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La sequenza sismica del Matese

22 Gen

Dopo il primo articolo comparso qualche settimana fa:

Cos’e’ successo in Sardegna?

la nostra cara amica Patrizia ha deciso di concederci il bis, con un nuovo post sulla sismologia della nostra penisola. Questa volta ci spostiamo nel matese per capire cosa sta succedendo nella zona, se veramente e’ in corso uno sciame sismico come qualcuno sostiene e, soprattutto, per far capire alle popolazioni del posto come comportarsi. Chi meglio di una geologa puo’ raccontarci queste notizie?

Da Patrizia: La sequenza del Matese

 

Il 29 dicembre 2013, alle 18.08, si è verificato un terremoto di magnitudo 4.9 nella zona del Matese, in Campania, tra le province di Caserta e Benevento (figura 1), con  una profondità ipocentrale di 10,5 km. Pochi minuti prima la RSN (Rete Sismica Nazionale) ha registrato nella stessa area un evento di magnitudo 2.7.  Numerose sono state le scosse di assestamento successive, con magnitudo inferiore.

Oggi, 20 gennaio 2014, alle 08.12 , nella zona in esame si è avuto un nuovo evento importante di magnitudo 4.2, ad una profondità di 11,1 km.

A sinistra: Fig.1, Epicentro del terremoto del 29/12/13. A destra: Fig.2, Sequenza sismica del Matese.

A sinistra: Fig.1, Epicentro del terremoto del 29/12/13. A destra: Fig.2, Sequenza sismica del Matese.

 

Nel Matese è dunque palesemente in atto una sequenza sismica (figura 2).

Ormai siamo abituati a sentir parlare di sequenza sismica e spesso ci chiediamo se c’è un collegamento tra le diverse sequenze in atto sul territorio nazionale. Per sapere se c’è davvero un nesso geologico tra i terremoti registrati in Italia dalla RSN dobbiamo capire la geodinamica dell’area italiana. Quando parliamo di geodinamica prendiamo in considerazione  il movimento delle placche tettoniche. Il territorio italiano si trova nella zona di incontro/scontro tra la placca euroasiatica e la placca africana. In particolare, nell’Italia meridionale, l’interazione tra le due placche è accompagnata da un processo di subduzione testimoniato proprio dall’attività sismica intermedia e profonda. Detto in altri termini, la placca africana si infila sotto quella euroasiatica, dando luogo ai terremoti che si registrano lungo l’Appennino centro-meridionale.

fig3

Alla base delle sequenze sismiche degli ultimi tempi (Pollino, Gubbio, Matese) c’è quindi lo stesso meccanismo genetico. Nella figura 3 è indicato il meccanismo focale del terremoto del 29/12/13. Il meccanismo focale di un terremoto è dato dall’individuazione del piano di faglia e del movimento relativo delle rocce lungo tale piano ed è  rappresentato graficamente da un “pallone”. Nel caso specifico, il meccanismo focale ci indica che si è attivata una faglia distensiva con andamento NW-SE, detta faglia appenninica, come si vede dalla forma riportata nella figura.

Per capire come si muovono le rocce lungo il piano di faglia, consideriamo due fogli di carta in formato A4 e incolliamoli in corrispondenza del lato lungo con 3 o 4 punti di colla. Per scollarli esercitiamo una certa pressione dall’alto verso il basso in corrispondenza dei punti di colla. Progressivamente la colla cederà e i fogli si staccheranno. Analogamente, lungo un piano di faglia le rocce si frattureranno quando l’energia accumulata supererà il loro punto di rottura e libereranno questa energia come onde sismiche. La fatturazione può avvenire lungo uno o più punti (come il distacco dei due fogli di carta lungo i punti di colla).  In particolare la faglia sismogenetica del Matese che ha dato luogo al terremoto di fine anno risulta segmentata da una serie di faglie perpendicolari. Se il movimento delle rocce è avvenuto lungo un segmento di faglia, la “turbolenza” è stata trasmessa agli altri segmenti cioè la rottura in un punto ha alterato lo stato di sforzo delle porzioni di roccia adiacenti. In questo caso, siamo in presenza di un sottosuolo tettonicamente instabile e questo significa che nella stessa zona si possono verificare altri terremoti.

Fig.4: Terremoti storici nell’area del terremoto del 29/12/2013

Fig.4: Terremoti storici nell’area del terremoto del 29/12/2013

I dati della sismicità storica evidenziano tre eventi catastrofici nella zona in esame (figura 4):

1)    5/12/1456  (magnitudo intorno a 7)

2)    5/6/1688   (magnitudo intorno a 7)

3)    26/7/1805 (magnitudo 6.6)

Sempre nel distretto sismico del Matese, ma con altri epicentri, ricordiamo due eventi analogamente violenti nel XX secolo:

1)    21/8/1962  fra Sannio e Irpinia (magnitudo 6.1)

2)    23/11/1980 Irpinia (magnitudo 6.9)

Nonostante i dati storici a disposizione sul reale rischio sismico, la zona in esame fino al 1984 non era nemmeno classificata come sismica. Dal 1984 al 2002 è stata considerata a media sismicità. Solo dopo il 2002 è stata classificata come zona ad alta sismicità (figura 5):

Fig.5: Mappa di pericolosità sismica

Fig.5: Mappa di pericolosità sismica

Allo stato attuale delle conoscenze, non si è in grado di stabilire quanta energia sismica entri in gioco nel movimento delle placche dal momento che non è possibile investigare il sottosuolo oltre i 10 km di profondità e non è possibile riprodurre in laboratorio gli stati di sforzo cui sono sottoposte le rocce in queste condizioni. Questo significa che non si può prevedere il trend evolutivo della sequenza sismica che stiamo esaminando. Nessuno può indicare con esattezza dove, quando e se si verificherà un nuovo evento catastrofico. E’ probabile che l’energia accumulata si scaricherà attraverso una serie di eventi come quelli finora registrati. Siamo comunque nel campo delle ipotesi.

Senza alcuna intenzione polemica, mi dissocio da chi ha suggerito alla gente di dormire in auto per qualche notte. Piuttosto inviterei le persone interessate a verificare lo stato di agibilità delle proprie abitazioni e di ricorrere, se necessario, all’ospitalità di parenti/amici/conoscenti residenti in zone non a rischio. Logicamente, deve restare alto il livello di guardia per le autorità competenti affinché si mettano in sicurezza gli edifici non a norma.

 

Psicosi 2012. Le risposte della scienza”, un libro di divulgazione della scienza accessibile a tutti e scritto per tutti. Matteo Martini, Armando Curcio Editore.

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Perforazione geotermica e terremoto in Svizzera

22 Lug

Come sapete bene, il tema del fracking e’ sempre di grande attualita’, non solo per il possibile sfruttamento dello shale gas, importantissimo per il nostro fabbisogno energetico, ma anche per la dimostrata relazione tra il ricorso a queste tecniche e l’insorgenza di lievi scosse di terremoto.

Di fracking abbiamo parlato in questi articoli:

Una prova del fracking in Emilia?

Fratturazione idraulica

mentre il discorso sul gas di scisto e’ stato affrontato in questo articolo:

Scisti e gas naturale

Anche nel post di ieri:

Ancora sulla terra che ribolle

parlando del fenomeno della terra che ribolle in Emilia, eravamo tornati a parlare di questa tecnica, commentando i risultati delle presunte analisi indipendenti condotte su campioni di fango prelevati nella zona. Molto interessante, per chi non l’avesse seguita, e’ la discussione che si e’ scatenata nei commenti, con punti di vista differenti sui terremoti in generale.

La connessione tra fracking e terremoti e’ presto compresa. Come sappiamo, in questa tecnica fluidi ad alta pressione vengono inniettati nel sottosuolo appunto per rompere le rocce ed estrarre il gas. Le sollecitazioni portate da queste rotture possono, in alcuni casi, innescare leggere scosse di terremoto indotte. Come e’ facile capire, parliamo di scosse che non superano mai il quarto grado della scala Richter e che hanno l’epicentro localizzato molto vicino alla superficie.

Perche’ torniamo su questi argomenti?

Proprio oggi sono apparsi su diversi quotidiani gli articoli che parlano di una nuova evidenza di connessione tra questi fenomeni. Come sicuramente avrete letto, sabato, nelle prime ore del mattino, in Svizzera, precisamente nella zona di San Gallo, e’ stata avvertita una scossa di M3.6.

Da cosa e’ stata generata?

Sia il servizio sismico Svizzero che il Servizio sismologico del Politecnico federale di Zurigo concordano che la scossa potrebbe essere legata, con notevole probabilita’, alle perforazioni in corso per la realizzazione di una nuova centrale geotermica nel Cantone.

La centrale geotermica, prevede l’estrazione di acqua a 140 gradi ad una profondita’ di 4500 metri dalla superificie. Questo calore dovrebbe essere usato per produrre una quantita’ di energia sufficiente ad alimentare la meta’ delle case di San Gallo. Ovviamente, per realizzare l’opera, sono necessarie trivellazioni fino alla profondita’ citata.

Nei giorni scorsi, gli abitanti della zona avevano gia’ avvertito leggerissime scosse di terremoto dovute a queste perforazioni, ma niente superiore a M2.

Cosa e’ successo in seguito?

Ovviamente, parlando di centrale geotermica, non stiamo parlando di fratturazione idraulica. La connessione viene pero’ in seguito ad un inconveniente che si e’ avuto nella zona dei lavori. Durante le perforazioni, i tecnici si sono accorti della fuoriuscita di gas ad alta pressione nel pozzo di trivellazione. Capite bene che questa fuoriuscita poteva rappresentare un pericolo reale, non solo per gli operai coinvolti nel lavoro. Per arginare la fuga, la decisione e’ stata quella di pompare 650 metri cubi di fango per interrompere la fuoriscita di gas.

L’immissione di fango nel sottosuolo, molto simile alla tecnica utilizzata per la fratturazione idraulica ha scatenato, dopo poche ore, un terremoto di M3.6 con un epicentro a soli 4 kilometri di profondita’, esattamente dove era stata localizzata la fuga.

Fortunatamente, non ci sono stati danni a seguito del sisma ma un terremoto di questa intensita’, con un epicentro cosi’ superficiale, potrebbe, in alcuni casi, provocare danni alle abitazioni.

A seguito di questo accaduto, si e’ deciso di interrompere i lavori per la realizzazione della centrale, rimandando dopo qualche giorno la decisione se continuare o meno l’opera.

Questa non e’ la prima volta che in Svizzera si registra un caso del genere. Nel 2006, sempre durante i lavori per la realizzazione di una centrale geotermica, venne registrato uno sciame sismico, con un picco M3, nella zona di Basilea. A seguito di questo sciame, ‘lopera venne definitivamente abbandonata.

Ora, come evidenziato negli altri articoli, non mi sento assolutamente di demonizzare l’utilizzo della fratturazione idraulica o l’estrazione del gas di scisto. A mio avviso, questa tecnica necessiterebbe pero’ di ulteriori studi atti a capire meglio le procedure e soprattutto gli effetti di queste immissioni nel terreno. Come detto in precedenza, il risvolto economico ha spinto troppo velocemente all’utilizzo del fracking. Parlando di shale gas, parliamo di riorse enormi che aspettano solo di essere sfruttate. Questo ovviamente ha fatto chiudere gli occhi per estrarre il gas, tralasciando importanti e necessari studi che dovrebbero essere condotti a livello di ricerca.

Questa nuova notizia, non fa altro che confermare la relazione tra fracking, o comunque immissione di fluidi nel terreno, e terremoti di lieve intensita’. Mio personale punto di vista e’ che se le societa’ private, ma anche i governi, sono cosi’ interessati allo sfruttamento di queste risorse, allora dovrebbero prima di tutto investire capitali in ricerca, in modo da rendere queste tecniche le piu’ sicure e controllate possibile.

 

Psicosi 2012. Le risposte della scienza”, un libro di divulgazione della scienza accessibile a tutti e scritto per tutti. Matteo Martini, Armando Curcio Editore.

Le scale sismologiche

6 Giu

Nella sezione:

Hai domade o dubbi

e’ stata fatta una richiesta molto interessante che riguarda le scala sismologiche. In particolare, si chiedeva di illustrare nel blog la scala ESI 2007, ma credo che sia molto interessante parlare in generale di quali scale vengono utilizzate per classificare un sisma e quali sono le differenze tra queste.

Di principio, tutti conoscono la scala Mercalli e la scala Richter, che sono quelle apparentemente piu’ utilizzate e che sentiamo nominare in occasione di qualche sisma che avviene nel mondo. Ho detto “apparentemente” perche’ prima di tutto ci sono molte altre scale utilizzate soprattutto dai sismologi ed inoltre molte di queste riescono a classificare i terremoti in modo piu’ scientifico, basandosi proprio sulla natura fisica del fenomeno, piuttosto che, ad esempio, sui danni creati da un sisma.

Dal punto di vista storico, la prima scala basata su presupposti scientifici fu la Rossi-Forel a dieci gradi. Proprio da questa, il sismologo e vulcanologo Mercalli derivo’ una scala a 12 gradi basata sull’intensita’ di un sisma. Fate attenzione, per prima cosa, parlando di terremoti, e’ molto importante distinguere tra intensita’ e magnitudo, termini spesso confusi tra loro dai non addetti ai lavori. Per far capire questa differenza, su cui torneremo in seguito descrivendo i processi fisici, basti pensare che due terremoti di uguale magnitudo possono avere intensita’ diversa se, ad esempio, avvengono con ipocentri a profondita’ diversa tra loro.

Detto questo, la scala Mercalli e’ basata sugli effetti che un terremoto puo’ avere su persone, cose e manufatti. Alla luce di quanto detto, appare evidente che un terremoto di altissima magnitudo che avviene in una zona desertica non popolata, avra’ un grado Mercalli inferiore proprio per la mancanza di danni a cose e persone.

Per essere precisi, l’attuale scala utilizzata e’ detta Mercalli-Cancani-Siedberg ed e’ a 12 gradi. In origine, la scala Mercalli, cosi’come la Rossi-Forel, aveva solo 10 gradi. Fu proprio il sismologo Cancani ad esternderla a 12 gradi. Generalmente, i gradi piu’ bassi della scala vengono attribuiti in base alla percezione delle persone, mentre per i gradi piu’ alti ci si basa sugli effetti agli edifici e ai manufatti in generale.

Da quanto detto, appare evidente che la scala Mercalli non e’ basata su nessuna quantita’ fisica legata al terremoto, ma solo agli effetti del sisma. Se vogliamo, questo inizialmente potrebbe essere un vantaggio di questa scala dal momento che per l’attribuzione dell grado non e’ necessaria alcuna strumentazione specifica.

Proprio queste considerazioni hanno poi portato alla formulazione della scala Richter. Piccola premessa, il termine scala Richter, non e’ in realta’ molto utilizzato dalla comunita’ sismologica in quanto la scala viene detta “Magnitudo Locale”. Come e’ definita? Come anticipato, questa scala misura la magnitudo del sisma ed e’ direttamente legata all’energia rilasciata nel sottosuolo. Questo parametro viene stimato per il terremoto all’ipocentro ed e’ dunque non dipendente, come e’ evidente, dalle tecniche costruttive utilizzate in una determinata zona. A parte il particolare sismografo utilizzato per determinare il grado Richter, questa e’ una scala logaritmica in cui vengono definiti i decimi di magnitudo (M X.Y) ed in cui, ad esempio, una determinata magnitudo e’ circa 32 volte maggiore della successiva: M6=32M5, ecc.

Ora, date queste due scale, perche’ avremmo bisogno di altro? Come detto, la scala Mercalli e’ relativa ai danni del terremoto, la acala Richter invece e’ direttamente legata all’energia rilasciata dal sisma e dunque descrive la meccanica del fenomeno. In realta’, quest’ultima scala presenta dei problemi di saturazione per i gradi maggiori, dovuti al fatto che, sopra M8.5, terremoti di magnitudo diversa possono risultare nello stesso valore della scala.

Per risolvere questo problema, e’ stata poi introdotta la scala del “momento sismico”. Analogamente alla Richter, anche questa scala e’ di tipo logaritmico e si basa sulla stima dell’energia rilasciata nell’ipocentro. A differenza pero’ della prima, non presenta i problemi di saturazione.

Da quanto detto, appare evidente come queste scale siano completamente scorrelate tra loro, trattando un sisma sotto aspetti diversi. Se ci pensiamo bene, entrambi i parametri utilizzati potrebbero essere utili per una valutazione e per una comparazione, ad esempio, per sismi successivi avvenuti nello stesso luogo. Sulla base di questo, e’ stata sviluppata la “Scala Macrosismica Europea”, o EMS-98. In questa definizione, si distingue un sisma in base alla forza degli effetti di un terremoto in un luogo specifico. In questo senso, entra ovviamente l’energia del sisma, ma anche i danni provocati dal fenomeno in un determinato luogo, caratterizzato da specifiche tecniche costruttive e densita’ abitative. Anche la EMS-98 presenta 12 gradi e, passando dai livelli piu’ bassi a quelli piu’ alti, di volta in volta la percezione umana del sisma lascia spazio ai danni agli oggetti provocati dal fenomeno. Per quanto piu’ precisa e meglio utilizzabile, anche questa scala presenta delle limitazioni simili a quelle dei suoi predecessori: confusione nell’attribuzione di un livello alto, influenze soggettive nella valutazione dei danni agli edifici.

Per evitare queste problematiche, nel 2007 e’ stata sviluppata una nuova scala detta “Environmental Seismic Intensity Scale”, o ESI-2007. Come suggerisce il nome stesso, questa scala si basa sugli effetti ambientali che un sisma puo’ avere in un determinato luogo. Fate attenzione, stiamo parlando di ambiente in generale, non solo di antropizzazione. In tal senso, questa scala va proprio a valutare la fagliazione provocata nel terreno, fenomeni di subsidenza, liquefazione, frattura, ecc. Come visto in diversi articoli, questi sono tutti effetti seguenti ad un sisma e che possono essere utilizzati per descrivere il fenomeno partendo proprio dalle sue conseguenze sull’ambiente.

Qual e’ il vantaggio di questa tecnica? Come sappiamo, molto spesso un terremoto tende a ripetersi in zone in cui e’ gia’ avvenuto. Valutare, e dunque raccontare, il sisma basandosi proprio sui suoi effetti sull’ambiente, puo’ aiutarci a prevenire i danni del terremoto. In che modo? Parlare di case distrutte, non e’ di per se un parametro utilie, ad esempio, per confrontarci con fenomeni avvenuti decenni prima. Questo e’ evidente se si pensa alle diverse tecniche costruttive, ma anche al grado di antropizzazione di un determinato luogo. Parlando invece di conseguenze sull’ambiente, e’ possibile prima di tutto confrontarci con gli eventi passati, ma soprattutto ci permette di predisporre piani di emergenza mirati, conoscendo le eventuali problematiche che potrebbero verificarsi in concomitanza con un sisma di alta intensita’.

Ultima considerazione che vi sara’ venuta in mente: perche’ parliamo di nuova scala se il nome e’ qualcosa-2007? Semplicemente perche’ nel 2007 e’ stta presentata questa divisione, ma prima di poter essere utilizzata, sono richiesti 5 anni di sperimentazione, cosi’ come avvenuto.

Concludendo, esistono diverse scale sismologiche per poter valutare e distinguere tra loro i diversi terremoti. Cme visto pero’, queste presentano alcune limitazioni specifiche dovute alla stima dei danni o alla caratteristica fisica presa in considerazione. Distinzione molto importante e’ quella tra magnitudo e intensita’ che, come visto, sono due termini spesso confusi ma che in realta’ caratterizzano cose completamente diverse tra loro. La nuova scala ESI-2007, consente di valutare gli effetti provocati da un sisma sull’ambiente, determiando cosi’ un confronto diretto e sempre possibile in un luogo specifico. Come potete facilmente immaginare, per poter definire esattamente il grado ESI di un sisma, i sismologi devono recarsi sul luogo per poter stimare al meglio gli effetti ambientali lasciati. Oltre a quelle viste, vi sono poi altre scale, spesso simili alle altre, ma il cui utilizzo e’, ad esempio, specifico di un determinato luogo per motivi storici o culturali.

 

Psicosi 2012. Le risposte della scienza”, un libro di divulgazione della scienza accessibile a tutti e scritto per tutti. Matteo Martini, Armando Curcio Editore.

Energia? Salute? No, Birra!

27 Mag

In diversi post, ci siamo occupati delle tecniche di fracking, o fratturazione idraulica, che stanno radicalmente modificando non solo l’estrazione di gas e petrolio dal sottosuolo, ma soprattutto gli equilibri economici legati al fondamentale mercato delle energie.

Come visto, di fracking se ne era parlato abbondantemente come causa del terremoto in Emilia del 2012:

Una prova del fracking in Emilia?

ma, come dimostrato scientificamente, queste tecniche non possono assolutamente causare terremoti di notevole intensita’, ma, al massimo e in territori predisposti, piccoli sismi secondari dovuti ai movimenti indotti nella crosta.

In questo post:

Fratturazione idraulica

abbiamo visto in dettaglio come funziona questa tecnica, ma, negli ultimi tempi, si e’ di nuovo tornati a parlare prepotentemente di fratturazione grazie alla possibilita’ di estrarre lo shale gas, che rappresenta una noteovole risorsa energetica per molti paesi.

In particolare, la possibile estrazione dello shale gas ha fatto iniziare una corsa, a mio avviso prematura, all’estrazione di questa risorsa per soli scopi economici. Come visto in questo articolo:

Scisti e gas naturale

si tratta di una tecnica ancora poco studiata a livello tecnico-scientifico e che ha di contro, almeno allo stato attuale, un rischio concreto di inquinamento delle falde acquifere. Come visto nell’articolo, molti problemi si stanno verificando negli Stati Uniti dal momento che questo e’ il primo paese che e’ ricorso pesantemente alla tecnica per l’estrazione del gas.

Perche’ si ricorre al fracking per estrarre il gas dagli scisti?

Come visto negli altri articoli, la risposta e’ molto semplice. Ad oggi, mediante questa tecnica, gli USA pagano un prezzo che e’ circa 1/3 degli altri paesi europei per l’energia estraendola in casa piuttosto che importandola dalla Russia e da altri paesi ricchi di giacimenti convenzionali.

Proprio queste analisi economiche, stanno richiamando l’attenzione anche di altri paesi europei. Solo pochi giorni fa, la Germania ha emanato una legge per una esplorazione preventiva delle proprie risorse mediante la tecnica del fracking. Cosa e’ accaduto a seguito di questa legge? I primi che si sono messi sul piede di guerra sono i birrai. Avete capito bene, i produttori di birra sono i primi che si sono preoccupati dell’utilizzo della fratturazione in territorio tedesco. Non pensate che sia una cosa da poco. La lobby dei produttori di birra e’ una delle piu’ potenti e antiche della Germania, con un giro di affari di 8 miliardi di euro all’anno e con la produzione di 90 milioni di ettolitri.

Come visto nell’articolo precedente, l’utilizzo di questa tecnica mette a rischio di contaminazione le falde acquifere in primis per la possibile fuoriuscita di gas, ma poi anche per il rischio di contaminazione da petrolio e dai solventi chimici utilizzati per facilitare la fratturzione delle rocce. Il video dell’americano che fuoco all’acqua del suo rubinetto e’ solo un esempio.

Per farvi capire quanto antica sia la tecnica di produzione della birra in Germania, molti produttori si rifanno ad una legge promulgata da Guglielmo IV di Baviera nel 1516 e nota come Reinheitsgebot, cioe’ “editto sulla purezza”. Secondo questa legge, la birra tedesca deve essere prodotta solo ed esclusivamente utilizzando luppolo, orzo e acqua pura di fonte. Proprio per questo motivo, molti birrai prelevano l’acqua da profondi pozzi privati che garantiscono purezza al loro prodotto. Anche se oggi una nuova legge ammette altri ingredienti consentiti, molti birrifici tedeschi utilizzano ancora l’antica legge come standard di purezza e garanzia di qualita’.

Bene, a questo punto gli interessi energetici della Germania si stanno scontrando con una potente lobby impegnata da secoli nella produzione del prodotto per eccelenza tedesco. L’industria della birra da lavoro a circa 25000 tedeschi e il sindacato dei birrai ha gia’ mandato una lettere ufficiale a 6 ministri del governo annunciando, qualora necessario, battaglie legali in tutti i gradi possibili.

Alla luce di quanto detto, le paure dei birrai sono del tutto fondate. Allo stato attuale, la tecnica del fracking non e’ ancora da considerarsi matura e senza rischio. Manca ancora una attenta valutazione scientifica del processo di estrazione, purtroppo, messo da parte per interessi economici. Se vogliamo, e’ grottesco che gli unici che stanno facendo battaglia al governo per questa scelta siano i produttori di birra, ma in realta’ questo non ci deve sorprendere. Come visto, l’eventuale inquinamento delle falde acquifere metterebbe a repentaglio un volume d’affari notevole oltre a numerosi posti di lavoro. Non resta che attendere gli sviluppi e vedere tra le due parti chi avra’ la meglio!

 

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Ad un anno dal sisma, la terra ribolle in Emilia

20 Mag

In questi giorni, sta facendo molto discutere un fenomeno alquanto curioso che sta avvenendo in alcune zone in provincia di Mantova.

Di cosa si tratta?

Sembrerebbe che la terra stia ribollendo, emettendo uno strano gorgoglio e, almeno secondo le testimonianze, venga emesso un gas non ancora identificato.

Il fenomeno e’ stato osservato per la prima volta a San Giovanni del Dosso e da ieri anche a Campagnola nella Bassa Reggiana. I primi a parlare di questo avvenimento, sono stati i giornalisti della Gazzaetta di Mantova che sono anche intervenuti sul posto. Per farvi capire di cosa stiamo parlando, vi riporto il link al giornale in cui potete vedere e sentire il misterioso borbottio:

Gazzetta di Mantova, San Giovanni del Dosso

Come raccontato dal giornale, in entrambi i casi, il fenomeno e’ stato osservato in campi agricoli e sono state allertate le autorita’ per cercare di capire l’origine di questi strani rumori. Ad oggi, non si sa ancora l’origine certa ne’ tantomeno il meccanismo geologico che innesca questi movimenti.

Di questo strano fenomeno, ho discusso con un nostro lettore che vive proprio nella zona e che mi ha contattato per cercare di capire cosa stia accadendo. Ovviamente, non avendo a disposizione dati certi, e’ possibile fare solo delle ipotesi basate sui video che trovate in rete.

Prima di parlare di ipotesi, cerchiamo di contestualizzare la situazione. Proprio oggi, e’ l’anniversario della prima scossa che ha interessato l’Emilia, il 20 Maggio 2012. Di questo evento, cosi’ come di quello del 29, abbiamo parlato moltissimo in questo blog per analizzare e smentire le tantissime ipotesi che volevano il terremoto indotto dall’uomo o legato a qualche strana attivita’ di fratturazione idraulica.

Parlando di una zona con ancora vivo il ricordo di quei momenti, e’ abominevole pensare che in rete ci sia una fortissima speculazione anche su questo ultimo fenomeno. Purtroppo, come ormai sappiamo bene, pur di fare profitto non si guarda in faccia nessuno.

Analizziamo un attimo i fatti. Stando a quanto riportato dai testimoni, oltre a questo strano rumore, dal terreno sarebbe emesso anche un gas. Per certo, sappiamo che non si tratta di metano. Questo perche’, con un metodo alquanto discutibile dal punto di vista scientifico, le persone intervenute sul luogo hanno accertato che avvicinando una fiamma il gas non si incendiava. Si potrebbe discutere sul metodo “scientifico” utilizzato, ma non e’ questo l’importante ora.

Quali sono le spiegazioni che trovate in rete? La piu’ citata e’ che il gas emesso sia radon. Perche’ questa ipotesi? Semplice, per creare la connessione con le teorie di Giuliani e quindi far intendere che da qui a pochi giorni ci potrebbe essere una nuova scossa. Di queste teorie abbiamo parlato piu’ volte, discutendo come le emissioni di radon dal sottosuolo non possano essere considerate un precursore sismico. Non mi stanchero’ mai di ripetere che: ci possono essere terremoti preceduti da emissioni di radon, ci possono essere terremoti non preceduti da emissioni di radon, ci possono essere emissioni di radon senza terremoti. Nell’ottica dell’individuazione di un precursore sismico, capite dunque che questo parametro non e’ assolutamente affidabile.

Detto questo, ci sono poi tantissimi siti che parlano dello stesso fenomeno avvenuto pochissimi giorni prima della violenta scossa del 20 maggio 2012. Cosa significa questo? Semplice, far credere alle persone che tra pochi giorni ci potrebbe essere di nuovo un forte terremoto.

Prima di farci prendere dal panico, andiamo con ordine e cerchiamo di inquadrare la cosa.

Prima di tutto, parlando dei terremoti del 2012, abbiamo parlato di fenomeni simili a questi che stiamo analizzando ora, in questi post:

Una prova del fracking in Emilia?

Inalzamento dei pozzi in Emilia prima del sisma

Spesso i vulcanelli vengono citati in tanti articoi attuali, dimenticando pero’ un particolare fondamentale: come visto nel post, questo fenomeno non e’ un precursore sismico, bensi’ una conseguenza di un forte sisma. Cosa significa? Che, dopo un forte sisma, in prossimita’ dell’epicentro, possono (ma non e’ detto) formarsi questi vulcanelli di sabbia dovuti a fenomeni di liquefazione del terreno. E’ un precursore? No, non avvengono prima, casomai dopo un sisma.

Allora cosa sono questi strani rumori che si avvertono?

Dunque, come anticipato, non abbiamo ancora dati in mano per formulare ipotesi certe, ma dobbiamo considerare due aspetti molto importanti: a seguito del sisma del 2012, la struttura morfologica del terreno potrebbe essere stata modificata. Inoltre, fino a pochi giorni fa, si sono registrate fortissime piogge proprio sull’area in questione.

Alla luce di questo, cosa potrebbe creare il rumore?

Tra le tante ipotesi che si leggono, secondo me due sono verosimili. La prima e’ che la liquefazione della sabbia, documentata nei post precedenti, abbia creato spazi vuoti nel terreno. In questo caso, l’acqua delle precipitazioni e’ entrata nel terreno ed e’ andata a riempire questi spazi. Il rumore che si sente e’ semplicemente dovuto ad un gioco di pressioni. Sacche che vengono riempite dall’acqua che passa nel terreno, possono creare pressioni diverse e dunque l’acqua si sposta creando questo rumore. Se volete e’ un po’ come i vasi comunicanti. In questo senso, il gas che uscirebbe dal terreno sarebbe soltanto l’aria che era contenuta nelle sacche e che lascia il posto all’acqua proveniente dalla superficie.

La seconda ipotesi plausibile e’ che si tratti di anidride carbonica. In questo caso, il discorso e’ del tutto equivalente a quello precedente, solo che le sacche sarebbero piene di anidride carbonica. Questo gas potrebbe essere accumulato da vegetali o anche da piccoli giacimenti sotterranei.

Personalmente, ma potrei sbagliare, credo sia piu’ plausibile la prima ipotesi. In tal senso, come visto, questo fenomeno sarebbe comunque connesso agli sconvolgimenti del terremoto del 2012, ma causato direttamente dalle violente piogge dei giorni scorsi.

Permettetmi un pensiero a voce alta. E’ gia ‘qualche giorno che si parla di questo fenomeno, possibile che in tutta Mantova non si sia trovato un laboratorio attrezzato per fare una semplice analisi e capire prima di tutto che gas viene emesso dal terreno? Non credo sia una cosa tanto difficile, forse solo un pochino di piu’ che avvicinarsi con un accendino al terreno, ma sicuramente molto piu’ scientifico.

Ad oggi, sono state anche scavate delle buche nel terreno fino a 80 cm, ma non hanno rivelato nulla di anomalo. A questo punto, non resta che attendere qualche giorno e aspettare i risultati delle analisi per potere capire finalmente di che fenomeno si tratta.

L’unica cosa che vorrei sottolineare, e’ l’assoluta non correlazione tra questo fenomeno ed un sisma. Se parliamo di vulcanelli, intendiamo una coseguenza non un precursore di terremoto. Se parliamo di radon, facciamo illazioni sia dal punto di vista del fenomeno, dal momento che non e’ noto il gas che fuoriesce, sia dal punto di vista, come detto, dei precursori. Dunque, rimaniamo calmi e cerchiamo di capire veramente di cosa si tratta, non dando soddisfazione ai tanti speculatori di cui la rete e’ ormai satura.

 

”Psicosi 2012. Le risposte della scienza”, un libro di divulgazione della scienza accessibile a tutti e scritto per tutti. Matteo Martini, Armando Curcio Editore.

Scisti e Gas Naturale

26 Apr

Sempre piu’ spesso si sente parlare del cosiddetto “Gas di Scisto” o “Shale Gas”, da sempre associato anche alla tecnica della fratturazione idraulica. Questi termini stanno prepotentemente entrando nel linguaggio comune, anche se spesso vengono confusi con altri o spiegati male. Proprio per questo motivo, diversi utenti mi hanno chiesto di scrivere un post su questi argomenti.

Partiamo proprio dalle basi, cosa sarebbe lo Shale Gas? Come sappiamo bene, fino a qualche anno fa, quando si parlava di gas, si intendevano i giacimenti di gas naturale che vengono identificati in varie parti del pianeta e da cui viene estratto il gas mediante delle perforazioni verticali. In questo caso, si parla di “giacimenti” di gas naturale, cioe’ di aree del sottosuolo in cui si trova imprigionato il gas e che vengono raggiunte dalle nostre trivelle.

Foto di uno scisto argilloso

Foto di uno scisto argilloso

Gia’ da diversi anni invece, e’ stato scoperto che una notevole quantita’ di gas, principalemente metano, e’ intrappolata all’interno degli scisti presenti nel sottosuolo. Per scisti si intendono quelle rocce che tendono a sfaldarsi lungo piani particolari e che sono prodotti da argille sottoposte, nel sottosuolo, ad alte pressioni e temperature. Questo termine viene messo in contrapposizione alle gneiss, che invece presentano una “scistosita’” meno marcata, cioe’ non si sfaldano lungo piani orizzontali.

Cosa hanno di speciale questi scisti? Dal punto di vista dello sfruttamento energetico, come anticipato, negli scisti possono essere accumulate grosse quantita’ di gas, derivante dalla decomposizione di microorganismi rimasti intrappolati nelle argille durante la formazione.

Ovviamente, mentre nel caso dei giacimenti convenzionali basta raggiungere il serbatoio naturale per estrarre il gas, nel caso degli scisti e’ necessario “fratturare” le argille per far uscire il gas.

Fino a qualche anno fa, le tecniche sfruttabili per l’estrazione del gas da scisti erano considerate troppo dispendiose e questo rendeva l’estrazione poco conveniente.

Poi cosa e’ cambiato?

Come anticipato, solo qualche anno fa, e’ stata introdotta la tecnica della fratturazione idraulica, di cui abbiamo parlato in questi post:

Fratturazione idraulica

Una prova del fracking in Emilia?

Come ricorderete, questa tecnica e’ stata piu’ volte chiamata in causa soprattutto per la presunta connessione che ci potrebbe essere tra la fratturazione idraulica, o fracking, e l’insorgenza di forti terremoti nel mondo. Secondo molti complottisti, proprio il massiccio ricorso alla fratturazione sarebbe la causa degli ultimi devastanti terremoti registrati nel mondo, tra cui anche quello dell’Emilia del 2012.

Di questa presunta connessione tra fracking e terremoti, abbiamo gia’ parlato nei post precedenti. Come evidenziato, e’ stato confermato a livello scientifico che la fratturazione potrebbe causare terremoti di lieve intensita’ nelle zone in cui viene estratto gas di scisto, anche se queste non sono normalmente interessate da fenomeni sismici. Attenzione, come sottolineato, si tratta di fenomeni di “lieve intensita’”, causati dalla rottura delle rocce nel sottosuolo. Non esiste nessuna relazione tra fratturazione e terremoti di alta intensita’. Questa connessione viene solo citata da fonti complottiste per cercare di farvi credere cose non vere o per speculare su fenomeni naturali che, purtroppo, molto spesso sono responsabili di numerose vittime quando si presentano con forte magnitudo.

Detto questo, cerchiamo di capire meglio, non solo a livello tecnico, il perche’ del ricorso al fracking.

Lo sfruttamento del gas di scisto, a partire dal 2010, ha permesso di ridisegnare gli equilibri economici a livello mondiale. I paesi piu’ ricchi di questa risorsa sono gli Stati Uniti, la Cina, il Canada e anche alcuni paesi europei come la Polonia. Ora, ragioniamo su questo fatto. Se prima un paese come gli Stati Uniti era uno dei principali importatori di gas naturale dalla Russia, cosi’ come l’Europa, il possibile sfruttamento di questa nuova risorsa non convenzionale permette di passare da un dipendenza energetica alla completa autosufficienza. Proprio questi interessi economici hanno dato il via ad uno sfruttamento massiccio, indiscriminato e prematuro del fracking.

Come visto negli articoli precedenti, nella fratturazione idraulica, notevoli quantita’ di acqua ad alta pressione vengono flussate nel sottosuolo per rompere gli scisti ed estrarre il gas. Oltre alla normale acqua, viene utilizzata sabbia e una frazione compresa tra lo 0,5% e l’1% di sostanze chimiche. Queste aggiunte sono utili per aumentare il potere di fratturazione del fluido e dunque incrementare l’efficienza di estrazione del gas.

Come anticipato, su molti siti si parla di fracking solo ed esclusivamente ponendo l’attenzione sul rischio, come visto del tutto infondato, della “creazione” di terremoti. Quello che purtroppo e’ poco noto, e’ che il rischio sismico e’ assolutamente l’ultimo dei problemi di questa tecnica.

Prima di tutto, nelle prime fasi della fratturazione, una quantita’ variabile di metano potrebbe fuoriuscire dal pozzo senza che questa venga raccolta. Il metano e’ un notevole gas serra, con un effetto ben 70 volte maggiore di quello dell’anidride carbonica. Ovviamente, si parla di quantita’ non eccessive disperse nell’aria, ma un ricorso massiccio di questa tecnica, con la creazione di migliaia di pozzi nel mondo, causerebbe un danno ambientale sicuramente non trascurabile. Come sapete bene, i protocolli ambientali impongono una riduzione di gas serra per contenere l’aumento globale delle temperature. Sicuramente, migliaia di emissioni di metano in atmosfera, non aiuterebbero in questo senso.

Inoltre, la trivellazione orizzontale potrebbe causare la fuoriuscita di radiazione naturale dal sottosuolo. Ovviamente, non stiamo creando un allarme, ma i materiali radioattivi naturali presenti nel sottosuolo possono essere trivellati e fratturati in questi processi, causando l’emissione di particelle in prossimita’ del pozzo. In alcuni pozzi degli Stati Uniti, questo effetto e’ stato gia’ evidenziato mostrando il reale rischio per gli abitanti del luogo o anche per gli operatori.

Ma il reale problema nell’utilizzo de fracking e’ la possibilita’ di inquinamento delle falde acquifere. Come anticpato, nella fratturazione viene utilizzata oltre all’acqua anche sabbia e additivi chimici. Questi, insieme anche al metano che sfugge, possono disperdersi nelle falde acquifere, creado seri rischi di contaminazione.

A riprova di questo, vi mostro un video davvero incredibile registrato negli Stati Uniti, dove questa tecnica e’ stata largamente utilizzata, e che mostra alcuni problemi dell’inquinamento delle falde:

Come visto, alcune famiglie americane, hanno scoperto che l’acqua dei loro rubinetti e’ divenuta incendiabile. Come potete capire, questo risultato e’ dovuto alla dispersione di metano nelle falde acquifere. Se volete, il video mostra solo il lato spettacolare di questa contaminazione, ma, purtroppo, esiste anche un reale problema di salute delle persone che bevono acqua non pura.

Detto questo, non voglio affatto demonizzare l’utilizzo del fracking. La nostra societa’ ha un continuo bisogno di risorse naturali e la domanda continua ad aumentare a ritmi vertiginosi nel corso degli anni. Lo sfruttamento del gas di scisto, consentirebbe di ridisegnare gli equilibri economici ma soprattutto darebbe accesso a notevoli giacimenti di gas naturale sepolto in strati relativamente superficiali del nostro pianeta. Prima di poter dire no allo sfruttamento di una risorsa, dobbiamo sempre fare i conti con quello che abbiamo. Nessuno di noi, anche tra i piu’ fondamentalisti, rinuncerebbe alle proprie comodita’. Questo e’ un punto di vista ragionevole e proprio per questo si devono sempre cercare nuove soluzioni per soddisfare i nostri bisogni soprattutto energetici. Questo pero’ non deve precludere un’attenta analisi ambientale e dei potenziali pericoli che una nuova tecnica potrebbe avere sul pianeta e sugli esseri umani.

Solo per concludere, vi voglio mostrare una foto che trovo molto bella e che riguarda proprio lo shale gas:

La cascata della fiamma a Buffalo

La cascata della fiamma a Buffalo

si tratta della cosiddetta “Cascata della fiamma Eterna” nel parco naturale di Buffalo negli USA. La fiamma che vedete dietro la cascata e’ alimentata dal gas sprigionato da uno scisto formato circa 350 milioni di anni fa e sepolto alcune centinaia di metri nel sottosuolo.

Proprio lo studio di questa fiammella ha dato il via a nuove considerazione sul gas di scisto. In questo caso, la presenza appunto della fiamma, indica che il gas proviene dal sottosuolo in modo naturale e fuoriesce con una certa pressione. La risalita del gas fino alla superficie e’ stata provocata da recenti movimenti tellurici che dunque hanno aperto la strada al gas portandolo in modo naturale fino in superficie.

La continua fuoriuscita di gas indica dunque la presenza di un serbatoio in pressione nel sottosuolo, cosa considerata impossibile fino a qualche mese fa. Questa scoperta apre dunque gli scenari a nuovi possibili sfruttamenti del gas di scisto, senza ricorrere alla tecnica della fratturazione idraulica. Cosi’ come avviene a Buffalo, questi serbatoi naturali potrebbero essere presenti in altre parti del pianeta, in attesa solo di essere scoperti e sfruttati in modo del tutto sicuro.

Concludendo, lo shale gas rappresenta una fonte enorme in attesa di essere sfruttata. Purtroppo, gli interessi economici, spesso tendono ad accelerare i processi saltando tutta una serie di analisi scientifiche necessarie. Come visto, la tecnica della fratturazione idraulica presenta notevoli problematiche a livello ambientale, molto piu’ serie dell’assolutamente innocuo rischio sismico. Sicuramente, una ricerca attenta su questa risorsa consentira’ in un futuro molto prossimo lo sfruttamento del gas dagli scisti ma ovviamente senza mettere in pericolo l’ambiente e la sicurezza delle persone.

 

Psicosi 2012. Le risposte della scienza”, un libro di divulgazione della scienza accessibile a tutti e scritto per tutti. Matteo Martini, Armando Curcio Editore.

Innalzamento dei pozzi in Emilia prima del sisma

21 Lug

In diversi post abbiamo parlato del sisma che ha colpito l’Emilia il 20 maggio 2012:

Fratturazione idraulica

Riassunto sui terremoti

Emilia 13-16 Luglio, un po’ di statistica

Come spesso accade in questi casi, si crea una serie impressionante di voci riguardo a strani fenomeni avvenuti nei giorni precedenti il sisma o su eventuali segni premonitori non ascoltati.

In relazione a questo, si stanno diffondendo sul web moltissimi articoli che parlano di un innalzamento del livello dell’acqua nei pozzi proprio nei giorni precedenti la scossa maggiore. Molte testimonianze di questo fenomeno arrivano proprio da Finale Emilia, una delle zone epicentro del terremoto.

Secondo alcuni, l’innalzamento del livello dell’acqua, con il conseguente allagamento di alcune parti del terreno, sarebbe stato un segnale premonitore del terremoto. Da qui a pensare che gli esperti sapessero dell’arrivo del sisma e non abbiano avvertito di proposito la popolazione il passo e’ molto breve.

Cerchiamo di fare un po’ di chiarezza su questo punto.

In questo caso non si tratta di una legenda. Come riportato da abitanti della zona, alcuni giorni prima del terremoto c’e’ stato un innalzamento, anche di qualche metro, del livello dei pozzi e alcuni terreni agricoli sono stati allagati dalla fuoriuscita dell’acqua.

Ecco una foto scattata da un agricoltore di Finale Emilia sul suo campo:

Allagamento di un terreno a causa dell’innalzamento del livello di falda a Finale Emilia

E’ dunque vero che questi fenomeni avvengono in prossimita’ di un terremoto? Perche’ non vengono utilizzati sistemi di monitoraggio delle acque e dunque di previsione dei terremoti?

Questo argomento ricorda molto quello dei vulcanelli di acqua e sabbia che abbiamo trattato in questo post:

Una prova del fracking in Emilia?

Esattamente come per i vulcanelli, l’innalzamento del livello di acqua nei pozzi, non e’ un segnale premonitore, bensi’ una conseguenza del terremoto.

L’aumento del livello di falda e’ anche noto con il termine di “fontanazzi”. In concomitanza con il terremoto, vi possono essere delle variazioni ai livelli di pressione nel sottosuolo, causando una spinta delle falde acquifere verso l’alto. La conseguenza di questa spinta e’ ovviamente un innalzamento del livello nei pozzi che, in alcuni casi, possono esondare allagando i terreni circostanti.

Come potete immaginare, questi fenomeni possono essere localizzati solo in alcuni punti della zona a causa dei movimenti del sottosuolo. Per rispondere ai complottisti che vorrebbero il silenzio da parte dei geologi, anche in Emilia esiste una rete di monitoraggio del livello delle falde, basata su una ventina di stazioni nel territorio. Sulla rete non si sono registrati aumenti significativi dei livelli, a dimostrare come questi eventi possano essere molto localizzati.

Tornando sul caso di Finale Emilia, come ormai avrete capito, la formazione dei fontanazzi non e’ un segnale premonitore del terremoto, bensi’ una conseguenza dello stesso. Nel caso specifico, l’innalzamento del livello dell’acqua e’ stato causato dalle scosse di intensita’ minore precedenti quella principale. La bassa magnitudo delle prime scosse ha fatto si che molti non avvertissero i movimenti tellurici ed interpretassero, a posteriori, i fontanazzi come un segnale premonitore.

Non date retta a chi vorrebbe farvi credere che esistono dei chiari segnali che preannunciano un terremoto. Ribadiamo per l’ennesima volta, ad oggi non esiste un sistema di previsione dei terremoti. La scienza tutta non ha interesse nel tenere nascoste le cose, soprattutto se di importanza vitale per la gente. Fare una cosa del genere sarebbe contro i principi stessi su cui la scienza e’ basata.

Confondendo cause ed effetti, si cerca solo di confondere l’opinione delle persone per convincerle di qualcosa non vero. Non fidatevi delle apparenze, ragionate sempre su ogni problema affidandovi a voi stessi, ad eventi passati e confrontando diverse fonti. Per continuare a studiare insieme non solo gli eventi predetti sul 2012, ma argomenti sempre in voga e ricchi di fascino, non perdete in libreria Psicosi 2012. Le risposte della scienza.