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Un vetro spesso solo due atomi

18 Set

Come sappiamo bene, la storia della ricerca e della scienza in generale e’ piena di scoperte avvenute in modo del tutto casuale. Spesso, queste scoperte si rivelano di fondamentale imporanza per l’uomo e quello che contribuisce ancora di piu’ alla notorieta’ della scoperta e’ la non intenzione di base di arrivare a questi risultati.

Perche’ avviene questo?

Non potendo dare una risposta provata, mi limitero’ ad esporre un mio personale pensiero. In questo caso, a mio avviso, quello che rende cosi’ affascinanti queste scoperte per i non addetti ai lavori e’ proprio la casualita’ della scoperta. Questi meccanismi rendono la ricerca scientifica piu’ umana e vicina alle persone comuni. Pensare ad uno sbadato scienziato che lascia i suoi campioni fuori posto o senza pulirli e poi, tornando il giorno dopo, trova la scoperta che lo rendera’ famoso, e’ qualcosa che avvicina molto i ricercatori alle persone comuni, tutte con le loro distrazioni, pensieri e cose piu’ “terrene” da fare.

Se ci pensiamo, la stessa cosa e’ avvenuta per Flemming con la scoperta della penicillina. Come sicuramente sapete, anche in questo caso, la scoperta fu del tutto fortuita. Lo scienziato lascio’ alcuni batteri su cui stava lavorando in una capsula di cultura e parti’ per una vacanza. Al suo ritorno si accorse che all’interno della capsula vi era una zona in cui i batteri non erano cresciuti ed in cui era presente una muffa. Proprio da questa muffa si arrivo’ poi, anche se in diversi passi nel corso del tempo e perfezionando i metodi di produzione, alla penicillina, quell’importante salvavita che tutti conosciamo. Se vogliamo, la bravura del ricercatore e’ nell’interpretare e nell’accorgersi di avere tra le mani qualcosa di importante e non un risultato sbagliato o della sporcizia lasciata per caso.

Perche’ ho fatto questo cappello introduttivo?

Come potete immaginare, vi voglio parlare di una scoperta fortuita, forse meno “vitale” della penicillina, ma sicuramente molto affascinante e con importanti risvolti per il futuro. Si tratta, come forse avrete letto su molti giornali, della produzione del vetro piu’ sottile al mondo, appena due atomi.

Andiamo con ordine, parlando proprio di come ‘e stata fatta questa scoperta.

Un team di scienziati stava lavorando alla produzione di fogli di grafene, una struttura atomica composta di carbonio, spessa appena un atomo, ma con importanti prorieta’ sia chimiche che meccaniche. La produzione di questo grafene era fatta utilizzando ovviamente atomi di carbonio ma anche fogli di quarzo utilizzati per la deposizione.

Osservazione al microscopio della zona impura del grafene

Osservazione al microscopio della zona impura del grafene

Osservando al microscopio uno di questi fogli, gli scienziati si sono accorti che in una piccola parte era presente una regione di colorazione diversa rispetto al resto. Proprio mediante l’osservazione al microscopio e’ stato possibile determinare che si trattava di una struttura diversa da quella del grafene e composta di Silicio e Ossigeno. Questa non era una struttura casuale, ma gli atomi erano disposti in modo ordinato e formavano un foglio spesso appena due atomi.

Caratterizzando la struttura del foglio, gli scienziati si sono accorti che quello che stavano osservando era un vetro. non un vetro qualsiasi, ma il piu’ sottile vetro mai realizzato.

Dov’e’ la casualita’ della scoperta?

Ovviamente, nel laboratorio si stava producendo grafene che, come detto, e’ composto da atomi di carbonio. Da dove sono usciti Silicio e Ossigeno per il vetro? La risposta e’ quantomai banale ma affascinante. Secondo i ricercatori, una fuga d’aria all’interno della camera di produzione ha causato l’ingresso dell’ossigino e la conseguente reazione con il rame e con il quarzo contenuto all’interno per la produzione di grafene. Risultato, in una piccola zona del grafene si e’ formato un sottilissimo strato di vetro comune.

Come anticipato, parliamo di una scoperta affascinante ma che sicuramente non puo’ combattere con quella della penicillina. Perche’ pero’ e’ importante dal punto di vista scientifico?

Per prima cosa, il fatto che si tratti del piu’ sottile vetro mai realizzato e’ stato certificato inserendo questa scoperta nel libro dei Guiness dei Primati.

Oltre a questo, tornando invece a parlare di scienza, la struttura del vetro non e’ molto facile da capire. Come sapete, questo puo’ allo stesso tempo essere considerato sia un liquido che un solido. Detto questo, se si osserva un vetro al microscopio, non si riesce a distinguere bene la sua struttura atomica. Nella struttura amorfa della sostanza, si evidenziano sottoinsiemi disordinati di atomi, senza poter descrivere in dettaglio il posizionamento ed i legami che intercorrono tra di essi.

Nel caso dl vetro di cui stiamo parlando invece, proprio lo spessore cosi’ ridotto consente di poter distinguere chiaramente la posizione dei diversi atomi e quindi di avere una mappa delle posizioni di Ossigeno e Silicio. Come potete immaginare, dal punto di vista scientifico questa evidenza e’ di fondamentale importanza per poter classificare e comprendere a fondo i materiali amorfi a cui anche il vetro appartiene.

Oltre a questo, sempre gli scienziati coinvolti nella ricerca si sono accorti che la struttura ottenuta era molto simile a quella ipotizzata ben 80 anni prima, nel 1932, dal fisico norvegese Zachariasen. Costui dedico’ gran parte della sua carriera allo studio dei vetri e proprio nel 1932 pubblico’ l’articolo “The atomic Arrangement in Glass”. In questo articolo Zachariasen inseri’ alcuni suoi schemi relativi al posizionamento degli atomi all’interno del vetro. Come potete immaginre, si trattava di disegni ottenuti da considerazioni scientifiche personali. Bene, a distanza di oltre 80 anni, e’ stato possibile osservare direttamente la struttura del vetro e confermare le supposizoni fatte da Zachariasen.

Se vogliamo, fino a questo punto abbiamo mostrato il fascino della scoperta. La prossima domanda che potrebbe invece venire in mente e’: cosa ci facciamo con questo vetro?

Dal punto di vista applicativo, questa scoperta potrebbe avere negli anni a venire importanti ripercussioni su diversi campi. Per prima cosa, un vetro cosi’ sottile e’ praticamente privo di impurezze. Questo lo rende particolarmente appetibile per applicazioni di precisione su scala micrometrica, dove una minima variazione della struttura potrebbe comportare errori sistematici non prevedibili.

Inoltre, strutture come questa ottenuta, sono importantissime per la realizzazione di sistemi elettronici miniaturizzati. Anche qui, la purezza e’ uno dei requisiti fondamentali richiesti. Oltre a questa, un vetro cosi’ sottile puo’ essere pensato per applicazioni di microtrasmissione dei segnali, fondamentali, ad esempio, nei transistor.

Grazie a questa scoperta, possiamo dunque pensare di avere un metodo di produzione per spessori infinitesimali. I risultati di questa produzione potrebbero essere utilizzati per aprire la strada ad una miniaturtizzazione ancora piu’ spinta dei dispositivi elettroni che trovano largo uso in tantissimi “gadget” tecnologici che ci portiamo dietro.

Concludendo, la scoperta del vetro piu’ sottile al mondo e’ avvenuta quasi per caso. Dico “quasi” perche’ ovviamente stiamo parlando di scienziati seri e che erano impegnati su lavori molto importanti e di chiara importanza. Durante questi studi, si e’ evideniata la formazione fortuita di una zona vetrosa composta da ossigeno e silicio. Come visto nell’articolo, questa scoperta potrebbe avere importanti ripercussioni su tantissimi settori diversi che vanno dalla microelettronica, alla tramissione dei segnali, fino anche, perche’ no, ad applicazioni di fisica delle alte energie per lo studio e la realizzazione di rivelatori sempre piu’ innovativi.

 

Psicosi 2012. Le risposte della scienza”, un libro di divulgazione della scienza accessibile a tutti e scritto per tutti. Matteo Martini, Armando Curcio Editore.

Parmitano e l’acqua nel casco

27 Ago

Come forse avrete letto dai giornali, il 16 Luglio scorso ci sono stati alcuni problemi durante la seconda “passeggiata spaziale” per il nostro astronauto Parmitano che si trova sulla Stazione Spaziale Internazionale. La notizia e’ passata un po’ in sordina, complice anche il periodo estivo, e anche sui giornali che ne hanno parlato, il discorso e’ stato un po’ fumoso e poco specifico.

Cosa e’ successo?

Facciamo un breve riassunto. Il 16 Luglio era prevista una seconda EVA, che sta per Attivita’ Extra-Veicolare (quella che normalmente chiamiamo passeggiata spaziale), di 6 ore per fare dei lavori straordinari all’esterno della ISS. I lavori prevedevano la preparazione della stazione per accogliere, entro la fine dell’anno, un nuovo modulo russo che dovrebbe essere connesso alla ISS.

Alla EVA hanno partecipato Parmitano e Chris Cassidy, astronauta americano di grande esperienza con alle spalle ben 7 passeggiate. Qualche decina di minuti dopo l’inizio dei lavori, il nostro astronauta ha avvisato il centro di controllo NASA di Houston, che stava seguendo tutte le manovre da terra, di sentire dell’acqua vicino al collo. Inizialmente, gli esperti NASA hanno pensato ad un’eccessiva sudorazione, causata anche dalla fatica e dallo stress. Dopo qualche altro minuto, Parmitano ha pero’ comunicato che l’acqua continuava ad aumentare e stava diventando un problema.

Ora, tenete conto che siamo in assenza di gravita’, condizione per cui l’acqua e’ si in forma liquida, perche’ all’interno della tuta pressurizzata, ma e’ tenuta insieme solo dalla tensione superficiale. In questa condizione, il liquido si presenta come delle gocce piu’ o meno grandi che fluttuano all’interno del casco dell’astronauta.

La presenza di acqua che continuava ad aumentare, cominciava ad entrare nel naso e negli occhi di Parmitano, rendendo la respirazione difficile e la visibilita’ compromessa. Questa situazione ha fatto scattare l’allarme al centro controllo di Houston che ovviamente ha ordinato subito il rientro all’interno della ISS, dopo circa 90 minuti dall’inizio delle operazioni.

Parmitano ha raccontato questi momenti di paura, ma non ha mai perso la calma e la mente lucida. Come potete immaginare, gli astronauti sono addestrati per poter gestire situazioni anche difficili senza perdere il controllo. In caso contrario, un eccessivo allarmismo potrebbe causare conseguenze molto gravi.

Parmitano aiutato da Cassidy e seguendo il cavo che lo teneva legato alla ISS e’ riuscito a rientrare all’interno in pochi minuti dove c’erano ad accoglierlo gli altri occupanti della ISS che hanno pressurizzato la zona di ingresso e lo hanno aiutato a togliere il casco. Come riportato dal comunicato NASA, l’astronauta stava bene anche se molto stanco, e aveva all’interno del casco circa mezzo litro di acqua.

Ragionando ora, sapendo che tutto e’ andato bene, sembra veramente assurdo rischiare di morire affogati nello spazio. Proprio questo e’ stato infatti il rischio corso da Parmitano. I molti giornali che hanno riportato la notizia, non hanno pero’ risposto ad una domanda, se vogliamo, scontata, da dove proveniva quell’acqua?

Come prima ipotesi, i tecnici NASA hanno pensato che provenisse dal cosiddetto “drink pack”, cioe’ un serbatoio di acqua potabile munito di cannuccia nel casco e che serve per idratare gli astronauti durante le EVA. Questa ipotesi e’ stata pero’ smentita dallo stesso Parmitano che, nelle prime fasi dell’incidente, ha assaggiato un goccia di questo liquido, comunicando che non si trattava di acqua potabile.

Dunque?

Per poter rispondere alla domanda, e’ necessario vedere come e’ fatta una tuta spaziale moderna. Questo e’ uno schema illustrato delle varie parti:

Tuta spaziale usata durante le EVA

Tuta spaziale usata durante le EVA

Ovviamente, la tuta e’ munita di tantissimi strumenti sia scientifici che di diagnostica per controllare lo stato dell’astronauta. In tal senso, troviamo un dosimetro, una telecamera, una valvola di regolazione della temperatura interna, la radio, il controllo dell’ossigeno, un sistema elettrocardiografico per controllare le funzioni cardiache dell’astronauta, ecc. Con un totale di circa 10 strati diversi.

Come vedete, il serbatoio di acqua potabile e’ posizionato vicino al casco. Questa ipotesi e’ pero’ stata smentita da Parmitano durante le prime fasi dell’incidente. Nella tuta e’ presente anche un “pannolone” super assorbente detto MAG. Non c’e’ ovviamente nulla di strano nella presenza di questo accessorio se pensiamo che, come nel caso dell’incidente, la EVA prevista era di ben 6 ore all’esterno della ISS. Ovviamente, e’ da escludere anche che il liquido presente nel casco fosse urina, dal momento che il sistema di drenaggio e’ in grado di assorbire volumi molto maggiori di quelli normalmente espulsi da un astronauta.

Fate pero’ attenzione ad un particolare, nell’immagine della tuta vedete che e’ presente una calzamaglia refrigerante. Questo sistema e’ presente per mantenere una temperatura confortevole all’interno. Come sapete, l’escursione passando da una zona verso il Sole ad una in ombra puo’ normalmente superare i 100 gradi, mentre la temperatura all’interno deve rimanere confortevole per l’astronauta. Poiche’ nello spazio, essenzialmente nel vuoto, lo scambio di calore non puo’ avvenire con convezione, un sistema di tubicini fa scorrere l’acqua intorno al corpo estraendo calore. Il liquido refrigerante viene poi convogliato al Primary Life Support System situato sulla vita, che altro non e’ che uno scambiatore di calore.

La zona del casco da cui Parmitano ha sentito inizialmente il liquido.

La zona del casco da cui Parmitano ha sentito inizialmente il liquido.

Come riportato sia da Parmitano che dalla NASA, il liquido presente nella tuta dell’astronauta proveniva proprio dal sistema refrigerante. Purtroppo, ancora oggi, non e’ nota la posizione esatta della perdita. Ovviamente, la tuta in questione non viene piu’ utilizzata. Nell’immagine di fianco, trovate anche una foto della zona del casco da cui Parmitano ha sentito per la prima volta fluire liquido. L’immagine e’ stata postata su twitter da un altro astronauta presente nella ISS, Douglas H. Wheelock.

Fortunatamente, l’incidente non ha avuto conseguenze per il nostro astronauta. Una situazione di questo tipo non si era mai verificata durante un EVA, per cui sono stati aggiornati anche i rischi possibili durante le passeggiate spaziali. Credo che il modo migliore per concludere questo articolo, sia riportare fedelmente le parole dello stesso Parmitano scritte subito dopo il suo incidente:

Lo Spazio è una frontiera, dura e inospitale, in cui noi siamo ancora degli esploratori e non dei coloni. La bravura dei nostri ingegneri, e la tecnologia che abbiamo a disposizione, fa sembrare semplici cose che non lo sono, e a volte forse lo dimentichiamo.

Meglio non dimenticare.

 

Psicosi 2012. Le risposte della scienza”, un libro di divulgazione della scienza accessibile a tutti e scritto per tutti. Matteo Martini, Armando Curcio Editore.

I buchi neri che … evaporano

16 Ago

Uno degli aspetti che da sempre fa discutere e creare complottismi su LHC, e’ di sicuro la possibilita’ di creare mini buchi neri. Questa teoria nasce prendendo in considerazione le alte energie in gioco all’interno del collissore del CERN e la possibilita’ che nello scontro quark-quark possa venire a crearsi una singolarita’ simile a quella dei buchi neri.

Se avete perso i precedenti articoli, di LHC abbiamo parlato in questi post:

2012, fine del mondo e LHC

Bosone di Higgs … ma che sarebbe?

Sia ben chiaro, la storia dei buchi neri non e’ la sola creata su LHC. Il CERN ogni giorno riceve lettere che chiedono la chiusura dell’esperimento per il pericolo che questo rappresenta per l’intera terra. Diverse volte il CERN e’ anche stato chiamato in giudizio a fronte di vere e proprie denuncie di pseudo scienziati che lo accusavano farneticando teorie senza capo ne’ coda. Come potete immaginare, tutte le volte le accuse sono state rigettate e non solo LHC il prossimo anno ripartira’, ma a gia’ fornito risultati fisici di prim’ordine.

Perche’ si discute tanto di buchi neri? Qui ognuno puo’ formulare la propria ipotesi. Io ho una mia idea. Parlare di buchi neri, e’ qualcosa che da sempre stimola la curiosita’ e il timore delle persone. Un buco nero e’ visto come qualcosa di misterioso che vive nel nostro universo con caratteristiche uniche nel suo genere: mangia tutto cio’ che gli capita a tiro senza far uscire nulla. L’idea di poter avere un mostro del genere qui sulla terra, scatena gli animi piu’ catastrofisti pensando a qualcosa che nel giro di qualche minuto sarebbe in grado di divorare Ginevra, la Svizzera, il mondo intero.

Come anticipato, LHC e’ ora in stato di fermo. Si sta lavorando incessantemente per migliorare i rivelatori che vi operano al fine di ottenere risultati sempre piu’ accurati e affidabili. Alla ripartenza, avendo ormai preso piu’ confidenza con la macchina, si pensa anche di poter aumentare l’energia del centro di massa, cioe’ quella a disposizione per creare nuove particelle, portandola da 7 a 10 TeV. Come e’ ovvio, questa notizia non poteva che riaccendere gli animi catastrofisti. Al momento non si e’ creato nessun buco nero perche’ l’energia era troppo bassa, gli scienziati stanno giocando con il fuoco e porteranno alla distruzione della Terra. Queste sono le argomentazioni che cominciate a leggere in rete e che non potranno che riaumentare avvicinandoci al momento della ripartenza.

Se anche dovesse formarsi un mini buco nero, perche’ gli scienziati sono tanto sicuri che non accadra’ nulla? Come sapete, si parla di evaporazione dei buchi neri. Una “strana” teoria formulata dal fisico inglese Stephen Hawking ma che, almeno da quello che leggete, non e’ mai stata verificata, si tratta solo di un’idea e andrebbe anche in conflitto con la meccanica quantistica e la relativita’. Queste sono le argomentazioni che leggete. Trovate uno straccio di articolo a sostegno? Assolutamente no, ma, leggendo queste notizie, il cosiddetto uomo di strada, non addetto ai lavori, potrebbe lasciarsi convincere che stiamo accendendo una miccia, pensando che forse si spegnera’ da sola.

Date queste premesse, credo sia il caso di affrontare il discorso dell’evaporazione dei buchi neri. Purtroppo, si tratta di teorie abbastanza complicate e che richiedono molti concetti fisici. Cercheremo di mantenere un profilo divulgativo al massimo, spesso con esempi forzati e astrazioni. Cio’ nonostante, parleremo chiaramente dello stato dell’arte, senza nascondere nulla ma solo mostrando risultati accertati.

Cominciamo proprio dalle basi parlando di buchi neri. La domanda principale che viene fatta e’ la seguente: se un buco nero non lascia sfuggire nulla dal suo interno, ne’ particelle ne’ radiazione, come potrebbe evaporare, cioe’ emettere qualcosa verso l’esterno? Questa e’ un’ottima domanda, e per rispondere dobbiamo capire meglio come e’ fatto un buco nero.

Secondo la teoria della relativita’, un buco nero sarebbe un oggetto estremamente denso e dotato di una gravita’ molto elevata. Questa intensa forza di richiamo non permette a nulla, nemmeno alla luce, di sfuggire al buco nero. Essendo pero’ un oggetto molto denso e compatto, questa forza e’ estremamente concentrata e localizzata. Immaginatelo un po’ come un buco molto profondo creato nello spazio tempo, cioe’ una sorta di inghiottitoio. La linea di confine tra la singolarita’ e l’esterno e’ quello che viene definito l’orizzonte degli eventi. Per capire questo concetto, immaginate l’orizzonte degli eventi come una cascata molto ripida che si apre lungo un torrente. Un pesce potra’ scendere e risalire il fiume senza problemi finche’ e’ lontano dalla cascata. In prossimita’ del confine, cioe’ dell’orizzonte degli eventi, la forza che lo trascina giu’ e’ talmente forte che il pesce non potra’ piu’ risalire e verra’ inghiottito.

Bene, questo e’ piu’ o meno il perche’ dal buco nero non esce nulla, nemmeno la luce. Dunque? Come possiamo dire che il buco nero evapora in queste condizioni?

La teoria dell’evaporazione, si basa sulle proprieta’ del vuoto. Come visto in questo articolo:

Se il vuoto non e’ vuoto

nella fisica, quello che immaginiamo come vuoto, e’ un continuo manifestarsi di coppie virtuali particella-antiparticella che vivono un tempo brevissimo e poi si riannichilano scomparendo. Come visto nell’articolo, non stiamo parlando di idee campate in aria, ma di teorie fisiche dimostrabili. L’effetto Casimir, dimostrato sperimentalmente e analizzato nell’articolo citato, e’ uno degli esempi.

Ora, anche in prossimita’ del buco nero si creeranno coppie di particelle e questo e’ altresi’ possibile quasi in prossimita’ dell’orizzonte degli eventi. Bene, ragioniamo su questo caso specifico. Qualora venisse creata una coppia di particelle virtuali molto vicino alla singolarita’, e’ possibile che una delle due particelle venga assorbita perche’ troppo vicina all’orizzonte degli eventi. In questo caso, la singola particella rimasta diviene, grazie al principio di indeterminazione di Heisenberg, una particella reale. Cosa succede al buco nero? Nei testi divulgativi spesso leggete che il buco nero assorbe una particella con energia negativa e dunque diminuisce la sua. Cosa significa energia negativa? Dal vuoto vengono create due particelle. Per forza di cose queste avranno sottratto un po’ di energia dal vuoto che dunque rimarra’ in deficit. Se ora una delle due particelle virtuali e’ persa, l’altra non puo’ che rimanere come particella reale. E il deficit chi lo paga? Ovviamente il buco nero, che e’ l’unico soggetto in zona in grado di pagare il debito. In soldoni dunque, e’ come se il buco nero assorbisse una particella di energia negativa e quindi diminuisse la sua. Cosa succede alla particella, ormai reale, rimasta? Questa, trovandosi oltre l’orizzonte degli eventi puo’ sfuggire sotto forma di radiazione. Questo processo e’ quello che si definisce evaporazione del buco nero.

Cosa non torna in questo ragionamento?

Il problema principale e’, come si dice in fisica, che questo processo violerebbe l’unitarieta’. Per le basi della meccanica quantistica, un qualunque sistema in evoluzione conserva sempre l’informazione circa lo stato inziale. Cosa significa? In ogni stato e’ sempre contenuta l’indicazione tramite la quale e’ possibile determinare con certezza lo stato precedente. Nel caso dei buchi neri che evaporano, ci troviamo una radiazione termica povera di informazione, creata dal vuoto, e che quindi non porta informazione.

Proprio da questa assunzione nascono le teorie che potete leggere in giro circa il fatto che l’evaporazione non sarebbe in accordo con la meccanica quantistica. Queste argomentazioni, hanno fatto discutere anche i fisici per lungo tempo, cioe’ da quando Hawking ha proposto la teoria. Sia ben chiaro, la cosa non dovrebbe sorprendere. Parlando di buchi neri, stiamo ragionando su oggetti molto complicati e per i quali potrebbero valere  leggi modificate rispetto a quelle che conosciamo.

Nonostante questo, ad oggi, la soluzione al problema e’ stata almeno “indicata”. Nel campo della fisica, si racconta anche di una famosa scommessa tra Hawking e Preskill, un altro fisico teorico del Caltech. Hawking sosteneva che la sua teoria fosse giusta e che i buchi neri violassero l’unitarieta’, mentre Perskill era un fervido sostenitore della inviolabilita dei principi primi della meccanica quantistica.

La soluzione del rebus e’ stata indicata, anche se ancora non confermata, come vedremo in seguito, chiamando in causa le cosiddette teorie di nuova fisica. Come sapete, la teoria candidata a risolvere il problema della quantizzazione della gravita’ e’ quella delle stringhe, compatibile anche con quella delle brane. Secondo questi assunti, le particelle elementari non sarebbero puntiformi ma oggetti con un’estensione spaziale noti appunto come stringhe. In questo caso, il buco nero non sarebbe piu’ una singolarita’ puntiforme, ma avrebbe un’estensione interna molto piu’ complessa. Questa estensione permette pero’ all’informazione di uscire, facendo conservare l’unitarieta’. Detto in altri termini, togliendo la singolarita’, nel momento in cui il buco nero evapora, questo fornisce ancora un’indicazione sul suo stato precedente.

Lo studio dei buchi neri all’interno della teoria delle stringhe ha portato al cosiddetto principio olografico, secondo il quale la gravita’ sarebbe una manifestazione di una teoria quantistica che vive in un numero minore di dimensioni. Esattamente come avviene in un ologramma. Come sapete, guardando un ologramma, riuscite a percepire un oggetto tridimensionale ma che in realta’ e’ dato da un immagine a 2 sole dimensioni. Bene, la gravita’ funzionerebbe in questo modo: la vera forza e’ una teoria quantistica che vive in un numero ridotto di dimensioni, manifestabili, tra l’altro, all’interno del buco nero. All’esterno, con un numero di dimensioni maggiori, questa teoria ci apparirebbe come quella che chiamiamo gravita’. Il principio non e’ assolutamente campato in aria e permetterebbe anche di unificare agevolmente la gravita’ alle altre forze fondamentali, separate dopo il big bang man mano che l’universo si raffreddava.

Seguendo il ragionamento, capite bene il punto in cui siamo arrivati. Concepire i buchi neri in questo modo non violerebbe assolutamente nessun principio primo della fisica. Con un colpo solo si e’ riusciti a mettere insieme: la meccanica quantistica, la relativita’ generale, il principio di indeterminazione di Heisenberg, le proprieta’ del vuoto e la termodinamica studiando la radiazione termica ed estendendo il secondo principio ai buchi neri.

Attenzione, in tutta questa storia c’e’ un pero’. E’ vero, abbiamo messo insieme tante cose, ma ci stiamo affidando ad una radiazione che non abbiamo mai visto e alla teoria delle stringhe o delle brance che al momento non e’ confermata. Dunque? Quanto sostenuto dai catastrofisti e’ vero? Gli scienziati rischiano di distruggere il mondo basandosi su calcoli su pezzi di carta?

Assolutamente no.

Anche se non direttamente sui buchi neri, la radiazione di Hawking e’ stata osservata in laboratorio. Un gruppo di fisici italiani ha osservato una radiazione paragonabile a quella dell’evaporazione ricreando un orizzonte degli eventi analogo a quello dei buchi neri. Come visto fin qui, l’elemento fondamentale del gioco, non e’ il buco nero, bensi’ la curvatura della singolarita’ offerta dalla gravita’. Bene, per ricreare un orizzonte degli eventi, basta studiare le proprieta’ ottiche di alcuni materiali, in particolare il loro indice di rifrazione, cioe’ il parametro che determina il rallentamento della radiazione elettromagnetica quando questa attraversa un mezzo.

Nell’esperimento, si e’ utilizzato un potente fascio laser infrarosso, in grado di generare impulsi cortissimi, dell’ordine dei miliardesimi di metro, ma con intensita’ miliardi di volte maggiore della radiazione solare. Sparando questo fascio su pezzi di vetro, il punto in cui la radiazione colpisce il mezzo si comporta esattamente come l’orizzonte degli eventi del buco nero, creando una singolarita’ dalla quale la luce presente nell’intorno non riesce ad uscire. In laboratorio si e’ dunque osservata una radiazione con una lunghezza d’onda del tutto paragonabile con quella che ci si aspetterebbe dalla teoria di Hawking, tra 850 e 900 nm.

Dunque? Tutto confermato? Se proprio vogliamo essere pignoli, no. Come visto, nel caso del buco nero gioca un ruolo determinante la gravita’ generata dal corpo. In laboratorio invece, la singolarita’ e’ stata creata otticamente. Ovviamente, mancano ancora degli studi su questi punti, ma l’aver ottenuto una radiazione con la stessa lunghezza d’onda predetta dalla teoria di Hawking e in un punto in cui si genera un orizzonte degli eventi simile a quello del buco nero, non puo’ che farci sperare che la teoria sia giusta.

Concludendo, l’evaporazione dei buchi neri e’ una teoria molto complessa e che richiama concetti molto importanti della fisica. Come visto, le teorie di nuova fisica formulate in questi anni, hanno consentito di indicare la strada probabile per risolvere le iniziali incompatibilita’. Anche se in condizioni diverse, studi di laboratorio hanno dimostrato la probabile esistenza della radiazione di Hawking, risultati che confermerebbero l’esistenza della radiazione e dunque la possibilita’ dell’evaporazione. Ovviamente, siamo di fronte a teorie in parte non ancora dimostrate ma solo ipotizzate. I risultati ottenuti fino a questo punto, ci fanno capire pero’ che la strada indicata potrebbe essere giusta.

Vorrei chiudere con un pensiero. Se, a questo punto, ancora pensate che potrebbero essere tutte fantasie e che un buco nero si potrebbe creare e distruggere la Terra, vi faccio notare che qui parliamo di teorie scientifiche, con basi solide e dimostrate, e che stanno ottenendo le prime conferme da esperimenti diretti. Quando leggete le teorie catastrofiste in rete, su quali basi si fondano? Quali articoli vengono portati a sostegno? Ci sono esperimenti di laboratorio, anche preliminari ed in condizioni diverse, che potrebbero confermare quanto affermato dai catastrofisti?

 

Psicosi 2012. Le risposte della scienza”, un libro di divulgazione della scienza accessibile a tutti e scritto per tutti. Matteo Martini, Armando Curcio Editore.

E basta con questi meteoriti!

18 Mag

Che significa “e basta con questi meteoriti!”? Se i meteoriti ci sono, ci sono, non possiamo certo pensare di interrompere questo fenomeno del tutto naturale, conosciuto e da sempre studiato. Il mio “basta” e’ piu’ che altro uno sfogo. Basta con tutta questa speculazione da parte di siti internet, telegiornali, carta stampata. Anche i piu’ insospettabili giornali nazionali hanno capito che cavalcare il catastrofismo fa vendere di piu’. Attenzione pero’, magari oggi venderete piu’ giornali, ma domani la cosa vi si potrebbe ritorcere contro!

Che significa?

Andiamo con ordine. Di meteoriti, ne abbiamo parlato in tantissimi post, ma per spiegare come avvengono questi fenomeni, la loro natura, provenienza, origine e fine. Ora, cos’altro e’ accaduto?

Prendiamo la cosa alla larga. Tutti sanno che la superificie della Luna e’ praticamente un campo minato, pieno di crateri provocati dall’impatto di oggetti spaziali che si sono scontrati con il nostro satellite nel corso di secoli. Questi eventi sono molto interessanti ed importanti per la ricerca scientifica, perche’ ci consentono di utilizzare la nostra Luna un po’ come un rivelatore. Mi spiego meglio. Durante il suo moto intorno al Sole, la Terra passa attraverso zone di spazio piu’ o meno ricche di detriti causati da eventi come passaggi di comete, residui di asteroidi, ecc. Esempi conosciuti a tutti, sono gli sciami delle Perseidi, delle Leonidi, e moltissimi altri ancora. Di questi ne abbiamo parlato, ad esempio, in questi post:

Altro bolide in Sicilia?

Arrivano le Liridi, preparate l’ombrello!

riportando anche i link in cui trovare tutti gli sciami in base al periodo dell’anno. Cosa comportano questi sciami? Generalmente niente, a parte un aumento di stelle cadenti come ad esempio le “lacrime di San Lorenzo” il 10 Agosto.

Ragioniamo un attimo, se la Terra passa in zone dello spazio in cui sono presenti detriti, ci passa anche la Luna. Bene, qual’e’ la differenza tra la Terra e la Luna? Ovviamente, noi abbiamo un’atmosfera che ci consente di vivere ma che ci protegge anche da impatti di questo tipo.

La Luna, non avendo uno strato di gas intorno, non puo’ frenare meteoriti che dunque impatteranno senza alcuna perdita di energia fino alla sua superficie. Se sulla Terra vediamo stelle cadenti dovute al bruciamento di sassi spaziali in atmosfera, qualsiasi corpo che punta in direzione della Luna arrivera’ fino alla superficie creando un cratere.

Fin qui niente di strano. Attenzione pero’, come detto in precedenza, la Luna e’ un ottimo rivelatore di impatti. Proprio per questo motivo, ci sono diversi programmi osservativi che studiano proprio l’impatto di meteoriti sul nostro satellite. Mediante queste osservazioni si possono capire molte cose interessanti: prima di tutto, si possono individuare nuovi sciami nelle diverse zone di spazio, ma poi si puo’ comprendere meglio la storia del nostro satellite studiando eventi che da sempre si sono succeduti nel corso dei secoli.

Dunque? Il 17 Marzo 2013, la NASA ha osservato un potente impatto sulla Luna che e’ stato ripreso proprio nell’ambito di questi programmi scientifici di cui parlavamo. Ecco un video dell’evento:

L’impatto e’ stato talmente potente che ha generato un bagliore di magnitudo 4 ed e’ avvenuto nel cosiddetto Mare Imbrium, uno dei maggiori presenti sul satellite. Se, nel momento esatto dello scontro, qualcuno avesse guardato la Luna, l’evento sarebbe stato chiaramente visibile ad occhio nudo, anche senza l’ausilio di un telescopio.

Ora, andiamo alle note dolenti, come e’ stata data questa notizia in giro per il web.

Per prima cosa, su molti siti trovate scritto che per ben 8 anni, la NASA ha atteso questo evento. Cosa del tutto falsa. Questo programma osservativo e’ nato nel 2005, ecco gli 8 anni, ma durante questo periodo sono stati osservati circa 300 urti di meteoriti sulla Luna. Non ci credete? Ecco la mappa di tutti gli urti osservati:

Urti registrati sulla Luna tra il 2005 e il 2013

Urti registrati sulla Luna tra il 2005 e il 2013

Ovviamente, quello del 17 Marzo e’ stato il piu’ significativo, vista anche l’intensita’ del bagliore.

Per essere visibile ad occhio nudo, il corpo che ha impattato sulla superficie doveva essere enorme! Anche questa, informazione e’ del tutto falsa. Come anticipato, la Luna non ha atmosfera, per cui eventi di questo tipo non vengono assolutamente mitigati. Il corpo che ha generato l’urto in questione era grande tra i 30 e i 40 cm (capito bene “centimetri”), con una massa di 40 Kg (capito bene kilogrammi). Non essendoci atmosfera, il “sasso” si e’ abbattuto sulla superficie ad una velocita’ di 90000 Km/h.

Altra assurdita’ scientifica. Su molti siti trovate scritto che l’urto ha causato un’esplosione paragonabile a quella di 5 tonnellate di tritolo. Esplosione? Senza ossigeno? Sapete perche’ questo accade? Perche’ si scrivono le cose, copiandole da qualche parte, ma senza capire quello di cui si parla. Il paragone esatto e’ il seguente: l’urto ha sprigionato un’energia paragonabile a quella di 5 tonnellate di tritolo. La cosa e’ ben diversa dal parlare di esplosione!

Ora, torniamo invece al discorso sciami. Come detto, programmi del genre sono molto importanti anche per avere una mappa delle zone ricche di detriti lungo la traiettoria della Terra. Nei giorni intorno all’evento in questione, sono stati osservati anche altri eventi sulla Luna, ma anche sulla Terra. Attenzione, quando diciamo sulla Terra, si intende che sono state osservate stelle cadenti, cioe’ ingressi in atmosfera di corpi di questo tipo. Proprio questa osservazione, e’ stata interpretata come un possibile sciame non acnora identificato. Sulla base di questo, si aspetta il prossimo anno, cioe’ il nuovo passaggio in quella porzione di spazio, proprio per capire se l’ipotesi sciame e’ valida.

Quanto detto e’ strano o fuori dal comune? Assolutamente no. Il programma che ha come scopo quello di trovare nuovi sciami, ha trovato (forse) un nuovo sciame.

Come viene mistificata questa parte della notizia? Intorno al 17 Marzo, Terra e Luna sono state bersagliate da asteroidi, fenomeno inspiegabile e ancora tutto da capire. Come nella piu’ scontata delle ipotesi, alcuni siti puntano il dito contro il solito Nibiru e la prova della sua esistenza attraverso la teoria del trattore gravitazionale:

Nibiru: la prova del trattore gravitazionale

Altri siti ancora, chiudono i loro articoli con frasi sibilline di questo tipo:

gli scienziati della NASA hanno anche rammentato che sono aumentati inspiegabilmente le pioggie di meteore e la cosa strana è che tutto questo è cominciato da Dicembre 2012

Chi sostiene questo? Ovviamente, senza citare fonti, si fa il solito minestrone catastrofista con dentro Maya, Nibiru, fine del mondo e qualsiasi cosa vi viene in mente.

La cosa che trovo incredibile e’ che anche giornali nazionali utilizzano toni di questo tipo. Questo e’ il titolo della notizia su un noto giornale nazionale:

Luna sotto “attacco”: colpita da 300 meteoriti

Leggendo l’articolo, vi viene poi detto che tra il 2005 e il 2013 la Luna avrebbe subito bem 300 impatti da meteorite. Questo ovviamente e’ vero, come detto sopra. Pero’, un giornalista che parla di scienza, se non vuole essere paragonato ai siti che conosciamo, dovrebbe dire che ci sono stati ben 300 attacchi in questo lasso di tempo perche’ e’ il periodo in cui la Luna e’ stata osservata. Prima del 2005, non c’erano programmi osservativi continui, non e’ che non c’erano meteoriti che andavano sulla Luna.

Purtroppo, questa e’ la differenza tra il voler spiegare le cose e scrivere invece qualcosa che possa essere venduto su grandi numeri.

 

”Psicosi 2012. Le risposte della scienza”, un libro di divulgazione della scienza accessibile a tutti e scritto per tutti. Matteo Martini, Armando Curcio Editore.