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Ma questa crema solare …. come dobbiamo sceglierla?

30 Giu

Sempre alla nostra sezione:

– Hai domande o dubbi?

va il merito, ma ovviamente tutto il merito va a voi che rendete questo blog vivo ed interessante, di aver richiamato da una nostra cara lettrice una nuova interessantissima domanda. Questa volta però, vi preannuncio che l’argomento scelto è molto complesso nella sua apparente semplicità, oltre ad essere assolutamente in linea con il periodo dell’anno. Come potete leggere, la domanda riguarda le creme solari e tutte le leggende che girano, non solo in rete, e che da sempre abbiamo ascoltato.

Come anticipato, non è semplice cercare di trovare la giusta strada nella giungla di informazioni disponibili. Se provate a confrontare dieci fonti, troverete dieci versioni diverse: le creme solari devono essere usate. No, non devo essere usate. Il sole è malato. Il sole provoca il cancro. No, sono le creme che creano il cancro alla pelle. Insomma, di tutto di più, e non pensate di rifuggire nella frase: “mi metto sotto l’ombrellone”, perché, come vedremo, anche questo lascia filtrare alcune componenti dei raggi solari e, sempre scimmiottando quello che trovate in rete, vi può venire il cancro. Allora sapete che c’è? Me ne sto chiuso dentro casa fino a settembre! Va bene così? No, sicuramente non prendi il sole (e quindi non ti viene il cancro), ma non ti si fissa la vitamina D e quindi potresti soffrire di rachitismo.

Insomma, come la mettete la mettete, sbagliate sempre. Cosa fare allora? Sicuramente, in linea con il nostro stile, quello che possiamo fare è “andare con ordine” e provare a verificare quali e quante di queste affermazioni corrispondono al vero. Solo in questo modo potremo capire quale crema solare scegliere, come applicarla e quali sono i rischi che possiamo correre con l’esposizione al Sole.

Prima di tutto, non dobbiamo considerare i raggi solari come un’unica cosa, ma è necessario distinguere la radiazione che ci arriva. Questa suddivisione è essenziale perché l’interazione della nostra pelle con i fotoni emessi dal sole non è sempre uguale, ma dipende dalla lunghezza d’onda. Bene, in tal senso, possiamo distinguere la parte dei raggi solari che ci interessa in tre grandi famiglie, in particolare, per i nostri scopi, ci concentreremo sulla parte ultravioletta dello spettro, che è quella di interesse in questo campo.

La parte cosiddetta ultravioletta è quella con lunghezza d’onda immediatamente inferiore alla parte visibile. Normalmente, questa parte dello spettro viene divisa in UVA, con lunghezza d’onda tra 400 e 315 nanometri, UVB, tra 315 e 280 nanometri e UVC, tra 280 e 100 nanometri. Quando parliamo di tintarella o di danni provocati dalla radiazione solare, dobbiamo riferirci alla parte UV ed in particolare a queste 3 famiglie.

Bene, la componente più pericolosa della radiazione solare è quella degli UVC cioè con lunghezza d’onda minore. Perché? Sono radiazioni utilizzate come germicidi, ad esempio nella potabilizzazione dell’acqua, a causa del loro potere nel modificare il DNA e l’RNA delle cellule. Per nostra fortuna, questa componente della radiazione è completamente bloccata dallo strato di ozono che circonda la Terra. Di questo, e soprattutto dello stato di salute dello strato di ozono, abbiamo parlato in un post specifico:

– Che fine ha fatto il buco dell’ozono?

Per la parte più pericolosa dello spettro, quella degli UVC, possiamo dunque tirare un respiro di sollievo. Vediamo le altre due componenti.

Gli UVA, a causa della lunghezza d’onda maggiore, penetrano più a fondo nella pelle, promuovendo il rilascio di melanina e dunque l’abbronzatura. Che significa? Molto semplice, quando prendiamo il sole, la nostra pelle reagisce cercando di proteggersi autonomamente appunto rilasciando melanina. Questa sostanza serve a far scurire gli strati più superficiali della pelle appunto come protezione dai raggi. Riguardo ala dannosità? Su questo punto, purtroppo, non si ha ancora chiarezza. Per prima cosa, dobbiamo dire che l’esposizione crea meno danni a tempi brevi rispetto, come vedremo, a quella agli UVB. Questa componente però è una delle maggiori sospettate per i danni a lungo termine, connessi anche con l’insorgere di tumori alla pelle, e provoca un invecchiamento veloce della pelle. Gli UVA sono molto conosciuti da coloro che frequentano i centri estetici per sottoporsi alle “lampade”. Questi sistemi infatti hanno sistemi di illuminazione concentrati negli UVA appunto per promuovere un’abbronzatura rapida.

Per quanto riguarda gli UVB invece, si tratta della radiazione più pericolosa nell’immediato. Questa componente dello spettro solare infatti, è responsabile della classica “scottatura”, in alcuni casi vera e propria ustione, provocata da un’esposizione prolungata al Sole. Anche se potenzialmente dannosa, la radiazione UVB è comunque importante per il nostro organismo perché promuove la sintesi della vitamina D. Come è noto, in assenza di questo fondamentale processo possono insorgere casi di rachitismo, soprattutto in soggetti non ancora adulti.

Bene, abbiamo capito come è divisa la radiazione ultravioletta del sole e abbiamo finalmente capito a cosa si riferiscono tutti questi nomi che siamo soliti ascoltare o leggere riguardo la tintarella.

Passiamo dunque a parlare di creme solari. Cosa dobbiamo cercare? Perché? Quali sono i prodotti più indicati?

Ripensando a quanto scritto, viene evidente pensare che una buona crema debba proteggerci dagli UVA e UVB poiché per gli UVC ci pensa lo strato di ozono. Primo pensiero sbagliato! Quando acquistiamo una crema solare, che, come vedremo, offre una certa protezione, questo valore si riferisce alla sola componente B della radiazione. Perché? Semplice, come visto, gli UVB sono responsabili delle scottature immediate. Se ci proteggiamo da questa componente salviamo la pelle garantendo la tintarella. Questo è assolutamente falso, soprattutto pensando ai danni a lungo termine dati da un’esposizione troppo prolungata agli UVA.

Solo negli ultimi anni, sono comparse sul mercato creme con protezioni ad alto spettro. Fate bene attenzione a questa caratteristica prima di acquistare un qualsiasi prodotto. Una buona crema deve avere un fattore di protezione per gli UVA non inferiore ad 1/3 di quello garantito per gli UVB.

Ora però, anche seguendo quanto affermato, parliamo appunto di queste protezioni. Fino a qualche anno fa, ricordo benissimo gli scaffali dei negozi strapieni di creme solari con fattori di protezione, SPF cioè fattore di protezione solare, che andavano da 0 a qualcosa come 100. Già allora mi chiedevo, ma che significa zero? A che cosa serve una crema con protezione 0 e, allo stesso modo, protezione 100 o, come qualcuno scriveva “protezione totale”, significa che è come mettersi all’ombra?

Capite già l’assurdità di queste definizioni create solo ed esclusivamente a scopo commerciale. Fortunatamente, da qualche anno, è stata creata una normativa apposita per questo tipo di cosmetici aiutando il consumatore a comprendere meglio il prodotto in questione. Oggi, per legge, esistono solo 4 intervalli di protezione che sono: basso, medio, alto e molto alto. Questi intervalli, in termini numerici, possono essere compresi utilizzando la seguente tabella:

 

Protezione SPF

Bassa 6 – 10

Media 15 – 20 – 25

Alta 30 – 50

Molto alta 50+

Notiamo subito che sono scomparse quelle orribili, e insensate, definizioni “protezione zero” e “protezione totale”. Ma, in soldoni, cosa significa un certo valore di protezione? Se prendo una crema con SPF 30 è il doppio più efficace di una con SPF 15? In che termini?

Detto molto semplicemente, il valore numerico del fattore di protezione indica il tempo necessario affinché si creino scottature rispetto ad una pelle non protetta. Detto in questo modo, una SPF 15 significa che la vostra pelle si brucerà in un tempo 15 volte maggiore rispetto a quello che impiegherebbe senza quella crema. Dunque, anche con una crema protettiva posso scottarmi? Assolutamente si. In termini di schermo alla radiazione, il potere schermante non è assolutamente proporzionale allo SPF ma, come visto, solo ai tempi necessari per l’insorgere di scottature.

A questo punto, abbiamo capito cosa significa quel numerello che corrisponde al fattore di protezione, ma come fanno le creme a schermare effettivamente dai raggi solari?

Per rispondere a questa domanda, dobbiamo in realtà dividere la protezione in due tipi: fisico e chimico. La protezione fisica avviene in modo pressoché meccanico aumentando il potere riflettente della pelle. Per questo scopo, nelle creme solari sono presenti composti come il biossido di titanio e l’ossido di zinco, sostanze opache che non fanno altro che far riflettere verso l’esterno la radiazione solare che incide sul nostro corpo.

Primo appunto, secondo alcuni l’ossido di zinco potrebbe essere cancerogeno! Ma come, mi metto la crema per proteggermi dai raggi solari ed evitare tumori alla pelle e la crema crea tumori alla pelle? In realtà, come al solito, su questo punto si è fatta molta confusione, tanto terrorismo e si è corsi, per convenienza, a conclusioni affrettate. Alcune ricerche hanno mostrato come tessuti cosparsi di molecole di ossido di zinco e sottoposti ad irraggiamento UV possano sviluppare radicali liberi che a loro volta reagiscono con le cellule modificandone il DNA. Questo processo può portare alla formazione di melanomi, per la pelle, e di altri tumori, per le altre cellule. Ora, si tratta di studi preliminari basati su valori di irraggiamento più alti rispetto a quelli che normalmente possono derivare da un’esposizione, anche prolungata, anche nelle ore centrali della giornata, al Sole. Detto molto semplicemente, questi studi necessitano di ulteriori ricerche per poter definire margini di errore e valori corretti. Gli stessi autori di queste analisi preliminari si sono raccomandati di non male interpretare il risultato dicendo che le creme solari provocano il cancro alla pelle. In altre parole, si corrono più rischi non proteggendosi dal sole piuttosto che proteggendosi con una crema contenente ossido di zinco. Tra le altre cose, questa molecola è molto nota tra le mamme che utilizzano prodotti all’ossido di zinco per alleviare le ustioni da pannolino nei loro bambini.

Detto questo, abbiamo poi la protezione chimica. Come potete facilmente immaginare, in questo caso si tratta di una serie di molecole (oxibenzone, fenilbenzilimidazolo, acido sulfonico, butil metoxidibenzoilmetano, etilexil metoxicinnamato, ecc.) che hanno il compito di assorbire la radiazione solare e di cedere parte di questa energia sotto forma di calore. Perché possiamo trovare così tante molecole in una crema solare? Semplice, ognuna di queste è specifica per una piccola parte dello spettro di radiazione, sia UVA che UVB. Anche su queste singole molecole, ogni tanto qualcuno inventa storie nuove atte solo a fare terrorismo, molto spesso verso case farmaceutiche. Singolarmente, come nel caso dell’ossido di titanio, ci possono essere studi più o meno avanzati, più o meno veritieri, sulla pericolosità delle molecole. Anche qui però, molto spesso si tratta di effetti amplificati, ben oltre la normale assunzione attraverso la cute e, ripeto per l’ennesima volta, si rischia molto di più esponendosi al sole piuttosto che utilizzando creme solari.

Ennesima cavolata in voga fino a qualche anno fa e ora vietata: creme solari “water proof”, cioè creme resistenti completamente all’acqua. Ve le mettete una volta, fate quanti bagni volete e siete a posto. Ma secondo voi, è possibile qualcosa del genere? Pensate di spalmarvi una crema o di farvi un tatuaggio indelebile? Oggi, per legge, la dicitura water proof è illegale e ha lasciato spazio, al massimo, a “water resistant”, cioè resistente all’acqua. Una qualsiasi crema solare, a causa del bagno, del sudore, del contatto con il telo, tende a rimuoversi e, proprio per questo motivo, si consiglia di riapplicare la crema ogni 2-3 ore circa per garantire la massima protezione possibile.

Riassumendo, abbiamo capito che conviene, sempre ed in tutti i casi, utilizzare una crema solare protettiva, ma quale scegliere?

Molto brevemente, in questo caso, si deve valutare quello che è definito il proprio fenotipo. Come potete immaginare, si tratta di una serie di caratteristiche fisiche che determinano, in linea di principio, l’effetto dell’esposizione la Sole. Per poter determinare il proprio fenotipo, possiamo fare riferimento a questa tabella:

fenotipo

Ovviamente, per i valori più bassi (I e II) è consigliabile utilizzare una crema ad alto SPF, valore che può diminuire qualora fossimo meno soggetti a scottature ed ustioni.

Credo che a questo punto abbiamo un quadro molto più chiaro riguardo alla creme solari ed alla loro utilità. Ripeto, per l’ennesima volta, in ogni caso, proteggersi è sempre meglio che esporsi al sole senza nessuna protezione. Ultimo appunto, che vuole sfatare un mito molto diffuso, sotto l’ombrellone siamo comunque esposti alla radiazione solare. In primis, il tessuto di molti ombrelloni lascia passare buona parte dello spettro solare ma, soprattutto, la riflessione dei raggi solari, ad esempio ad opera della sabbia, raggiunge comunque un soggetto tranquillo e (falsamente) riparato sotto l’ombrellone. In genere, la riflessione dei raggi solari può incrementare, e anche molto, la quantità di radiazione a cui siamo esposti. Stando nell’acqua, ad esempio, abbiamo sia un’esposizione diretta ai raggi solari sia una indiretta dovuta ai raggi riflessi dalla superficie. Come potete immaginare questo amplifica molto l’esposizione.

Concludendo, utilizzate le creme solari ma, soprattutto, leggete bene le etichette prima di acquistare o, peggio ancora utilizzare, un qualsiasi prodotto. Ovviamente, qualsiasi prodotto diventa non efficace se unito alla nostra incoscienza. Se pensate di potervi spalmare una crema e stare come lucertole sotto il Sole dalle 10 del mattino al tramonto … forse questa spiegazione è stata inutile.

 

Psicosi 2012. Le risposte della scienza”, un libro di divulgazione della scienza accessibile a tutti e scritto per tutti. Matteo Martini, Armando Curcio Editore.

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Inquinamento e disturbi dell’uomo

31 Ott

Attraverso la sezione:

Hai domande o dubbi

un nostro caro lettore ci ha fatto una domanda molto complessa, ma estremamente affascinante. In sintesi la richiesta e’: esistono delle correlazioni certe tra inquinamento o modificazioni dei mangimi degli animali e disturbi nell’uomo? Con disturbi intendiamo patologie che vanno dall’aumento dell’insorgenza delle allergie fino ai tumori.

Come potete facilmente capire, questa domanda e’ molto complessa, soprattutto perche’ tocca moltissimi argomenti, non sempre chiari. Con questo intendo dire che, come di sovente accade, li dove ci sono interessi economici, non sempre la quantita’ di dati disponibili e’ cosi’ vasta. In questo poi ci dobbiamo mettere anche la cattiva informazione dilagante in rete, sia da un lato che dall”altro. Chi deve guadagnare da queste attivita’, dice che e’ tutto nella norma, chi invece le vuole combattere vede nero ovunque. In questo scenario, non e’ semplice trovre la giusta via che, il piu’ delle volte, e’ nel mezzo.

Fatta questa breve introduzione, cerchiamo di trovare noi il nostro equilibrio e le nostre risposte cercando il piu’ possibile di rimanere oggettivi.

Cominciamo dunque dal discorso inquinamento, sicuramente molto sentito e da cui nessuno di noi e’ esente. Se proviamo a cercare una correlazione con le allergie, troviamo, come anticipato, una giungla mediatica di opinioni in completo contrasto tra loro. Per prima cosa, vi siete mai chiesti cosa sono le allergie? Sappiamo che una grossa percentuale della popolazione soffre di qualche forma allergica. Senza andare a toccare le intolleranze alimentari, anche queste molto diffuse ma diverse di principio, quasi una persona su 3 soffre di reazioni allergiche a qualche agente che puo essere polvere, pollini di varia natura o altro.

Detto in maniera molto semplice, le allergie possono essere viste come un errore genetico del nostro sistema immunitario. In tal senso, in presenza di un allergene, quasi sempre del tutto innocuo per la salute, il nostro sistema immunitario ha una reazione eccessiva che provoca disturbi.

Come sapete bene, soprattutto se siete allergici a qualcosa, le reazioni che un individuo allergico ha vanno da un’eccessiva lacrimazione ad un gocciolmento del naso, fino anche a febbre. Detto in altri termini, e’ come se il nostro organismo provasse in modo eccessivo ad eliminare quella che viene riconosciuta come una minaccia.

Le allergie hanno origini diverse, molto spesso da ricercarsi in cause ereditarie. Questo discorso e’ facilmente comprensibile se pensiamo al discorso genetico del sistema immunitario. Fate pero’ attenzione, se uno dei genitori e’ allergico a qualcosa, puo’ nascere un figlio a sua volta allergico, ma non necessariamente allo stesso allergene.

La speculazione tra allergie ed inquinamento nasce anche vedendo i dati sulla popolazione. Negli ultimi 10 anni infatti, il numero di individui allergici, ad esempio in Italia, e’ passato dal 20 al 25%, con un incremento assolutamente non trascurabile. Proprio questo repentino aumento porta a considerare l’origine delle allergie nell’inquinamento.

Mi dispiace deludervi, ma studi clinici condotti hanno dimostrato come l’inquinamento non possa essere imputato come una causa delle allergie. Attenzione pero’, questo non lo toglie assolutamente dalla scena. Come anticipato, la reazione allergica di un soggetto puo’ essere piu’ o meno acuta. In tal senso, e’ come se ci fosse una scala di allergie intesa come sensibilita’ stessa all’allergene. Molte persone possono essere allergiche ad una sostanza e non accorgersene fino a quando non si trovano in presenza di una concentrazione elevata o in determinati stati sensibili. Proprio quest’ultimo caso ricade in realta’ sull’inquinamento.

La presenza di inquinanti nell’aria, dovuti agli scarichi delle automobili o alle industrie, provocano delle infiammazioni all’apparato respiratorio crescenti all’aumentare della concentrazione degli inquinanti. In queste condizioni, il nostro sistema respiratorio e’ piu’ sensibile alle sostanze contenute nell’aria dal momento che questa viene filtrata di meno. Capite dunque dove e’ da cercare la relazione tra inquinamento e allergie. Se una persona e’ poco allergica ad una sostanza, respirando aria inquinata crea la condizione affinche’ l’allergia si manifesti.

Sempre secondo gli studi condotti, ed in rete ne trovate a bizzeffe, l’aumento delle allergie e’ da ricercarsi in buona parte anche all’inquinamento, ma non come causa iniziale, piuttosto come fattore scatenante di una situazione pregressa.

Altra considerazione importante e spesso non conosciuta. I soggetti maggiormente esposti agli inquinanti dell’aria sono proprio i bambini. Poiche’ molte sostanze inquinanti hanno pesi specifici elevati, ad esempio le catene di benzene e i residui di combustione, tendono a depositarsi negli strati bassi piu’ vicini all’asfalto e alle marmitte. I bambini dunque, a causa della minor altezza da terra, risultano piu’ esposti a questi inquinanti. Oltre al pericolo oggettivo di questa esposizione, si registra negli ultimi anno un vero e proprio boom di allergie manifestate in eta’ infantile.

Sempre in questa ottica, l’inquinamento provocato da gas di scarico ha subito un notevole incremento a causa dell’aumento dei veicoli alimentati a gasolio. Motori di questo tipo emettono infatti molte piu’ molecole inquinanti rispetto ai motori a benzina, soprattutto come residui incombusti.

Detto questo, passiamo invece alla parte alimentare. Come richiesto nella domanda, in questo caso e’ doveroso fare un discorso piu’ ampio parlando di patologie in generale.

Come sapete bene, in questo contesto quello che negli ultimi anni ha fatto maggiormente discutere e’ l’utilizzo dei cibi geneticamente modificati sia negli alimenti direttamente consumati dall’uomo che nei mangimi degli animali.

Anche qui, purtroppo, il discorso non e’ semplice per via dei soliti interessi economici sempre presenti.

Forse faro’ saltare qualcuno dalla sedia ma, parere di ricercatore, non trovo assolutamente nulla di sbagliato nello studio e nell’utilizzo dei cibi OGM. Fate pero’ attenzione, per poter inserire nella nostra dieta cibi di questo tipo, e’ necessario fare una serie di studi approfonditi che spesso viene saltata o ridotta per entrare subito nel mercato.

Facciamo un esempio semplice, sappiamo che i pomodori sono commestibili e fanno anche bene. Perche’ lo sappiamo? Perche’ per secoli abbiamo mangiato i pomodori e li abbiamo anche studiati in dettaglio. Se ora prendo un pomodoro OGM in cui, sempre per fare un esempio, sono state eliminate delle proteine per vari motivi, quel pomodoro e’ uguale a quello naturale? Forse lo sara’ come sapore, ammettendo che i pomodori che compriamo ancora lo abbiano, ma dal punto di vista biologico, devo valutare bene quali conseguenze puo’ avere quella modifica genetica che abbiamo apportato.

L’esempio del pomodoro non e’ assolutamente casuale. Quando parliamo di cibi OGM abbiamo due casi separati. Alcune volte vengono inseriti nella catena genetica nuovi gruppi di aminoacidi per modificare o incrementare delle caratteristiche: crescita, sapore, dimensione, ecc. Altre volte invece, vengono eliminati dei pezzi di codice genetico per cambiare alcuni parametri. In tal senso, esistono dei pomodori OGM in cui un enzima viene sottratto per rallentare la maturazione e cambiare quindi il mese in cui questi frutti sono disponibili.

Capite bene che, in un caso o nell’altro, il cambiamento fatto a livello genetico deve essere controllato nei minimi dettagli soprattutto per quanto concerne l’influenza che questa modificazione puo’ avere sul consumatore, molto spesso l’uomo.

Come viene fatta la sperimentazione?

Si prende un alimento OGM e si fa la solita procedura. Si inizia, dove possibile, vedendo gli effetti che questo cibo ha su vari animali e poi si passa ad una sperimentazione sull’uomo. Dal punto di vista formale, la procedura e’ simile a quella che subisono i medicinali prima di essere inseriti sul mercato. Capite anche come questa procedura sia molto lunga, se non altro per la necessita’ di condurre un’analisi statistica con un campione sufficiente di casi.

A volte, in presenza di effetti di lieve entita’ o molto poco probabili, si procede comunque alla messa in commercio. Purtroppo, questo sistema, cosi’ come e’ strutturato, puo’ alimetare delle falle che portano a decisioni affrettate.

Come forse ricorderete, in passato si sono avuti diversi casi di alimenti OGM che presentavano delle conseguenze non banali anche nell’uomo. Per fare un esempio, ci sono almeno un paio di casi di soia o grano OGM prodotto dalla Monsanto che, in almeno due casi, provocavano ingrossamento del volume dei reni. Questo effetto era stato visto durante la sperimentazione, ma era stato ritenuto non statisticamente importante.

Mia considerazione personale. Quando si parla di cibo che deve essere consumato dall’uomo, lo “statisticamente importante” e’ un qualcosa non facilmente gestibile ma, soprattutto, non quantificabile. Dal momento che parliamo di cosa che vanno mangiate, forse la sperimentazione e la gestione dei risultati andrebbe fatta in modo piu’ scientifico basandosi su campioni sufficientemente grandi, e magari da espandere in caso di evidenza di qualche disturbo, e da piu’ di un organismo indipendente.

Ovviamente, a posteriori, i prodotti in questione sono stati ritirati dal mercato. Per tornare in tema, in questi casi si parlava di alimenti sia destinati al consumo da parte dell’uomo, sia per la produzione di mangimi per animali.

Come visto per l’inquinamento, anche in questa parte alimentare dobbiamo stare attenti alle considerazioni che facciamo. Cosi’ come visto in precedenza, non possiamo parlare di allergie provocate dalla presenza di qualche sostanza nel cibo. Piuttosto, dobbiamo considerare se ci sono inquinanti in grado di creare condizioni anomale in cui le allargie possono manifestarsi piu’ violentemente.

Ora pero’ fate attenzione, se dal un lato questo chiude il discorso allergie, lascia del tutto aperto quello di altre patologie. Cosi’ come visto, se ci sono sostanze in grado di creare un ambiente in cui le allergie possono manifestarsi, ci possono essere altre sostanze in grado di attaccare il nostro organismo in qualche forma.

Ovviamente, e’ impossibile fare degli studi mettendo in correlazione tutte le patologie con qualsiasi tipologia di cibo possiamo mangiare. Vero e’ pero’ che molti dei cibi che oggi mangiamo vengono trattati con prodotti chimici di qualche forma e questi possono poi essere direttamente ingeriti dall’uomo.

Da ricercatore, non posso che essere a favore di una sperimentazione e di una continua evoluzione anche in questo settore. Quello che pero’ maggiormente mi spaventa e’ il solito interesse economico che troppo spesso porta a fare considerazioni non oggettive.

Questo non significa demonizzare i prodotti chimici per l’agricoltura, i pesticidi, gli OGM o altre tecniche atte a migliorare la produzione di qualcosa. Questa affermazione e’ anche giustificabile se pensiamo al continuo incremento della popolazione ma soprattutto all’aumentato benessere, e quindi richiesta di cibo, da parte di paesi ormai emersi e con economie forti nel mondo.

Detto questo, ci sono correlazione forti tra quello che magiamo e respiriamo e l’aumento di patologie nell’uomo. Come visto pero’, alcune volte gli inquinanti non sono le cause ma i veicoli di creazione di ambienti affinche’ queste patologie possano manifestarsi. Non dobbiamo guardare alla ricerca in questi settori come alchimia o qualcosa di negativo, la cosa importante e’ sempre utilizzare la testa e ragionare piu’ con la scienza che con il portafoglio.

 

Psicosi 2012. Le risposte della scienza”, un libro di divulgazione della scienza accessibile a tutti e scritto per tutti. Matteo Martini, Armando Curcio Editore.

Il Muos di Niscemi

2 Apr

Diversi lettori del blog mi hanno scritto per chiedere il mio punto di vista sul sistema MUOS la cui costruzione era prevista a Niscemi in Sicilia.

Per chi fosse completamente a digiuno, il MUOS e’ un sistema di comunicazione satellitare che prevede 4 satelliti in orbita e 4 stazioni di terra. Questo sistema e’ direttamente gestito e voluto dal Dipartimento della Difesa degli Stati Uniti e servira’ per gestire, comandare e controllare in ogni parte del globo, le unita’ marine, aeree e di terra. Il sistema prevede diversi servizi tra cui la comunicazione vocale, lo scambio dati e la connessione di rete, tutto ad accesso riservato per scopi militari e di coordinamento. Le stazioni di terra verranno utilizzate per comunicare direttamente con i satelliti in orbita e la costruzione era prevista nelle Hawaii, in Australia, in Virginia e, come anticipato, a Niscemi a circa 60 Km dalla base militare di Sigonella.

Le stazioni di terra prevedono la costruzione di antenne operanti ad altissima frequenza e a banda stretta. Ecco una foto dell’installazione nelle isole Hawaii:

MUOS: stazione di terra nelle Hawaii

MUOS: stazione di terra nelle Hawaii

Perche’ stiamo parlando di questo sistema? Per quanto riguarda la costruzione della stazione di Niscemi, per diverso tempo ci sono stati dibattiti e scontri circa l’eventuale pericolo che queste antenne avrebbero costituito per la popolazione del posto. Nel corso degli anni, si sono formati comitati cittadini creati per impedire la costruzione di questa stazione e il dibattito ha riempito le pagine di molti quotidiani anche a livello nazionale. Ovviamente non e’ mancata la discussione politica. Diverse volte l’aministrazione regionale ha tentato di bloccare i lavori causando una discussione tra Parlamento Italiano, regione Sicilia e governo degli Stati Uniti. Come forse avrete letto, solo pochi giorni fa, l’amministrazione Crocetta ha bloccato definitivamente la costruzione della stazione ma, almeno a mio avviso, la discussione durera’ ancora per molto tempo.

Detto questo, non voglio assolutamente entrare in discussioni politiche sul MUOS e sulla regione Sicilia. Quello che molti utenti mi hanno richiesto e’ solo un parere scientifico sull’inquinamento elettromagnetico della stazione MUOS. Ovviamente, non entrero’ nel merito della discussione politica, degli accordi bilaterali tra Italia e USA ne tantomeno sull’eventuale valutazione di impatto ambientale che una stazione del genere sicuramente comporta sul panorama della zona.

A questo punto, la domanda su cui vorrei aprire una discussione e’: il MUOS e’ dannoso per la salute della popolazione?

A livello scientifico, ci sono due voci principali che si sono mosse parlando del MUOS. Da un lato Antonino Zichichi sostiene che l’installazione non e’ assolutamente dannosa per la popolazione vista la bassa potenza in gioco, dall’altro il Prof. Massimo Zucchetti del politecnico di Torino afferma che questa installazione potrebbe comportare seri rischi per la salute dei cittadini.

Come vedete, l’inizio non e’ dei migliori. Siamo di fronte a due punti di vista completamente opposti.

Ora, mentre Zichichi si e’ limitato a rilasciare interviste a diversi quotidiani, Zucchetti ha preparato una relazione tecnica sull’installazione che potete leggere a questo indirizzo:

Zucchetti, relazione MUOS

Come vedete anche dalla pagina, la relazione di Zucchetti viene pubblicizzata proprio da uno dei comitati cittadini nati per impedire l’installazione del MUOS a Niscemi, il comitato NoMuos.

Detto questo, proviamo a commentare la relazione di Zucchetti per cercare di capire se e come il MUOS potrebbe rappresentare un pericolo per la popolazione.

Prima di tutto, ci tengo a sottolineare che Zucchetti e’ esperto di radioprotezione ma e’ importante ragionare su quanto scritto per capire le motivazioni che spingono questa relazione nella direzione di considerare il MUOS come pericoloso.

Per prima cosa, dove doveva sorgere il nuovo impianto e’ gia’ presente un sistema radar detto NRTF le cui antenne sono in funzione dal 1991. Le analisi quantitative presentate nella relazione di Zucchetti riguardano proprio questo esistente impianto e vengono fatte considerazioni circa l’eventuale aggiunta del MUOS alle emissioni del NRTF.

Nella relazione vengono mostrate misure di campo elettrico fatte in diverse zone dell’impianto e che possiamo riassumere in questa tabella:

5,9 ± 0,6 V/m in località Ulmo (centralina 3)
4,0 ± 0,4 V/m in località Ulmo (centralina 8)
2 ± 0,2 V/m in località Martelluzzo (centralina 1)
1 ± 0,1 V/m in località del fico (centralina 7)

Come potete leggere nella relazione, queste misure, fatte dall’ARPA della Sicilia, potrebbero essere affette da un’incertezza al livello del 10%. Ora, per chi non lo sapesse, i limiti per la legislazione italiana impongono un campo inferiore a 6 V/m. Come potete vedere, anche considerando un’incertezza del 10%, solo il primo valore, se l’incertezza tendesse ad amentare la misura, sarebbe leggermente superiore al limite.

Cosa comporterebbe superare i 6 V/m? In realta’ assolutamente nulla. Cerchiamo di capire bene questo punto. Ad oggi, vi sono molte voci anche molto discordi sui reali effetti dell’inquinamento elettromagnetico. Mentre ci sono particolari frequenze ed esposizioni per cui e’ stato accertato un reale rischio per la salute, in moltissimi altri casi il discorso e’ ancora aperto e non si e’ giunti ad una conclusione. Pensate solo un attimo al discorso cellulari: fanno male? Non fanno male? Causano problemi al cervello? Tutte domande su cui spesso viene posta l’attenzione e su cui non esistono ancora dati certi. Con questo non voglio assolutamente tranquillizzare nessuno, ma solo far capire l’enorme confusione ancora presente su queste tematiche.

Tornando al discorso limiti di legge, superare di poco i 6 V/m non comporta assolutamente nulla. Perche’? Come detto siamo di fronte a fenomeni non ancora capiti dal punto di vista medico. Proprio per questo motivo esiste il “principio di precauzione”, cioe’ in caso di fenomeni scientificamente controversi si deve puntare ad una precauzione maggiore. Detto in altri termini, se non sappiamo se una determinata cosa fa male o meno, meglio mettere limiti molto stringenti.

Nel caso dei campi elettrici, il limite dei 6 V/m e’ nettamente inferiore a quello di altre nazioni europee, anche se, ad esempio, nel Canton Ticino il limite e’ di 3 V/m, e circa 500 volte inferiore al valore in cui ci si dovrebbero aspettare effetti diretti. Detto questo, se invece di 6 V/m, ne abbiamo 6,5 V/m, non succede assolutamente nulla. Non siamo ovviamente in presenza di un effetto a soglia, sotto il limite non succede nulla, appena sopra ci sono effetti disastrosi. Fermo restando che stiamo pensando l’incertezza del 10% sulla misura tutta nel verso di aumentarne il valore.

Detto questo, nella relazione da cui siamo partiti, si afferma pero’ che queste misure potrebbero essere sottistimate perche’ la strumentazione utilizzata non era sensibile alle emissioni a bassa frequenza intorno ai 45 KHz. In realta’, su questo punto non possono essere assolutamente d’accordo. La legge italiana stabilisce i limiti di cui abbiamo parlato per frequenze sopra i 100 KHz. Sotto questo valore, le onde elettromagnetiche sono assorbite pochissimo dal corpo umano per cui la loro emissione non viene neanche regolamentata. Questo solo per dire come le misure riportate nella relazione e fatte dall’ARPA della Sicilia sono del tutto attendibili e assolutamente non sottostimate.

Fin qui dunque, i valori misurati per l’installazione gia’ in funzione non mostrano nessun superamento dei limiti di legge italiani e potrebbero dunque essere considerati sicuri.

Andiamo ora invece, sempre seguendo la relazione da cui siamo partiti, al MUOS vero e proprio.

Per come dovrebbero essere fatte le antenne, e se la fisica non e’ un’opinione, il campo prodotto da un’antenna parabolica ha una forma cilindrica con una divergenza molto bassa. Detto in altri termini, il campo e’ all’interno dell’area della parabola e tende molto poco ad allargarsi appunto per non disperdere potenza. Detto questo, al di fuori del cilindro prodotto delle antenne, il campo e’ praticamente nullo e non comporta nessun problema nelle vicinanze.

Proviamo a fare due calcoli. Alla potenza di 1600 W, cioe’ la massima prevista per le antenne, il campo all’interno del cilindro sarebbe di circa 50 W/m^2. Questo valore e’ abbondantemente al di sopra dei limiti di legge di 1 W/m^2, ma per l’esposizione delle persone. Come potete facilmente immaginare, le antenne devono essere puntate verso il cielo per poter funzionare e per comunicare con i satelliti. Da quanto detto per la dispersione angolare fuori-cilindro, lontano dalle antenne il campo e’ praticamente nullo, diminuendo molto rapidamente.

Da questi numeri, e’ ovvio che se le antenne venissero puntate verso l’abitato, l’inquinamento elettromagnetico sarebbe elevatissimo, ma antenne di questo tipo hanno dei ferma-corsa meccanici che impediscono l’avvicinarsi dell’antenna troppo vicino all’orizzonte, oltre ovviamente a limitazioni software pensate appositamente per impedire queste esposizioni.

Detto in questo senso, le antenne del MUOS non dovrebbero essere un pericolo per la popolazione.

Sempre secondo la relazione e secondo le voci del web, le antenne del MUOS entrerebbero in funzione insieme a quelle gia’ discusse del NRTF. Cosa comporta questo? Ovviamente i due contributi si sommano, ma non linearmente come qualcuno potrebbe erroneamente pensare. Premesso che il MUOS sarebbe in funzione simultaneamente al NRTF solo inizialmente per poi sostituirlo del tutto, i due sistemi, alla luce dei calcoli fatti, non dovrebbero superare il limite di legge neanche quando sono simultaneamente accesi.

Se proprio vogliamo essere pignoli, resta quella misura dell’ARPA quasi al limite di legge. Sicuramente quella zona dovrebbe essere monitorata per capire meglio se il limite viene sistematicamente superato oppure no, ma solo a scopo di precauzione. Inoltre, bisognerebbe valutare la presenza di altre installazioni minori e il loro contributo totale, anche se non possono che rappresentare una piccola aggiunta al totale, oltre ovviamente ad eventuali fluttuazioni fuori asse delle emissioni. Questo genere di problematiche necessiterebbero di un monitoraggio continuo e completo dell’intera zona al fine di costruire una mappa del campo e valutare eventuali zone di picchi anomali.

Detto questo, se ci limitiamo al puro aspetto scientifico, il MUOS non dovrebbe rappresentare un pericolo per la popolazione della zona. Ovviamente, siamo in un campo molto difficile e ancora poco noto sia della scienza ma soprattutto della medicina. Non voglio assolutamente schierarmi a favore o contro il MUOS anche perche’ restano da valutare, indipendentemente da questa installazione, eventuali danni alla salute derivanti da un’esposizione prolungata nel tempo anche a limiti inferiori a quelli di legge. Come anticipato, questa tematica e’ ancora molto discussa e non si e’ ancora giunti ad un quadro completo.

Nella discussione, ho appositamente non valutato problematiche di natura diversa da quella dei campi elettromagnetici. Perche’ dobbiamo costruire una stazione radar degli USA in Italia? E’ giusto? Non e’ giusto? Questa installazione rovina il paesaggio della zona? I valori dichiarati per il progetto saranno quelli veri di esercizio?

Concludendo, alla luce dei dati analizzati, per l’installazione MUOS i limiti di legge sarebbero ampiamente soddisfatti. L’unico problema potrebbe derivare, anche se impossibile tenendo conto dei limiti meccanici imposti, da un puntamento diretto verso le abitazioni. L’ingresso del MUOS sostituirebbe il pre-esistente NTRF sicuramente piu’ vecchio ed operante a potenze e frequenze diverse. Purtroppo, il discorso non puo’ limitarsi a queste considerazioni, ma deve necessariamente racchiudere tematiche ambientali, politiche e mediche a cui non e’ possibile dare una risposta univoca in questo momento.

 

Psicosi 2012. Le risposte della scienza”, un libro di divulgazione della scienza accessibile a tutti e scritto per tutti. Matteo Martini, Armando Curcio Editore.