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Il prestigioso Wyoming Institute of Technology

16 Lug

Leggendo i tanti siti complottisti che ci sono in rete, e credetemi spuntano come funghi, c’è sempre qualcosa di nuovo e interessante da imparare. Stamattina ne apro un paio in particolare e trovo una notizia, ovviamente copia incolla da siti americani con eccellente traduzione fatta con Google Translator, che riguarda gli RFiD. Se state pensando: che bello una notizia di tecnologia, di integrazione di dispositivi con funzioni particolari, miniaturizzazione dell’elettronica, ecc., siete completamente fuori strada.

Quando su questi siti si parla di chip in che contesto vengono inseriti? Ovviamente, controllo della popolazione, Nuovo Ordine Mondiale che vuole rendere tutti schiavi o, peggio ancora, ucciderci tutti, database della popolazione, selezione umana conto terzi e tante altre cose più o meno truci a cui ormai siamo abituati.

Per chi lo avesse perso, in passato abbiamo già parlato di queste tematiche con un articolo specifico:

23 marzo: microchip obbligatorio negli USA

Ora, perché torniamo su questo argomento? Stando a quanto riportato dai soliti siti, in questi giorni sarebbero stati pubblicati i risultati di una ricerca condotta negli Stati Uniti e che, senza esagerare, avrebbero finalmente aperto il vaso di Pandora. La ricerca in questione è stata condotta da un gruppo di ricercatori del Wyoming Institute of Technology, WIT, che avrebbero scansionato 3 gruppi di volontari provenienti da 3 diverse aree degli Stati Uniti: centro, costa orientale e costa occidentale. La scansione è stata fatta per evidenziare o meno la presenza di chip sottocutanei nelle persone.

Cosa hanno mostrato questi dati?

Partendo da un campione statisticamente significativo di circa 3000 persone, i ricercatori del WIT hanno trovato RFiD in circa 1/3 dei volontari che si sono sottoposto allo scan. La cosa più “preoccupante” è che quasi la totalità delle persone ignorava di avere un chip impiantato nel proprio corpo.

Cosa significa questo?

La ricerca non si è limitata a rivelare la presenza di circuiti nel corpo, ma ha studiato anche la zona in cui tali chip sono impiantati. Anche se molti pensano a questi dispositivi come sistemi impiantati sotto la cute, i ricercatori del WIT hanno mostrato come nel 90% dei casi i chip fossero presenti, ripeto ad insaputa delle persone, all’interno dei denti.

Come può un chip finire nei denti all’insaputa della persona?

Sempre nell’articolo si parla di “lavori odontoiatrici” tramite i quali i chip sarebbero stati amalgamati con le resine utilizzate. Ecco aperto il vaso di Pandora. Avete capito cosa fanno questi birbanti? Voi andate dal dentista, lui vi mette una capsula ma all’interno c’è la sorpresa: un bel chip RFiD che comunica, non si sa quali dati, con qualcuno che non si sa chi è.

Accidenti che coraggioso gruppo di ricercatori! Con questa ricerca si sono messi contro i più perfidi gruppi di potere del mondo solo per farci sapere la verità. Che eroi!

Aspettate un attimo però, non che io sia un guru, ma lavorando nella ricerca mi sembra strano che non abbia mai sentito parlare di questo Wyoming Institute of Technology. Proviamo a colmare questa nostra ignoranza cercando su internet le pagine di questo laboratorio di ricerca.

Tramite quella complessa operazione che i nostri amici complottisti non riescono mai a fare, cioè una ricerca su Google, si arriva al sito web del laboratorio:

WIT website

Qui trovate anche la versione originale dell’articolo tradotto malissimo da cui siamo partiti:

Articolo WIT RFID

A parte questo, chiunque, leggendo queste pagine, avrebbe capito che si tratta di un sito umoristico. Perché? Leggiamo la storia del laboratorio: fondato nel 1943 per studi sulle bombe atomiche, qui venne creato il primo virus per computer e la tradizione continua ancora oggi visto che i ricercatori del WIT programmano la maggior parte dei virus informatici che circolano su internet. Nel corso della sua storia, il laboratorio ha collaborato con case farmaceutiche e con la Monsanto per la realizzazione di vegetali OGM in grado di avvelenare la popolazione mondiale. Dimenticavo, nel Dicembre del 1999 il WIT ha salvato il mondo perché è riuscito a risolvere il problema del Millenium bug che altrimenti, sempre leggendo dal sito, avrebbe fatto cadere gli aerei in volo, fermare le auto per le strade, crollare la borsa e fatto chiamare numeri esteri ai cellulari. Per queste scoperte “diversi” ricercatori del WIT sono stati insigniti del premio Nobel.

Vi siete convinti della finalità di queste pagine? Non ancora?

Leggiamo le offerte di lavoro, magari posso rivendermi in questo settore ed emigrare negli USA. Tra quelle presenti ne trovate una molto interessante: la cavia umana per una “eccitante” nuova droga che salverebbe vite umane eliminando gli effetti collaterali dei cibi OGM. Un lavoretto semplice, dovete solo assumere 9 pillole al giorno per un mese facendovi visitare una volta a settimana in uno dei centri dislocati in tutti gli Stati Uniti. Salario: 50 dollari a visita e 100 dollari alla fine della sperimentazione. Come secondo lavoro si può anche fare. Se invece volete un lavoro a tempo pieno, ci sono posizioni aperte come guardiano. Tra le mansioni: fare la guardia (ovviamente), pulire i bagni e, ogni tanto, trasportare valigie lunghe fino a 2 metri pesanti 180 Kg. Dimenticavo, queste valigie potrebbero trovarsi al centro di qualche fiume perché utilizzate per ricerche su ecosistemi marini.

A questo punto, credo che il quadro sia chiaro. Prima di chiudere però vorrei mostrarvi, se proprio ancora non siete convinti, un’ultima chicca del WIT, il fiore all’occhiello delle ricerche attualmente in corso: l’E-Condom, cioè il “preservativo elettronico”. Si tratta di un dispositivo da impiantare dove potete immaginare ed in grado, attraverso un sistema di impulsi elettrici, di rallentare la mobilità degli spermatozoi. Trovate il filone di ricerca in questa pagina:

WIT, ricerche in corso

La cosa più bella, a parte le motivazioni che hanno spinto i ricercatori a spingersi in questo campo, sono i possibili effetti collaterali, “minimi”, che il dispositivo potrebbe portare: nausea, vomito, diarrea, perdita di memoria, violente erezioni, aerofagia, follia omicida, morte e tanti altri ancora.

Detto questo, solo i siti complottisti potevano credere a questa notizia burla proveniente dagli Stati Uniti e far passare questa ricerca come la verità svelata. Signori, non fate copia/incolla senza ragionare. La vostra credibilità è ai minimi storici dunque, prima di scrivere, pensate almeno a qualcosa che possa essere creduto o che, almeno, richieda più di 2 minuti per essere smontato.

 

Psicosi 2012. Le risposte della scienza”, un libro di divulgazione della scienza accessibile a tutti e scritto per tutti. Matteo Martini, Armando Curcio Editore.

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Vaccino anti-influenzale, ci risiamo!

29 Gen

Come ricorderete, e per aggiornare chi avesse perso questa chicca di scienza, nei commenti di questo articolo:

Scie chimiche con la scusa dei vaccini

c’e’ stata una lunghissima discussione con un sostenitore del grande complotto dei vaccini. Cosa sarebbe il complotto dei vaccini? Semplice, un diabolico piano pensato appositamente dalle case farmaceutiche e dai governi per sterminare la popolazione mondiale. Inutile riprendere questo discorso dal momento che tutti i commenti sono stati lasciati appositamente al loro posto, proprio per lasciare ai posteri la saggezza di coloro che sostengono queste ipotesi.

Proprio stasera pero’, trovo un altro articolo su alcuni siti complottisti che mi ha lasciato davvero basito. Al contrario di quanto facciamo abitualmente, in cui evitiamo di publicizzare articoli di questo tipo, questa volta vi riporto il link dell’articolo:

Vaccino anti-influenzale

Perche’ lo faccio? Premetto subito che questo sito credo si sia limitato a copiare da altre fonti che, tra l’altro, trovate alla fine. Metto il link perche’ sono amareggiato e arrabiato pensando a questa storia. Moltissime persone credono a notizie di questo tipo e, come potete leggere da soli nel link riportato, puntano il dito contro la scienza, i medici, la ricerca, ecc. Questo discorso prende spunto dai vaccini, ma puo’ essere allargato a moltissimi complotti di cui abbiamo discusso in questo blog.

Ora, tornando in tema, lungi da me santificare le case farmaceutiche che, ovviamente, sono aziende che puntano al profitto, ma articoli di questo tipo fanno soltanto disinformazione nelle persone che sono manipolabili e si lasciano convincere da questi pseudo-predicatori.

Se questi siti, cosi’ come potete leggere nei commenti del nostro articolo riportato all’inizio, guadagnano sulla vostra testa, convincendovi di cose assurde e’ perche’ alcuni, e sono sempre troppi, lo permettono. Signori, noi non vogliamo convincervi raccontando favole, come qualcuno sostiene, ma questo e’ quello che permettete solo e soltanto a siti di questo tipo.

Scusate lo sfogo, ma queste storie sono veramente senza senso.

Ora, al contrario di quello che viene fatto nell’articolo linkato, vogliamo passare attraverso queste favole per dimostrarvi quanto assurde siano.

Partiamo dall’inizio. Stando allo studio citato, si e’ dimostrato come la somministrazione di vitamina D3 a certi quantitativi sia in grado di ridurre notevolmente i casi di influenza di stagione nei bambini. Che significa notevolmente? La vitamina D3 sarebbe ben 800 volte, leggasi “ottocento”, piu’ efficace dei normali vaccini anti-influenzali. Come, potete leggere nell’articolo, non vi stanno mica prendendo in giro. Il tutto e’ stato dimostrato da una ricerca seria, condotta in modo scientifico, da scienziati con analisi statistiche. Se non vi basta, la ricerca e’ stata pubblicata su una rivista di medicina seria ed ha anche subito il processo di peer-review. Questo solo per specificare tutta la trafila dei controlli subita dall’analisi e per prevenire quei fastidiosi “disinformatori” che si attaccano sempre a questi particolari per attaccare chi non la pensa come loro, cioe’ i complottisti.

Vi pregherei di leggere con attenzione l’articolo linkato per vedere la grande quantita’ di dettagli dati. Inoltre, giustamente, l’autore si chiede perche’ non si utilizza la vitamina D3 invece dei vaccini? Ovviamente, trovate anche la risposta a questa domanda retorica, perche’ gli scienziati sono un gruppo di venduti schiavi delle case farmaceutiche che li pagano profumatamente per falsificare dati a discapito della salute della popolazione.

Bene, fatto un riassunto minimale dell’articolo, che vi ripeto di nuovo di leggere per intero, ora diciamo qualcosa anche noi.

Per prima cosa, basta cercare in rete per trovare l’articolo originale, cioe’ proprio quello richiamato con tutti i dati sbandierati ai quattro venti. Ecco a voi il link:

Articolo originale

Da questo link potete scaricare tutto l’articolo, non solo l’abstract. Scusate se e’ in inglese ma, come sapete, le ricerche scientifiche vengono pubblicate nella lingua riconosciuta a livello mondiale.

Cosa dice l’articolo? Semplice, come giustamente detto, si e’ preso un campione di studenti e lo si e’ diviso in due gruppi. Al primo e’ stata somministrata vitamina D3 per il periodo considerato, un inverno, mentre al secondo e’ stato dato un placebo. Tutto lo studio e’ stato fatto seguendo rigorosi protocolli e analizzando i dati utilizzando tecniche statistiche accettate.

Cosa si e’ visto?

Nel primo gruppo, quello della D3, si sono registrati casi di influenza nel 10% dei bambini. Nel secondo, quello del placebo, si sono registrati il 18% di casi di influenza. 18-10, correggetemi se sbaglio, fa 8. Il famoso 8% sbandierato nell’articolo complottista. Ora pero’, come avete letto, il complottista di turno dice che questo numero deve essere paragonato con le statistiche dei vaccini. Secondo le sue fonti, i vaccini darebbero una riduzione dell’1% dei casi di influenza ergo la vitamina D3 e’ piu’ efficace di 800 volte.

Aspettate un attimo.

Prima cosa, con D3 siamo passati da 18% a 8%. Secondo lui, il vaccino riduce solo dell’1%. Premesso che statisticamente un calcolo del genere non ha senso, 8 diviso 1 fa 8. Come viene fuori 800? Non ne ho idea e neanche mi interessa, questa non e’ l’unica, ne tantomeno la principale, assurdita’ che vi stanno raccontando.

Riaprite il famoso link del sito complottista. Se per i numeri riguardanti l’efficacia della viamina D3 si fa sempre riferimento all’articolo scientifico, quando si parla di vaccino e dell’1% di efficacia si fa riferimento ad un sito amico loro che si chiama “natural news”. Che sito e’? Semplice, apritelo e guardate da voi. E’ un sito di prodotti naturali ma soprattutto e’ un sito di commercio di prodotti naturali che non ha nessuna valenza scientifica. Insomma, come si dice dalle mie parti “macellaio e’ buona la carne?”. Cosa dovrebbe rispondere il macellaio?

Procando a cercare in rete, troverete tantissimi articoli scientifici che vi riportano numeri completamente diversi, con un’efficacia dei vaccini tra il 50 e il 70%. I numeri oscillano a causa della difficolta’ di inserimento del cosiddetto “Effetto gregge”, cioe’ della riduzione dei contagi dovuta alla vaccinazione delle persone maggiormente a rischio. Secondo me, ma vi prego controllate anche voi in rete, 50-70 e’ molto molto diverso da uno.

Ora pero’ mi viene un dubbio: possibile che l’articolo scientifico spari numeri a caso?

Assolutamente no. Se sfogliate il pdf che vi ho linkato, vedrete come l’articolo si limita a parlare dell’efficacia della vitamina D3, senza fare alcun riferimento ai normali vaccini anti-influenzali. Praticamente, si sta studiando l’effetto di questa sostanza nella prevenzione dei mali di stagione senza assolutamente confrontare o voler sostituire la D3 ai vaccini.

Basta cosi’?

No. Gia’ che ci siamo, diciamoci tutto fino in fondo. Leggete le conclusioni dell’articolo scientifico dove vedrete come funziona un articolo di scienza vera. Gli autori fanno alla fine un’analisi critica del loro lavoro, mostrando ed evidenziando probabili fonti di errore. Prima di tutto, il campione utilizzato er a statisticamente poco significativo. Inoltre, mancanza di un controllo in funzione del quantitativo di D3 somministrata, mancanza di dati relativi al calcio nelle urine, importante utilizzando questa vitamina, mancanza di analisi sul numero di anticorpi eventualmente sviluppati, ecc.

Cosa significa questo?

Semplice, si tratta di una prima ricerca a cui magari ne seguiranno altre. Questo solo per dire che i risultati riportati sono ovviamente scientificamente validi, ma necessitano di tutta una serie di controlli che devono essere eseguiti prima di poter arrivare ad una conclusione definitiva.

Concludendo, non ho altro da aggiungere sull’articolo. Credo che quanto riportato parli da solo. Per il resto, non mi rivolgo ai complottisti che, come ormai e’ certo, non vogliono fare informazione ma solo speculazione sulle paure e sulle insicurezze delle persone. Mi rivolgo ancora a voi che credete ad articoli di questo tipo. Tutte le volte mi devo sentir dire che la scienza e’ marcia e c’e’ un qualche complotto che pero’ qualcuno molto sveglio e’ ruscito a mostrare. E’ vero, chi scrive fesserie di questo tipo e’ molto sveglio perche’ ha capito come fare breccia. Sfortunatamente pero’, voi che pensate di essere arrivat ialla verita’ siete solo le vittime di questi “furbi”.

 

Psicosi 2012. Le risposte della scienza”, un libro di divulgazione della scienza accessibile a tutti e scritto per tutti. Matteo Martini, Armando Curcio Editore.

Perche’ l’acqua ossigenata disinfetta?

1 Set

L’altro giorno mi e’ stata fatta una domanda davvero molto interessante. La considero tale, e spero possiate condividere il mio punto di vista, perche’ si tratta di un argomento conosciuto da tutti, ma di cui molti ignorano la risposta. La questione e’ molto semplice, quando ci facciamo male, nel senso che abbiamo delle ferite, tagli, ulcere, ecc, quello che facciamo e’ disinfettare la parte con l’acqua ossigenata. Questo consente di pulire la ferita e impedire che si formino infezioni.

Perche’ l’acqua ossigenata ha questo potere?

Cominciamo proprio dalle basi, l’acqua ossigenata, o anche perossido di idrogeno, e’ una molecola molto semplice formata da due atomi di idrogeno e due di ossigeno H-O-O-H. Al contrario della normale acqua, H-O-H, ha dunque solo un ossigeno in piu’, come suggerisce il nome stesso. Anche se apparentemente la modifica sembra minima, il comportamento e le cosiddette proprieta’ organolettiche delle due molecole sono molto diverse. L’acqua ossigenata si presenta incolore, liquida in condizioni normali di temperatura e pressione, ma con un caratteristico odore pungente non molto gradevole.

L’acqua ossigenata e’ conosciuta gia’ dai primi anni dell’800. Il primo che sintetizzo’ questa molecola fu Thenard nel 1818, anche se la sua diffusione su vasta scala, grazie anche alla produzione industriale economica e di massa, avvenne solo nel secolo successivo.

Come sapete bene, per usi commerciali l’acqua ossigenata e’ venduta all’interno di bottigliette di plastica non trasparenti, per non alterare le sue proprieta’, sempre diluita in una frazione che va dal 3 al 6%. Ovviamente, per usi specifici, potete trovare anche concentrazioni maggiori anche se queste, per i normali usi domestici, devono poi essere diluite con acqua. In alternativa alla percentuale, trovate la concentrazione anche espressa in “volumi”, cioe’ in volume equivalente di ossigeno che potete liberare dal perossido.

Tornando alla domanda iniziale, perche’ l’acqua ossigenata disinfetta le ferite?

Per essere precisi, l’azione del perossido di idrogeno e’ duplice. Per prima cosa, a contatto con la pelle, la molecola di acqua ossigenata libera molto facilmente ossigeno non legato. Questo e’ fortemente reattivo e per sua natura tende a legarsi con un altro atomo uguale per formare O2. Questo meccanismo e’ quello che porta alla formazione delle bollicine che vedete quando utilizzate l’acqua ossigenata. In questo caso, il meccanismo di disinfezione e’ meccanico. Il cammino in superficie dell’ossigeno, fino a liberarsi in aria, riesce a pulire e catturare sporcizia e germi che possono annidarsi all’interno delle ferite. Detto in altri termini, l’ossigeno riesce a portare fuori agenti esterni anche negli angoli piu’ nascosti dove sarebbe difficile rimuoverli.

Oltre a questo meccanismo puramente “meccanico”, l’acqua ossigenata ha anche una funzione puramente biologica. Come si dice in termini tecnici, il perossido riesce a “denaturare le proteine”. Cosa significa? Detto in modo molto semplice, l’ossigeno nascente, sempre liberato dal perossido iniziale, e’, come anticipato, molto reattivo. Sempre per stabilizzarsi, l’ossigeno nascente si puo’ legare ossidando le molecole e dunque favorendo la degradazione di molecole organiche degli agenti infettanti. Cosa significa? Semplicemente l’ossidazione delle molecole degli agenti infettanti modifica la struttura di questi microbi rendendoli duqnue non pericolosi per l’uomo, cioe’ incapaci di infettare la ferita.

Come potete facilmente immaginare, questa duplice azione dell’acqua ossigenata e’ quella che ha portato il successo e la diffusione di questo semplice perossido e, se vogliamo, ha consentito di evitare conseguenze ben piu’ gravi per individui feriti.

Oltre che come disinfettante, ad alta concentrazione (90%), l’acqua ossigenata viene utilizzata anche per la propulsione dei razzi. Il suo utilizzo puo’ essere come comburente per bruciare altri combustibili o anche singolarmente mettendo perossido di idrogeno in una camera con pareti di argento che favoriscono la formazione di ossigeno e acqua. Come potete facilmente immaginare, questo utilizzo e’ possibile sempre grazie alla altissima concentrazione di ossigeno liberato.

Tolta la propulsione a razzo, vi sono poi tutta una serie di utilizzi che possono essere fatti dell’acqua ossigenata nelle nostre case. Questo prodotto e’ utilizzato anche a livello industriale come sbiancante sia nella produzione della carta che dei tessuti. Allo stesso modo, l’acqua ossigenata puo’ essere utilizzata per schiarire i capelli, eliminare macchie dai vestiti prima del normale lavaggio o anche per sbiancare i denti. In questo ultimo caso, basta sciaquare la bocca due volte alla settimana con un cucchiaio di acqua ossigenata per poi risciaquare con abbondante acqua.

Come visto in questo articolo:

Detersivi ecologici

Il perossido di idrogeno e’ alla base della realizzazione di molti detersivi fatti in casa assolutamente paragonabili a quelli commerciali ma molto piu’ economici.

Oltre a questi utilizzi diretti, proprio le proprieta’ disinfettanti dell’acqua ossigenata la rendono particolarmente efficace per pulire ed eliminare germi dalle superfici domestiche (esempio le maioliche di cucina e bagno) o anche per disinfettare gli spazzolini da denti. Per farvi un esempio, l’acqua osigenata e’ in grado di uccidere i germi della salmonella e dell’escherichia coli, due microbateri molto famosi per la contaminazione dei cibi.

Concludendo, il meccanismo di disinfezione dell’acqua ossigenata e’ in realta’ duplice. Prima di tutto l’azione meccanica dovuta al moto in superficie delle molecole di ossigeno riesce ad eliminare sporcizia e germi dalle ferite. Inoltre, l’ossidazione delle molecole modifica la struttura degli agenti infettanti rendendoli inefficaci. Oltre a questa applicazione nota a tutti, il perossido di idrogeno puo’ essere utilizzato per molti altri scopi domestici che vanno dalla pulizia delle superfici fino alla rimozione delle macchie dai vestiti.

 

”Psicosi 2012. Le risposte della scienza”, un libro di divulgazione della scienza accessibile a tutti e scritto per tutti. Matteo Martini, Armando Curcio Editore.

Egitto: gioielli dallo spazio!

21 Ago

Un nostro sempre attento utente del forum:

Psicosi 2012 forum

mi ha segnalato una notizia davvero molto interessante e che credo sia il caso di riportare.

Di cosa si tratta?

Invece di partire dalla notizia, che se vogliamo e’ la conclusione, partiamo dall’inizio della storia. Nel 1911 venne trovato un antico cimitero egizio nella localita’ di Gerzeh, circa 70 Km a sud del Cairo. In questo luogo vennero individuate 67 tombe in totale, molte delle quali, per fortuna, non toccate dai tombaroli che gia’ nell’antico Egitto erano un problema. All’interno di queste tombe, vennero rinvenuti diversi oggetti e ornamenti, molti dei quali caratteristici delle sepolture all’epoca dei faraoni.

Tra gli ornamenti trovati, c’era anche una collanina. Una semplice collanina realizzata mettendo insieme una sorta di perline tubolari in ferro, come mostrato nella foto:

I tubicini in ferro e una delle collanine che li conteneva

I tubicini in ferro e una delle collanine che li conteneva

Cosa aveva di tanto speciale questa collanina? Dalla datazione, si vide come quell’antico ornamento era stata realizzato ben 5000 anni fa. Questo rendeva le perline il piu’ antico manufatto in ferro mai rinvenuto.

E allora? Tutto qui?

Assolutamente no. La peculiarita’ di questo oggetto e’ che gli egiziani iniziarono a lavorare il ferro soltanto nel VI secolo a.C.. Per dirla tutta, erano gia’ stati rinvenuti oggetti ferrosi precedenti alla cosiddetta epoca del ferro, ma mai cosi’ antichi.

Capite dunque come si cominci a delineare un mistero.

Da una prima analisi del ritrovamento, si vide come la percentuale di Nichel contenuta nel tubicino era estremamente alta, non compatibile con i materiali realizzati in seguito da queste popolazioni. Gia’ intorno al 1930, si era avanzata l’ipotesi che il ferro utilizzato per la collana, non fosse di origine terrestre, bensi’ proveniente dallo spazio.

Immaginate nel 1930 la reazione della comunita’ archeologica ad un’idea del genere.

Intorno al 1980 infatti, nuove analisi vennero condotte sul reperto e si avanzo’ l’ipotesi che il materiale fosse in realta’ di origine terrestre, ma ottenuto, casualmente e ben prima dello sviluppo di questa tecnica, da una fusione con elementi sbagliati.

Solo in questi giorni, e’ arrivata la soluzione di questo mistero durato quasi un secolo. Su una rivista specializzata, e’ infatti comparso l’articolo realizzato da vari ricercatori inglesi, in cui si dimostra l’origine cosmica del ferro della collana.

Come e’ stato possibile arrivare a questa conclusione?

Ovviamnete, sono state condotte nuove analisi. Su un reperto del genere, non si puo’ certo pensare di tagliarlo per visionare l’interno. Su questo problema sono pero’ giunte in aiuto le nuove tecniche sviluppata dalla scienza. Il tubicino di ferro e’ infatti stato ispezionato utilizzando la tomografia computerizzata e il microscopio elettronico. Tecniche ovviamente non disponibili al tempo delle prime analisi.

Struttura interna di un tubicino. Le aree blu indicano la presenza di Nichel

Struttura interna di un tubicino. Le aree blu indicano la presenza di Nichel

Gli studi condotti hanno mostrato come la percentuale di Nichel contenuta nel ferro sia molto alta, anche fino al 30%, ma soprattutto nella parte interna. Mentre e’ molto minore la percentuale sulla superficie esterna. Oltre al Nichel, piu’ abbondante, sono state trovate tracce di cobalto, germanio e fosforo. Tutti questi elementi sono compatibili con la composizone delle meteoriti di natura ferrosa.

Cosa significa questo?

Semplicemente che la materia prima utilizzata per ottenere l’ornamento e’ stata ricavata da un meteorite caduto in Egitto. Gli antichi egiziani hanno dunque raccolto il sasso cosmico e hanno lavorato il ferro contenuto martellando fino ad ottenre sottili lamine. Vista la durezza del materiale, aumentata dalla composizione chimica, il lavoro deve aver richiesto un tempo molto lungo. Una volta ottenute le lamine, si sono arrotolate per ottenre il tubicino che faceva da ornamento alla collana.

Le analisi condotte hanno inoltre consentito di ricostruire una struttura molto particolare nota come figure di Widmanstätten. Si tratta semplicemente di aperture sulla superficie causate dal lento raffreddamento del meteorite. Dunque, sia la composizione chimica che quella fisica della struttura confermano l’origine etraterrestre del materiale con cui era realizzato il manufatto.

Ovviamente, anche se sporadiche, non sono mancate le speculazioni sul web. Come potete immaginare, non e’ mancato chi ha visto in questa scoperta finalmente la connessione tra antico egizio e visitatori venuti dallo spazio. Come detto in precedenza, la notizia riguarda solo ed esclusivamente l’origine cosmica della materia prima utilizzata.

Storicamente, quanto scoperto e’ compatibile con la cultura del popolo. Come anticipato, anche secoli prima dell’inizio dell’era del ferro, erano stati realizzati manufatti di questo minerale. Ovviamente, questi sono stati ritrovati all’interno di importanti tombe, come ad esempio in quella del faraone Tutankhamon. Dal momento che gli egiziani avevano una forte venerazione per il cielo, considerato come la casa degli Dei, e’ presumibile che ogni oggetto proveniente dal cielo potesse essere visto come un segno di benevolenza divina.

Nei secoli successivi poi, come riportato da numerose iscrizioni, gli egiziani svilupparono una sorta di venerazione per il ferro, visto come un minerale divino e indistruttibile. Tra l’altro, secondo la cultura egizia, di ferro erano le ossa degli Dei, fatte appositamente per essere eterne.

Concludendo, le nuove analisi condotte hanno permesso di risolvere il mistero dell’origine dei manufatti trovati nel 1911 ma realizzati secoli prima che gli egiziani imparassero a lavorare il ferro. In questo caso, intervento decisivo e’ stato quello delle nuove tecniche di diagnostica sviluppate dalla ricerca. Tecniche non invasive che hanno consentito, praticamente senza toccarlo, di scansionare la struttura dell’oggetto nel suo insieme in modo preciso e affidabile. Ovviamente, le storielle che leggete sul web circa la connessione tra egiziani e alieni sono del tutto false e assolutamente non confermate da questa ricerca. L’articolo di oggi ci ha invece permesso di capire meglio la concezione divina nell’antico Egitto e le diverse tecniche utilizzate nei secoli per produrre monili e oggetti per tutti i giorni.

 

Psicosi 2012. Le risposte della scienza”, un libro di divulgazione della scienza accessibile a tutti e scritto per tutti. Matteo Martini, Armando Curcio Editore.

Il processo di decaffeinizzazione

8 Ago

Nella sezione:

Hai domande o dubbi?

una nostra cara lettrice ci chiede di parlare del “caffe’ decaffeinato”. Credo che questo argomento sia molto interessante perche’ molto spesso si sentono tantissime leggende su questa soluzione. Tutti noi, almeno una volta, avremo sentito dire: “fa bene”, “fa male”, “e’ cancerogeno”, “e’ buono”, “fa schifo”, ecc. Come al solito, tante opinioni in disaccordo tra loro. Cerchiamo dunque di capire meglio come viene realizzato questo caffe’, cioe’ quali sono le tecniche maggiormente utilizzate per la decaffeinizzazione e, soprattutto, che genere di risultato si ottiene.

Qualche tempo fa, avevamo gia’ parlato della cosiddetta “fisica del caffe'”, parlando del principio di funzionamento della moka, spesso ignorato da molti, anche tra gli addetti ai lavori:

La fisica del caffe’

A questo punto, non resta che parlare invece della materia prima necessaria!

Come sapete bene, la caffeina, il cui nome chimico e’ 1,3,7-trimetilxantina, fu isolata per la prima volta nel 1820 ed e’ contenuta in almeno 60 varieta’ di piante, tra cui, ovviamente, caffe’, the, guarana’, cacao, ecc. La caffeina e’ un potente stimolante ed interagisce sul nostro umore aumentando i livelli di dopamina e bloccando i recettori dell’adenosina. Per inciso, quando i livelli di quest’ultima raggiungono una certa soglia, avvertiamo la sensazione di sonno.

Queste caratteristiche sono purtroppo sia il pro che il contro della caffeina. L’assunzione di questa sostanza puo’ infatti avere effetti dannosi in persone ansiose, con problemi di sonnoloenza, tachicardia, ecc. Come anticipato, l’effetto della caffeina e’ tutt’altro che blando, a livello biologico, questa molecola e’ un vero e proprio veleno, che risulta letale sopra una certa soglia, ovviamente non raggiungibile assumendo tazzine di caffe’.

Ora pero’, molte persone, tra cui il sottoscritto, adorano il caffe’ anche solo per il suo sapore o per la ritualita’ dell’assunzione. Proprio per questo motivo, si sono affinate diverse tecniche per eliminare la caffeina dai chicchi di caffe’, ottenendo una bevanda non stimolante, appunto il caffe’ decaffeinato.

Il decaffeinato fu inventato a Brema nel 1905 dal tedesco Ludwig Roselius, figlio di un assaggiatore di caffè, per conto della azienda “Kaffee Handels Aktien Gesellschaft”. Proprio in onore del nome dell’azienda, questo tipo di caffe’ venne chiamato prendendo le iniziali e dunque commercializzato come Caffe’ HAG. Per ottenere questo risultato, i chicchi di caffe’ venivano cotti a vapore con una salamoia di acqua e benzene. Quest’ultimo era il solvente in grado di estrarre la caffeina dal chicco.

Successivamente, questo metodo venne abbandonato trovando soluzioni alternative da utilizzare prima della tostatura, cioe’ quando il fagiolo e’ ancora verde. La tecnica maggiormente utilizzata fino a pochi anni fa, era quella che prevedeva l’utilizzo di diclorometano per estrarre la caffeina. Successivamente a questo trattamento, il caffe’ veniva lavato a vapore per eliminare il diclorometano, che ha un punto di ebollizione di circa 40 gradi. A questo punto, si passava alla essiccatura e tostatura dei chicchi a 200 gradi.

Questo metodo presentava purtroppo alcuni problemi, che poi sono quelli che spingono ancora oggi le leggende di cui parlavamo all’inizio.

Il diclorometano e’ una sostanza cancerogena per l’essere umano. Come anticipato, successivamente al suo utilizzo, il caffe’ passava per altri due processi con temperature notevolmente superiori al punto di ebollizione del diclorometano. Questo trattamento assicurava la completa evaporazione del potenziale cancerogeno sui chicchi.

Perche’ allora e’ stata abbandonata la tecnica?

Il problema reale di questa tecnica di decaffeinizzazione e’ che durante il trattamento con diclorometano, oltre alla caffeina, venivano estratte altre sostanze chimiche dai chicchi che contribuiscono al sapore della bevanda finale. In tal senso, il decaffeinato ottenuto con questa soluzione, aveva un sapore molto diverso da quello originale. Inoltre, anche altre sostanze benefiche per l’organismo venivano estratte dal caffe’ mentre venivano prodotti oli contenenti molecole da alcuni ritenute dannose per l’uomo.

Detto questo, capite bene dove nascono le leggende da cui siamo partiti, circa il sapore del decaffeinato e la pericolosita’ del suo utilizzo.

Oggi, la tecnica con diclorometano e’ quasi completamente abbandonata a favore dell’utilizzo della CO2 supercritica. Con questo termine si intende solo una stato con pressioni e temperature tali da renderla una via di mezzo tra un gas e un fluido. Nel processo di decaffeinizzazione, i chicchi di caffe’ vengono prima inumiditi con vapore per rigonfiarli ed aumentare la percentuale di acqua. Questo sempre con fagioli verdi, cioe’ prima della tostatura. A questo punto, i chicchi passano in colonne di estrattori insieme alla CO2 ad una tempratura tra 40 e 80 gradi ed una pressione intorno alle 150 atmosfere. Questo passaggio permette all’anidride carbonica di portare via la caffeina, toccando in minima parte le altre sostanze contenute nel caffe’. A seguito di questo passaggio, si procede ovviamente alla tostatura.

Quali sono i vantaggi di questa tecnica rispetto alla precedente?

Prima di tutto, si utilizza solo CO2, cioe’ una sostanza non pericolosa per l’essere umano. Il processo consente di estrarre gran parte della caffeina contenuta nel caffe’. Per legge, un caffe’ decaffeinato non deve avere piu’ del 0,1% di caffeina. Non intaccando, se non in minima parte, le altre sostanze, il sapore del caffe’ rimane quasi invariato, e quindi e’ molto piu’ simile all’analogo con caffeina.

Oltre a questi aspetti, la CO2 in uscita dal processo e’ ovviamente ricca di caffeina. Questa sostanza e’ notevolmente utilizzata in diversi settori tra cui la medicina, la farmacologia, la botanica, ecc. Proprio per questo motivo, in virtu’ del processo utilizzato, e’ possibile estrarre caffeina pura dall’anidride carbonica mediante un abbassamento di temperatura o utilizzando carboni attivi.

Lo stesso processo viene utilizzato anche su altre piante, oltre che per l’estrazione del colosterolo dal burro o dell’essenza dai fiori di luppolo, utilizzata nella produzione della birra.

Concludendo, molte delle leggende intorno al decaffeinato nascono in virtu’ del precedente metodo utilizzato per l’estrazione della caffeina dai chicchi. Oggi, l’utilizzo di CO2 supercritica consente di estrarre la maggior parte della caffeina, che oltre tutto puo’ essere recuperata e utilizzata in altri settori, lasciando quasi del tutto inalterate le altre sostanze che contribuiscono la sapore di questa ottima bevanda.

 

”Psicosi 2012. Le risposte della scienza”, un libro di divulgazione della scienza accessibile a tutti e scritto per tutti. Matteo Martini, Armando Curcio Editore.

Se la morte fosse uno stato reversibile?

20 Mag

In un commento lasciato nella sezione:

Hai domande o dubbi?

un nostro nuovo lettore ha chiesto maggiori informazioni sulle esperienze di pre-morte, di cui abbiamo parlato in questo post:

Le esperienze di pre-morte

ma anche degli studi in corso per tornare indietro dallo stato di morte.

Se per la prima domanda avevamo gia’ discusso l’argomento in un post, la seconda richiesta e’ invece inedita.

Cosa significa tornare indietro dalla morte?

Riflettiamo un attimo su questa cosa. Quando moriamo? Vediamo, in modo che forse a qualcuno sembrera’ innaturale, il nostro corpo come una macchina. Ci sono tanti organi, ognuno con funzioni diverse, ma che funzionano attraverso la circolazione sanguigna. Questo flusso di sangue e’ prima di tutto spinto da una pompa che e’ il cuore. Ad ogni battito, il sangue va in circolo raggiungendo i diversi organi e alimentando in questo modo le cellule che li compongono.

Bene, quando moriamo cosa succede? In un modo o nell’altro, il nostro cuore smette di battere, cioe’ si interrompe l’alimentazione che faceva andare la macchina-uomo.

In questa concezione, possiamo vedere la morte come un istante, cioe’ quel preciso attimo in cui il cuore smette di battere. Prima di concludere, riflettiamo ancora su quanto detto. Noi non siamo solo il cuore. In termini automobilistici, questa e’ la pompa che manda in circolo la benzina, ma il motore qual e’? Tra tutti gli organi, sicuramente il cervello ha un ruolo molto importante e dunque concentriamoci su questo. Le cellule cerebrali, nel momento in cui il cuore si ferma, non ricevono piu’ sangue. Visto in questo modo, nell’istante in cui il cuore si ferma, inizia la morte delle cellule del nostro corpo che inizieranno un processo di decomposizione. Ovviamente, le cellule non muoiono nel preciso istante in cui il sangue smette di fluire, ma saranno ancora “vive” per un periodo piu’ o meno lungo.

Se utilizziamo questa chiave di lettura, la morte non e’ piu’ un singolo istante, bensi’ un processo che parte quando il cuore smette di battere e si conclude con la decomposizione cellulare.

Se ora, fossimo in grado di intervenire in questo lasso di tempo per risolere la causa che ha portato all’arresto cardiaco, potremmo pensare di tornare indietro dallo stato di morte.

Questo ragionamento e’ proprio quello alla base del pensiero del Dr. Sam Parnia, medico statunitense, capo del reparto di terapia intensiva dello Stony Brook University Hospital di New York. Sfidando il pensiero medico piu’ comune, Parnia ha condotto importanti studi sul processo di morte, cercando proprio di far tornare indietro i pazienti normalmente considerati deceduti.

Ora attenzione, su questi studi si possono leggere moltissime cose inesatte in rete, accompagnate dalla solita e immancabile speculazione. In particolare, non manca chi punta il dito contro la scienza e la medicina, sostenendo che gli esseri umani si vorrebbero sostituire a Dio nel decidere quando e come morire. Questo e’ completamente falso.

Ragioniamo un attimo su questi concetti. Nei reparti di terapia intensiva di tutto il mondo, si ricorre a particolari tecniche che consentono di mantenere in vita un paziente mediante circolazione extracorporea o respirazione indotta da macchinari. Anche in questi casi, quello che si fa e’ bloccare lo stato di morte, aiutando il paziente con l’ausilio di macchinari esterni al corpo.

Il dottor Parnia si e’ proprio specializzato in queste tecniche. Per farvi qualche esempio, molto usata in questi casi e’ la cosiddetta “rianimazione cardiopolmonare”, o CPR. Questa tecnica prevede l’ausilio di un macchinario per ossigenare il sangue del corpo e salvaguardare le cellule cerebrali in attesa che il problema del pazienta venga risolto e che possa riprendere la normale respirazione autonoma. Analoga funzione e’ quella dell’ECMO, cioe’ l’ossigenazione extracorporea mediante membrana, oltre ovviamente a tecniche criogeniche utilizzate per raffreddare il corpo e mantenere vitali le cellule.

Alla luce di quanto detto, queste tecniche sono del tutto normali. L’importante contributo del Dr. Parnia non e’ nella scoperta di queste tecniche, ripeto gia’ utilizzate in medicina, bensi’ in uno studio attento e specifico di come questi macchinari possano essere utilizzati al meglio per interrompere il processo di morte.

Forse parlare di interrompere il processo di morte, potrebbe far storcere il naso a qualcuno, ma, nell’ottica di un meccanismo che porta alla morte del paziente, quello che facciamo e’ limitarci ad intervenire nel momento giusto.

Detto questo, qual e’ questo momento giusto?

Dagli studi condotti negli USA, si e’ evidenziato come le cellule cerebrali possano restare in vita anche fino ad 8 ore dopo che il cuore ha smesso di battere. In questo senso, abbiamo un discreto lasso di tempo per intervenire sul paziente e cercare di ripristinare le normali funzioni vitali. Queste tecniche non devono assolutamente sconvolgere. Perche’, se ci facciamo un taglio profondo, andiamo in ospedale a mettere i punti piuttosto che morire dissanguati? Anche se un po’ azzardato, il discorso e’ lo stesso. In questo caso, il funzionamento del cuore e’ visto come un qualcosa di ripristinabile e su cui si puo’ agire per un discreto intervallo di tempo.

Personalmente, trovo gli studi di Parnia molto interessanti e degni di nota, soprattutto dal punto di vista scientifico. Ripeto nuovamente, quello che viene fatto e’ solo uno studio attento di tecniche di principio gia’ utilizzate. Lo scopo delle ricerche e’ migliorare queste procedure, ma soprattutto studiare tempi e soluzioni dei diversi casi.

Gli studi di Parnia stanno dando risultati? Assolutamente si. Per farvi un’idea, la media di pazienti rianimanti negli ospedali degli Stati Uniti e’ intorno al 16%. Allo Stony Brook University Hospital, si arriva a sfiorare il 33%.

Da quanto detto, non si deve assolutamente considerare Parnia uno stregone, ma solo uno scienziato impegnato in un campo di confine tra la vita e la morte.

Ovviamente, queste tecniche non sono sempre utilizzabili. Come detto fino a questo punto, affiche’ ci sia qualche possibilita’, si deve avere una morte improvvisa, in cui le cellule del nostro corpo da un istante all’altro si ritrovano senza sangue perche’ il cuore ha smesso di battere. Questo non e’, ad esempio, il caso delle malattie degenerative in cui il corpo muore gia’ lentamente quanto il cuore del soggetto e’ ancora in vita.

Concludendo, nell’ottica di vedere la morte come un processo che parte con l’arresto cardiaco e si conclude con il daneggiamento irreversibile delle cellule dell’organismo, il Dr. Parnia e’ impegnato nello studio delle tecniche per intervenire in questo lasso di tempo. In molti casi e’ infatti possibile rallentare la decomposizione cellulare ed intervenire per risolvere la causa scatenante dell’arresto cardiaco. Sicuramente si tratta di studi degni di nota e che speriamo portino altri risultati in un futuro piu’ o meno prossimo.

 

Psicosi 2012. Le risposte della scienza”, un libro di divulgazione della scienza accessibile a tutti e scritto per tutti. Matteo Martini, Armando Curcio Editore.

WR104: un fucile puntato verso la Terra

12 Mag

Un nostro affezionato lettore ha lasciato un commento molto interessante nella sezione:

Hai domande o dubbi?

La richiesta riguardava un approfondimento sulla stella WR104 e sull’eventuale pericolo che l’evoluzione naturale di questo corpo potrebbe rappresentare per la Terra.

Se provate a cercare informazioni in rete, trovate una vasta bibliografia catastrofista su questo corpo. Senza mezzi termini, in molte occasioni, la WR104 e’ anche chiamata la “stella della morte” proprio per indicare il potenziale pericolo per la vita sulla Terra rappresentato dall’esplosione di questo oggetto celeste.

Cosa c’e’ di vero in tutto questo?

Cerchiamo al solito di andare con ordine, inquadrando prima di tutto di cosa stiamo parlando e poi cercando di valutare se c’e’ veramente un pericolo prossimo per la Terra.

La WR104 e’ una stella che, come indica il nome stesso, appartiene alla categoria Wolf-Rayet. Si tratta di stelle molto calde, tra 25000 e 50000 gradi, con masse superiori a 20 volte quelle del nostro sole e caratterizzate da una forte emissione di vento stellare. Dalle osservazioni, i corpi di questa categoria arrivano ad emettere fino ad un miliardo di volte la quantita’ di materia emessa dal sole ogni anno. Questo solo per far capire quanto siano attive le stelle di questa categoria. Si tratta di corpi abbastanza rari nell’universo rispetto ad altre tipologie. Fino ad oggi, sono state osservate soltanto 230 Wolf-Rayet nella nostra Galassia di cui 100 nella Grande Nube di Magellano.

Come visto in altri post, ciascuna categoria stellare presenta un processo evolutivo che parte dalla sua formazione fino alla sua morte, intesa come trasformazione in qualcosa non piu’ mutevole. Le stelle di Wolf-Rayet terminano il loro ciclo vitale esplodendo come supernovae di tipo Ib o Ic. Di questi fenomeni abbiamo parlato gia’ in quest’articolo:

E se domani sorgessero due soli?

Animazione di un lampo gamma

Animazione di un lampo gamma

Data la  loro grande massa, si prevede che le WR, durante il collasso, si traformino in buchi neri emettendo moltissima energia sotto forma di Gamma Ray Burst, o GRB.

Cos’e’ un GRB?

Si tratta di un’emissione molto potente di raggi gamma, evento tra i piu’ potenti osservati nel nostro universo. Per darvi una stima, la quantita’ di energia emessa durante un GRB, tipicamente inferiore a qualche secondo, e’ maggiore di quella che il nostro Sole emette in tutto il suo ciclo vitale.

Piu’ o meno, nel nostro universo, si osserva circa 1 GRB al giorno molto distante da noi e questi eventi sono continuamente registrati dai nostri telescopi.

Bene, ora che abbiamo un quadro piu’ completo, torniamo a parlare di WR104.

Come detto, si tratta di una stella Wolf-Rayet, quindi caratterizzata dal ciclo vitale di cui abbiamo parlato. La WR104 appartiene ad un sistema binario con una stella detta di classe O. La continua emissione di vento stellare di questi corpi, rende il sistema doppio molto affascinante dal momento che le due emissioni si scontrano nello spazio di separazione formando una bellissima spirale in movimento. L’animazione a fianco puo’ far capire meglio come questo sistema appare ai nostri telescopi.

Dinamica del sistema binario con WR104

Dinamica del sistema binario con WR104

ll sistema doppio a cui appartiene la WR104 si trova nella costellazione del Sagittario, e dista da noi circa 8000 anni luce.

Dunque? Cosa c’e’ di pericoloso nella WR104?

Dalle osservazioni fatte, questa stella si troverebbe molto vicina alla conclusione del suo ciclo evolutivo per cui, come detto, potrebbe esplodere in una supernova con una potente emissione di raggi gamma. Data la tipologia di rilascio, si considerano pericolosi i GRB che avvengono a distanze inferiori a circa 7000 anni luce da noi. Come visto, la WR104 si trova a 8000 anni luce, distanza paragonabile con questo limite di sicurezza.

A questo punto, le domande importanti a cui dobbiamo rispondere sono: quali effetti avrebbe sulla Terra? Esiste la possibilita’ che il GRB ci colpisca? Quando dovrebe avvenire?

Cominciamo dagli effetti. Come detto, nel Gamma Ray Burst viene emesso un flusso elevato di fotoni con energie comprese tra 0.3 e  2 MeV. Se questo fascio di particelle dovesse investire la Terra, l’interazione dei fotoni con la troposfera causerebbe una dissociazione dell’azoto molecolare con formazione di ossidi di azoto. Questo comporterebbe una drastica riduzione dello strato di ozono che, come visto in questo post:

Che fine ha fatto il buco dell’ozono?

e’ fondamentale per il matenimento della vita sulla Terra. Da stime preliminari, si e’ evidenziato come l’emissione di un GRB che colpisse completamente la Terra, porterebbe ad una riduzione fino al 30% dell’ozono. In questo caso, la diminuita protezione dai raggi solari dannosi, comporterebbe seri problemi per la vita sulla Terra, portando, secondo alcune stime, all’estinzione di diverse specie e alla modificazione del DNA di altre. Diciamo che come scenario, non e’ del piu’ rassicuranti.

Prima di farci prendere dal panico, cerchiamo pero’ di rispondere alla seconda domanda: il GRB della WR104 potrebbe veramente colpirci?

Durante un lampo gamma, la radiazione non viene esplusa in tutte le direzioni, ma viene emessa in due stretti coni coincidenti con l’asse di rotazione della Stella. Detto in parole semplici, il pericoloso fascio non arriva ovunque, ma l’asse di rotazione indica proprio la direzione di questo “sparo” di particelle:

Emissione di gamma di un GRB

Emissione di gamma di un GRB

 

Dunque, per poter essere colpita, la Terra si dovrebbe proprio trovare allineata con l’asse di rotazione della WR104. In rete trovate che dalle misure scientifiche, questa e’ proprio la condizione misurata. Fortunatamente, questo e’ vero solo in parte. Mi spiego meglio. Dalle misure effettuate, l’asse di rotazione del sistema binario, sembra puntare in direzione del sistema solare. Ora pero’, stiamo prima di tutto parlando di un qualcosa distante da noi 8000 anni luce. Per questo motivo, esiste sempre un’incertezza sperimentale su misure angolari di questo tipo. Dire che si trovano perfettamente allineati, non e’ corretto. La misura angolare del sistema doppio, con una incertezza sperimentale piu’ o meno grande, copre anche il nostro sistema solare, ed in particolare la Terra.

Anche se la mia potrebbe sembrare una sottigliezza per distrarre l’attenzione, queste valutazioni sono molto importanti in questo caso. L’emissione di gamma in un GRB avviene in un cono molto stretto, con un’apertura dell’ordine di pochi gradi. Per fare un esempio facile, immaginate di sparare una freccia a grande distanza. Piu’ siete lontani, maggiore e’ la precisione che dovete usare per colpire un corpo esteso. Per il GRB vale esattamente la stessa cosa. Il piccolo cono di emissione rende l’aalineamento richiesto molto preciso e difficilmente si possono fare stime a questo livello per distanze di quest’ordine.

Inoltre, quello che viene misurato e’ l’asse di rotazione del sistema binario, non quello di WR104. Secondo i modelli, le stelle di un sistema binario vengono formate dall’aggregazione della stessa polvere cosmica. Questo significa che l’asse di rotazione di ciascun corpo e’ in relazione con quello del sistema nel suo complesso, ma possono esserci degli spostamenti dovuti alla dinamica del sistema. In un discorso di allineamenti cosi’ precisi come quelli richiesti, capite bene che e’ estremamente difficile valutare tutti questi fattori.

Come potete capire, non sono attendibili tutte quelle voci che dicono che la WR104 punti “esattamente” verso di noi. In tutto questo poi, ho omesso di parlare di lente gravitazionale e di altri effetti che potrebbero in qualche modo complicare ancora di piu’ la precisione richiesta per l’allineamento. Ovviamente questo non significa nulla neanche in verso opposto, cioe’, allo stesso modo, non sono attendibili tutte quelle fonti che parlano di allineamento impossibile. Tenendo a mente la legge di Murphy, o se volete in termini meno scientifici “la fortuna e’ cieca ma la sfortuna ci vede bene”, cerchiamo invece di capire quando dovrebbe avvenire questo pericoloso GRB.

Poiche’ la distanza tra noi e WR104 e’ di 8000 anni luce, la radiazione del lampo gamma impiegherebbe proprio 8000 anni per arrivare fino alla Terra. Da questa considerazione, secondo alcune fonti, il GRB potrebbe gia’ essere avvenuto e sarebbe in viaggio verso di noi.

Su questo punto, esistono opinioni scientifiche del tutto contrastanti. Vista la complessita’ del sistema, non e’ assolutamente facile fare una stima precisa. Secondo le teorie piu’ accreditate, i modelli di evoluzione di una stella di tipo WR prevedono, prima del suo collasso, un aumento significativo della velocita’ di rotazione accompagnato anche da un aumento del vento stellare. Queste caratteristiche sono in contrasto con quanto osservato oggi mediante i telescopi in orbita.

Cosa significa questo?

Secondo questi modelli, come detto maggiormente accreditati, la WR104 sarebbe ovviamente vicina al collasso, ma non ancora prossima a questo evento. In questo caso, si parla di periodi prima del GRB che arrivano anche a centinaia, se non migliaia di anni. Di contro pero’, esistono modelli che parlano di tempi molto piu’ stretti. Ovviamente, gli 8000 anni si separazione tra noi e la stella sono gia’ conteggiati. E’ come se osservassimo un qualcosa avvenuto 8000 anni prima.

Concludendo, la WR104 “potrebbe” realmente rappresentare un pericolo per la vita sulla Terra. Il condizionale e’ pero’ d’obbligo. Come visto, prima di tutto, e’ impossibile parlare di allineamento cosi’ preciso tra noi e l’asse di emissione del fascio. In questa stima entrano tantissimi parametri, difficilmente quantificabili, e che, vista la distanza, potrebbero rappresentare la differenza tra essere colpiti in pieno o completamente mancati. Per quanto riguarda l’istante in cui verra’ emesso il GRB, anche qui le opinioni sono molto contrastanti. Secondo alcuni, il collasso potrebbe gia’ essere avvenuto, mentre secondo altre fonti, mancherebbero ancora moltissimi anni.

Visti i tanti condizionali utilizzati, non resta che attendere. L’unica cosa positiva e’ che, se dovesse avvenire un evento del genere, difficilmente potremmo farci qualcosa, almeno allo stato attuale. Sicuramente, come evidenziato piu’ volte, affinche’ il pericolo si manifesti, sarebbero necessarie condizioni ben precise la cui probabilita’ di avvenire tutte allo stesso tempo e’ estremamente bassa. Detto questo, credo sia inutile preoccuparsi. Sarebbe come non uscire di casa perche’ esiste la remota probabilita’ che una tegola ci cada in testa.

 

Psicosi 2012. Le risposte della scienza”, un libro di divulgazione della scienza accessibile a tutti e scritto per tutti. Matteo Martini, Armando Curcio Editore.

Enormi voragini si aprono in Florida

6 Mar

Solo qualche giorno fa, parlavamo del fenomeno dei Sinkhole raccontando dell’enorme voragine che si e’ aperta in Cina:

Enorme cratere si apre in Cina

Come visto, in questo caso, non ci sono state vittime ne feriti.

Lo stesso fenomeno, ma con conseguenze piu’ tragiche, e’ invece avvenuto solo un paio di giorni fa in Florida, precisamente nella citta’ di Tampa.

Cosa e’ accaduto?

Analogamente al caso cinese, anche in Florida si e’ aperta un voragine nel terreno, ma questa volta proprio sotto un’abitazione civile. Sfortunatamente, il fenomeno e’ accaduto intorno alle 23, quando molte delle persone erano in procinto di andare a letto o stavano gia’ dormendo.

Il cratere in questione si e’ aperto proprio sotto la camera da letto di Jeffrey Bush, un uomo di 36 anni che purtroppo e’ stato risucchiato dalla voragine che si e’ aperta nel terreno. I testimoni riportano di un forte boato udito in tutto il paese e del cratere che si e’ aperto improvvisamente.

Questa e’ una foto dell’abitazione:

Esterno delle casa di Jeffrey Bush in Florida

Esterno delle casa di Jeffrey Bush in Florida

Come vedete, apparentemente, dall’esterno la casa sembra intatta. Le pareti perimetrali sono infatti rimaste illese, anche se, come riportato dai testimoni, la voragine ha raggiunto un diametro dell’ordine dei 10 metri ed una profondita’ stimata di 30.

Purtroppo i soccorritori non sono riusciti a recuperare il corpo dell’uomo dal momento che il terreno risulta molto friabile e dunque instabile. Come dicevamo nel post precedente, anche in questo caso, si sente un forte rumore di acqua provenire dal cratere, segno inconfondibile di correnti sotterranee nella voragine.

Attualmente, le ricerche dei soccorittori sono state interrotte e si sta solo lavorando alla demolizione della casa. Solo a questo punto si potra’ valutare meglio anche la profondita’ e la struttura del sinkhole.

Proprio nelle ultime ore, l’Ansa ha battuto la notizia di un altro sinkhole che si sarebbe formato sempre nella stessa citta’ a pochissima distanza di questo di cui stiamo parlando. In questo caso, fortunatamente, non ci sarebbero vittime e il cratere avrebbe dimensioni molto minori del primo. Come riportato nella notizia, la voragine si e’ formata proprio sotto un’abitazione e, come potete vedere dalla foto, la struttura presenta notevoli problemi strutturali:

Nuovo sinkhole in Florida

Nuovo sinkhole in Florida

Qual’e’ l’origine di questi fenomeni in Florida?

Come detto anche nell’articolo precedente, le cause alla base della formazione dei sinkhole possono essere differenti tra loro. Esistono punti specifici della Terra, in cui questi fenomeni sono piu’ frequenti. La Florida, e tutta la zona intorno a Tampa, e’ uno di questi posti.

Per darvi l’idea della portata del fenomeno in Florida, negli ultmi 50 anni, sono stati riportati circa 500 fenomeni di questo tipo. Fino ad oggi pero’, non si erano mai avuti casi di persone inghiottite dai sinkhole.

Nel caso specifico della Florida, la causa e’ da ricercarsi nella struttura stessa del terreno. La zona infatti e’ molto ricca di cave e caverne sotterranee, formate pero’ in un terreno molto poroso e ricco di correnti d’acqua. Proprio la continua erosione puo’ svuotare ampie zone causando una depressione e portando alla fine il terreno a cedere sotto il proprio peso.

Come anticipato, sulla Terra esistono diverse zone in cui questo fenomeno puo’ avvenire piu’ frequentemente. Esistono anche casi di sinkhole sottomarini, che si formano sotto la superficie dei mari o degli oceani. Il caso piu’ famoso di questo tipo e’ senza dubbio quello del Great Blue Hole in Belize:

Il Great Blue Hole in Belize

Il Great Blue Hole in Belize

Come vedete, questo pozzo, profondo circa 124 metri, interrompe la barriera corallina dando un colore blu intenso all’area. Oltre ad essere un’attrazione turistica, questo imponente sinkhole e’ stato dichiarato patrimonio mondiale dall’Unesco.

Concludendo, i sinkhole sono un fenomeno noto e, soprattutto in alcune zone del pianeta, possono essere un pericolo costante per la popolazione. Visto quanto accaduto in Florida, sarebbe il caso di pensare come sviluppare un sistema di monitoraggio del terreno, soprattutto nelle zone in cui il fenomeno e’ noto e si e’ gia’ presentato in passato.

 

Psicosi 2012. Le risposte della scienza”, un libro di divulgazione della scienza accessibile a tutti e scritto per tutti. Matteo Martini, Armando Curcio Editore.

 

Elezioni, promesse verdi e protocollo di Kyoto

6 Feb

Come tutti sanno, qui in Italia, siamo nel pieno della campagna elettorale per le elezioni politiche. Non passa un giorno senza che i nostri candidati premier promettano questo o quest’altro, facendo a gara tra loro a chi riesce a fare la “sparata”, perche’ in genere solo di questo si parla, piu’ grossa in TV o sui giornali.

Ovviamente, lungi da me fare un discorso politico su questo blog. La premessa fatta, e su questo credo che nessuno possa dire il contrario, e’ indipendente da destra, sinistra, centro, sopra e sotto.

Oggi pero’, leggendo il giornale, vedo una serie di notizie che mi hanno fatto riflettere. Tutti hanno cominciato a parlare di ambiente e si sono resi conto che nei programmi elettorali non poteva certo mancare anche la promessa su queste tematiche. In particolare, proprio oggi, ci sono state una serie di dichiarazioni riguardanti proprio la politica delle rinnovabili e lo sfruttamento o meno di determinate risorse italiane.

A cosa mi riferisco?

7252Cominciamo proprio dal discorso sfruttamento. Nel canale di Sicilia sta facendo molto discutere la scelta di installare piattaforme per l’estrazione petrolifera. Prima di tutto, su molte fonti si e’ iniziato a parlare di tecniche di fracking, di pericolo terremoti o anche della possibilita’ che attivita’ di questo tipo possano creare tsunami nei nostri mari.

Di fracking abbiamo parlato piu’ volte, ad esempio, in questi post:

Fratturazione idraulica

Una prova del fracking in Emilia?

Innalzamento dei pozzi in Emilia prima del sisma

Come sappiamo, queste tecniche sfruttano l’inserimento nel terreno di fluidi ad alta pressione i quali, mediante un azione corrosiva, riescono a facilitare l’estrazione di idrocarburi, ma principalmente di gas. Come visto nei post precedenti, questo genere di attivita’ ha veramente mostrato la possibilita’ di innescare terremoti di intensita’ molto lieve anche a distanza di alcni giorni dall’immisione dei fluidi nel sottosuolo. Ci tengo a sottolineare che stiamo parlando di lievi scosse, non esiste nessun caso al mondo, documentato, in cui il fracking abbia creato terremoti di magnitudo elevata.

Dell’utilizzo del fracking ne abbiamo parlato nel caso del terremoto dell’Emilia del 2012. Come visto, questa relazione era in realta’ completamente campata in aria e questa attivita’ assolutamente non documentata prima ancora che connessa con il terremoto.

Tornando al caso dello stretto di Sicilia, i timori principali vengono dal fatto che questa e’ una zona da sempre considerata a rischio terremoti, vista anche la presenza di strutture del terreno molto diversificate, in grado di provocare l’amplificazione delle onde sismiche, ma anche grazie alla presenza di linee di faglia proprio nello stretto.

Diciamo subito che l’estrazione del petrolio nello stretto non prevede assolutamente l’utilizzo del fracking e non c’e’ assolutamente nessun pericolo terremoto in queste attivita’.

Queste considerazioni rispondono da sole alle accuse mosse in questa direzione, anche se la cosa principale da valutare e’ in realta’ l’utilita’ di queste trivellazioni. La nostra penisola, e ovviamente i mari che la circondano, sono molto poveri di giacimenti di idrocarburi e lo stretto di Sicilia non e’ assolutamente da meno. Il problema principale non e’ nemmeno l’utilizzo del fracking o delle trivellazioni, ma semplicemente la poverta’ dei giacimenti che sarebbero in grado di fornire una quantita’ di petrolio assolutamente non elevata. Per darvi un’idea, se anche si estraesse di colpo tutto il petrolio presente nel giacimento, questo sarebbe sufficiente alla nostra nazione solo per 2-3 mesi. Dunque? Forse la spesa non vale l’impresa, come si dice dalle mie parti.

Parlando invece di rinnovabili, il discorso sarebbe leggermente piu’ complesso, se non altro per la grande diversificazione delle fonti sfruttabili, ognuna con le proprie caratteristiche e i propri limiti. Rimanendo sul punto di vista elettorale, oggi tutti si dicono convinti nel sostenere l’utilizzo delle rinnovabili , dimenticando pero’ di fare un discorso a lungo termine.

Le rinnovabili, quali Sole e vento in primis, sono ampiamente disponibili in Italia e, ad oggi, ancora poco sfruttate. Quello che pero’ i nostri politicanti dimenticano di considerare, come sempre avviene non solo su questo tema, e’ la prospettiva ad ampio respiro. Di anno in anno, gli incentivi per l’installazione, ad esempio, di un impianto fotovoltaico sono diminuiti e hanno raggiunto un minimo con il quinto conto energia del 2012. Ovviamente ancora oggi conviene installare un impianto domestico per l’autosostentamento, ma questo principalmente grazie alla riduzione del costo dei pannelli e al leggero incremento in termini di rendimento dell’impianto stesso.

Ho preso come esempio il caso solare perche’ e’ quello piu’ noto e piu’ comune nei discorsi abitativi privati. Questo esempio e’ importante per capire la prospettiva futura. Lo sfruttamento delle rinnovabili ora non potra’ essere lo stesso tra 20 o 30 anni. Se pensiamo che anno dopo anno, il consumo medio di energia elettrica aumenta nel mondo vertiginosamente, e’ impensabile dare corrente a tutti questi paesi semplicemente con dei pannelli sopra il tetto o con qualche pala nel mare. Quello che i nostri politicanti dovrebbero capire e’ che investire nelle rinnovabili significa investire nella ricerca in questo settore. Per darvi qualche esempio, in campo solare vi sono molte soluzioni futuribili su cui si sta lavorando: solare termodinamico, ricerca su nuovi materiali, specchi, nanopraticelle, ecc. Tutte soluzioni che potrebbero incrementare la produzione di corrente elettrica per superficie occupata.

Abbandonando un attimo il discorso rinnovabili, si dovrebbe investire, ad esempio, nel campo della fusione nucleare. Questo settore e’ assolutamente appetibile e riesce a mettere d’accordo praticamente tutti: pro e contro nucleare, ambientalisti e imprenditori. La fusione nucleare consentirebbe di ottenere energia molto facilmente, con impianti puliti, senza emissioni e senza scorie radioattive. Cosa si potrebbe desiderare di meglio? Ovviamente siamo ancora lontani, ad oggi, dal pensare una centrale civile per la produzione di corrente che funzioni a fusione, ma per poter arrivare a questo e’ necessario investire in questo settore.

Concludendo questa parte, e’ inutile parlare di green economy se non si parla di investire nella ricerca, sia essa scientifica o tecnologica. Quando sentiamo dire che la scienza puo’ aiutarci a vivere meglio, stiamo parlando di questo, cioe’ di soluzioni in grado di farci vivere meglio, in un ambiente meno inquinato e non sfruttando come virus le risorse del nostro pianeta attaccandole fino all’ultima goccia.

Prima di chiudere, vorrei uscire un secondo dai nostri confini ma sempre rimanendo in tema ambientale. Proprio di questi giorni e’ la notizia che gli Stati Uniti hanno finalmente deciso di sottoscrivere il protocollo di Kyoto. Come sapete, in questo trattato gli stati si sono ripromessi di ridurre notevolmente l’emissione di gas serra nell’ambiente mediante una migliore politica ambientale ed industriale. Pensate che gli USA per anni hanno rifiutato di sottoscrivere il trattato anche se da soli producono circa il 36% dei gas serra a livello mondiale. Questo potrebbe forse essere un primo vero passo in avanti nelle politiche green degli Stati Uniti.

In questa breve discussione, abbiamo dunque cercato di analizzare il punto di vista scientifico nella produzione di energia da fonti rinnovabili. Anche in questo settore, la vera prospettiva futura e’ quella di un investimento reale nella ricerca al fine di poter migliorare la tipologia e la qualita’ delle fonti rinnovabili (e non) utilizzate. Questo messaggio e’ estremamente importante ed e’ quello che i futuri governanti, di qualsiasi colore, dovrebbero sempre tenere a mente.

 

Psicosi 2012. Le risposte della scienza”, un libro di divulgazione della scienza accessibile a tutti e scritto per tutti. Matteo Martini, Armando Curcio Editore.

 

 

Perche’ la ricerca: economia

5 Gen

Nel post precedente:

Perche’ la ricerca: scienza e tecnologia

abbiamo cercato di rispondere alla domanda “perche’ fare ricerca?” discutendo il lato tecnologico e le possibili ricadute scientifiche nella vita di tutti i giorni. Come detto, stiamo cercando di rispondere a questa domanda non in senso generale, ma proprio contestualizzando la risposta in questi anni di profonda crisi economica o, comunque, investendo nella ricerca a discapito di settori considerati piu’ importanti o vitali per tutti i cittadini.

Dopo queste considerazioni piu’ tecniche, vorrei invece analizzare il discorso economico della ricerca. Come sappiamo, e come abbiamo visto nel precedente post, fare ricerca ad alti livelli implica investimenti molto massicci. Tolte le ricadute tecnologiche, cerchiamo invece di capire se sono investimenti a fondo perduto o se implicano un ritorno economico tangibile per le nazioni.

Come nel caso precedente, prendiamo come esempio tra grandi ricerche in settori diversi per cercare di quantificare in modo pratico, numeri alla mano. I soliti tre esempi sono: ITER, il reattore a fusione per scopi di ricerca, le missioni spaziali e il CERN, come esempio di grande laboratorio per la fisica delle particelle.

Partiamo da ITER e partiamo con una considerazione che ci deve far riflettere. ITER e’ una collaborazione internazionale in cui entrano gli Stati Uniti, il Giappone e alcuni paesi europei. Come detto, parliamo di un investimento dell’ordine di 10 miliardi di euro. Forse vi fara’ riflettere il fatto che Francia e Giappone hanno discusso per lungo tempo proprio per cercare di costruire il reattore nel proprio paese. Ovviamente averlo in casa offre dei vantaggi notevoli in termini di ricadute tecnologiche, ma sicuramente implica una maggiore spesa per il paese ospitante. Conoscendo la situazione economica attuale, se un paese cerca in tutti i modi di averlo in casa e dunque spendere di piu’, significa che qualcosa indietro deve avere.

Passiamo invece alle missioni spaziali. Altro tema scottante nel discorso economico e molte volte visto come una spesa enorme ma non necessaria in tempi di crisi. Partiamo, ad esempio, dal discorso occupazionale. Molte volte sentiamo dire dai nostri politicanti o dagli esperti di politica ecnomica che si devono fare investimenti per creare posti di lavoro. Vi faccio un esempio, al suo apice, il programma di esplorazione Apollo dava lavoro a circa 400000 persone. Non pensiamo solo agli scienziati. Un programma del genere crea occupazione per tutte le figure professionali che vanno dall’operaio fino al ricercatore, dall’addetto alle pulizie dei laboratori fino all’ingegnere. Ditemi voi se questo non significa creare posti di lavoro.

Passando invece all’esempio del CERN, sicuramente i numeri occupazionali sono piu’ piccoli, ma di certo non trascurabili. Al CERN ci sono circa 2500 persone che tutti i giorni lavorano all’interno del laboratorio. A questi numeri si devono poi sommare quelli dei paesi che partecipano agli esperimenti ma non sono stanziali a Ginevra. In questo caso, arriviamo facilmente ad una stima intorno alle 15000 unita’.

A questo punto pero’ sorge una domanda che molti di voi si staranno gia’ facendo. LHC, come esempio, e’ costato 6 miliardi di euro. E’ vero, abbiamo creato posti di lavoro, ma la spesa cosi’ elevata giustifica questi posti? Con questo intendo, se il ritorno fosse solo di numeri occupazionali, allora tanto valeva investire cifre minori in altri settori e magari creare piu’ posti di lavoro.

L’obiezione e’ corretta. Se il ritorno fosse solo questo, allora io stesso giudicherei l’investimento economico, non scientifico, fallimentare. Ovviamente c’e’ molto altro in termini finanziari.

Prima di tutto vi devo spiegare come funziona il CERN. Si tratta di un laboratorio internazionale, nel vero senso della parola. Il finanziamento del CERN viene dai paesi membri. Tra questi, dobbiamo distinguere tra finanziatori principali e membri semplici. Ovviamente i finanziatori principali, che poi sono i paesi che hanno dato il via alla realizzazione del CERN, sono venti, tra cui l’Italia, ma, ad esempio, alla costruzione di LHC hanno partecipato circa 50 paesi. Essere un finanziatore principale comporta ovviamente una spesa maggiore che viene pero’ calcolata anno per anno in base al PIL di ogni nazione.

Concentriamoci ovviamente sul caso Italia, ed in particolare sugli anni caldi della costruzione di LHC, quelli che vanno dal 2000 al 2006, in cui la spesa richiesta era maggiore.

Nel 2009, ad esempio, il contributo italiano e’ stato di 83 milioni di euro, inferiore, in termini percentuali, solo a Francia, Germania e Regno Unito.

Contributo italiano al CERN in milioni di euro. Fonte: S.Centro, Industrial Liasion Officer

Contributo italiano al CERN in milioni di euro. Fonte: S.Centro, Industrial Liaison Officer

Il maggiore ritorno economico per i paesi e’ ovviamente in termini di commesse per le industrie. Che significa questo? Servono 100 magneti, chi li costruisce? Ovviamente le industrie dei paesi membri che partecipano ad una gara pubblica. Il ritorno economico comincia dunque a delinearsi. Investire nel CERN implica un ritorno economico per le industrie del paese che dunque assumeranno personale per costruire questi magneti. Stiamo dunque facendo girare l’economia e stiamo creando ulteriori posti di lavoro in modo indiretto.

Apriamo una parentesi sull’assegnazione delle commesse. Ovviamente si tratta di gare pubbliche di appalto. Come viene decretato il vincitore? Ogni anno, il CERN calcola un cosiddetto “coefficiente di giusto ritorno”, e’ un parametro calcolato come il rapporto tra il ritorno in termini di commesse per le industrie e il finanziamento offerto alla ricerca. Facciamo un esempio, voi investite 100 per finanziare la costruzione di LHC, le vostre industrie ottengono 100 di commesse dal CERN, il coefficiente di ritorno vale 1.

Ogni anno, in base al profilo di spesa, ci saranno coefficienti diversi per ciascun paese. Si parla di paesi bilanciati e non bilanciati a seconda che il loro coefficiente sia maggiore o minore del giusto ritorno. In una gara per una commessa, se l’industria di un paese non bilanciato arriva seconda dietro una di un paese gia’ bilanciato, e lo scarto tra le offerte e’ inferiore al 20%, allora l’industria del paese non bilanciato puo’ aggiudicarsi la gara allineandosi con l’offerta del vincitore. In questo modo, viene ripartito equamente, secondo coefficienti matematici, il ritorno per ciascun paese.

Cosa possiamo dire sull’Italia? Negli anni della costruzione di LHC, LItalia ha sempre avuto un coefficiente molto superiore al giusto ritorno. Per dare qualche numero, tra il 1995 e il 2008, il nostro paese si e’ aggiudicato commesse per le nostre aziende per un importo di 337 milioni di euro.

Vi mostro un altro grafico interessante, sempre preso dal rapporto del prof. S.Centro dell'”Industrial Liaison Officer for Italian industry at CERN”:

Commesse e coefficiente di ritorno per l'Italia. Fonte: S.Centro, Industrial Liaison Officer

Commesse e coefficiente di ritorno per l’Italia. Fonte: S.Centro, Industrial Liaison Officer

A sinistra vedete gli importi delle commesse per gli anni in esame per il nostro Paese, sempre in milioni di euro, mentre a destra troviamo il coefficiente di ritorno per l’Italia calcolato in base all’investimento fatto. Tenete conto che in quesgli anni, la media del giusto ritorno calcolato dal CERN era di 0.97.

Guardando i numeri, non possiamo certo lamentarci o dire che ci abbiano trattato male. La conclusione di questo ragionamento e’ dunque che un investimento nella ricerca scientifica di qualita’, permette un ritorno economico con un indotto non indifferente per le aziende del paese. Ogni giorno sentiamo parlare di rilancio delle industrie, di creazione di posti di lavoro, di rimessa in moto dell’economia, mi sembra che LHC sia stato un ottimo volano per tutti questi aspetti.

Ultima considerazione scientifico-industriale. Le innovazioni apportate facendo ricerca scientifica, non muoiono dopo la realizzazione degli esperimenti. Soluzioni tecnologiche e migliorie entrano poi nel bagaglio industriale delle aziende che le utilizzano per i loro prodotti di punta. Molte aziende vengono create come spin-off di laboratori, finanziate in grossa parte dalla ricerca e poi divengono delle realta’ industriali di prim’ordine. L’innovazione inoltra porta brevetti che a loro volta creano un ritorno economico futuro non quantificabile inizialmente.

Concludendo, anche dal punto di vista economico, fare ricerca non significa fare finanziamenti a fondo perduto o fallimentari. Questo sicuramente comporta un ritorno economico tangibile immediato. Inoltre, il ritorno in termini tecnologici e di innovazione non e’ quantificabile. Fare ricerca in un determinato campo puo’ portare, immediatamente o a distanza di anni, soluzioni che poi diventeranno di uso comune o che miglioreranno settori anche vitali per tutti.

Vi lascio con una considerazione. Non per portare acqua al mulino della ricerca, ma vorrei farvi riflettere su una cosa. In questi anni di crisi, molti paesi anche europei, ma non l’Italia, hanno aumentato i fondi dati alla ricerca scientifica. A fronte di quanto visto, forse non e’ proprio uno sperpero di soldi.

Psicosi 2012. Le risposte della scienza”, un libro di divulgazione della scienza accessibile a tutti e scritto per tutti. Matteo Martini, Armando Curcio Editore.