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Ecco a voi il sesto continente!

17 Mag

Facciamo un po’ di ripasso. Quanti sono i continenti? Dunque: Europa, America, Asia, Africa e Oceania, quindi 5. Quale sarebbe il sesto? L’Antartide? Su questo gli stessi geografi non sono d’accordo, c’e’ chi lo considera un continente e chi no. Ma allora, quale sarebbe questo sesto continente?

Ve lo dico tra un po’.

Prima di tutto, vi voglio mostrare un’immagine:

Le quattro correnti che formano il Vortice Subtropicale del Pacifico

Le quattro correnti che formano il Vortice Subtropicale del Pacifico

Di cosa si tratta? Quello che vedete e’ il cosiddetto “Vortice Subtropicale del Nord Pacifico”, o anche “North Pacific Gyre”. In soldoni, si tratta di una corrente oceanica a forma di vortice che si muove in senso orario ed e’ formato da quattro grandi correnti: quella del Nord Pacifico, la corrente della California, la corrente nord Equatoriale e quella di Kuroshio. Come detto, e come vedete bene dall’immagine, l’unione di queste correnti crea un vortice chiuso che fa muovere le acque intorno alla zona che presenta una notevole estensione, quasi 34 milioni di Km^2.

Bene, cosa c’entra questa corrente circolare con il discorso dei continenti?

La risposta e’ molto semplice. Intorno agli anni ’90 si e’ scoperta una vera e propria isola di rifiuti che sono stati raccolti in questa zona e nel corso degli anni hanno raggiunto un’estensione che tende all’inimmaginabile. Proprio a causa delle correnti chiuse, i rifiuti che arrivano in questa zona dell’oceano vengono circoscritti e di volta in volta crescono in estensione. Questa “isola di immondizia” e’ nota come “Pacific Trash Vortex”, cioe’ Vortice di immondizia del Pacifico.

Pensate che io stia esagerando?

Quanto e’ estesa questa isola di rifiuti? Una misura reale non e’ possibile ma esistono molte stime che concordano comunque sul fatto che la situazione sia tragica. Per darvi qualche numero, parliamo di un’estensione tra 700000 e 10 milioni di Km^2, praticamente un altro continente in mezzo al Pacifico. Secondo calcoli fatti dal NOAA, l’isola di rifiuti conterebbe qualcosa come 3 milioni di tonnellate di immondizia che parte dalla superficie e arriva fino ad una profondita’ di 30 metri.

Se state pensando che questi numeri siano fuori da ogni immaginazione, tenete sempre presente che il volume e l’estensione dell’isola sono in costante aumento. Molto spesso, i rifiuti vengono persi in mare da navi cargo. Altre volte, e’ capitato che alcune navi perdessero interi container nell’oceano. Ovviamente, sempre a causa delle correnti, questi rifiuti arrivano nel vortice e ne vengono catturati. Non sempre pero’ parliamo di scarico a mare di rifiuti fatto con dolo. L’estensione dell’isola e’, ad esempio, notevolmente aumentata dopo il maremoto in Giappone poiche’ moltissimi oggetti sono stati trasportati dal ritorno dell’onda in mare aperto.

Di cosa e’ composta l’isola?

I materiali piu’ biodegradabili scompaiono nel giro di poco tempo e questo fa si che il Pacific Trash Vortex e’ composto principalmente di plastica. Come e’ noto, la plastica non e’ biodegradibile se non in periodi lunghissimi. Quello che avviene, ed e’ ben piu’ pericoloso, e’ la fotodisintegrazione causata dai raggi solari. A causa di questo processo, la plastica viene ridotta in pezzi sempre piu’ piccoli fino ad arrivare agli agglomerati che la compongono. Raggiunto questo stadio pero’, si arriva anche alla pericolosita’ maggiore dal momento che gli agglomerati assomigliano, come dimensione, al plancton di cui si nutrono molte specie marine. Capite da soli le conseguenze ambientali di questo processo. Da misure condotte in zona, si e’ evidenziato come il rapporto tra plastica fotodisintegrata e plancton nelle acque sia drammaticamente a favore del rifiuto, ben 6 volte di piu’.

Come risolvere questo problema?

In realta’, una soluzione e’ stata proposta. Come sapete, i rifiuti sono una grandissima risorsa soprattutto in termini energetici. La plastica inoltre, essendo un derivato del petrolio, presenta un discreto potere calorifico. Per sfruttare i rifiuti per la produzione energetica si puo’ ricorrere, ad esempio, ai termovalorizzatori. Ora, come e’ noto, quando si toccano questi argomenti molti saltano sulla sedia. Perche’? I termovalorizzatori inquinano, non sono convenienti, non e’ vero, sono la soluzione a tutto, ne dovrebbero fare di piu’, ecc. Al solito, come siamo abituati in Italia, su argomenti del genere la discussione diventa sempre troppo politica e poco scientifica.

A parte questo, e’ assodato che i termovalorizzatori possono bruciare plastica per produrre energia. Detto questo, perche’ non costruire una nave che sia in realta’ un termovalorizzatore galleggiante e mandarla nel vortice di immondizia? Questa e’ un’idea che e’ stata proposta gia’ da qualche anno e che e’ in attesa, speriamo, di finanziamenti. Immaginate un termovalorizzatore che solca l’oceano pacifico nella zona del vortice di immondizia. I rifiuti che vengono bruciati non servono per produrre energia per scopi civili, anche perche’ siamo in mezzo al mare, ma solo per far andare la nave. Con questa semplice quanto geniale idea si potrebbero bruciare i rifiuti plastici del vortice e ripulire, ovviamente, visti i volumi, poco alla volta, la zona facendo un gran favore all’ambiente.

Ad oggi, questa idea che, ripeto, e’ stata proposta, non ha ancora trovato finanziamenti. Sapete il perche’? Semplice, l’isola di plastica e’ in mezzo al niente nel cuore del Pacifico. Chi finanzia qualcosa per pulire una zona che non e’ la sua? Speriamo che questa mentalita’ cambi e lasci lo spazio ad un serio ragionamento e ad una presa di coscienza nei confronti del nostro ecosistema.

 

Psicosi 2012. Le risposte della scienza”, un libro di divulgazione della scienza accessibile a tutti e scritto per tutti. Matteo Martini, Armando Curcio Editore.

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Cascadia e Tsunami orfano

10 Giu

Solo qualche giorno fa, parlando di previsioni catastrofische per il futuro, eravamo tornati sul discorso terremoti. In particolare, in questo post:

Se arrivasse il Big One?

abbiamo parlato del grande terremoto “atteso”, ovviamente per modo di dire, in California. Come sappiamo, la presenza della Faglia di Sant’Andrea genera da sempre terremoti lungo la costa occidentale degli Stati Uniti, e, come noto a tutti, nell’arco di un periodo non definito, che spazia fino a centinaia di anni, si potrebbe verificare un terremoto talmente distruttivo da abbattere gran parte delle costruzioni della zona.

Proprio su questo articolo, e’ stato fatto un commento molto interessante, che ci offre la possibilita’ di parlare di un altro fenomeno sismico, meno noto, ma forse ben piu’ distruttivo. Ci stiamo riferendo alle placche che convergono nella zona della Cascadia e che, negli ultimi anni, stanno richiamando sempre piu’ l’attenzione degli esperti.

Movimento di Subduzione tra placche

Movimento di Subduzione tra placche

Per Cascadia si intende quella zona che corre lungo le coste occidentali nord americane e che va dal Canada meridionale fino alla California Settentrionale. In termini geologici, questa e’ una zona detta di “subduzione”, cioe’ una parte di crosta terrestre in cui due placche scorrono passando una sull’altra. Per meglio comprendere questo fenomeno, potete fare riferimento alla figura riportata a lato.

La configurazione della Cascadia e’ estremamente interessante ed unica. In questa zona infatti, le placche pacifiche minori, dette Juan de Fuga, Explorer e Gorda, subducono, cioe’ si infilano sotto, alla piu’ grande placca Nord Americana. Questo lento movimento avviene da sempre con velocita’ comprese tra i 3 ed i 4 cm all’anno.

Nell’immagine seguente viene mostrata la situazione delle placche della Cascadia:

Placche convergenti in Cascadia

Placche convergenti in Cascadia

Cosa c’entra la Cascadia con i terremoti?

Fino a qualche decina di anni fa, si pensava che questa struttura fosse in grado di generare solo eventi di piccola intensita’ a causa della continua frammentazione delle rocce dovute al movimento.

Come evidenziato da recenti studi, questa idea e’ letteralmente sbagliata. Anche se fenomeni di grande intensita’ avvengono con intervalli di tempo molto lunghi, zone di subduzione come quelle della Cascadia, possono generare terremoti di notevole intensita’. In particolare, i piu’ grandi eventi registrati nel corso dei secoli, sono proprio dovuti a movimenti di questo tipo. Geologicamente infatti, la continua spinta tra le placche provoca un alto accumulo di energia elastica che puo’ portare ad una frattura estesa e profonda. Risultato di questo e’ l’insorgere di sismi di elevata magnitudo accompagnati anche da Tsunami molto alti.

Parlando direttamente della Cascadia, si pensa che eventi di questo tipo potrebbero avvenire con tempi che vanno dai 250 fino ai 350 anni ma con terremoti che possono tranquillamente superare magnitudo M8.

Perche’ e’ importante studiare questa zona?

Come potete immaginare pensando alla posizione delle placche, lungo la costa del continente americano interessata, sorgono grandi centri abitati: Vancouver, Seattle, Portland, tutti centri densamente popolati e ricchi anche di edifici storici. Dalle analisi condotte, e’ risultato infatti che molti dei grattacieli costruiti fino al 1970, non resisterebbero ad un evento cosi’ intenso. Tra l’altro, a causa proprio della subduzione, un eventuale terremoto di forte intensita’ avrebbe anche una durata prolungata nel tempo ed accompagnata da onde di Tsunami.

Ovviamente, dopo questi studi, i grandi centri degli Stati Uniti e del Canada stanno correndo ai ripari cercando di rendere piu’ resistenti gli edifici storici, proprio per evitare danni a seguito di un eventuale terremoto.

Quando dovrebbe avvenire il prossimo terremoto?

Come sappiamo bene, e come abbiamo discusso tante volte, e’ impossibile prevedere con precisione i terremoti. Nonostante questo, ricorrendo al solito alla statistica, e’ possibile avere un’idea con delle finestre di probabilita’. Prima parlavamo di periodi di 250-350 anni. Quando e’ avvenuto il precedente sisma causato alla Cascadia?

Proprio nell’ambito degli ultimi studi condotti su questa zona, e’ stato possibile determinare come il precedente grande sisma sia avvenuto nel 1700. E’ pero’ interessante raccontare come questa determinazione cosi’ precisa e’ avvenuta.

Nelle cronache giapponesi, si racconta di un cosiddetto “tsunami orfano”. Cosa significa? La popolazione giapponese e’ da sempre abituata a convivere sia con i terremoti che con le conseguenti onde di Tsunami che si abbattono sulle loro coste. Come e’ facile immaginare, a seguito di un violento sisma avvertito, dopo un certo tempo, ci si aspetta l’onda dall’oceano. Bene, nelle cronache si riporta di uno tsunami, avvenuto appunto nel 1700, che pero’ non era stato anticipato da nessun terremoto. Per moltissimi anni questo evento e’ rimasto un mistero al punto che, come anticipato, esiste tantissima documentazione storica che parla di questo Tsunami generato da niente.

In realta’, come scoperto solo pochi anni fa, lo Tsunami del 1700 fu generato proprio da un violento sisma, si pensa alcmeno M8.5, provocato dai movimenti delle placche della Cascadia. In quegli anni, la colonizzazione delle coste occidentali degli Stati Uniti era ancora molto scarsa per cui non esiste una vera e propria documentazione dall’altra parte del Pacifico.

La prova definitiva a sostegno del terremoto in Cascadia e’ venuta dallo studio dei reperti fossili nei terreni di fronte alla Cascadia e dallo studio delle cosiddette “foreste fossili”. Queste altro non sono che prove indirette dello Tsunami che ovviamente ha colpito anche le coste americane e canadesi. Per foreste fossili si intendono proprio i resti di alberi morti dopo essere stati sommersi delle acque salate dell’oceano. In questi casi, si osservano dei tronchi che restano al loro posto ma che muoiono tutti improvvisamente allo stesso istante. Proprio la presenza di queste foreste fossili el a datazione fatta studiando i tronchi ha permesso di datare lo Tsunami in corrispondenza dell’evento orfano sulle coste giapponesi.

Per chiudere, tutta la zona intorno all’Oceano Pacifico e’ altamente sismica e molto strutturata dal punto di vista geologico:

Cintura di Fuoco nell'Oceano Pacifico

Cintura di Fuoco nell’Oceano Pacifico

Come si vede dall’immagine, questa zona e’ comunemente detta”cerchio di fuoco”. Il nome deriva ovviamente dalla presenza di numerosi vulcani generati e alimentati proprio dai continui movimenti tellurici di subduzione e che interessano tutte le coste dell’Oceano Pacifico. L’ultima grande eruzione che si riporta e’ quella del 1980 avvenuta nell’isola di Sant’Elena, anche questa formata in realta’ da un vulcano molto attivo e potenzialmente pericoloso.

Concludendo, oltre alla gia’ citata Faglia di Sant’Andrea, negli ultimi anni molto si sta discutendo della Cascadia. Questa zona e’ interessata da fenomeni di subduzione dovuti al moviemnto di diverse placche in continuo e lento spostamento. Ad oggi, si pensa che questa zona potrebbe generare terremoti di altissima magnitudo ogni 250-350 anni. Dal momento che l’ultimo grande sisma, come scoperto studiando il conseguente Tsunami in Giappone, e’ avvenuto nel 1700, un nuovo sisma potrebbe avvenire nel giro di 50 anni da oggi. Al solito, stiamo parlando di statistica e analisi storiche, studi interessanti, che ci fanno capire tante cose, ma che non possono, in alcun caso, essere utilizzati per fare previsioni sui terremoti.

 

Psicosi 2012. Le risposte della scienza”, un libro di divulgazione della scienza accessibile a tutti e scritto per tutti. Matteo Martini, Armando Curcio Editore.