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Arrivata la spiegazione per il geyser di Fiumicino

23 Giu

Qualche tempo fa ci siamo occupati di uno strano fenomeno apparso a Fiumicino:

– Geyser di 5 metri a Fiumicino

Nuovo geyser a Fiumicino

Come ricorderete, dapprima in una strada confinante con l’aeroporto e poi in mare, erano apparsi due geyser che per diverso tempo hanno fatto fuoriuscire tonnellate di gas, principalmente anidride carbonica.

Come al solito, e come già detto, anche su questo fenomeno non erano mancate sviolinate catastrofiche legate all’inquinamento della zona o, peggio ancora, a particolari fenomeni improvvisi legati a malesseri del nostro pianeta e della zona in particolare.

Solo pochi giorni fa, un gruppo di ricercatori italiani del CNR, dell’università Roma Tre e dell’INGV sono riusciti a vederci chiaro e ad identificare l’origine di questi gas. In un articolo pubblicato sulla rivista “Journal of Volcanology and Geothermal Research”, il gruppo di ricerca ha pubblicato i suoi risultati basati su mesi di studi intensivi e analisi del terreno fino ad elevate profondità.

Per chi volesse, l’abstract dell’articolo in questione è disponibile sul sito stesso della rivista:

Abstract articolo spiegazione geyser Fiumicino

Come potete leggere, la spiegazione del fenomeno, per quanto possa apparire “strana” agli occhi dei non esperti, è del tutto naturale. Per prima cosa, studiando gli archivi storici, come accennato anche negli articoli precedenti, è emerso come fenomeni di questo tipo non sono affatto nuovi nella zona di Fiumicino e nei terreni limitrofi. Diverse volte infatti, sempre in occasione di operazioni di scavo per costruzioni edili o marine, in prossimità dei lavori erano emersi geyser e vulcanetti con fuoriuscita di gas e fango dal sottosuolo.

Come è ovvio pensare, la spiegazione del fenomeno è da ricercare nei depositi di gas contenuti ad alta pressione nel terreno. A seguito di analisi specifiche e tomografie del terreno, gli studi hanno evidenziato, nel caso del primo fenomeno osservato, che depositi di anidride carbonica sono presenti a circa 40-50 metri di profondità all’interno di uno strato di ghiaia spesso tra 5 e 10 m. La ghiaia comprende una falda acquifera compresa tra due strati di argilla, uno superiore ed uno inferiore, geologicamente molto diversi tra loro. Lo strato inferiore è molto permeabile e lascia filtrare i gas provenienti da profondità maggiori e generati dall’attività vulcanica propria dei Castelli Romani, e ancora oggi attiva. Lo strato superiore invece appare molto meno permeabile e funge da tappo per intrappolare i gas impedendo così la loro risalita in superficie.

A questo punto cosa succede?

Semplice, il gas è intrappolato dallo strato superiore fino a che una perturbazione esterna, come una trivella o uno scavo per costruzioni edili, non “smuove” il terreno e libera il gas. L’anidride carbonica in pressione a questo punto è libera di salite in superficie portando con se anche il fango che incontra durante il suo percorso. Ecco spiegato il meccanismo di formazione dei geyser della zona.

Cosa c’è di anomalo in tutto questo? Assolutamente nulla. Questa spiegazione, supportata da dati e analisi scientifiche, mostra anche il perché di eventi simili in passato e non esclude ovviamente nuovi fenomeni per il futuro. Ovviamente, vista la quantità di gas contenuto nel sottosuolo sarà sempre necessario valutare a priori lo scavo da realizzare e porre rimedio qualora si liberassero grossi volumi in superficie. Pericolo ovviamente amplificato qualora le emissioni avvenissero in prossimità della zona abitata, vista anche la tossicità dei gas in questione.

 

Psicosi 2012. Le risposte della scienza”, un libro di divulgazione della scienza accessibile a tutti e scritto per tutti. Matteo Martini, Armando Curcio Editore.

SWARM e la diminuzione del campo geomagnetico

21 Giu

Nella solita sezione:

– Hai domande o dubbi?

Ormai divenuta punto di riferimento per i frequentatori di questo blog, è stata posta una domanda davvero molto interessante e che credo meriti un maggiore approfondimento attraverso un apposito articolo. La domanda in questione è relativa alla missione dell’ESA SWARM e che ha il compito di monitorare e misurare con una precisione mai raggiunta prima la struttura del campo magnetico terrestre. Per dirla tutta, la domanda iniziale puntava il dito anche contro una serie di articoli apparsi in rete, alcuni anche di note riviste considerate tutt’altro che catastrofiche, leggasi Focus, che forse si sono lasciate prendere un po’ la mano nei toni con affermazioni, lasciatemi dire, un po’ troppo esagerate.

Detto questo, cerchiamo di andare con ordine e capire meglio di cosa si sta parlando.

In diversi articoli ci siamo già occupati di campo magnetico terrestre dal momento che questo, ed in particolare la sua inversione, rappresentano da sempre un argomento molto in voga in chi vorrebbe far credere che qualcosa di grave stia accadendo alla nostra terra. Ecco alcuni esempi:

Inversione dei poli terrestri

La terza fascia di Van Allen

Come visto, il campo magnetico terreste offre una naturale protezione per la biosfera contro le radiazioni emesse dal nostro Sole. Queste, convogliate dalle linee di campo, vengono deviate e non riescono a penetrare direttamente nella nostra atmosfera. Questo, ad eccezione di alcuni punti specifici come ad esempio i poli, dove l’ingresso delle particelle e la loro seguente interazione con le molecole presenti in atmosfera da luogo allo splendido fenomeno naturale delle aurore.

Ora, come visto diverse volte, molto spesso vengono diffuse teorie secondo le quali il campo magnetico terrestre sia in procinto di invertirsi o, peggio ancora, di scomparire del tutto. E’ possibile questo? Per quanto riguarda l’inversione, assolutamente si. In diversi articoli abbiamo parlato di ciclo solare:

– Evidenze dal Sole?

– Le macchie solari AR1504

– Gli effetti di AR1504

– Sole: quanta confusione!

– Inversione dei poli terrestri

– Nuova minaccia il 22 Settembre?

– Come seguire il ciclo solare

– Curiosita’ sui cicli solari

– Possiamo scegliere tra era glaciale o desertificazione

Tempesta solare e problemi ai telefoni?

Come visto, il nostro Sole è solito invertire il verso dei suoi poli magnetici ogni 11 anni, in concomitanza con quelli che siamo soliti chiamare cicli solari. Per la nostra Terra invece, sempre caratterizzata da un campo magnetico dipolare, siamo soliti pensare che i suoi poli siano fissi nella loro posizione, polo nord magnetico verso nord terrestre e viceversa per il sud.

E’ possibile che i poli magnetici della Terra si invertano? Assolutamente si. Anzi, per dirla tutta, questo è già successo diverse volte nella storia geologica del nostro pianeta. Come si vede questo? Esiste una specifica branca della geofisica che si chiama paleomagnetismo. In questa disciplina, come visto negli articoli precedenti, si studia il verso del campo magnetico terrestre analizzando la disposizione magnetica delle rocce sedimentarie. Come è evidente, durante la loro formazione, i nuclei magnetici presenti si orientano secondo la direzione del campo terrestre e poi, una volta raffreddate, restano congelate in questa posizione.

Detto questo, torniamo invece a parlare di SWARM. Come anticipato, si tratta di una missione dell’ESA lanciata alla fine dell’anno scorso e che ora sta cominciando a dare i primi dati. L’intera missione è costituita da una costellazione di 3 satelliti che hanno lo scopo di mappare intensità, forma e andamento del campo magnetico, eliminando tutte le sorgenti esterne tra cui, ovviamente, quella solare. Solo pochi giorni fa, sono stati presentati i primi risultati della missione che hanno mostrato una sensibilità mai raggiunta prima per le misure di campo. Come potete immaginare, lo scopo della missione è quello di monitorare e capire a fondo il campo magnetico terrestre e, anche, vedere variazioni significative della sua forma. Queste, ovviamente, legate anche allo studio di una ipotetica inversione dei poli.

Bene, detto questo, i dati della missione hanno per il momento confermato quello che già si sapeva. Questo solo per rimanere nella parte interessante per rispondere alla domanda iniziale. Come visto anche nei nostri articoli precedenti, il polo nord magnetico è in lento e costante movimento e dovrebbe arrivare, nel giro di una cinquantina di anni, in Siberia. Questa foto, già utilizzata anche in precedenza, aiuta a visualizzare la posizione dei nord magnetico:

Posizione del polo nord magnetico nel corso degli anni

Posizione del polo nord magnetico nel corso degli anni

Ovviamente, ho parlato di “parte interessante per la domanda iniziale” dal momento che gli scopi della missione SWARM non sono solo quelli di vedere se il campo si sta invertendo o meno, ma di studiare moltissimi parametri legati al magnetismo del nostro pianeta.

Cosa si evince dunque dai dati preliminari della missione? Semplice, che il campo magnetico è in movimento e che i poli si stanno spostando. Questo significa che è in atto un’inversione del campo? Molto probabilmente no. Se prendiamo come riferimento il nostro Sole, la fase di transizione tra una configurazione e l’altra è estremamente complessa con un campo che non appare più semplicemente dipolare.

Linee di campo magnetico solare prima e durante l'inversione dei poli

Linee di campo magnetico solare prima e durante l’inversione dei poli

Per dirla tutta, esistono anche teorie che prevedono un lento e continuo movimento dei poli magnetici terrestri fino alla completa inversione. Anche in questo caso però, il processo durerebbe non meno di 5000-10000 anni.

Bene, alla luce di quanto detto, provate ora a leggere questo articolo:

Articolo focus SWARM

Come vedete, in alcuni tratti il catastrofismo sembra imperante. Ripeto, l’inversione del campo magnetico terrestre è possibile, il polo nord si sta spostando ed in passato sono già avvenute inversioni di campo. C’è da preoccuparsi? Da quanto detto, direi proprio di no! Sicuramente i dati raccolti da SWARM aiuteranno a comprendere meglio il campo magnetico terrestre e forniranno moltissimo materiale su cui lavorare. Da qui a parlare di inversione dei poli in corso, direi che c’è una notevole differenza.

 

Psicosi 2012. Le risposte della scienza”, un libro di divulgazione della scienza accessibile a tutti e scritto per tutti. Matteo Martini, Armando Curcio Editore.

La sequenza sismica del Matese

22 Gen

Dopo il primo articolo comparso qualche settimana fa:

Cos’e’ successo in Sardegna?

la nostra cara amica Patrizia ha deciso di concederci il bis, con un nuovo post sulla sismologia della nostra penisola. Questa volta ci spostiamo nel matese per capire cosa sta succedendo nella zona, se veramente e’ in corso uno sciame sismico come qualcuno sostiene e, soprattutto, per far capire alle popolazioni del posto come comportarsi. Chi meglio di una geologa puo’ raccontarci queste notizie?

Da Patrizia: La sequenza del Matese

 

Il 29 dicembre 2013, alle 18.08, si è verificato un terremoto di magnitudo 4.9 nella zona del Matese, in Campania, tra le province di Caserta e Benevento (figura 1), con  una profondità ipocentrale di 10,5 km. Pochi minuti prima la RSN (Rete Sismica Nazionale) ha registrato nella stessa area un evento di magnitudo 2.7.  Numerose sono state le scosse di assestamento successive, con magnitudo inferiore.

Oggi, 20 gennaio 2014, alle 08.12 , nella zona in esame si è avuto un nuovo evento importante di magnitudo 4.2, ad una profondità di 11,1 km.

A sinistra: Fig.1, Epicentro del terremoto del 29/12/13. A destra: Fig.2, Sequenza sismica del Matese.

A sinistra: Fig.1, Epicentro del terremoto del 29/12/13. A destra: Fig.2, Sequenza sismica del Matese.

 

Nel Matese è dunque palesemente in atto una sequenza sismica (figura 2).

Ormai siamo abituati a sentir parlare di sequenza sismica e spesso ci chiediamo se c’è un collegamento tra le diverse sequenze in atto sul territorio nazionale. Per sapere se c’è davvero un nesso geologico tra i terremoti registrati in Italia dalla RSN dobbiamo capire la geodinamica dell’area italiana. Quando parliamo di geodinamica prendiamo in considerazione  il movimento delle placche tettoniche. Il territorio italiano si trova nella zona di incontro/scontro tra la placca euroasiatica e la placca africana. In particolare, nell’Italia meridionale, l’interazione tra le due placche è accompagnata da un processo di subduzione testimoniato proprio dall’attività sismica intermedia e profonda. Detto in altri termini, la placca africana si infila sotto quella euroasiatica, dando luogo ai terremoti che si registrano lungo l’Appennino centro-meridionale.

fig3

Alla base delle sequenze sismiche degli ultimi tempi (Pollino, Gubbio, Matese) c’è quindi lo stesso meccanismo genetico. Nella figura 3 è indicato il meccanismo focale del terremoto del 29/12/13. Il meccanismo focale di un terremoto è dato dall’individuazione del piano di faglia e del movimento relativo delle rocce lungo tale piano ed è  rappresentato graficamente da un “pallone”. Nel caso specifico, il meccanismo focale ci indica che si è attivata una faglia distensiva con andamento NW-SE, detta faglia appenninica, come si vede dalla forma riportata nella figura.

Per capire come si muovono le rocce lungo il piano di faglia, consideriamo due fogli di carta in formato A4 e incolliamoli in corrispondenza del lato lungo con 3 o 4 punti di colla. Per scollarli esercitiamo una certa pressione dall’alto verso il basso in corrispondenza dei punti di colla. Progressivamente la colla cederà e i fogli si staccheranno. Analogamente, lungo un piano di faglia le rocce si frattureranno quando l’energia accumulata supererà il loro punto di rottura e libereranno questa energia come onde sismiche. La fatturazione può avvenire lungo uno o più punti (come il distacco dei due fogli di carta lungo i punti di colla).  In particolare la faglia sismogenetica del Matese che ha dato luogo al terremoto di fine anno risulta segmentata da una serie di faglie perpendicolari. Se il movimento delle rocce è avvenuto lungo un segmento di faglia, la “turbolenza” è stata trasmessa agli altri segmenti cioè la rottura in un punto ha alterato lo stato di sforzo delle porzioni di roccia adiacenti. In questo caso, siamo in presenza di un sottosuolo tettonicamente instabile e questo significa che nella stessa zona si possono verificare altri terremoti.

Fig.4: Terremoti storici nell’area del terremoto del 29/12/2013

Fig.4: Terremoti storici nell’area del terremoto del 29/12/2013

I dati della sismicità storica evidenziano tre eventi catastrofici nella zona in esame (figura 4):

1)    5/12/1456  (magnitudo intorno a 7)

2)    5/6/1688   (magnitudo intorno a 7)

3)    26/7/1805 (magnitudo 6.6)

Sempre nel distretto sismico del Matese, ma con altri epicentri, ricordiamo due eventi analogamente violenti nel XX secolo:

1)    21/8/1962  fra Sannio e Irpinia (magnitudo 6.1)

2)    23/11/1980 Irpinia (magnitudo 6.9)

Nonostante i dati storici a disposizione sul reale rischio sismico, la zona in esame fino al 1984 non era nemmeno classificata come sismica. Dal 1984 al 2002 è stata considerata a media sismicità. Solo dopo il 2002 è stata classificata come zona ad alta sismicità (figura 5):

Fig.5: Mappa di pericolosità sismica

Fig.5: Mappa di pericolosità sismica

Allo stato attuale delle conoscenze, non si è in grado di stabilire quanta energia sismica entri in gioco nel movimento delle placche dal momento che non è possibile investigare il sottosuolo oltre i 10 km di profondità e non è possibile riprodurre in laboratorio gli stati di sforzo cui sono sottoposte le rocce in queste condizioni. Questo significa che non si può prevedere il trend evolutivo della sequenza sismica che stiamo esaminando. Nessuno può indicare con esattezza dove, quando e se si verificherà un nuovo evento catastrofico. E’ probabile che l’energia accumulata si scaricherà attraverso una serie di eventi come quelli finora registrati. Siamo comunque nel campo delle ipotesi.

Senza alcuna intenzione polemica, mi dissocio da chi ha suggerito alla gente di dormire in auto per qualche notte. Piuttosto inviterei le persone interessate a verificare lo stato di agibilità delle proprie abitazioni e di ricorrere, se necessario, all’ospitalità di parenti/amici/conoscenti residenti in zone non a rischio. Logicamente, deve restare alto il livello di guardia per le autorità competenti affinché si mettano in sicurezza gli edifici non a norma.

 

Psicosi 2012. Le risposte della scienza”, un libro di divulgazione della scienza accessibile a tutti e scritto per tutti. Matteo Martini, Armando Curcio Editore.

ENI green data center

5 Nov

Nella sezione:

Hai domande o dubbi?

un nostro affezionato lettore ci ha chiesto delucidazioni sulla nuova struttura chiamata ENI green data center che e’ stata inaugurata solo pochi giorni fa.

Come spesso accade in Italia, la filosofia e la costruzione, non che la messa in opera, di questo importante polo e’ passato molto in sordina con solo pochi articoli su qualche giornale specializzato. Questo e’ completamente assurdo. La struttura rappresenta un’innovazione tecnologica molto importante a livello mondiale e meriterebbe, molto piu’ di tante notizie che riempono i giornali tutti i giorni, di essere pubblicizzata.

Per sapere qualcosa su questo centro, potete andare direttamente sul sito internet:

ENI green data center

Se proprio devo essere sincero, e questo e’ in primis un monito per i tecnici dell’ENI che hanno poco curato questo aspetto, leggendo il sito non e’ chiaramente comprensibile lo scopo di questo centro. Forse, anche questo aspetto ha contribuito alla poca pubblicita’ ricevuta sui giornali.

Cerchiamo dunque di supplire a questa mancanza di informazioni provando a spiegare quali sono gli obiettivi e l’eccellenza di questo centro tutto made in Italy.

L’ENI green data center sorge vicino Pavia, precisamente a Ferrera Erbognone, ed e’ stato inaugurato il 29 ottobre. Questa data cade poco meno di due anni dopo la posa della prima pietra. Anche questa informazione ci fa capire quanto il progetto sia stato seguito in maniera puntuale e rapida.

A cosa serve?

Questa e’ ovviamente la domanda principale. Per capirlo, cerchiamo di fare un ragionamento insieme. Ogni qual volta si richiede un calcolo molto complesso, e’ necessario disporre di una potenza di calcolo notevole. Con questo intendo dire che per risolvere algoritmi complessi e lunghi e’ necessario disporre di tanti pc equivalenti che lavorano insieme. Ovviamente, la cosa sarebbe possibile anche con il vostro pc di casa, ma, probabilmente, richiederebbe anni e anni per poter arrivare ad un risultato. Bene, per velocizzare il tutto, si utilizzano dei potenti centri di calcolo che racchiudono molte CPU, cioe’ molti processori, che lavorano in simultanea dividendosi il lavoro. In questo modo, potete raggiungere lo stesso risultato in brevissimo tempo. Questo e’ quello che viene indicato come potenza di calcolo.

Chi utilizza questi centri?

In realta’, questi speciali centri tecnologici trovano applicazione in tantissimi settori anche profondamente diversi tra loro. Qualche esempio? Nella fisica, scusate l’esempio scontato ma e’ quello che conosco meglio, i centri di calcolo servono per poter analizzare i dati, impacchetarli secondo una struttura facilmente leggibile dall’utente finale ma anche per lavorare in tampi velocissimi per produrre quello che viene chiamato un “trigger”, cioe’ decidere in tempo reale se un particolare evento raccolto e’ interessante per la fisica, e quindi deve essere registrato, oppure no. Come potete facilmente capire, per concludere queste operazioni in tempi brevissimi, magari quelli delle collissioni che avvengono dentro gli acceleratori, e’ necessario disporre di tanti processori.

Altri campi di utilizzo: l’economia, la biologia, la geologia, la matematica, l’ingegneria e cosi’ via. In che modo? Per fare qualche esempio, in economia per simulare un modello economico nel tempo, in biologia per studiare le risposte, ad esempio, del DNA in cui vengono inclusi tutti i costituenti ed e’ necessario simulare in dettaglio le interazioni con diverse molecole. In ingegneria per simulare la risposta di una struttura, anche molto grande e complessa, alle varie sollecitazioni che incontrera’ durante il suo utilizzo.

Come potete facilmente capire, questi centri di calcolo risultano fondamentali per studiare diversi scenari molto complessi e proprio per questo motivo la ricerca in questo settore ha mostrato un boom negli ultimi anni senza precedenti.

Ma a cosa serve questo centro allENI?

Una volta capita l’importanza di un centro di calcolo all’avanguardia, e’ lecito chiedersi a cosa serve questo tipo di struttura ad un’azienda come l’ENI. Quello che molto spesso i non addetti ai lavori ignorano e’ che le grandi societa’, appunto come l’ENI, hanno sempre un reparto di ricerca e sviluppo all’avanguardia nei propri settori, fondamentali proprio per mantenere un ruolo di leader sul mercato.

Nel caso dell’ENI, al nuovo data center sara’ inviata tutta la richiesta informatica dell’azienda. Oltre ai sempli algoritmi per l’elaborazione delle bollette, il centro sara’ specializzato nello studio di settori strategici per l’azienda.

Solo per fare un esempio, prima di procedere ad una trivellazione in un punto, visto l’enorme costo che operazioni di questo tipo comportano, e’ importante essere sicuri che il punto sia quello buono. Per capire questo aspetto, e’ necessario simulare in dettaglio la regione o comunque la zona di terreno in esame. Per fare questo si devono costruire modelli, cioe’ algoritmi, quanto mai simili alla realta’, che includono dunque tantissimi aspetti del terreno e delle sue relazioni con il restante ecosistema. Anche in questo caso, per analizzare strutture di questo tipo e’ necessario manipolare tantissimi dati con algoritmi complessi e che richiedono dunque una notevole potenza di calcolo.

Bene, e cosa ha di speciale il nuovo green data center?

Piu’ che rispondere a questa domanda, che comunque affrontiamo, e’ importante chiedersi perche’ compare l’aggettivo “green” nel nome.

Pensate al vostro pc, come sapete benissimo all’interno sono presenti una serie di ventole e dissipatori. A cosa servono? Ovviamente per raffreddare il processore, la scheda video, l’alimentatore, ecc. Questo perche’ abbiamo elementi che scaldano molto quando vengono utilizzati al pieno delle prestazioni. Il calore e’ nemico dell’elettronica che per poter funzionare richiede un intervallo di temperature che non sia troppo alto.

Bene, allo stesso modo, pensate quanto faticoso possa essere eliminare, cioe’ portare via, il calore da un centro di calcolo in cui sono presenti tantissime CPU.

Per darvi una stima, nel green data center dell’ENI sono presenti qualcosa come 60000 CPU.

Per poter far girare le ventole che servono al raffreddamento, dovete spendere dell’energia. Rapportate sempre questi ragionamenti ad un centro di calcolo e capite subito come questi numeri divengono immediatamente importanti. Sempre per fare esempi pratici, durante l’anno scorso la quantita’ di CO2 emessa solo dai centri di calcolo presenti nel mondo, che e’ direttamente rapportata alla richiesta di energia per il funzionamento, e’ stata il 2% del totale, paragonabile quindi a quella emessa dagli aerei civili utilizzati per il trasporto. Detto questo, capite bene che non stiamo parlando di numeri trascurabili.

L’ENI green data center rappresenta un record mondiale per il basso consumo di energia con potenze che arrivano fino a 50 KW per metro quadrato occupato. Il vero record sta poi nell’utilizzo che viene fatto di questa energia. Se si calcola il rapporto tra energia consumata e quella spesa per far funzionare la parte dei processori, dunque se volete una sorta di efficienza del sistema, si trovano numeri davvero innovativi. Per la maggior parte dei centri di calcolo al mondo, questo rapporto si aggira intorno a 2 o 3. Questo significa che se vi serve 1Kw per i computer, ne dovete richiedere fino a 3 dalla rete perche’ servono per il raffreddamento o per altri elementi che comuqnue disperdono energia non lasciandola ai sistemi informatici veri e propri. Per l’ENI green data center, questo rapporto vale solo 1.2 rappresentando un record mondiale assoluto raggiunto in Italia.

Uno degli aspetti piu’ importanti e che contraddistingue il nuovo centro dai suoi predecessori e’ la presenza di alti camini sugli edifici. Questi sono molto importanti per permetter la ventilazione forzata dell’aria e dunque risparmiare energia elettrica.

L’enorme potenza di calcolo sviluppata e le migliorie tecnologiche fatte hanno anche richiamato diverse societa’ private ed istituzioni universitarie. Da queste sono poi nate delle collaborazioni internazionali con enti accreditati che non fanno altro che sostenere ed incentivare la ricerca italiana in questo settore.

Concludendo, l’ENI green data center in provincia di Pavia rappresenta un notevole passo avanti nello sviluppo e nella ricerca sui centri di calcolo. Purtroppo, l’inaugurazione di questo innovativo polo e’ passata un po’ in sordina tra i vari media che non hanno assolutamente pubblicizzato la struttura dando la giusta enfasi che meritava. Come visto, potenze di calcolo notevoli richiamano collaborazioni da istituzioni sia private che pubbliche favorendo ancora di piu’ la collaborazione scientifica ed in progressi che solo in questo modo potrebbero essere portati avanti.

 

Psicosi 2012. Le risposte della scienza”, un libro di divulgazione della scienza accessibile a tutti e scritto per tutti. Matteo Martini, Armando Curcio Editore.

Scoperto il piu’ grande vulcano sommerso …. ma spento

7 Set

Diverse volte ci siamo soffermati a parlare di vulcani, sopratutto analizzando la situazione di quelli italiani:

Cosa succede in Campania?

Due parole sull’Etna e sullo Stromboli

ma soprattutto, in molti post, abbiamo parlato del grande vulcano sommerso italiano, il Marsili:

Marsili e terremoto siciliano

– Il vulcano Marsili

– Immagine ricostruita del Marsili

– Il risveglio del Marsili

Marsili: una fonte di energia enorme!

Perche’ i vulcani interessano tanto? La risposta e’ molto semplice, un vulcano e’ una fonte di energia immensa. Le eruzioni sono fenomeni naturali di una potenza tale da spaventare chiunque. Questi eventi ci mostrano quanto vivo sia il nostro pianeta e quanto sia irrequieta la situazione che ribolle sotto i nostri piedi.

Posizione del Massiccio Tamu

Posizione del Massiccio Tamu

Perche’ faccio questa introduzione?

Come avete letto dal titolo, proprio in questi giorni e’ stato individuato il piu’ grande vulcano sottomarino del mondo. La scoperta e’ stata fatta da un team di geologi dell’universita’ di Houston a circa 1500 Km dalle coste del Giappone. L’enorme vulcano in questione ha una superficie di ben 310000 Km^2 ma con un’altezza minuscola in confronto all’estensione, appena 4000 metri. Praticamente, se ipotizzassimo di essere in piedi sulla cima del vulcano, non riusciremmo ad apparezzare la pendenza delle sue pareti. L’estensione e’ paragonabile a quella dell’intera Italia.

Come si chiama questo vulcano?

Leggendo in rete trovate scritto, testuali parole, “al vulcano e’ stato dato il nome di Massiccio Tamu”. Perche’ sottolineo questo aspetto? Semplice, secondo voi, con tutti i mezzi a disposizione oggi, nessuno si era mai accorto di questo gigante la cui cima e’ appena 2000 metri sotto il livello dell’oceano? Ovviamente la risposta e’ no. Data la sua forma molto strana, bassa e molto larga, si pensava che il massiccio fosse stato formato da diversi vulcani in successione oppure che si trattasse di un altopiano sottomarino come ce ne sono tantissimi sotto i fondali oceanici.

Il nome Tamu significa infatti “Texas A&M University” proprio a ricordare l’universita’ di appartenenza dei ricercatori che circa 20 anni fa individuarono per la prima volta il massiccio. Grazie invece agli studi recenti, si e’ visto come la struttura del Tamu sia coperta da una singola eruzione vulcanica in cui si evidenzia un punto centrale con colate a 360 gradi. Questo proprio a dimostrare l’esistenza di un singolo cratere al centro.

Planimetria del Vulcano

Planimetria del Vulcano

Secondo i geologi, il Massiccio Tamu si e’ formato circa 150 milioni di anni fa, probabilmente in un punto in cui la crosta terrestre e’ piu’ sottile. Poco dopo la sua formazione, circa 145 milioni di anni fa, c’e’ stata la grande eruzione che ha lasciato la struttura come la vediamo oggi, con lava proveniente in grande quantita’ dal mantello. Detto questo, capite subito che il vulcano e’ praticamente spento da ben 145 milioni di anni. E’ sempre meglio specificare questo punto per evitare che inizi la speculazione anche su questo vulcano.

Il Massiccio Tamu, grazie alla sua estensione totale, si posiziona di diritto al primo posto della classifica dei vulcani piu’ grandi della Terra. Il precedente primato apparteneva al Mauna Loa nelle Hawaii con appena 5200 Km^2 di estensione, cioe’ appena il 2% del Massiccio Tamu. Ovviamente, cosi’ come avvenuto per questa scoperta, la classifica e’ sempre aperta. Si conoscono diverse catene montuose sui fondali oceanici e per molte di queste si pensa che siano presenti piu’ vulcani affiancati. Magari, approfondendo gli studi, si potrebbe capire che alcune di queste sono singoli vulcani con una forma simile a quella del Tamu.

Il Massiccio Tamu oltre ad essere il piu’ grande della Terra, ha un’estensione paragonabile a quella dei grandi vulcani del Sistema Solare. Come forse sapete, il piu’ grande vulcano, questa volta attivo, del sistema solare si trova su Marte ed e’ noto come Monte Olimpo. L’altezza di questo vulcano e’ di ben 25 Km e la sua forma e’ facilmente visibile anche con un piccolo telescopio domestico. Anche se le altezze sono profondamente diverse, il Tamu ha un’estensione solo il 25% minore del Monte Olimpo.

Il Monte Olimpo su Marte ripreso dalla Viking 1

Il Monte Olimpo su Marte ripreso dalla Viking 1

Per farvi capire l’enorme altezza del vulcano marziano, fino a poco tempo fa si pensava addirittura che la cima del vulcano fosse all’esterno dell’atmosfera del pianeta rosso. Studi molto recenti hanno invece dimostrato che la pressione atmosferica sulla cima sia appena del 2%, ma non nulla, rispetto a quella a terra. Di contro, per fare un esempio, la pressione sulla cima dell’Everest e’ il 25% di quella che si registra a livello del mare.

Ovviamente, oltre che per l’imponenza dei numeri, il massiccio Tamu rappresenta un ottimo laboratorio per i geologi. Come potete facilmente capire, uno studio attento del vulcano puo’ permetterci di capire meglio l’origine dei grandi vulcani terrestri e del sistema solare, comprendere la struttura interna del nostro pianeta e quanto magma e’ contenuto all’interno, oltre ad avere campioni di roccia con una datazione precisa.

Concludendo, proprio in questi giorni si e’ capito che il Massiccio Tamu, conosciuto da circa 20 anni, e’ in realta’ un singolo grande vulcano con un’estensione di ben 310000 Km^2. Questo valore rende il Tamu il piu’ grande vulcano del pianeta e uno dei maggiori del sistema Solare. Fortunatamente, il vulcano si e’ spento poco dopo la sua formazione con una grande eruzione sottomarina che ha formato la struttura di cui abbiamo parlato, profondamene diversa da quella che immaginiamo per i coni vulcanici. La scoperta del vulcano offre innumerevoli opportunita’ di studio per i geologi e per capire l’origine e la struttura del nostro stesso pianeta.

 

Psicosi 2012. Le risposte della scienza”, un libro di divulgazione della scienza accessibile a tutti e scritto per tutti. Matteo Martini, Armando Curcio Editore.

Loch Ness, finalmente la spiegazione?

6 Lug

A proposito di misteri famosi, sicuramente la storia del mostro di Loch Ness ha da sempre fatto sognare molte persone. Forse pero’ non tutti sanno quanto antica sia questa leggenda ma soprattutto quanti tentativi, anche con metodologie scientifiche, siano stati fatti nel corso degli anni per cercare di identificare il famoso Nessie.

Come saprete molto bene, Loch Ness e’ un lago della Scozia in cui, si dice, viva un animale di grandi dimensioni, c’e’ chi parla anche di 15-20 metri. Ad oggi, esistono circa 3500 testimonianze di persone pronte a giurare di aver visto questo mostro. In molti casi, ci sono addirittura delle foto a sostegno del racconto.

Come e’ fatto Nessie?

Molte testimonianze concordano in primis sulle dimensioni a cui abbiamo accennato. Il mostro avrebbe poi un lungo collo e della gambe molto tozze. Secondo molti racconti, oltre a vivere in acqua, il mostro di Loch Ness sarebbe in grado di camminare e spostarsi sulla terraferma, ovviamente per cercare cibo.

Perche’ parliamo ora di questo mostro?

Nei giorni scorsi, ho ricevuto via mail una richiesta di spiegazione su un’ipotesi molto interessante. Secondo questa interpretazione dei risultati, la visione del mostro di Loch Ness sarebbe dovuta semplicemente a dei fenomei tellurici, dunque, terremoti.

Come e’ possibile?

Quasi tutte le testimonianze concordano sul fatto che prima della visione del mostro, si possono sentire dei tremori dalla Terra. Fino ad oggi, questo era interpretato chiamando in causa la grande massa di Nessie, capace di spostare grossi volumi di acqua e di far increspare la superficie del lago. L’ipotesi odierna vorrebbe invece che quelle increspature del lago, che poi da molti vengono automaticamente identificate con la presenza di Nessie, altro non siano che lievi scosse sismiche.

Questa affascinante ipotesi e’ stata fatta da un geologo italiano, Luigi Picardi. I tremori osservati sarebbeero dovuti alla vicina faglia di Great Glen. Qui, per la strutura stessa della faglia e del terremoto, i sismi raggiungerebbero con notevole difficolta’ un grado troppo elevato, ma assicurerebbero un certo numero di sismi di bassa magnitudine, sufficienti dunque a giustificare i frequenti avvistamenti annui.

Come potete facilmente immaginare, questa semplice spiegazione e’ stata subito messa in discussione dalle tante associazioni che hanno creato il loro giro d’affari sfruttando la storia del mostro di Loch Ness. Ad oggi, questo lago vanta un enorme numero di turisti all’anno, spinti proprio dalla curiosita’ e dalla speranza di poter avvistare il mostro.

Quali sono le accuse mosse contro l’ipotesi tellurica?

Secono le critiche, la faglia di Great glen, contro cui si e’ puntato il dito, sarebbe troppo lontano dal lago, 70Km, da poter giustificare il tremore delle acque. Tra l’altro, non esistono prove in grado di sostenere l’ipotesi che la faglia sia attiva ed in grado di generare con alta frequenza sismi di bassa intensita’.

Ora, si dovra’ lavorare sull’ipotesi, ma soprattutto monitorare la faglia, per poter capire se l’ipotesi sismica e’ possibile oppure no. Nonostante questo, credo sia molto interessante raccontare un po’ la storia degli avvistamente di Nessie, soprattutto per poter capire se l’ipotesi sismica e’ reale oppure no.

Forse non tutti sanno che il presunto primo avvistamento di un mostro all’intrerno del lago di Lochness risale addirittura al 565 d.C.. L’avvistamento venne fatta da un monaco, tale Columba, divenuto poi santo. Nella biografia del monaco si legge che Columba ando’ in Scozia per portare il Cristianesimo e sulle sponde del lago gli si paleso’ di fronte il terribile Nessie, famoso per aver gia’ divorato un abitante del vicino villaggio. Il monaco riusci’ a scacciare Nessi in acqua semplicemente disegnando un crocifisso in aria di fronte al mostro.

Quello raccontato nella biografia di Columba e’ senza dubbio il primo avvistamento del mostro di Loch Ness. Successivamente pero’, per quasi 1500 anni, non si parlo’ piu’ di Nessie.

La leggenda di Nessi ricomincia tra il 1933 e il 1935, da dove poi inizia il boom del mostro. Geologicamente, a riprova dell’ipotesi sismica, l’ultimo terremoto di intensita’ maggiore della faglia di Great Glen e’ priprio nel 1934. Ora direte voi, c’e’ stato un solo terremoto nel ’34 ma tantissimi avvistamenti tra il ’33 e il ’35. Come e’ possibile?

La risposta a questa domanda e’ molto semplice. Vi faccio presente che siamo negli anni ’30. Ovviamente, la sensibilita’, ma anche la copertura, dei simografi era molto limitata rispetto a quella di oggi. Ora, se c’e’ stato un terremoto nel 1934, e’ molto probabile che prima e dopo la scossa principale la terra abbia tremato con un intensita’ minore. Come visto, nella teoria da cui siamo partiti, sono necessarie lievi scosse per innescare il movimento delle acque del lago.

Come anticipato, ci sono tantissime testimonianze di persone che giurano di aver visto Nessie. La piu’ famosa foto del mostro, venne scattata proprio nel 1934. Questa e’ la foto in questione:

 

La foto del mostro di Locjh Ness del 1934

La foto del mostro di Locjh Ness del 1934

Come vedete, si nota chiaramente la sagoma di Nessie con un collo particolarmente pronunciato. Questa e’ una delle prove piu’ importanti utilizzate a sostegno dell’ipotesi del mostro. Tutte le altre prove che girano, sono in realta’ scattate a bassisima risoluzione o da troppo lontano, condizioni che rendono impossibile distinguere il mostro da, ad esempio, un tronco galleggiante sul lago. Oltre a queste, come potete immaginare, la letteratura e’ piena di foto palesemente false o comunque ritoccate al pc.

 

Il trucco usato nel 1934

Il trucco usato nel 1934

Cosa possiamo dire pero’ della foto del ’34? Qui la risoluzione e’ buona e il mostro si vede molto bene. Semplice, anche questa foto e’ un falso. Come possiamo dire questo? In realta’, nel 1994 gli stesssi autori del celebre scatto dichiararono di aver creato la montatura utilizzando un piccolo sommergibile giocattolo a cui era stata attaccata la parte del collo con testa. A fianco vedete un’immagine che fa capire i materiali utilizzati e come era costruito il falso mostro.

Dunque? Come concludere?

A mio avviso, l’ipotesi di connessione tra sismi e mostro di Loch Ness e’ veritiera. Alla luce di questa proposta, anche le osservazioni storiche del mostro sarebbero comprensibili. Come detto, il tutto sarebbe dovuto ai movimenti delle acque per opera di piccoli terremoti e da qui in poi, come e’ del tutto possibile, la fantasia finirebbe il lavoro. Come visto nell’articolo, molte delle prove fotografiche riportate sono prese da molto lontano o sono palesemente dei falsi. La foto storica di Nessie, utilizzata da sempre come prova della sua esistenza, e’ in realta’ un falso, come dichiarato dagli stessi autori a distanza di 60 anni. A questo punto, non resta che aspettare le necessarie ulteriori verifiche per capire quanto l’ipotesi sismica possa assere reale. Di sicuro, il lavoro di ricerca non avra’ il sostegno delle associazioni locali che hanno creato un ottimo business sfruttando la storia del mostro per incrementare il turismo.

 

Psicosi 2012. Le risposte della scienza”, un libro di divulgazione della scienza accessibile a tutti e scritto per tutti. Matteo Martini, Armando Curcio Editore.

Se arrivasse il “Big One”?

7 Giu

In quella che ormai e’ divenuta un laboratorio di creativita’, a mio avviso molto ben riuscito, cioe’ la sezione:

Hai domande o dubbi?

e’ stato lasciato un commento molto interessante e che ben si sposa anche con le tematiche trattate in questi giorni, sia negli articoli che nei commenti. La richiesta riguarda direttamente il cosiddetto Big One, cioe’ il grande terremoto che dovrebbe avvenire in California e che, secondo molte fonti, sarebbe atteso nel giro di poco tempo.

Di terremoti ne abbiamo parlato in tantissimi articoli e, come visto, questi fenomeni sono da sempre molto seguiti dai tanti catastrofisti che popolano la rete, soprattutto in relazione alle cause che determinerebbero un aumento del loro numero. Come ormai sapete bene, l’idea di fondo, nata a partire dal 21 Dicembre 2012, vorrebbe l’aumento dei terremoti dovuto all’avvicinamento di Nibiru al pianeta Terra. Secondo queste ipotesi, la variazione dell’equilibrio gravitazionale apportato da questo nuovo corpo, provocherebbe il fenomeno delle “maree solide”, cioe’ sarebbe in grado di modificare gli equilibri delle faglie e generare dunque terremoti di notevole intensita’. Cercando sul blog, potete trovare molti articoli che parlano, ma soprattutto rigettano, queste ipotesi, semplicemente mostrando l’impossibiita’ in termini fisici di variazioni di questo tipo:

Allineamento con le Pleiadi

Allineamenti, Terrremoti e … Bendandi

Allineamenti e Terremoti

3 Gennaio 2013 …

Ora, nonostante questo, la zona della California e’ da sempre molto attiva dal punto di vista sismico, e da diversi anni si parla di quello che gli americani definiscono il Big One, cioe’ “quello grosso”, intendendo il terremoto piu’ internso mai registrato, in grado praticamente di demolire tuto lo stato.

Faglia di Sant'Andrea in California

Faglia di Sant’Andrea in California

Come noto, le cause della notevole attivita’ della California possono essere ricercate nella Faglia di Sant’Andrea, che si trova tra la placca Nord Americana e quella Pacifica, attraversando per circa 1300 Km la regione. Questa faglia ha dato luogo a diversi fenomeni sismici nel corso dei secoli, grazie anche alle ottime proprieta’ di accumulare energia elastica. Come noto, quando questa energia supera, ad esempio, la fratturazione degli strati rocciosi, si generano i terremoti.

Dal punto di vista morfologico, l’arrivo del Big One, con un sisma superiore a M8 della scala Richter, e’ atteso nella zona meridionale della California, dal momento che questa e’ quella in cui da maggior tempo non si verificano eventi sismici di notevole intensita’.

Quando dovrebbe avvenire questo Big One?

Sulla rete trovate tantissime ipotesi. Vi invito pero’ a fare una riflessione: come detto innumerevoli volte, allo stato attuale della nostra conoscenza, non siamo in grado di prevedere i terremoti. Di questi argomenti abbiamo parlato tante volte e, come visto, la ricerca dei precursori sismici, cioe’ di quegli eventi che potrebbero precedere l’avvento di un sisma, e’ un filone molto attivo e sicuramente rilevante per la nostra societa’. Purtroppo, al giorno d’oggi, non siamo ancora stati in grado di definire un precursore certo, cioe’ la cui manifestazione indichi certamente un sisma in arrivo.

Premesso questo, si possono leggere tante previsioni sul Big One, alcune piu’ precise, altre un po’ meno. In generale, la piu’ quotata e’ che il terremoto dovrebbe avvenire nei prossimi 20 anni. Si parlava di 30 anni nel 2005.

Come vengono fatte queste previsioni?

Ovviamente, una buona parte delle informazioni viene dalle osservazioni scientifiche della Faglia di Sant’Andrea. Misure interessanti vengono fatte misurando i movimenti della crosta terrestre mediante osservazioni satellitari. Come anticipato, queste osservazioni possono fornire una stima della quantita’ di energia accumulata nella Faglia e dunque far intendere l’inizio di una fase piu’ critica. Oltre a questa osservazione, c’e’ ovviamente un intenso sistema di monitoraggio delal zona che serve per raccogliere moltissimi dati in continuo, utili per determinare variazioni repentine di parametri fisici e geologici, anche questi utili per capire modificazioni intense del sottosuolo.

Altre previsioni vengono invece fatte utilizzando la statistica. Di questo ambito, abbiamo parlato in diverse occasioni. Anche se parlo da appassionato di statistica, si deve capire che queste previsioni lasciano il tempo che trovano, essendo basate solo sulla storicita’ degli eventi. Come visto in questi articoli:

Prossimi terremoti secondo la statistica

Analisi statistica dei terremoti

Terremoti, basta chiacchiere. Parliamo di numeri.

Terremoti: nuove analisi statistiche

utilizzando i dati raccolti, e’ possibile studiare una ciclicita’ degli eventi e determinare una certa probabilita’ di avere un terremoto in un periodo futuro. Purtroppo, molto spesso, queste informazioni vengono interpretate in malo modo da chi la statistica non la conosce affatto. Esempio di questo tipo e’ l’articolo:

Non ne bastava uno ….

Anche per il Big One, trovate fonti che parlano di probabilita’ praticamente del 100% che il terremoto avvenga, ad esempio, tra il 2015 e il 2020. Come deve essere interpretato il dato? La chiave giusta per leggere queste informazioni e’ quella di trattarle un po’ come i numeri ritardatari del lotto. Mi spiego meglio. Se entrate in una ricevitoria, trovate molti cartelli con i “numeri ritardatari”, cioe’ quei numeri che da molte estrazioni non vengono pescati in un determinata ruota. Se un numero manca da tanto tempo, deve uscire necessariamente? Assolutamente no, pero’, se ci fidiamo che i numeri abbiano tutti la stessa probabilita’ di venire pescati, allora statisticamente devono uscire tutti. Dunque, un numero ritardatario prima o poi deve uscire. Questo prima o poi, e’ la chiave dell’interpretazione. Prima o poi, non significa domani, cosi’ come non significa che un “terremoto ritardatario” rispetto alla norma debba necessariamente avvenire. Se volete, il discorso sismi e’ molto piu’ complesso del gioco del lotto, anche perche’ non parliamo di eventi casuali, ma determinati da movimenti del nostro pianeta.

Detto questo, capite dunque come vanno interpretati questi numeri, utilissimi per fare studi e, ad esempio, dimostrare che non c’e’ nessun aumento di terremoti negli ultimi anni, ma assolutamente da prendere con le pinze quando parliamo di previsioni future.

In ambito prevenzione, ci sono anche molte osservazioni interessanti che vengono fatte per capire se e’ possibile arginare i movimenti della Faglia e dunque limitare i danni dei futuri terremoti. In tale ambito, sono stati riportati dati molto interessanti ottenuti direttamente dall’osservazione in profondita’ della faglia. Come osservato, lunga la frattura si trova la citta’ di Parkfield in cui pero’, storicamente, non avvengono terremoti di forte intensita’, anche se questa si trova lungo la stessa “linea di fuoco” di citta’ bersagliate dai sismi. Le osservazioni fatte hanno permesso di individuare una zona della frattura in cui sono presenti materiali diversi ed in grado di limitare l’attrito tra le placche in scorrimento. Cosa significa? Se, per qualche motivo, diminuisce l’attrito tra le due zone che scorrono tra loro, ovviamente si limita l’accumulo di energia elastica e, dunque, detto in parole semplici, il caricamento del terremoto. Le osservazione fatte hanno mostrato la presenza, tra le altre cose, di silicati gelatinosi e acqua, in grado di ridurre gli attriti. Molti studi sono in corso proprio per cercare di capire la possibilita’ di limitare la potenza dei terremoti andando ad agire direttamente nella zona dove questi si generano. Ovviamente si tratta di studi scientifici, ma che vanno sicuramente sostenuti vista l’utilita’ che potrebbero avere. Magari, un giorno, potremo risolvere il problema terremoti “oliando” i cigolii della Terra.

Concludendo, la zona della California e’ da sempre una delle piu’ attive dal punto di vista dei sismi. Per Big One si intende il piu’ grande terremoto atteso, in grado di distruggere l’intera regione. Purtroppo, questo terremoto potrebbe avvenire e c’e’ la possibilita’, come evidenziato da molti studi, che questo possa avvenire da un momento all’altro nei prossimi 20 anni. La ricerca e’ sempre al lavoro per cercare di trovare precursori sismici e, come visto, anche possibili soluzioni in grado di limitare la potenza dei terremoti agendo direttamente sulla faglia. Speriamo solo che soluzioni percorribili arrivino magari prima dell’atteso Big One.

 

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Enorme cratere si apre in Cina

26 Feb

Qualche giorno fa, sui giornali e’ apparsa una notizia che ha riacceso un dibattito partito proprio discutendo gli eventi per la fine del mondo del 2012. In Cina, precisamente nella regione del Sichuan, si e’ aperta improvvisamente un’enorme buca nel terreno. Non pensate ad un fenomeno di lievi dimensioni, il cratere, perche’ di questo si tratta, ha un diametro di circa 10 metri ed una profondita’, non ancora misurata con precisione, ma che si dovrebbe aggirare intorno alla ventina di metri.

Ecco una foto del cratere in questione:

Il cratere che si e' aperto in Cina

Il cratere che si e’ aperto in Cina

Perche’ questa notizia sta facendo discutere gli appassionati della fine del mondo?

Come anticipato, la discussione su questi fenomeni e’ iniziata con l’avvicinarsi del 21/12/2012. In particolare, secondo alcune fonti, con l’approssimarsi della fine del calendario Maya, in diverse parti del mondo, sarebbero apparse queste buche nel terreno, la cui origine e’ del tutto misteriosa. Inoltre, questi crateri sarebbero il chiaro segno che qualcosa sta cambiando nel nostro pianeta e che all’interno della Terra potrebbero essere in atto pericolosi movimenti il cui risultato e’ appunto la formazione di queste buche.

Cosa sono questi crateri?

Al solito, mi dispiace per i tanti catastrofisti che popolano la rete, ma questo fenomeno e’ del tutto noto in geologia e queste formazioni prendono il nome di “sinkhole”. Cosa sono? I sinkhole sono il risultato di movimenti di faglie sul nostro pianeta. A riprova di questo, molto spesso questi enormi crateri compaiono in concomitanza con eventi sismici non necessariamente di notevole intensita’, ma la relazione non e’ affatto univoca.

Il movimento delle faglie puo’ provocare degli slittamenti nel sottosuolo il cui risultato e’ appunto la formazione di spazi vuoti anche molto profondi. In questo caso, a causa del proprio peso, la terra sovrastante puo’ crollare lasciando questi profondi crateri che possono arrivare anche quasi a 100 metri.

Ora, il caso cinese non e’ affatto il primo caso di sinkhole registrato ma non e’ neanche vero che questi fenomeni si sono amplificati con l’avvicinarsi del 2012. Generalmente, si registrano diversi casi di questo tipo nel corso dell’anno e, a causa proprio della relazione con la conformazione del terreno, esistono determinate zone del pianeta in cui il fenomeno dei sinkhole e’ piu’ probabile.

La Cina, e proprio la zona del Sichuan, non e’ nuova a questo tipo di eventi. Nel 2011 infatti, nella stessa regione, un altro sinkhole si e’ aperto con un diametro di 22 metri ed una profondita’ di circa 40 metri.

Molto spesso, anche in questo caso in base alla conformazione del terreno, il sinkhole puo’ lasciare scoperto il percorso di un fiume sotterraneo ed infatti in molti casi e’ udibile il rumore dell’acqua che scorre in profondita’.

Sulla rete, ed in particolare su alcuni siti, trovate anche molte storie scientificamente assurde su questi crateri naturali del terreno. In alcuni casi, si parla di fenomeni magnetici all’interno della voragine cosi’ come di misteriosi suoni provenienti dalla base. Queste notizie sono completamente false e assolutamente non documentate in nessun caso.

Alcuni cercano anche di convincere che l’origine del fenomeno sia di natura aliena. In questo caso infatti, molte fonti si rifanno alla teoria della terra cava di cui abbiamo parlato in qusto post:

La teoria della Terra cava

Come visto, in questa ipotesi, il nostro pianeta sarebbe vuoto all’interno e popolato di esseri extraterrestri. Le diverse aperture presenti sulla Terra, ai poli e appunto nei sinkhole, permetterebbero a questi esseri di uscire in superficie per studiare la razza umana. Inutile dire che queste teorie sono del tutto assurde e prive di qualsiasi fondamento scientifico.

Solo per darvi un’idea della portata del fenomeno, negli ultimi tempi i principali sinkhole comparsi sulla Terra sono stati osservati in Svezia (diametro 60 metri), in Austria (profondita’ 25 metri) e in USA (diametro 40 metri).

Spesso, sempre a causa del meccanismo di formazione, i sinkhole possono aumentare di diametro nel giro di pochi giorni. Questo e’ del tutto normale e spiegabile sempre sulla base dei movimenti del terreno che tendono, in qualsiasi direzione, a sgretolare maggiormente il terreno intorno all’apertura aumentando in questo modo il diametro del cratere.

Concludendo, il cratere comparso in Cina e’ del tutto spiegabile dal punto di vista della scienza e questo genere di fenomeni prende il nome di sinkhole. Queste aperture del terreno compaiono con una certa frequenza sulla Terra anche se esistono luoghi, per loro conformazione, in cui i sinkhole sono maggiormente probabili. Ovviamente, e’ completamente assurdo parlare di fenomeno non compreso o comunque legato ad attivita’ extraterrestri o eventi premonitori di una prossima fine del mondo.

 

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L’anomalia del Mar Baltico

23 Feb

Piu’ o meno durante l’estate del 2011, gli appassionati di UFO e di misteri hanno avuto un bel da fare con la cosiddetta scoperta dell’anomalia del Baltico. Cerchiamo di andare con ordine per spiegare di cosa si tratta anche a chi non ne ha mai sentito parlare.

Durante una ricognizione, una nave specializzata nella ricerca di tesori sommersi, ha individuato una strana formazione a circa 90 metri di profondita’. L’osservazione e’ stata possibile mediante il sonar e per questo motivo le prime foto circolanti sul web avevano una scarsa risoluzione. Perche’ si parla di “strana formazione”? La scoperta e’ stata fatta da un team di svedesi esperti appunto nella ricerca di tesori sommersi e chiamati “Ocean X Team”. Proprio secondo gli scopritori di questa anomalia, la formazione sarebbe simile ad un disco volante probabilmente precipitato nel Mar Baltico. Prima di discutere di queste ipotesi, vi mostro una foto del ritrovamento sottomarino:

Il misterioso oggetto sul fondo del Mar Baltico

Il misterioso oggetto sul fondo del Mar Baltico

Come vedete, e come si legge in tantissimi articoli, la struttura, larga 20 metri, presenterebbe caratteristiche molto strane: una struttura molto regolare, strani corridoi che la attraversano, fori perfettamente circolari sui due lati. Inoltre, il presunto disco volante sarebbe adagiato su una piattaforma, anche questa dalla forma stranamente circolare, larga 180 metri. A complicare maggiormente il mistero, nella parte posteriore del disco sarebbe stata individuata una lunga striscia morfologicamente diversa dal fondale vicino, come a rappresentare la scia lasciata dall’UFO durante la caduta.

La presunta scia dietro l'anomalia

La presunta scia dietro l’anomalia

Per completezza, vi dico anche che quella del disco volante, non e’ l’unica ipotesi fatta circolare negli ultimi tempi. In alcuni casi, si parla di una misteriosa arma nazista risalente alla seconda guerra mondiale. Questa ipotesi sarebbe avvalorata dal fatto che l’oggetto si troverebbe in mezzo alla principali rotte commerciali e che la Germania Nazista ha per lungo tempo difeso quel corridio di mare per l’importanza strategica che rappresentava.

Un’ultima ipotesi vorrebbe invece la struttura di origine umana e lasciata in tempi remoti da una misteriosa civilta’. In questi casi, il mistero sarebbe offerto dall’identificazione della civilta’ stessa. Tornando indietro attraverso le ere geologiche, dobbiamo arrivare piu’ o meno a 20000 anni fa per avere la zona non ricoperta di acqua. In questo periodo pero’, gli esseri umani non potevano certo disporre degli attrezzi per realizzare una simile costruzione e proprio per questo si arriva a parlare di incontri con esseri alieni e di Atlantide.

Insomma, tante ipotesi diverse ma tutte che conducono a qualcosa di misterioso e non compreso.

Cerchiamo a questo punto di capire meglio di cosa si tratta e se, a distanza di quasi due anni, ancora si parla di mistero irrisolto.

Prima di tutto, vi mostro il luogo del ritrovamento:

Il luogo del ritrovamento nel Mar Baltico

Il luogo del ritrovamento nel Mar Baltico

Non pensate che il punto del ritrovamento sia una cosa scontata. Per diverso tempo infatti i membri del Ocean X hanno tenuto nascosto il punto esatto in cui era stato individuato l’oggetto. Si potrebbe pensare che il segreto fosse mantenuto per evitare folle di curiosi intorno al ritrovamento, ma a 90 metri di profondita’ non e’ proprio semplice fare turismo o meglio per poterlo fare sono necessarie attrezzature che normalmente non si dispongono. In realta’, come vedremo nel seguito, il luogo e’ stato mantenuto segreto per tanto tempo per evitare che altri ricercatori potessero analizzare il ritrovamento o comunque trarre conclusioni diverse da quelle del Ocean X Team.

Prima di tutto, ad alimentare il mistero sull’oggetto sul fondo del mare ha contribuito anche la storia stessa del ritrovamento, raccontata in diverse occasioni da Peter Lindberg fondatore dell’Ocean X. Stando alle sue dichiarazioni, molte apparecchiature elettroniche presenti sulla nave sarebbero andate in tilt passando sul punto del ritrovamento. Queste anomalie sarebbero poi scomparse allontanandosi di soli 200 metri dal punto, per poi ripresentarsi non appena si tornava indietro. Proprio queste stranezze avrebbero spinto Lindberg ed i suoi collaboratori a credere all’ipotesi aliena. Ora, capite bene che dichiarando il punto esatto del ritrovamento, chiunque sarebbe potuto andare in zona e verificare di persona la presenza di queste anomalie magnetiche. Forse stiamo ragionando in modo prevenuto, ma prima di pensare questo leggete il seguito della storia.

La storia delle anomalie magnetiche e’ stata richiamata per diversi mesi dell’Ocean X per giustificare la mancanza di foto e riprese ad alta definizione. Molti ricercatori infatti hanno piu’ volte chiesto immagini 3D ad alta risoluzione appunto per verificare le storie raccontate da Lindberg. Queste immagini hanno tardato molto ad arrivare, giustificate dal fatto che la strumentazione impazziva arrivati sul punto.

Ora, come si potrebbe facilmente pensare, basterebbe fare un’immersione, prelevare un campione di questo strano oggetto ed analizzarlo in laboratorio per verificare la sua origine. In realta’, anche per questo si e’ dovuto aspettare moltissimo tempo. L’Ocean X ha infatti atteso piu’ di un anno per prelevare un campione di materiale e farlo analizzare. Nel frattempo pero’ ha realizzato un documentario sul ritrovamento venduto a diverse emittenti private, i membri del gruppo hanno rilasciato interviste ovunque e partecipato a tantissime tramissioni, insomma, da perfetti sconosciuti, Lindberg ed i suoi collaboratori sono diventati delle star.

Una delle tante immagini create per mostrare la somiglianza con la Millenium Falcon

Una delle tante immagini create per mostrare la somiglianza con la Millenium Falcon

Le poche foto fatte circolare sul web, presentavano, a detta di molti esperti che le hanno analizzate, una bassisima risoluzione e diverse modificazioni fatte in origine dall’Ocean X. Questi particolari rendevano l’analisi delle prove fotografiche estremamente complessa e ovviamente non risolutiva. Inoltre, come dichiarato da diverse fonti, molte immagini erano chiaramente false e create appositamente per far assomigliare ancora di piu’ l’anomalia all’astronave “Millenium Falcon” di Guerre Stellari e dunque avvalorare l’origine aliena del ritrovamento. Affermazioni di questo tipo, oltre che dalla rete, sono state fatte da Dan Fornari, un geologo del Woods Hole Oceanographic Institution in Massachusetts e da Jonathan Hill, un ricercatore del Mars Space Flight dell’Arizona State University.

Detto questo, parliamo quindi delle analisi di laboratorio sul campione di materiale. Queste analisi sono state condotte da Volker Brüchert, un professore associato di geologia presso l’Universita’ di Stoccolma, a cui Lindberg ha portato diverse rocce prelevate dall’anomalia del Baltico. Proprio Lindberg, avrebbe affermato in varie interviste che Brüchert era completamente sorpreso dei risultati delle analisi. I materiali estratti non erano di origine vulcanica e probabilmente neanche di origine terrestre. In questo caso era dunque lecito parlare di disco volante, o, in alternativa, di meteorite precipitato nel Baltico.

A seguito di queste affermazioni, lo stesso Brüchert rilascio’ delle interviste ai media svedesi per smentire pero’ quanto affermato da Lindberg. Secondo il ricercatore le rocce, perche’ di questo si tratta, sono in realta’ arenarie, basalti e gneiss. La presenza di queste rocce e’ perfettamente spiegabile se consideriamo che il mar Baltico e’ una vasta valle glaciale in cui si sono formati e sciolti ghiacci durante diversi periodi. Proprio il movimento dei ghiacci sarebbe in grado di trasportare rocce di origine diversa, tra cui anche materiali vulcanici. Inoltre, il vasto basamento di roccie ritrovato in prossimita’ dell’anomalia, e che spesso viene mostrato insieme a questa per la sua strana forma, e’ in realta’ un cuscino di basalto come ce ne sono diversi in quella zona di mare.

Perche’ dunque Lindberg non ammette l’errore e continua imperterrito a rilasciare interviste in giro per il mondo? Purtroppo la risposta e’ molto semplice e simile a tante altre viste in questo blog. Come anticipato prima, la storia dell’anomalia del Baltico ha reso famoso in tutto il mondo l’Ocean X Team. Le interviste, il documentario e le trasmissioni TV hanno fruttato molti soldi a Lindberg e collaboratori. Inoltre, si stanno organizzando delle costose spedizioni a bordo di un sottomarino per visitare l’anomalia sul fondo del Baltico. Capite bene che il giro d’affari intorno a questo pezzo di roccia e’ veramente enorme.

Concludendo, l’anomalia del Baltico, di cui molto si e’ parlato durante l’estate del 2011, si e’ invece rivelata una bufala. Non esiste nessuna connessione con civilta’ aliene, misteriose armi naziste o meteoriti caduti sulla Terra. Quella che ha alimentato per molto tempo il mistero su questo oggetto e’ stata in realta’ la scarsita’ di informazioni date dagli scopritori dell’anomalia. Come visto, questa poca informazione e’ in realta’ un strumento utilizzzato per tenere alta l’attenzione e per massimizzare i profitti economici dell’Ocean X Team. Al solito, mistero o no, l’importante e’ guadagnarci bene!

 

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