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Ebola, la nuova goduria complottista ….. attenzione però!

17 Ago

Tante volte lo abbiamo detto, i nostri amici complottisti negli ultimi tempi erano giù di morale. E’ vero che c’è ancora chi la spara grossa su Nibiru, comete varie, asteroidi, Maya, ecc., ma ormai non sono tanti quelli che ancora ci credono. Questo apparente “medioevo complottista” era però un periodo transitorio, un’incubatrice dove le idee erano in attesa di venire fuori attendendo la prossima occasione ghiotta. Purtroppo, per tanti buoni motivi che ora vedremo, questa occasione è arrivata e si chiama “ebola”.

Non credo di dire nula di nuovo dicendo che, in questi giorni più che mai, la nuova psicosi è rappresentata da un’epidemia di questo temibile virus che molti temono possa arrivare in Italia.

Prima affermazione importante che è doveroso fare e che più avanti contestualizzeremo in modo opportuno: non c’è nessun caso di Ebola in Italia. Ripeto: “nessuno” in nessun luogo del nostro paese.

Ma cerchiamo, come nostra abitudine, di andare con ordine e capire in dettaglio l’origine, la situazione e gli ipotetici sviluppi futuri di quella che potrebbe rappresentare una bomba sanitaria mondiale.

Come noto, diversi paesi dell’Africa, tra cui Guinea, Sierra Leone e Liberia, sono da diversi mesi alla prese con l’epidemia di Ebola che ha già fatto registrare decine di vittime e un numero sempre crescente di contagiati.

Come è nata questa epidemia?

Solo in questi giorni si è riusciti ad identificare quello che, in gergo medico, viene definito caso zero. Il primo ad aver contratto questo virus è stato un bambino di 2 anni nella Guinea, deceduto il 6 dicembre 2013. L’infezione di ebola è molto devastante a livello fisico perchè si presenta con febbre alta, diarrea, vomito e, nel 90% dei casi, 100% se non gestita adeguatamente, porta alla morte nel giro di pochi giorni. Come è ovvio, anche perchè si tratta del primo caso, i componenti della famiglia del bambino in questione si ammalarono molto velocemente. Piccola parentesi, il contagio di ebola avviene solo ed esclusivamente attraverso il contatto dei fluidi corporei. Nel giro di una settimana, sono morte la mamma, la sorella e la nonna del bambino in questione. Proprio al funerale della nonna, erano presenti due persone che vennero contagiate e portarono il virus nei loro rispettivi villaggi. Qui, un infermiere che era venuto a contatto con il malato, venne a sua volta contagiato. In un paese come la Guinea in cui il sistema nazionale molto spesso si riduce ad un solo infermiere che si occupa di diverse comunità di persone, potete capire cosa sia accaduto.

Nel giro di pochi mesi, quando finalmente l’epidemia venne riconosciuta e compresa, si registravano già decine di casi in diversi villaggi della Guinea e primi casi erano già presenti in Liberia e Sierra Leone. Da qui in poi, potete capire come questo fenomeno sia cresciuto praticamente in modo esponenziale.

Ad oggi, vengono registrati anche alcuni sporadici casi in Nigeria ma non ci sono ulteriori conferme di persone contagiate dall’ebola in nessun altro paese. Come noto, tutte le voci riguardanti casi in USA, Canada, Hong Kong, Arabia Saudita e, come anticipato, Italia e Germania, si sono rivelati dei falsi perchè bufale o perchè smentiti da analisi di laboratorio prontamente eseguite.

Capita l’origine, l’evoluzione e lo stato attuale della situazione ebola, torniamo ai nostri amici complottisti. Come anticipato, non potevano certo farsi sfuggire questa occasione d’oro. Se avate avuto modo di leggere gli articoli pubblicati da queste “testate”, spero vivamente vi siate fatti quattro risate senza lasciarvi prendere dal panico.

Andiamo con ordine. Di certo, non poteva mancare chi ha attribuito l’epidemia di ebola al volere del solito Nuovo Ordine Mondiale per sterminare metà della popolazione mondiale. Al solito, non fraintendete, non è mia intenzione prendere spunto da una situazione globale drammatica che sta mietendo vittime. Questa è l’intenzione di coloro di cui stiamo parlando e sui quali la gente deve sapere la verità. Oltre al motivo del contagio, c’è invece chi ricama sulla tipologia di malattia. Quella in corso non sarebbe assolutamnete un’epidemia di ebola, ma di Morgellons. Esatto, avete capito proprio bene. Secondo alcuni siti, l’epidemia in corso sarebbe di questa inventata malattia di cui abbiamo parlato in questo apposito post:

Il morbo di Morgellons

Perchè? Anche questo è molto prevedibile. Loro sono anni che accusano i governi di spargere veleni attraverso le scie chimiche e ora sono arrivate le conseguenze. Le persone sarebbero state “avvelenate” a seguito del contagio con gli inquinanti sparsi mediante aerosol atmosferico. Piccola parentesi riflessiva: non mi sembra che fino ad oggi qualcuno abbia mai parlato di scie chimiche in Africa, eppure il contagio è iniziato li. Va bene, non facciamo i precisini, si sa, le scie chimiche vanno un pò ovunque.

Detto questo, esiste un problema reale per l’Italia? Purtroppo, anche se ripeto ad oggi non ci sono stati casi nel nostro paese, come tutti sanno, esiste il problema reale e e conosciuto dei continui sbarchi nel nostro paese di parte di migranti provenienti dai paesi africani. Ora, non è questa la sede per affrontare un discorso relativo agli sbarchi, è giusto, è sbagliato, vanno fermati, Renzi, Alfano, Mare Nostrum, ecc.. Nonostante questo, dati i continui flussi migratori, è ovviamente richiesta, ed è ovviamente stata attuata, una politica sanitaria di emergenza per scongiurare che l’epidemia si estenda anche all’Europa.

A questo punto vi chiederete: perchè nel titolo del post ho scritto “attenzione però?” Molto semplice, come forse avrete avuto modo di leggere, e come discusso poche righe fa, i complottisti non si sono lasciati sfuggire la ghiotta occasione dell’ebola. A volte, però, si esagera.

Cosa intendo?

Sui social network è circolata nei giorni scorsi la notizia secondo la quale a Lampedusa ci sarebbero diversi casi, chi parla di unità chi di decine, di ebola. Neanche a dirlo, i contagiati sarebbero immigrati sbarcati sulle coste della nostra isola e il contagio si sarebbe già esteso al personale dei centri di prima accoglienza. In tutta questa favola, non poteva certo mancare il carico: il governo, in accordo con l’Europa, è a conoscenza del problema, ma non vuole informare la popolazione. Il motivo? Sempre perchè il tutto fa parte del progetto di sterminio della popolazione oppure per non creare panico o, ancora, perchè si sta sottovalutando il problema.

Cosa c’è di vero in tutto questo? Assolutamente nulla.

Il particolare che però rende diversa questa bufala lanciata sui social network dalle altre è che questa volta siamo di fronte ad un caso di sicurezza nazionale. Questo “dettaglio” ha comportato la rapida risposta da parte delle autorità che, mediante la polizia postale, hanno già identificato l’autore della falsa notizia. Il tizio in questione è stato ovviamente denunciato con accuse molto gravi e di mezzo c’è anche l’associazione degli albergatori di Lampedusa che si è costituita parte civile nel processo. Perchè? Molto semplice. La notizia circolata sulla rete è divenuta subito virale e, dopo averla letta, molti turisiti hanno disdetto la loro pronatazione sull’isola per paura del contagio. Come potete facilmente capire, l’economia di Lampedusa, da sempre basata sul turismo, si trova in una fase estremamente delicata proprio a causa dei continui sbarchi di migranti. La falsa notizia fatta circolare ha dato il colpo di grazia al turismo atteso per questa stagione. Risultato? L’associazione degli albergatori ha chiesto al simpatico bufalaro un risarcimento di dieci milioni di euro! Ovviamente ci sarà da attendere il processo per vedere come la cosa andrà a finire ma, per il momento, questa richiesta segna una svolta molto importante per le continue bufale che circolano in rete.

Cari amici complottisti, pensate bene a quello che scrivete e dite. Oltre a creare psicosi collettive, molto spesso le vostre pseudo-notizie creano danni incalcolabili e che, prima o poi, come in questo caso, qualcuno vi chiederà di pagare!

 

Psicosi 2012. Le risposte della scienza”, un libro di divulgazione della scienza accessibile a tutti e scritto per tutti. Matteo Martini, Armando Curcio Editore.

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La prova regina per eccellenza

21 Giu

In questi giorni sta facendo molto discutere il caso di Yara Gambirasio e l’arresto di quello che sembrerebbe il presunto assassino. Mi rendo conto che la tematica non è delle più semplici ed in questa sede, come è la natura stessa del blog, non voglio entrare in discussioni riguardanti il caso in se ne tantomeno discutere giustizialismo o meno. Come sappiamo tutti, quello che ad oggi è identificato come l’assassino di Yara è stato identificato dopo una lunga e costosa inchiesta che si è basata notevolmente sul test del DNA e sulla comparazione di circa 18000 campioni prelevati da cittadini della zona con delle tracce biologiche rinvenute su un indumento della vittima.

L’identificazione del presunto assassino ha portato però una lunga coda di discussioni sulla certezza o meno della colpevolezza. Senza entrare nel merito della discussione sulle dichiarazioni rilasciate anche da esponenti di governo, il fulcro della questione è rappresentato dalla validità o meno, o meglio dalla precisione o meno, del test del DNA eseguito.

Per cercare di capire meglio la questione, proviamo a capire come vengono eseguiti questi test e se veramente ci sono margini di errore significativi tali da mettere in discussione l’impianto accusatorio per il sospetto.

Come anticipato, durante l’inchiesta sono stati prelevati circa 18000 campioni di DNA da altrettante persone che frequentavano luoghi di interesse per l’indagine e che potevano essere entrate in contatto in qualche modo con la vittima. Tra queste persone è stato identificato un notevole grado di somiglianza tra il campione rinvenuto ed un frequentatore di una nota discoteca della zona. Da qui si è poi risaliti a tre fratelli il cui DNA era ancora più somigliante alla prova e al loro padre, morto nel 1999, ma il cui DNA è stato estratto dalla saliva dietro un bollo della patente e confermato poi dalle ossa riesumate per le indagini. Come è noto, da qui si è passati ad identificare la madre dell’assassino che avrebbe avuto una coppia di gemelli illegittimi dal padre in questione. L’identificazione madre-figlio è sempre stata fatta mediante il test del DNA e nello specifico mediante la comparazione di quello che si chiama DNA mitocondriale, trasferito interamente da madre a figlio. A questo punto, proprio nel maschio della coppia di gemelli è stato identificato il presunto assassino di Yara.

Tutta questa storia sembra più la sceneggiatura di un film o di una serie poliziesca piuttosto che una normale indagine. Ovviamente, il costo di tutte queste procedure è stato elevatissimo. Ed ora? Dopo circa 4 anni, milioni di euro spesi, perché continuiamo ad avere dubbi? Questo è il tema che vorremmo affrontare per capire meglio il perché di tutta questa discussione dopo che il test del DNA viene da diverse fonti considerata la prova regina per la risoluzione di indagini rompicapo.

Come avrete letto e ascoltato, la certezza della corrispondenza tra la traccia rinvenuta sugli indumenti e il DNA del presunto assassino è del 99,99999987%, dunque la probabilità di errore è di uno su miliardi. Allora? Uno su miliardi sembrerebbe una certezza assoluta. In realtà, non è così. Cerchiamo di capire meglio.

Per rima cosa, come viene fatto il test del DNA? Come sappiamo, la molecola del DNA, la famosa doppia elica, è composta da catene lunghissime di basi che contengono tutte le informazioni necessarie a codificare l’essere umano. Se prediamo il DNA di due persone qualsiasi, non parenti, fratelli o altro, ma persone qualsiasi, questi sono identici tra loro per circa il 99.9%. Bene, questa quasi totalità identica è quella che si chiama “genoma umano”. La restante parte del DNA è composta da sequenze non codificate e che non entrano nella sintesi proteica. Proprio questa parte è formata da sequenze di coppie che si ripetono casualmente e la cui struttura è talmente arbitraria da potersi considerare un’evoluzione moderna delle classiche impronte digitali. Detto in altri termini, questa parte minore di DNA è diversa da individuo ad individuo ma è rappresentata non da sequenze a caso, ma da coppie che si ripetono un numero fisso di volte. Bene, analizzando questa parte del DNA, cioè contando quanti e quali coppie e quante volte si ripetono, è possibile effettuare il test del DNA per confrontare tra loro due campioni. Questa tipologia di analisi è la stessa che viene utilizzata anche per il test di paternità utilizzato per riconoscere o meno un figlio.

Detto questo, se consideriamo il numero elevatissimo di combinazioni possibili di queste sequenze, una volta confrontati due campioni e visto che questi hanno le stesse sequenza ripetute, arriviamo agilmente a probabilità di appartenenza che sfiorano il 100%. In altri termini, trovato un campione di DNA, la probabilità che questo appartenga ad una persona a caso piuttosto che a colui che viene identificato è una su miliardi di casi. Tra l’altro, si tratta di un test abbastanza semplice e che è possibile portare a termine nell’arco di un paio d’ore.

Detto questo, con le probabilità che abbiamo detto prima, dove sarebbe la possibilità di errore?

In realtà, è vero che la probabilità di errore è così bassa, ma si tratta solo della probabilità che due persone possano avere le stesse sequenze ripetute nella parte di DNA analizzato. Purtroppo, come la scienza ci insegna, si deve sempre tenere conto degli errori apportati nella misura.

Cosa significa?

Come detto, in questa tipologia di misura si contano, nel vero senso del termine, le sequenze ripetute. E se ci sbagliamo a contare? Questo in realtà potrebbe essere un problema. E’ vero che la sequenza del DNA in esame, per conoscenza i microsatelliti, sono una caratteristica quasi unica, ma alcuni laboratori dichiarano percentuali di errori anche fino al 2%, dunque infinitamente maggiore di quelle considerate, nell’identificazione delle sequenze. Ora, se confrontiamo il 2% con il zero virgola tanti zeri qualcosa visto prima, le cose cambiano decisamente verso.

Oltre a questo, c’è poi il problema della contaminazione dei campioni. Molti citato in questi giorni è il cosiddetto caso del fantasma di Heilbronn, un caso del 1993 in cui in numerosi omicidi in Germania venne rinvenuto lo stesso DNA appartenente ad una donna. Nei mesi successivi, lo stesso campione venne identificato anche in altri casi simili ma in paesi diversi. Da qui, come è ovvio, si pensò ad un caso di serial killer europeo autore di tantissimi omicidi. Il tutto si risolse poi nel nulla quando dopo qualche anno si capì che il DNA in questione apparteneva ad una operaia della ditta che forniva i campioni per i test a diversi paesi e che per errore era entrata in contatto con materiale dopo la sterilizzazione.

Ovviamente, quello del fantasma di Heilbronn è un caso limite, ma ci fa capire come le probabilità di errore sono sempre presenti e non si limitano alla sola precisione del test che, sbagliando, viene spesso citata da sola.

Detto questo, anche in termini giuridici, il test del DNA, in casi come questo, viene considerato come un forte indizio ma non come una prova schiacciante. Come potete capire, per poter chiudere definitivamente il caso è necessario ricostruire il tutto e inchiodare con certezza il soggetto identificato dal test con tutta una serie di altri indizi che rendono la cosa inattaccabile. Questa è la ricostruzione dell’impianto accusatorio a cui si sono appellati gli avvocati difensori di quello che, ad oggi, possiamo considerare il sospettato numero uno.

Solo per chiarire il tutto, insieme al test del DNA in questi giorni viene spesso citato il database dei cellulari che si sono agganciati alla cella telefonica del campo in cui è stato rinvenuto il corpo. Proprio nell’articolo precedente:

Tempeste solari e problemi ai telefoni?

abbiamo parlato di rete mobile parlando della zona coperta dalla cella intesa come stazione mobile. Anche su quest’altra prova a sostegno, gli avvocati difensori si sono appellati al fatto che la stessa cella copre sia il campo già citato, ma anche abitazioni in cui il sospetto poteva essere in quel momento perché di sua proprietà o di parenti stretti.

Dunque? Sicuramente la persona identificata ha un pesante e sospetto di colpevolezza ma, come visto, prima di poter dichiarare il caso chiuso, sarà necessario ricostruire molti altri dettagli che metteranno in correlazione l’assassino con la la vittima e, soprattutto, chiuderanno il caso con una perfetta ricostruzione di quanto accaduto. Divulgare notizie troppo velocemente, potrebbe solo complicare l’indagine e rallentare il lavoro degli inquirenti.

Restiamo dunque in attesa di seguire l’evolversi delle indagini anche se, per una accusa di colpevolezza, serve sempre il processo!

 

Psicosi 2012. Le risposte della scienza”, un libro di divulgazione della scienza accessibile a tutti e scritto per tutti. Matteo Martini, Armando Curcio Editore.