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L’esperimento di Ferlini e la barriera magnetica

4 Mag

Solo qualche giorno fa abbiamo pubblicato un articolo specifico sul cosiddetto “effetto Hutchinson”:

Effetto Hutchinson: realta’ o bufala?

Come visto, i fenomeni descritti in questa esperienza, che spaziano dalla levitazione alla fusione di oggetti con rilascio di energia, sarebbero provocati dalla sovrapposizione di onde elettromagnetiche in zone precise dello spazio. Nel descrivere queste esperienze, abbiamo mostrato un notevole scetticismo dettato dalla particolarita’ dei fenomeni descritti ma, soprattutto, dal fatto che l’autore stesso di questi esperimenti abbia piu’ volte dichiarato di non essere piu’ in grado di ripetere tali effetti. Ci tengo a sottolineare che la mia posizione di scettico non e’ affatto per partito preso. Come sapete, e come detto molte volte, tutti dobbiamo essere aperti a fenomeni sconosciuti e anche apparentemente assurdi purche’, come la scienza insegna, questi possano essere ripetuti da chiunque, in qualsiasi parte sotto le condizioni descritte. Solo se questo avviene possiamo considerare il metodo scientifico soddisfatto e vedere a tali nuovi fenomeni con gli occhi della scienza.

Riprendo quanto detto in questo articolo, perche’ ora vorrei raccontarvi un altro presunto esperimento che solo qualche giorno fa e’ stato richiamato da alcuni siti complottisti, sempre con il solito scopo di denigrare la scienza ufficiale e tacciarla di non voler approfondire cio’ che e’ fuori dai suoi dettami. Parlaimo questa volta del cosiddetto esperimento di Ferlini sulla barriera magnetica.

Chi e’ costui? In cosa consiste l’esperimento?

Se provate ad informarvi in rete, troverete solo una moltitudine di articoli che riprendono pari pari quanto descritto da Ferlini in un libro da lui stesso pubblicato e intitolato appunto “La barriera Magnetica”. In questo libro Ferlini descrive una serie di esperimenti che avrebbe condotto, dapprima in solitudine e poi con un gruppo di collaboratori, studiando i campi magnetici.

Prima di raccontarvi gli esperimenti, e’ importante, come vedremo dopo, dire che Ferlini inizio’ la sua carriera studiando l’antico Egitto e la costruzione delle Piramidi. In particolare, cio’ che interessava Ferlini era la possibilita’ che strani fenomeni fisici potessero accadere dentro o in prossimita’ delle piramidi a causa di soluzioni appositamente inserite durante la costruzione di questi imponenti monumenti.

Premesso questo, Ferlini racconta che un giorno giocherellando con due calamite si accorse che avvicinando i poli opposti, poco prima che questi entrassero in contatto, la zona di spazio appariva leggermente offuscata come se qualcosa di particolare accadesse al volume d’aria tra i poli stessi. Incuriosito da questo fenomeno che non riusciva a spiegare, Ferlini decise di costruire un esperimento piu’ in grande in modo da accentuare l’effetto. L’esperienza da lui realizzata, e sempre raccontata nel suo libro, prevedeva la disposizione di 4 grandi magneti di diverse tonnellate disposti con i poli opposti vicini. Ecco uno schema dell’apparato:

Disposizione dei 4 magneti nell'esperimento di Ferlini

Disposizione dei 4 magneti nell’esperimento di Ferlini

Come vedete ci sono 4 magneti a ferro di cavallo disposti con i poli Nord-Sud alternati tra loro. Dalle prime osservazioni con i piccoli magneti, Ferlini racconta di aver osservato questa deformazione dello spazio solo poco prima che i poli entrassero in contatto a causa dell’attrazione magnetica. Per poter osservare questo effetto nell’esperimento piu’ grande, Ferlini monto’ le calamite su appositi sostegni che permettevano un movimento a passi molto sottili. In questo modo era possibile avvicinare molto lentamente i poli grazie a dei fermi studiati per opporsi all’attrazione.

Bene, cosa accadde con questo esperimento?

Leggendo sempre dal libro di Ferlini, quando i magneti arrivarono nel punto preciso in cui si innescava il fenomeno, accadde qualcosa di incredibile. Nella stanza si diffuse una nebbiolina azzurra con un odore acre. Da queste proprieta’ organolettiche, i presenti capirono che si trattava di ozono. Ma non accade solo questo, la zona di spazio compresa tra i magneti, che questa volta al contrario del primo caso era molto estesa, venne deformata da questo effetto sconosciuto mai osservato prima. Ferlini, che indossava una maschera antigas per non respirare l’ozono, incuriosito da questo fenomeno, si avvicino’ al contrario dei suoi collaboratori che rimasero a distanza di sicurezza. Quando si trovo’ in prossimita’ del punto, i collaboratori videro Ferlini scomparire dalla stanza. La nebbiolina presente inizio’ lentamente a diradarsi assumendo diversi colori e solo dopo che scomparve le persone presenti videro Ferlini riapparire sprovvisto della maschera che portava prima di avvicinarsi.

Dove era finito Ferlini?

Come raccontato nel suo libro, Ferlini si ritrovo’ in Egitto, ma non nel momento dell’esperimento bensi’ al tempo in cui le piramidi erano in costruzione. Vide gli schiavi che alzavano i grandi blocchi e le piramidi cosi’ come erano quando vennero realizzate. Perche’ proprio in quel preciso punto ed in quell’epoca? Ferlini penso’ che questo strano effetto, da subito ribattezzato “barriera magnetica”, fosse un portale creato dalla forza magnetica in grado di interagire con le onde cerebrali. Come anticipato, la carriera di Ferlini inizio’ con lo studio delle piramidi e quindi la barriera magnetica era in grado di interagire con gli impulsi creati dal cervello umano realizzando viaggi nel tempo in zone ed epoche dove il soggetto voleva, anche solo inconsciamente, viaggiare.

Bene, questo e’ l’esperimento di Ferlini e questa sarebbe la barriera magnetica che lui descrive nel suo libro.

Ora posso dire la mia? Premetto, come anticipato all’inizio dell’articolo, che non voglio essere scettico di principio ma analizzando quanto viene raccontato capite bene come una verifica di queste affermazioni sarebbe, ed e’, facilmente attuabille ma, soprattutto, facilmente smentibile. Ovviamente, sui soliti siti complottisti trovate scritto che mai nessuno ha mai voluto realizzare l’esperimento di Ferlini o anche che in realta’ e’ utilizzato normalmente in alcuni grandi centri di ricerca anche se alle persone comuni non ne viene data notizia.

Prima di tutto, vi ricordo che non stiamo parlando di esperimenti impossibili da realizzare ne che richiedono strumentazione particolare. Come detto, nella prima esperienza, Ferlini si sarebbe accorto di questo fenomeno semplicmente osservando due calamite che si attraevano. Avete mai visto due calamite? Ci avete mai giocherellato? Avete mai notato una distorsione dello spazio prima che queste si attacchino a causa della forza di attrazione? Ovviamente credo che la risposta a queste domande sia quanto meno scontata.

Vi faccio notare anche un altro particolare. Prendiamo un sito qualsiasi:

Sito vendita magneti

15 euro al pezzo, ne servono 4, quattro viti senza fine per realizzare un movimento a piccoli passi, qualche bullone di supporto, con meno di 100 euro avete realizzato l’esperimento di Ferlini. Non avrete magneti da tonnellate per poter fare un viaggio nel tempo, ma sicuramente dovreste essere in grado di osservare una bella distorsione dello spazio e, se siete fortunati, anche una bella nebbiolina di ozono nella stanza. Cercando informazioni sulla rete, ho trovato diversi forum in cui gruppi di persone, anche se sconsigliate da altre, si sono dichiarate pronte a mettere in piedi l’esperimento per dimostrarne la corretteza. La cosa simpatica e’ che dopo una lunga discussione “lo faccio”, “non lo fare perdi tempo”, “no lo faccio, chi mi aiuta?”, ecc., nessuno, e dico nessuno, ha il coraggio di tornare e dire che il suo esperimento e’ stato un flop. Nonostante questo, di tanto in tanto, qualche simpatico sito ritira fuori questa storia come se fosse una novita’ assoluta. Che ci volete fare, in tempo di magra di catastrofi e complotti, ogni cosa e’ buona per cercare di accaparrarsi qualche visita sul sito.

Giusto per concludere, e per togliere ogni dubbio, il magnetismo e’ noto da tantissimo tempo. Gia’ ai tempi del greco Talete, che descrive il fenomeno, era noto che un materiale, la magnetite, era in grado di attirare limatura di ferro. Oggi, possiamo disporre di campi magnetici molto elevati per applicazioni di ricerca. Per farvi qualche esempio, il campo magnetico all’interno dell’esperimento ATLAS del CERN, si proprio quello della scoperta dell’Higgs insieme a CMS, e che viene utilizzato per curvare le particelle cariche, ha un’intensita’ di 2 Tesla, cioe’ circa 100000 volte il campo magnetico terrestre. Pensate sia tanto? Ci sono laboratori al mondo che si occupano proprio di studiare i campi magnetici cercando, per ricerca e applicazioni, di trovare materiali nuovi da poter essere utilizzati per creare campi magnetici sempre piu’ intensi. Un esempio? Nel “High Field Magnet Laboratory” in Olanda, si e’ raggiunto il valore di 38 Tesla con un sistema “economico” da soli 1.5 milioni di dollari. Questo pero’ non e’ ancora il record assoluto, anche se il laboratorio detiene il record come rapporto intensita’/prezzo, dal momento che il guiness dei primati per il campo magnetico piu’ intenso e’ del Magnet Lab della California:

Magnet Lab

dove si e’ raggiunto il valore di 45 Tesla con un sistema molto complesso da ben 15 milioni di dollari.

Ora, ragioniamo insieme, secondo voi se esistesse questo effetto “barriera magnetica” dovuto all’attrazione dei poli, nessun altro se ne sarebbe accorto, magari con un sistema in grado di generare un campo ben piu’ intenso rispetto a quello di una semplice calamita a ferro di cavallo?

 

Psicosi 2012. Le risposte della scienza”, un libro di divulgazione della scienza accessibile a tutti e scritto per tutti. Matteo Martini, Armando Curcio Editore.

Obbligatorio dire due parole su GOCE

11 Nov

Era il 15 settembre, ben due mesi fa, quando il sottoscritto, che a forza di documentarsi su siti complottisti ha acquisito doni di preveggenza, gia’ parlava di GOCE e della fine annunciata della missione.

In questo articolo:

GOCE: quando il satelliste finisce la benzina

abbiamo gia’ parlato della missione, della sua importanza scientifica ma, soprattutto, del suo rientro a Terra. Come potete leggere, gia’ al tempo si diceva che la cosa avrebbe rappresentato un rischio, ma con probabilita’ bassissima. Ripeto, trovate tutti i dettagli leggendo l’articolo precedente.

Poi cosa e’ successo?

Semplice, e’ finita la benzina e sulla rete si sono scatenati gli animi catastrofisti di tutti: siti, blog, forum ma, purtroppo, anche giornali, protezione civile, ecc. Nelle ultime ore, la scena mediatica e’ stata completamente catturata dalla caduta di questo satellite con una gara a chi la spara piu’ grossa sul punto di impatto, sull’ora o sui possibili rischi dell’operazione.

In tutto questo poi, ci si e’ messa anche la polemica, alquanto sterile, tra protezione civile, ASI e ESA che non si riscono a mettere d’accordo su cu dice cosa.

Lasciamo perdere questi discorsi e parliamo di cose serie.

Non spendero’ piu’ di qualche parola su questo evento, dal momento che e’ stata gia’ sviscerato a sufficienza.

Unico particolare degno di nota, al momento GOCE e’ ancora in funzione e non ha cominciato a cadere verso la Terra. Perche’ dico questo? Lasciando da parte i mezzi di informazione assolutamente poco credibili in ambito scientifico o in situazioni di questo tipo, l’unico modo per reperire informazioni reali e’ consultare il sito dell’ESA, in cui potete trovare una pagina aggiornata in real time stabilendo comunicazioni direttamente con il satellite.

Trovate la pagina a questo indirizzo:

ESA, GOCE info

Le informazioni contenute vengono trasmesse da una base in Antartide che stabilisce connessioni con GOCE ogni qual volta il satellite passa sulla zona.

Leggete cosa scrivono il 10 novembre alle 23.50, cioe’ meno di un’ora fa:

Contact with GOCE was made once again from the Troll station in Antarctica at 23:42 CET. The central computer temperature is at 80ºC and the battery is at 84ºC. At an altitude of less than 120 km, the spacecraft is – against expectations – still functional.

Capito? Il satellite non e’ ancora in fase di caduta. Detto questo, e’ inutile stare li ad arrovelarsi e tentare di indovinare dove cadra’ GOCE. Fino a quando non iniziera’ la caduta, e’ come provare ad indovinare i numeri del lotto!

Concludendo, i rischi di caduta su zone abitate sono estremamente bassi. Se pensate di restare a casa perche’ avete paura che qualche pezzo possa arrivarvi in testa, allora chiudetevi per sempre nelle vostre mura senza uscire. Praticamente, la probabilita’ e’ simile a quella di essere colpiti da una tegola che si stacca da un tetto. Piuttosto che credere a storielle inventate dai giornali, documentatevi sui siti giusti e seguite in tempo reale la fine di questa gloriosa e importante missione.

Ultimissima cosa, in queste ore sta per ricadere a Terra qualcosa di veramente grosso e aspettato ma di cui i giornali non parlano. Sta infatti per rientrare una Soyuz dalla Stazione Spaziale Internazionale con a bordo il nostro astronauta Luca Parmitano. Sarebbe meglio parlare di questo piu’ che di satelliti.

 

Psicosi 2012. Le risposte della scienza”, un libro di divulgazione della scienza accessibile a tutti e scritto per tutti. Matteo Martini, Armando Curcio Editore.

GOCE: quando il satellite finisce la benzina

15 Set

Qualche tempo fa, abbiamo preso in considerazione il problema dei detriti nello spazio. Come visto, la zona intorno alla nostra Terra e’ ormai piena di oggetti lanciati per scopi completamente diversi. Oltre a quelli funzionanti, ve ne sono un numero incredibile ormai dismessi, senza contare frammenti di satelliti distrutti o attrezzatura persa da cosmonauti durante le attivita’ extraveicolari. Ecco gli articoli in cui ne abbiamo parlato:

Un nuovo UFO nello spazio?

Black Knight e segnali dallo spazio

Chi va col profeta, impara a profetizzare

Perche’ torno su questo argomento?

Proprio in questi giorni, l’ESA, cioe’ l’Agenzia Spaziale Europea, ha annunciato che il satellite GOCE sta per terminare la sua missione e che dunque tornera’ verso terra, con una possibilita’ non nulla di caduta di detriti sul pianeta.

Cerchiamo prima di tutto di analizzare questa notizia.

Mappa del campo gravitazionale della Terra

Mappa del campo gravitazionale della Terra

Il satellite GOCE, il cui nome sta per Gravity field and steady-state Ocean Circulation Explorer, e’ un gioiello di tecnologia lanciato dall’ESA nel 2009. Lo scopo della missione era quello di mappare il campo gravitazionale della Terra e fornire cosi’ eventuali fluttuazioni. Questo parametro e’ importante non solo per la scienza di base, ma anche per applicazioni ambientali. Famose sono ad esempio le immagini e le ricostruzioni fatte da GOCE in occcasione dello Tsunami che ha colpito il Giappone.

Le variazioni del campo gravitazionale terrestre regolano infatti anche i movimenti delle correnti oceaniche. Capire in dettaglio questi parametri puo’ dunque aiutare nella comprensione di meccanismi molto importanti per il nostro pianeta e aprire uno sguardo da una prospettiva diversa di queste problematiche.

Come anticipato, GOCE e’ stato lanciato in orbita nel 2009 e si e’ andato a posizionare su un’orbita a 224 Km da Terra. Un’altezza cosi’ bassa e’ necessaria per avere un quadro completo e senza disturbi del campo gravitazionale. A queste quote pero’, esistono ancora molecole di atmosfera, per cui GOCE e’ dotato di un motore in grado di contrastare gli effetti dell’atmosfera e matenerlo sull’orbita prestabilita.

Per facilitare questo compito, il satellite ha una forma molto aerodinamica:

Ricostruzione artistica del satellite GOCE in orbita

Ricostruzione artistica del satellite GOCE in orbita

Proprio a causa di questa forma, e dell’elevato contributo italiano alla missione, GOCE e’ stato ribattezzato la ferrari dello spazio.

Al momento del lancio, GOCE aveva un serbatoio pieno di 40 Kg di Xenon, necessari a far funzionare il suo motore. Ad oggi, di questo carburante restano soltanto 2 Kg, per cui i tecnici dell’ESA hanno dichiarato che intorno alla meta’ di ottobre lo Xenon finira’ e dunque terminera’ anche la missione di GOCE.

Cosa succedera’ a questo punto?

Nel giro di 2-3 settimane, terminata la spinta, il satellite precipitera’ verso la Terra. Come e’ noto, durante il passaggio in atmosfera, gran parte dei materiali vengono bruciati a causa dell’attrito. Nel caso di GOCE, che ha un peso complessivo di circa 1100 Kg, sempre secondo i calcoli, il 25% del peso sopravvivera’ all’attrito, dunque circa 250 Kg di materiale.

Questi detriti, sempre a causa del passaggio in atmosfera, si divideranno in circa una cinquantina di pezzi, dunque con peso medio di 5 Kg. Come potete capire, si tratta ovviamente di stime fatte simulando il passaggio in atmosfera.

Dunque, cosa succedera’ a questi frammenti?

Molti giornali hanno dato enfasi a questa notizia, parlando di riunioni d’urgenza tra le varia agenzie per studiare il problema. Questo e’ vero solo in parte. Ogni giorno, cadono sulla Terra detriti di qualche missione, senza che ce ne sia notizia. Se ricordate, circa un anno fa, si e’ avuto lo stesso problema con la missione UARS di cui si parlava di detriti anche sull’Italia.

Nel caso di GOCE, sono in corso studi da parte degli uffici appositi per cercare di capire quando esattamente finira’ il carburante del satellite. Questo ovviamente consentira’ di sapere in aticipo il punto in cui iniziera’ la caduta verso terra e risalire ad una stima preliminare della traiettoria. Parlo di stima preliminare perche’ durante il passaggio in atmosfera, si parla proprio di caduta incontrollata. Come potete facilmente capire, per cosi’ tanti frammenti e’ assolutamente impossibile sapere l’esatta traiettoria seguita dal momento che questa dipende da tantissimi parametri atmosferici non facilmente prevedibili o conosciuti esattamente.

Esiste un pericolo reale?

In realta’, in questo caso le probabilita’ che un frammento cada su una zona abitata del pianeta e’ estremamente bassa. Per capire questa affermazione, dobbiamo prima di tutto pensare che circa il 70% del nostro pianeta e’ ricoperto di acqua. Del restante 30% emerso, molte zone sono desertiche o completamente disabitate. Detto questo, la frazione di zone popolate e’ in realta’ una minima parte dell’intera superficie della Terra.

Stando a queste considerazioni, si ottiene una probabilita’ di caduta pericolosa che e’ molto molto bassa.

Su questo pero’ vorrei aprire una parentesi. Molte volte su questo blog ci siamo concentrati a parlare di fenomeni rari che avvengono nel mondo, spiegando scientificamente come questi possano avvenire. In questo caso, ci si affida ad una probabilita’ che e’ senza dubbio bassa, ma ovviamente non nulla. Detto questo, forse, e dico forse, sarebbe il caso di ragionare su un sistema diverso per il rientro a Terra di missioni spaziali. Come detto, il nostro spazio e’ strapieno di detriti spaziali, tutti i giiorni ne cade qualcuno da qualche parte, spesso in mare. Anche se la probabilita’ e’ infinitesimale, basta moltiplicare per un numero grande di eventi per ottenere un qualcosa di tangibile. Non aspettiamo sempre che accada qualcosa prima di ragionare in modo diverso.

Ovviamente, come detto, questo e’ un mio personale pensiero. Non voglio assolutamente dire che i framenti di GOCE arriveranno da qualche parte su una casa. Il mio pensiero voleva solo stimolare il pensiero su una procedura che basa la sua sicurezza solo sulle basse probabilita’.

 

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Siamo fuori dal sistema solare … o forse no?

26 Mar

Oggi come oggi, siamo abituati a vedere immagini provenienti dalle nostre sonde e dai nostri telescopi che riguardano corpi e porzioni di cielo sempre piu’ lontane. Grazie a questa tecnologia siamo abituati, sbagliando, a pensare di conoscere ormai tutto cio’ che ci circonda e ad avver ormai avviato un programma di conquista spaziale ben oltre i limiti che solo fino a pochi anni fa potevamo immaginare.

Ora proviamo a farci una domanda: qual’e’ la distanza massima a cui abbiamo mandato un oggetto prodotto da noi? Abituati a ragionare come visto sopra, magari qualcuno potrebbe pensare che le nostre sonde viaggiano tranquillamente verso l’universo profondo inviando immagini. In relta’ non e’ cosi’.

Perche’ dico questo?

Qualche giorno fa, c’e’ stato un comunicato dell’American Geophysical Union che dava l’annuncio che la sonda Voyager 1 era finalmente uscita dal nostro Sistema Solare. Si tratterebbe in realta’ del primo oggetto terrestre che ha attraversato il confine del Sistema Solare.

Peccato che questo annuncio ha richiesto la smentita ufficiale della NASA.

La sonda Voyager 1

La sonda Voyager 1

L’equivoco e’ nato da un interpretazione sbagliata di questo articolo pubblicato dalla NASA:

NASA Intensity change

in cui si parla di variazione dei parametri osservati dalla sonda e dunque , secondo alcune interpretazioni, dell’attraversamento del limite ultimo del Sistema Solare.

Ecco la smentita della NASA, sotto forma di aggiornamento della posizione della Voyager:

NASA Voyager update

Ad oggi, la sonda si trova a circa 18 miliardi di kilometri dal Sole, ben oltre l’orbita dei pianeti del Sistema Solare, ma ancora all’interno di quest’ultimo.

Perche’ e’ nato questo sbaglio?

In realta’, tutto dipende da cosa intendiamo per confine del Sistema Solare. Ovviamente, non possiamo certo pensare che ci sia una linea di demarcazione netta o un cartello con la scritta “Sistema Solare” sbarrata.

Qual’e’ dunque il confine del Sistema Solare? Cosa c’e’ oltre i pianeti piu’ esterni?

Come possiamo immaginare, anche la definizione di questo parametro dipende ovviamente dal Sole e dalla sua influenza nello spazio che lo circonda. In un precedente articolo, abbiamo parlato di una zona molto lontana dal Sole, la nube di Oort, al bordo del del Sistema Solare e definita come il punto di origine di molte comete:

Cos’e’ una cometa

Bene, per poter definire il confine del Sistema Solare e’ necessario considerare due parametri fondamentali: il vento solare e la gravitazione, cioe’ la forza di attrazione esercitata dal Sole. Il limite esterno tracciato dal vento solare, arriva a circa 4 volte la distanza di Plutone dalla nostra Stella. Se invece ragioniamo sulla forza gravitazionale, matematicamente questa forza avrebbe un raggio d’azione infinito, ma si definisce una “sfera di Hill” come lo spazio in cui l’interazione puo’ essere considerata non nulla. Nel caso del Sole, la sfera di Hill avrebbe un raggio circa 1000 volte maggiore della distanza Sole-Plutone.

Come vedete, la definizione di confine del Sistema Solare non e’ affatto univoca ne tantomeno ben determinata. Nonostante questo, si e’ soliti definire il passaggio tra il Sistema Solare e lo spazio interstellare come il punto in cui l’influenza magnetica del Sole non viene piu’ esercitata.

Secondo questa definizione operativa, la Voyager 1 non avrebbe ancora superato il confine del Sistema Solare. Come potete leggere nel comunicato stampa della NASA, la sonda si trova in una regione, definita “magnetic highway”, in cui le particelle cariche subiscono una brusca variazione del moto a causa della variazione dell’intensita’ del campo magnetico. Se c’e’ ancora un campo magnetico, siamo ancora nel sistema solare.

A conferma di questo, sempre nel comunicato NASA si legge: una variazione dell’orientazione del campo magnetico e’ l’ultimo indicatore che segna il passaggio nello spazio interstellare. Dunque, la Voyager 1 e’ ancora nel nostro sistema solare.

Se vogliamo, questa e’ una discussione di forma o di definizione di parametri. E’ comunque molto interessante ragionare su quello che dovrebbe essere il confine del nostro Sistema Solare.

Nonostane le definizioni, due parole vanno spese sulle sonde Voyager che sono state lanciate nel 1977 con lo scopo di misurare importanti parametri di Giove e Saturno. Dopo 36 anni di navigazione nello spazio, queste eccezionali sonde ci hanno permesso di studiare molti aspetti del sistema solare e di aumentare senza dubbio le nostre conoscenze dello spazio. Di questa eccezionale missione abbiamo parlato anche in questi altri post:

Storia astronomica di Nibiru

Il vaticano a caccia di Nibiru

Proprio il fatto che queste sonde abbiano attraversato l’orbita dei pianeti esterni ha portato molti a metterle in relazione con la scoperta di Nibiru. Come sappiamo bene, di questo corpo non c’e’ assolutamente traccia. Per chi lo avesse perso, nell’articolo riportato in precedenza sulla storia del pianeta, potete leggere come quella del Decimo Pianeta fu veramente un’ipotesi scientifica del passato, ma che oggi abbiamo potuto mettere da parte grazie all’aumentata conoscenza proprio del Sistema Solare.

 

Psicosi 2012. Le risposte della scienza”, un libro di divulgazione della scienza accessibile a tutti e scritto per tutti. Matteo Martini, Armando Curcio Editore.