche solo una giornata se sfruttati a pieno. Conseguenza di questo e’ che tutte le notti dobbiamo ricaricare la batteria lasciando, come spesso accade, il telefono acceso con la connessione dati o wireless accesa. Durante questa fase di standby, anche se non del tutto, il nostro dispositivo e’ fermo e la sua enorme capacita’ di calcolo non viene sfruttata.

Perche’ faccio questo preambolo iniziale?

Molto semplice, in questi giorni, su diversi giornali, e’ stata lanciata una notizia che ha suscitato il mio interesse se non altro perche’ rilancia le problematiche appena discusse. Come avrete sicuramente letto, un team di ricercatori austriaci ha trovato, almeno da come raccontano i giornali, il modo di sfruttare questa potenza di calcolo per un nobile scopo. Questo gruppo di ricerca e’ coinvolto nello studio dei dati del database Simap, un enorme catalogo contenente al suo interno la struttura di tutte le proteine conosciute. Scopo di questa ricerca e’ quello di studiare le somiglianze tra le proteine con il fine ultimo, tra i tanti altri, di poter trovare cure per alcune delle malattie piu’ critiche che riguardano il genere umano. Gestire una mole di dati cosi’ impressionante non e’ affatto semplice e richiede una capacita’ di calcolo molto elevata. Ovviamente, una capacita’ di calcolo elevata significa un costo altrettanto elevato. Per farvi capire questa relazione, pensate che il costo computazionale aumenta con il quadrato del numero di proteine contenute nel database.

Come gestire una mole cosi’ elevata di dati con costi che non siano insostenibili?

Semplice, stando a quanto riporta la notizia sui giornali, e’ stata programmata una App, uno dei piccoli programmini che girano sui nostri smartphone, che consente di sfruttare lo smartphone per analizzare questi dati. Il nome della App e’ Power Sleep appunto perche’ si tratta di una normale sveglia che puo’ essere impostata all’ora in cui desideriamo alzarci. Al contrario di una normale sveglia, Power Sleep ha pero’ una funzione aggiuntiva. Prima di andare a dormire, mettete il vostro smartphone sotto carica lasciando la connessione WiFi accesa. Non appena la batteria avra’ raggiunto la carica completa, il telefono comunichera’ con un server centrale dando inizio al vero scopo del software. Il server invia paccheti da 1Mb che vengono analizzati dal processore dello smartphone. Il tempo richiesto per questa analisi e’ compreso tra 30 e 60 minuti a seconda della potenza di calcolo. Quando il processo e’ completato, il telefono invia il risultato al server e scarica un altro pacchetto da analizzare. Questa comunicazione dura fino a quando non arriva l’ora impostata per la sveglia e il telefono e’ di nuovo disponibile completamente per l’utente.

Detta in questo modo, sembra una scoperta rivoluzionaria che ci permettera’ di contribuire senza spendere un soldo alla ricerca scientifica.

Perche’ dico “sembra”?

Molto semplice, ovviamente si tratta di un’applicazione utilissima per lo scopo della ricerca scientifica in se, ma questo genere di applicazioni non sono assolutamente una novita’. Questo processo di analisi dei dati e’ quello che viene comunemente definito “calcolo distribuito”. Si tratta di un procedimento molto semplice in cui un processo principale viene diviso in tante parti assegnate a processori diversi che poi comunicheranno il loro singolo risultato ad un server centrale. Grazie al calcolo distribuito e’ possibile sfruttare una rete di computer, o smartphone come in questo caso, invece di investire cifre spropositate in una singola macchina in cui far girare l’intera analisi. Di esempi di questo tipo ce ne sono a bizzeffe anche indietro negli anni. Sicuramente tutti avrete sentito parlare del programma SETI@Home per la ricerca di vita extraterrestre nell’universo. In questo caso, si utilizzavano radiotelescopi per cercare segnali non naturali. L’enorme mole di dati veniva analizzata da chiunque decidesse di installare un piccolo software sul proprio computer per contribuire a questa ricerca.

Nel caso di Power Sleep, i ricercatori austriaci si sono affidati ad una societa’ che si occupa proprio di calcolo distribuito e si chiama BOINC. Vi riporto anche il link alla loro pagina italiana in cui compare, proprio in prima pagina, una descrizione sul funzionamento e sull’importanza del calcolo distribuito:

BOINC Italia

Come potete leggere, esistono decine di applicazioni per il calcolo distribuito gestite da BOINC e molte di queste riguardano proprio analisi scientifiche dei dati. Il perche’ di questo e’ facilmente comprensibile, le applicazioni scientifiche sono quelle che producono la maggior mole di dati e che richiederebbero super-computer sempre piu’ potenti per la loro analisi. Grazie a BOINC e al calcolo distribuito, e’ possibile sfruttare a titolo gratuito computer, smartphone e tablet privati per velocizzare il calcolo e risparmiare notevoli capitali che incidono fortemente sul costo della ricerca. Visto che lo abbiamo citato, BOINC nacque qualche anno fa proprio per gestire il progetto SETI@Home. Tra i programmi disponibili ora trovate ad esempio: LHC@Home per l’analisi dei dati del collisore LHC del CERN, Orbit@Home per l’analisi delle traiettorie degli asteroidi vicini alla Terra, Einstein@Home per la ricerca di onde gravitazionali e cosi’ via. Per una lista piu’ completa dei programmi scientifici di calcolo distribuito potete far riferimento alla pagina di Wikipedia che ne parla:

Wiki, esempi calcolo distribuito

Concludendo, al solito la notizia e’ stata data sui maggiori giornali con toni enfatici volti piu’ a impressionare che non ha mostrare l’importanza scientifica di applicazioni di questo tipo. Esempi di calcolo distribuito ce ne sono tantissimi e molti di questi sfruttano il servizio BOINC per dialogare con gli utenti che volontariamente decidono di sostenere un programma piuttosto che un altro. Power Sleep ha sicuramente un nobile scopo se pensiamo all’importanza del mantenimento del database Simap e per i risultati che ricerche di questo tipo dovrebbero portare per l’intero genere umano.

 

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Ancora sugli esopianeti

15 Ago

Come sapete, siamo soliti tornare su argomenti gia’ trattati, qualora su questi venissero richiesti dettagli aggiuntivi o, sopratutto, quando qualcosa di nuovo viene scoperto o introdotto.

Questa volta vogliamo tornare a parlare di esopianeti, su cui molto avevamo detto in questi articoli:

A caccia di vita sugli Esopianeti

Nuovi esopianeti. Questa volta ci siamo?

Esopianeti che non dovrebbero esserci

Perche’ torniamo a parlarne?

Perche’ tutti e due i motivi sopra indicati convergono su questo argomento. Prima di tutto, nella sezione:

Hai domande o dubbi?

e’ stato suggerito di parlare della presunta scoperta di un nuovo esopianeta che sembrerebbe poter essere il corpo extrasolare piu’ simile alla nostra Terra e poi perche’ ci sono anche delle novita’ di cui vorrei parlare.

Andiamo con ordine.

Come potete leggere, la richiesta era relativa all’esopianeta KOI-4742.01. Come giustamente detto, di questo pianeta si e’ avuta l’evidenza solo pochi giorni fa. Perche’ parlo di evidenza e non di scoperta? Usando un linguaggio piu’ simile a quello della fisica delle particelle, si parla di evidenza quando c’e’ il sospetto che potrebbe esserci un corpo in quella zona dell’universo che stiamo osservando, ma ancora non vi e’ la certezza. Per KOI-4742.01 la situazione e’ proprio questa. Come visto negli articoli precedenti, gli esopianeti vengono identificati con il metodo dei passaggi. Per prima cosa, si identifica la stella intorno ala quale potrebbe esserci un sistema stellare. Dopo di che, si osserva questa stella cercando di misurare le minime variazioni di luminosita’ che si hanno quando un pianeta gli passa davanti. Questo e’ il metodo utilizzato per identificare i pianeti fuori dal sistema solare. Come potete facilmente immaginare, si tratta di un metodo molto complicato basato su variazioni minime di luminosita’ percepite ad una distanza cosi’ lontana. Proprio per questo motivo, ruolo determinante in questa ricerca e’ sicuramente quello del telescopio. Strumenti sempre piu’ potenti e precisi, possono consentire di identificare pianeti sempre piu’ lontani e piccoli.

Perche’ parliamo tanto di esopianeti?

Come detto in passato, lo studio di questi corpi e’ di fondamentale importanza per cercare di capire dove si potrebbe essere sviluppata la vita. Qui non stiamo parlando di video fasulli di UFO che passano da qualche parte, ma di una seria ricerca scientifica volta ad identificare pianeti potenzialmente abitabili. Come detto diverse volte, vi ricordo che quando parliamo di vita, non intendiamo necessariamente omini verdi che parlano e girano su astronavi. Ogni qualsiasi forma di vita, dal batterio alla forma piu’ complessa, possono aiutarci a capire meglio la formazione del nostro universo e soprattutto in quali e quanti casi si possono formare le condizioni per ospitare la vita.

Cosa ha di speciale KOI-4742.01?

Come anticipato, si tratta del potenziale esopianeta piu’ simile alla Terra. Cosa significa? Al momento ci sono piu’ di 3500 potenziali esopianeti, di cui quasi 1000 certi e identificati. Volendo fare una ricerca per trovare zone potenzialmente abitabili, di quali parametri terremo conto? Detto in altri termini, come possiamo dire se un pianeta e’ adatto o no per ospitare la vita?

Negli articoli precedenti, avevamo parlato di “zona di abitabilita’”, intendo quella fascia di distanze dalla stella centrale in grado di assicurare la formazione di acqua sul pianeta e delle temperature, diciamo, decenti, cioe’ non troppo calde ne’ troppo fredde.

Per poter procedere in modo sistematico e scientifico, e’ stato introdotto un indice matematico proprio per racchiudere queste caratteristiche. Come indicato nel commento da cui siamo partiti, si tratta del cosiddetto ESI, cioe’ “indice di similarita’ alla Terra”. Come funziona? Volendo utilizzare una terapia d’urto, vi faccio vedere la formula che definisce l’ESI:

esi_formula

Non spaventatevi, altro non e’ che il prodotto di probabilita’ ottenuto mettendo insieme 4 fattori: il raggio del pianeta, la densita’ interna, la velocita’ di fuga (indicatore della gravita’ sul pianeta) e la temperatura media della superficie. Ogni parametro viene confrontato con quelli della Terra e pesato in modo diverso. In tal senso, per la potenziale formazione della vita, si considera la temperatura superficiale piu’ importante del raggio e cosi’ via. Mettendo i parametri nella formula, ottenete una valore compreso tra 0 e 1, dove 1 indica qualcosa identico alla nostra Terra.

KOI-4742.01 ha un ESI pari a 0,91 ed e’, qualora venisse confermato, l’esopianeta piu’ simile alla Terra trovato fino a questo punto. Prima di questo, il primo posto in classifica spettava a Kepler-62e, con un ESI pari a 0,83. Per essere precisi, dobbiamo dire che il primo posto in classifica spetta ancora a Kepler-62e, dal momento che KOI-4742.01 non e’, come detto in precedenza, stato ancora confermato. Allo stesso modo, esistono anche altri esopianeti non confermati che potrebbero avere un ESI maggiore di 0,83, anche se minore di quello di KOI-4742.01.

Il sito piu’ completo e aggiornato con tutte le recenti scoperte e con tantissime informazioni su questo tipo di ricerche e’ senza dubbio quello del PHL, cioe’ Planet Habitability Laboratory, gestito dall’universita’ di Porto Rico:

PHL site

Come potete vedere, qui trovate tantissime informazioni sulla ricerca in corso di esopianeti, insieme anche al catalogo aggiornato sia dei corpi identificati che di quelli sospetti:

PHL, database

Nell’immagine che segue, trovate poi la classifica dei pianeti con ESI maggiore gia’ confermati:

Classifica degli esopianeti confermati con ESI maggiore

Classifica degli esopianeti confermati con ESI maggiore

Prima di concludere, vorrei darvi qualche informazione aggiuntiva. Come potete vedere sul sito del PHL, gli esopianeti vengono anche classificati in base alla loro tipologia: terrestre caldo, superterrestre, subterrestre, mercuriano, ecc. Questa identificazione viene data considerando la tipologia di pianeta, se roccioso o meno, la temperatura e la massa del pianeta. Per farvi un esempio, Kepler-62e e’ classificato di tipo superterrestre, avendo una massa di circa 3 volte e mezzo quella della Terra. Anche questa distinzione risulta molto importante per la classificazione dei pianeti in base alla loro possibilita’ di ospitare o meno la vita.

Proprio per questo motivo, capite bene che l’ESI e’ si un parametro molto importante ma non e’ l’unico utilizzato. Nella classificazione degli esopianeti, si tiene conto di 7 parametri definiti a partire dala nostra Terra. Oltre all’indice di similarita’, si tiene conto della posizione, se in fascia abitabile o meno, dell’abitabilita’ per piante e vegetazione complessa, che dipende anche dall’umidita’ oltre che dalla temperatura, della tipologia dell’interno del pianeta, oltre che alla densita’ inserita nell’ESI qui si tiene conto se il nucleo e’ ricco di ferro o no, e tanti altri parametri importanti per la vita.

Concludendo, la ricerca degfli esopianeti continua senza sosta e il database di corpi conosciuti fuori dal nostro sistema solare cresce senza sosta. Come sappiamo bene, uno degli scopi principali di questa ricerca e’ quello di determinare se su qualche pianeta esistono le condizioni per la formazione e lo sviluppo di forme di vita. A tal proposito, sono stati introdotti diversi indici per formalizzare e confrontare facilmente le caratteristiche degli esopianeti. Tra questi, ruolo determinante e’ quello dellESI, cioe’ l’indice di somiglianza alla Terra. Fate pero’ attenzione ad una cosa: se anche dovessimo trovare un pianeta del tutto simile alla Terra e con caratteristiche adatte alla vita, non significherebbe assolutamente che esiste la certezza di trovare vita su quel pianeta. Per questo, non resterebbe che andare a vedere con i nostri occhi!

 

Psicosi 2012. Le risposte della scienza”, un libro di divulgazione della scienza accessibile a tutti e scritto per tutti. Matteo Martini, Armando Curcio Editore.