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Flusso oscuro e grandi attrattori

28 Feb

Nella ormai celebre sezione:

Hai domande o dubbi?

in cui sono usciti fuori davvero gli argomenti piu’ disparati ma sempre contraddistinti da curiosita’ e voglia di discutere, una nostra cara lettrice ci ha chiesto maggiori lumi sul cosiddetto “dark flow” o flusso oscuro. Una richiesta del genere non puo’ che farci piacere, dal momento che ci permette di parlare nuovamente di scienza e, in particolare, di universo.

Prima di poterci addentrare in questo argomento scientifico ma, anche a livello di ricerca, poco conosciuto, e’ necessario fare una piccolissima premessa iniziale che serve per riprendere in mano concetti sicuramente conosciuti ma su cui spesso non si riflette abbastanza.

Per iniziare la discussione, voglio mostrarvi una foto:

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Quello che vedete non e’ un semplice libro, ma uno dei tre volumi che compongono il Philosophiae Naturalis Principia Mathematica o, tradotto in italiano, “I principi naturali della filosofia naturale”. Quest’opera e’ stata pubblicata il 5 luglio 1687 da Isaac Newton.

Perche’ e’ cosi’ importante questa opera?

Questi tre volumi sono considerati l trattato piu’ importante del pensiero scientifico. Prima di tutto, contengono la dinamica formulata da Newton che per primo ha posto le basi per lo studio delle cause del moto ma, soprattutto, perche’ contengono quella che oggi e’ nota come “Teoria della Gravitazione Universale”.

Sicuramente, tutti avrete sentito parlare della gravitazione di Newton riferita al famoso episodio della mela che si stacco’ dall’albero e cadde sulla testa del celebre scienziato. Come racconta la leggenda, da questo insignificante episodio, Newton capi’ l’esistenza della forza di gravita’ e da qui la sua estensione all’universo. Se vogliamo pero’ essere precisi, Newton non venne folgorato sulla via di Damasco dalla mela che cadeva, ma questo episodio fu quello che fece scattare la molla nella testa di un Newton che gia’ da tempo studiava questo tipo di interazioni.

Volendo essere brevi, la teoria della gravitazione di Newton afferma che nello spazio ogni punto materiale attrae ogni altro punto materiale con una forza che e’ proporzionale al prodotto delle loro masse e inversamente proporzionale al quadrato della loro distanza. In soldoni, esiste una forza solo attrattiva che si esercita tra ogni coppia di corpi dotati di massa e questa interazione e’ tanto maggiore quanto piu’ grandi sono le masse e diminuisce con il quadrato della loro distanza.

Semplice? Direi proprio di si, sia dal punto di vista fisico che matematico. Perche’ allora chiamare questa legge addirittura con l’aggettivo “universale”?

Se prendete la male di Newton che cade dall’albero, la Luna che ruota intorno alla Terra, la Terra che ruota intorno al Sole, il sistema solare che ruota intorno al centro della Galassia, tutti questi fenomeni, che avvengono su scale completamente diverse, avvengono proprio grazie unicamente alla forza di gravita’. Credo che questo assunto sia sufficiente a far capire l’universalita’ di questa legge.

Bene, sulla base di questo, l’interazione che regola l’equilibrio delle masse nell’universo e’ dunque la forza di gravita’. Tutto quello che vediamo e’ solo una conseguenza della sovrapposizione delle singole forze che avvengono su ciascuna coppia di masse.

Detto questo, torniamo all’argomento principale del post. Cosa sarebbe il “flusso oscuro”? Detto molto semplicemente, si tratta del movimento a grande velocita’ di alcune galassie in una direzione ben precisa, situata tra le costellazioni del Centauro e della Vela. Questo movimento direzionale avviene con velocita’ dell’ordine di 900 Km al secondo e sembrerebbe tirare le galassie in un punto ben preciso al di fuori di quello che definiamo universo osservabile.

Aspettate, che significa che qualcosa tira le galassie fuori dall’universo osservabile?

Per prima cosa, dobbiamo definire cosa significa “universo osservabile”. Come sappiamo, l’universo si sta espandendo e se lo osserviamo da Terra siamo in grado di vedere le immagini che arrivano a noi grazie al moto dei fotoni che, anche se si muovono alla velocita’ della luce, si spostano impiegando un certo tempo per percorrere delle distanze precise. Se sommiamo questi due effetti, dalla nostra posizione di osservazione, cioe’ la Terra, possiamo vedere solo quello che e’ contenuto entro una sfera con un raggio di 93 miliardi anni luce. Come potete capire, l’effetto dell’espansione provoca un aumento di quello che possiamo osservare. Se l’universo ha 14.7 miliardi di anni, ci si potrebbe aspettare di poter vedere dalla terra la luce partita 14.7 miliardi di anni fa, cioe’ fino ad una distanza di 14.7 miliardi di anni luce. In realta’, come detto, il fatto che l’universo sia in continua espansione fa si che quello che vediamo oggi non si trova piu’ in quella posizione, ma si e’ spostato a causa dell’espansione. Altro aspetto importante, la definizione di sfera osservabile e’ vera per ogni punto dell’universo, non solo per quella sfera centrata sulla Terra che rappresenta cquello che noi possiamo vedere.

Bene, dunque si sarebbe osservato un flusso di alcune galassie verso un punto preciso fuori dall’universo osservabile. Proprio dal fatto che questo flusso e’ all’esterno del nostro universo osservabile, si e’ chiamato questo movimento con l’aggettivo oscuro.

Aspettate un attimo pero’, se le galassie sono tirate verso un punto ben preciso, cos’e’ che provoca questo movimento? Riprendendo l’introduzione sulla forza di gravitazione, se le galassie, che sono oggetti massivi, sono tirate verso un punto, significa che c’e’ una massa che sta esercitando una forza. Poiche’ la forza di gravitazione si esercita mutuamente tra i corpi, questo qualcosa deve anche essere molto massivo.

Prima di capire di cosa potrebbe trattarsi, e’ importante spiegare come questo flusso oscuro e’ stato individuato.

Secondo le teorie cosmologiche riconosciute, e come spesso si dice, l’universo sarebbe omogeneo e isotropo cioe’ sarebbe uguale in media in qualsiasi direzione lo guardiamo. Detto in altri termini, non esiste una direzione privilegiata, almeno su grandi scale, in cui ci sarebbero effetti diversi. Sempre su grandi scale, non esisterebbe neanche un movimento preciso verso una direzione ma l’isotropia produrrebbe moti casuali in tutte le direzioni.

Gia’ nel 1973 pero’, si osservo’ un movimento particolare di alcune galassie in una direzione precisa. In altri termini, un’anomalia nell’espansione uniforme dell’universo. In questo caso, il punto di attrazione e’ all’interno del nostro universo osservabile e localizzato in prossimita’ del cosiddetto “ammasso del Regolo”, una zona di spazio dominata da un’alta concentrazione di galassie vecchie e massive. Questa prima anomalia gravitazionale viene chiamata “Grande Attrattore”. In questa immagine si vede appunto una porzione di universo osservabile da Terra ed in basso a destra trovate l’indicazione del Grande Attrattore:

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Questa prima anomalia dell’espansione venne osservata tramite quello che e’ definito lo spostamento verso il rosso. Cosa significa? Se osservate un oggetto che e’ in movimento, o meglio se esiste un movimento relativo tra l’osservatore e il bersaglio, la luce che arriva subisce uno spostamento della lunghezza d’onda dovuto al movimento stesso. Questo e’ dovuto all’effetto Doppler valido, ad esempio, anche per le onde sonore e di cui ci accorgiamo facilmente ascoltando il diverso suono di una sirena quando questa si avvicina o si allontana da noi.

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Bene, tornando alle onde luminose, se la sorgente si allontana, si osserva uno spostamento verso lunghezze d’onda piu’ alte, redshift, se si avvicina la lunghezza d’onda diminuisce, blueshift. Mediate questo semplice effetto, si sono potuti osservare molti aspetti del nostro universo e soprattutto i movimenti che avvengono.

Tornando al grnde attrattore, questa zona massiva verso cui si osserva un moto coerente delle galassie del gruppo e’ localizzato a circa 250 milioni di anni luce da noi nella direzione delle costellazioni dell’Hydra e del Centauro e avrebbe una massa di circa 5×10^15 masse solari, cioe’ 5 milioni di miliardi di volte il nostro Sole. Questa, come anticipato, e’ soltanto una anomalia dell’espansione dell’universo che ha creato una zona piu’ massiva in cui c’e’ una concentrazione di galassie che, sempre grazie alla gravita’, attraggono quello che hanno intorno.

Discorso diverso e’ invece quello del Dark Flow. Perche’? Prima di tutto, come detto, questo centro di massa si trova talmente lontano da essere al di fuori del nostro universo osservabile. Visto da Terra poi, la zona di spazio che crea il flusso oscuro si trova piu’ o meno nella stessa direzione del Grande Attrattore, ma molto piu’ lontana. Se per il Grande Attrattore possiamo ipotizzare, detto in modo improprio, un grumo di massa nell’universo omogeneo, il flusso oscuro sembrerebbe generato da una massa molto piu’ grande ed in grado anche di attrarre a se lo stesso Grande Attrattore.

Il flusso oscuro venne osservato per la prima volta nel 2000 e descritto poi a partire dal 2008 mediante misure di precisione su galassie lontane. In questo caso, l’identificazione del flusso e’ stata possibile sfruttando il cosiddetto effetto Sunyaev-Zel’dovich cioe’ la modificazione della temperatura dei fotoni della radiazione cosmica di fondo provocata dai raggi X emessi dalle galassie che si spostano. Sembra complicato, ma non lo e’.

Di radiazione di fondo, o CMB, abbiamo parlato in questi articoli:

Il primo vagito dell’universo

E parliamo di questo Big Bang

Come visto, si tratta di una radiazione presente in tutto l’universo residuo del Big Bang iniziale. Bene, lo spostamento coerente delle galassie produce raggi X, questi raggi X disturbano i fotoni della radiazione di fondo e noi da terra osservando queste variazioni ricostruiamo mappe dei movimenti delle Galassie. Proprio grazie a queste misure, a partire dal 2000, e’ stato osservato per la prima volta questo movimento coerente verso un punto al di fuori dell’universo osservabile.

Cosa potrebbe provocare il Flusso Oscuro? Bella domanda, la risposta non la sappiamo proprio perche’ questo punto, se esiste, come discuteremo tra un po’, e’ al di fuori del nostro universo osservabile. Di ipotesi a riguardo ne sono ovviamente state fatte una miriade a partire gia’ dalle prime osservazioni.

Inizialmente si era ipotizzato che il movimento potrebbe essere causato da un ammasso di materia oscura o energia oscura. Concetti di cui abbiamo parlato in questi post:

La materia oscura

Materia oscura intorno alla Terra?

Se il vuoto non e’ vuoto

Universo: foto da piccolo

Queste ipotesi sono pero’ state rigettate perche’ non si osserva la presenza di materia oscura nella direzione del Dark Flow e, come gia’ discusso, per l’energia oscura il modello prevede una distribuzione uniforme in tutto l’universo.

Cosi’ come per il Grande Attrattore, si potrebbe trattare di un qualche ammasso molto massivo in una zona non osservabile da Terra. Sulla base di questo, qualcuno, non tra gli scienziati, aveva ipotizzato che questo effetto fosse dovuto ad un altro universo confinante con il nostro e che provoca l’attrazione. Questa ipotesi non e’ realistica perche’ prima di tutto, la gravitazione e’ frutto dello spazio tempo proprio del nostro universo. Se anche prendessimo in considerazione la teoria dei Multiversi, cioe’ universi confinanti, l’evoluzione di questi sarebbe completamente diversa. Il flusso oscuro provoca effetti gravitazionali propri del nostro universo e dovuti all’attrazione gravitazionale. Il fatto che sia fuori dalla nostra sfera osservabile e’ solo dovuto ai concetti citati in precedenza figli dell’accelerazione dell’espansione.

Prima di tutto pero’, siamo cosi’ sicuri che questo Flusso Oscuro esista veramente?

Come anticipato, non c’e’ assolutamente la certezza e gli scienziati sono ancora fortemente divisi non solo sulle ipotesi, ma sull’esistenza stessa del Flusso Oscuro.

Per farvi capire la diatriba in corso, questo e’ il link all’articolo originale con cui si ipotizzava l’esistenza del Flusso Oscuro:

Dark Flow

Subito dopo pero’, e’ stato pubblicato un altro articolo che criticava questo sostenendo che i metodi di misura applicati non erano corretti:

Wright risposta al Dark Flow

Dopo di che, una lunga serie di articoli, conferme e smentite, sono stati pubblicati da tantissimi cosmologi. Questo per mostrare quanto controversa sia l’esistenza o meno di questo flusso oscuro di Galassie verso un determinato punto dell’universo.

Venendo ai giorni nostri, nel 2013 e’ stato pubblicato un articolo di analisi degli ultimi dati raccolti dal telescopio Planck. In questo paper viene nuovamente smentita l’esistenza del dark flow sulla base delle misure delle velocita’ effettuate nella regione di spazio in esame:

Planck, 2013

Dunque? Dark Flow definitivamente archiviato? Neanche per sogno. Un altro gruppo di cosmologi ha pubblicato questo ulteriore articolo:

Smentita alla smentita

in cui attacca i metodi statistici utilizzati nel primo articolo e propone un’analisi diversa dei dati da cui si mostra l’assoluta compatibilita’ di questi dati con quelli di un altro satellite, WMAP, da cui venne evidenziata l’esistenza del dark flow.

Credo che a questo punto, sia chiaro a tutti la forte discussione ancora in corso sull’esistenza o meno di questo Dark Flow. Come potete capire, e’ importante prima di tutto continuare le analisi dei dati e determinare se questo flusso sia o meno una realta’ del nostro universo. Fatto questo, e se il movimento venisse confermato, allora potremmo fare delle ipotesi sulla natura di questo punto di attrazione molto massivo e cercare di capire di cosa potrebbe trattarsi. Ovviamente, sempre che venisse confermata la sua esistenza, stiamo ragionando su qualcosa talmente lontano da noi da essere al di fuori della nostra sfera osservabile. Trattare questo argomento ci ha permesso prima di tutto di aprire una finestra scientifica su un argomento di forte e continua attualita’ per la comunita’ scientifica. Come sappiamo, trattando argomenti di questo tipo, non troviamo risposte certe perche’ gli studi sono ancora in corso e, cosi’ come deve avvenire, ci sono discussioni tra gli scienziati che propongono ipotesi, le smentiscono, ne discutono, ecc, come la vera scienza deve essere. Qualora ci fossero ulteriori novita’ a riguardo, ne parleremo in un futuro articolo.

 

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Come misurare distanza e velocita’ di una stella

16 Mag

Diverse volte ci siamo trovati a parlare di stelle e molto spesso abbiamo fatto riferimento alla loro distanza dalla Terra. Questo parametro e’ di fondamentale importanza in tantissime misure fisiche che vengono fatte e, ad esempio, quando abbiamo studiato il caso della WR104. La distanza tra noi e questa stella risultava determinante nell’analisi dell’eventuale Gamma Ray Burst che potrebbe investirci:

WR104: un fucile puntato verso la Terra?

Ora, nella sezione:

Hai domande o dubbi?

Un nostro caro lettore, ragionando su questo parametro, ha espresso un dubbio molto interessante. In particolare, la domanda fatta era mirata a capire come mai, eventualmente, lo spostamento verso il rosso delle stelle poteva essere simultaneamente utilizzato sia per misurare la distanza che lo spettro di una stella. Detto in termini matematici, come facciamo a ricavare due incognite da una sola equazione?

Cerchiamo di rispondere a questa domanda, spiegando anche cosa sarebbe questo spostamento verso il rosso, o redshift, ma soprattutto come vengono misurate le distanze in astronomia.

Questi concetti sono molto interessanti ed in genere trascurati in contesti divulgativi. Quando sentiamo parlare qualche astronomo, vengono tranquillamente citate distanze di anni luce da noi, senza pero’ far capire come sia possibile misurare questi parametri.

Andiamo con ordine, partendo proprio da questa prima riflessione. Come si misurano distanze cosi’ grandi, ma soprattutto distanze di oggetti che non possiamo toccare con mano?

La prima semplice tecnica e’ basata su misure di parallasse. Cosa significa? Per spiegare questo importante concetto, partiamo subito con un esempio. Supponente di guardare qualcosa distante da voi qualche metro. Potete proprio realizzare questo esperimento guardando gli oggettti che avete intorno. Bene, adesso scegliamo un oggetto piccolo o grande a piacere e facciamo un eperimento. Mettete un dito davanti ad i vostri occhi, distante appena l’apertura del braccio, guardando sempre l’oggetto scelto come campione. Bene se adesso chiudete prima un occhio e poi l’altro, vedete che l’oggetto sembra sposarsi a destra e sinistra rispetto al vostro dito.

Non c’e’ nulla di magico in questo, si tratta solo della sovrapposizione della vista dei vostri occhi che forma poi il campo visivo. Sfruttiamo questa caratteristica per calcolare geometricamente la distanza dell’oggetto. Se volete, siamo di fonte ad uno schema del genere:

Triangoli simili

Triangoli simili

Geometricamente, misurando un lato e gli angoli dei due triangoli simili, siamo in grado di ricavare l’altezza, dunque la distanza del corpo da noi.

Attenzione pero’, se provate a ripetere l’eperimento per oggetti sempre piu’ lontani, vi accorgete che la loro dimensione spaziale diventa sempre piu’ piccola. Questo e’ il problema nel cercare di misurare la distanza delle stelle. Si tratta di corpi molto grandi, ma posti ad una distanza tale da noi da impedirci di essere sensibili alla loro estensione spaziale. Prorpio per questo motivo, le stelle ci appaiono come punti luminosi in cielo.

Per farvi capire questo concetto, vi mostro un’immagine:

Come apparirebbe il Sole a diverse distanze

Come apparirebbe il Sole a diverse distanze

Il numero 1 indica l’estensione spaziale del Sole come lo vediamo dalla Terra. Nel punto 2, ecco come ci apparirebbe invece la nostra stella se la distanza con noi sarebbe pari a quella Giove-Terra. Ancora piu’ spinto e’ il caso dei disegni 3 e 4, in cui, in quest’ultimo, viene riportato come ci apparirebbe il Sole se questo fosse ad una distanza da noi pari a quella Terra-Proxima Centauri, cioe’ circa 4 anni luce.

Concentriamoci ancora un secondo su questo ultimo disegno. Il nostro Sole e’ una stella, cosi’ come ce ne sono tantissime nell’universo. Il fatto che il Sole ci appaia cosi’ grande mentre le stelle in cielo sono solo dei punti, e’ dunque solo legato alla distanza dal nostro pianeta.

Per corpi cosi’ distanti, non e’ piu’ sufficiente fare misure di parallasse con gli occhi, ma c’e’ bisogno di aumentare a dismisura la distanza tra le osservazioni. Prorpio per questo motivo, si sfrutta il movimento della Terra intorno al Sole, sfruttando quindi la nostra traiettoria come punti in cui estrapolare la parallasse:

Parallasse lungo l'orbita terrestre

Parallasse lungo l’orbita terrestre

Conoscendo l’asse dell’orbita terrestre, e’ dunque possibile ricavare l’altezza del triangolo, quindi la distanza della stella dalla Terra.

Ovviamente, per costruzione, questo metodo e’ applicabile solo fino ad una certa distanza, in genere fissata a 300 anni luce da noi. Oltre questo limite, i lati del triangolo di parallasse non sono piu’ distinguibili e non si riesce ad estrapolare il dato sulla distanza.

Dunque? Come misurare distanze maggiori?

Ora, arriviamo al gia’ citato “Spostamento verso il Rosso”. Per capire di cosa si tratta, facciamo un esempio semplice. Tutti avranno ascoltato una sirena che si dirige verso di noi. Bene, la frequenza percepita dal nostro orecchio, risulta diversa se l’oggetto si sta avvicinando o allontanando. Perche’ avviene questo? Semplicemente, come mostrato da questa figura:

Fronti d'onda di un corpo in movimento

Fronti d’onda di un corpo in movimento

Nei due versi, il numero di fronti d’onda sonori che ascoltiamo dipende dalla velocita’ della sorgente. Anche se sembra difficile, questo effetto e’ facilmente comprensibile. Proviamo con un altro esempio. Immaginate di essere sulla spiaggia e di contare il numero di creste di onda che arrivano sulla battigia in una unita’ di tempo. Questo parametro e’ molto piu’ simile di quello che immaginate al discorso del suono percepito. Ora, se entrate in acqua e andate incontro alle onde, sicuramente conterete piu’ creste d’onda rispetto al caso precedente. Situazione opposta si ha se vi allontanate. Bene questo e’ quello che si chiama Effetto Doppler.

Lo spostamente veso il rosso e’ una diretta conseguenza dell’effetto Doppler, ma non si parla di onde sonore, bensi’ di onde elettromagnetiche. Equivalentemente al caso della sirena, lo spettro luminoso di un corpo puo’ risultare spostato rispetto al normale se il corpo in questione si avvicina o si allontana. Si parla di redshift perche’ per un oggetto che si allontana da noi, il suo spettro sara’ piu’ spostato verso le basse frequenze.

Immaginate di avere una stella di un certo tipo di fronte a voi. Ora, se la stella si allontana, siamo in grado di misurare il suo spostamento verso il rosso, proprio partendo dallo spettro di altri corpi della stessa famiglia ma a distanza minore. Da questa misura potete dunque ottenere informazioni sulla velocita’ relativa con cui voi e la stella vi state allontanando. Questo importante risultato e’ noto come Legge di Hubble. Questa equazione lega proprio, attraverso una costante detta appunto di Hubble, lo spostamento verso il rosso della sorgente e la sua velocita’. Sempre attraverso la legge di Hubble, siamo poi in grado di ricavare la distanza della sorgente e dunque di estrapolare la distanza della stella dall’osservatore.

Notiamo prima di tutto una cosa, anche questo metodo ha un limite inferiore oltre il quale la distanza diviene  non misurabile, anche se in questo caso il limite e’ molto piu’ grande di quello ottenuto dalla parallasse.

Ritornando alla domanda iniziale, il metodo della parallasse ci consente di misurare distanze fino a qualche centinaio di anno luce da noi. Per distanze maggiori, ci viene in aiuto la legge di Hubble, attraverso la quale possiamo misurare non solo la distanza di un corpo lontano, ma anche la sua velocita’ di allontanamento da noi.

Inoltre, questa legge rappresenta un altro importante risultato a sostegno dell’ipotesi del Big Bang. Come visto in questo articolo:

E parliamo di questo Big Bang

il nostro universo e’ ancora in espansione e questo puo’ essere evidenziato molto bene dai risultati ottenuti mediante la legge di Hubble.

Concludendo, la misura delle distanze a cui si trovano le stelle rappresenta sicuramente un qualcosa di fondamentale negli studi del nostro universo. A tal proposito, abbiamo a disposizione diversi metodi e due di questi, parallasse e redshift, ci consentono, con limiti diversi, di poter estrapolare in modo indiretto questi valori. Oltre ad una mappa dei corpi a noi vicini, la legge di Hubble rappresenta un importante prova a sostegno dell’ipotesi del Big Bang. Ad oggi, il nostro universo e’ ancora in espansione e per questo motivo vediamo gli spettri spostati verso il rosso.

 

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