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Schiuma per inquinamento nel Lazio?

11 Lug

Ieri, moltissimi siti e giornali hanno dedicato ampio spazio ad articoli ed interviste relative ad un curioso fenomeno che è avvenuto su alcuni tratti delle spiagge del Lazio. In particolare, tutti voi avrete visto le foto della spiaggia di Fiumicino invasa da cumuli di schiuma bianca che occupavano praticamente tutto lo spazio intorno agli ombrelloni chiusi.

Per completezza, vi riporto una di queste immagini scattate da un uomo che stava passeggiando quando ha visto la schiuma arrivare dal mare agitato portata dalla corrente:

Immagini della schiuma sulla spiaggia di Fiumicno

Immagini della schiuma sulla spiaggia di Fiumicno

Praticamente tutti i giornali hanno puntato il dito contro l’inquinamento dei mari del Lazio. Da un lato, questo atteggiamento è assolutamente comprensibile. Solo la settimana scorsa, Goletta Verde ha reso noti i risultati delle sue analisi basati su diversi campioni di acqua nei mari del Lazio, evidenziando come le acque siano fortemente inquinate in prossimità delle foci di torrenti e canali.

Personalmente, ma apro e chiudo parentesi, i dati non mi sorprendono. Come spesso diciamo, lo sfruttamento incontrollato delle risorse naturali ed i continui scarichi a mare non controllati che continuiamo a fare stanno creando forti problemi nelle acque italiane che possono provocare danni irreparabili all’ecosistema marino.

Detto questo però, parlare di inquinamento per il fenomeno che è avvenuto ieri a Fiumicino, mi sembra alquanto azzardato e solo figlio di una voglia sfrenata di speculazione sui problemi ambientali.

Perché dico questo?

Premetto che le analisi dell’Agenzia Regionale per la Protezione dell’Ambiente, ARPA, sono ancora in corso, ma diverse fonti autorevoli con cui sono pienamente d’accordo, hanno sottolineato come con una probabilità altissima il fenomeno non sia assolutamente dovuto all’inquinamento. Purtroppo, come spesso avviene, fa più comodo negli articoli citare quello che ci piace e che fa notizia piuttosto che la verità.

A cosa è dovuto il fenomeno della schiuma?

In questo periodo dell’anno, a causa della maggior frequenza antropica sulle spiagge e dell’aumento delle temperature, non vi allarmate, niente di preoccupante, si chiama “estate”, aumenta notevolmente il fitoplancton nelle zone costiere. Se, in questa fase, si registrano bruschi abbassamenti di temperatura, questi organismi unicellulari proteici possono morire.

Dunque?

Un bel mare agitato può fungere da centrifuga per queste proteine sciolte in acqua e il conseguente rimescolamento dovuto alle correnti crea proprio una schiuma bianca e densa che può arrivare, anche in notevole quantità, fino a riva.

Ragioniamo un secondo. Siamo a luglio, nei giorni scorsi si sono registrate temperature abbastanza elevate e questo, in modo del tutto naturale ed in linea con il periodo dell’anno, fa aumentare il fitoplancton. Negli ultimi 2 giorni però, le temperature, complice una perturbazione, si sono di nuovo abbassate. Poi? Sempre negli ultimi giorni, come riportato da tutti i siti che hanno proposto la notizia, il mare è stato notevolmente agitato.

Risultato?

Schiuma dovuta al fitoplancton che è arrivata a riva.

Ovviamente, non confondete le mie parole. Non voglio certo affermare che le acque del Lazio non siano inquinate, ma il fenomeno registrato nelle ultime ore non dipende assolutamente dall’inquinamento.

Se provate a cercare su internet, troverete tantissimi casi simili avvenuti negli anni sempre più o meno in questo periodo. Se proprio volete fare uno sforzo aggiuntivo, troverete anche diversi episodi avvenuti in tratti di costa che erano e sono riserve naturali protette, dunque assolutamente non inquinate.

Un esempio?

Schiuma bianca alle Tremiti a luglio dell’anno scorso:

Tremiti, Diomedee, 1 Luglio 2013

Ripeto, è un fenomeno naturale che è avvenuto, avviene e avverrà in futuro. Sappiamo già che molti tratti dei nostri mari sono fortemente inquinati, ed è sempre colpa nostra, ma cerchiamo di spiegare la bellezza di fenomeni naturali non comuni in termini divulgativi piuttosto che sparare cavolate per cercare di impressionare le persone.

 

Psicosi 2012. Le risposte della scienza”, un libro di divulgazione della scienza accessibile a tutti e scritto per tutti. Matteo Martini, Armando Curcio Editore.

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Il Manoscritto Voynich

26 Feb

Questa volta vorrei parlare di un argomento abbastanza sconosciuto anche se, personalmente, lo trovo estremamente interessante. Come sapete, la storia ci regala dei veri e propri capolavori dell’antichita’ in grado di lasciarci a bocca aperta e che magari richiedono anni di studio prima di essere compresi a pieno. Molto spesso poi, quello che arriva ai giorni nostri, apre una finestra su civilta’ di cui oggi si e’ persa traccia sia dal punto di vista degli usi che del linguaggio. Prendete come esempio quello dell’Antico Egitto. Provate a pensare quanta fatica e quanto lavoro sia stato necessario per arrivare a comprendere una scrittura basata su simbolismi grafici come quella dei geroglifici. Solo quando questo tipo di scrittura e’ stato compreso a pieno, abbiamo potuto capire le numerose iscrizioni lasciate e comprendere la concezione che questo popolo aveva per gli Dei, la morte, le persone e, perche’ no, la vita di tutti i giorni.

Perche’ faccio questa premessa?

Semplice, oggi vorrei parlarvi del Manoscritto Voynich. Si tratta di un antico testo, riscoperto solo nei primi anni del XX secolo e su cui si sta ancora dibattendo sotto molti punti di vista. Cosa ha di interessante questo reperto? Semplice, si tratta di un intero libro di cui ignoriamo completamente il contenuto perche’ non siamo ancora stati in grado di tradurlo. La lingua infatti in cui sarebbe scritto appartiene solo a questo libro e per moltissimi anni gli studiosi si sono cimentati in azzardate traduzioni senza mai tirare fuori qualcosa che avese un senso. Proprio in questi giorni pero’, e’ stato pubblicato un nuovo articolo in cui un gruppo di linguisti sostiene di essere riuscito almeno a capire quale strada seguire per tradurre il Voynich.

Cerchiamo, come nostra abitudine, di andare con ordine e provare a raccontare anche questa interessante storia.

Come anticipato, questo manoscritto e’ stato riscoperto solo nel 1912. In quest’anno infatti, proprio nel comune di Frascati vicino Roma, dove sono nato, il collegio gesuita che aveva sede nella Villa Mondragone decise di mettere in vendita alcuni libri della sua collezione per pagare la ristrutturazione del collegio stesso. Alcuni di questi antichi testi vennero comprati da tale Wilfrid Voynich, un mercante di origini polacche, che acquisto’ una trentina di libri tra cui questo manoscritto che lo aveva incuriosito da subito. Come potete immaginare, questo manoscritto e’ quello oggi noto come “Manoscritto Voynich”.

All’interno del libro, il mercante trovo’ una lettera dei primi del 1600 scritta da Johannes Marcus Marci, rettore dell’Universita’ di Praga e medico di corte di Rodolfo II di Boemia, indirizzata a Athanasius Kircher, un poligrafo che viveva a Roma, affinche’ questi decifrasse il testo del manoscritto.

Come visibile gia’ ad una prima occhiata, il manoscritto acquistato da Voynich era scritto in una lingua e con un alfabeto sconosciuti e corredato anche da disegni, molti dei quali non comprensibili.

Come e’ fatto il Voynich?

Si tratta di un libro composto da circa 200 pagine realizzate con pergamena di capretto. Per convenzione, si assume il libro diviso in quattro sezioni identificabili in base alle illustrazioni presenti. Proprio grazie ai disegni, e’ stato infatti possibile dividere il testo in parti diverse, ciascuna riguardante, almeno a naso dalle figure riportate, uno specifico tema:

  • Sezione I (fogli 1-66): chiamata botanica, contiene 113 disegni di piante sconosciute.
  • Sezione II (fogli 67-73): chiamata astronomica o astrologica, presenta 25 diagrammi che sembrano richiamare delle stelle.
  • Sezione III (fogli 75-86): chiamata biologica, nomenclatura dovuta esclusivamente alla presenza di numerose figure femminili nude, sovente immerse fino al ginocchio in strane vasche intercomunicanti contenenti un liquido scuro.

Subito dopo questa sezione vi è un foglio ripiegato sei volte, raffigurante nove medaglioni con immagini di stelle o figure vagamente simili a cellule, raggiere di petali e fasci di tubi.

  • Sezione IV (fogli 87-102): detta farmacologica, per via delle immagini di ampolle e fiale dalla forma analoga a quella dei contenitori presenti nelle antiche farmacie.

Come vedete pero’, anche se i disegni ci consentono a grandi linee di poter immaginare quale sia l’argomento di ciascuna sezione, molti di questi riguardano, come nell’esempio delle piante, qualcosa a noi sconosciuto.

Di cosa parlerebbe il manoscritto?

Qui il discorso si complica non poco perche’, come anticipato, il testo e’ scritto con un simbolismo mai ritrovato prima. Per farvi capire, ecco alcune delle pagine del libro:

Pagine del manoscritto Voynich

Pagine del manoscritto Voynich

Dunque, a questo punto appare evidente come non solo non sappiamo di cosa parla il libro ma anche, vista la scrittura utilizzata, chi abbia scritto questa opera. E’ possibile che sia un reperto realizzato da un qualche popolo successivamente scomparso e di cui, a parte il Voynich, non conserviamo ne’ reperti ne’ memoria?

La prima cosa da capire e’ senza dubbio a quale periodo storico far risalire il manoscritto.

Su questo punto, si e’ dibattutto per anni tra gli studiosi. Fino a pochi anni fa, si pensava che questa opera fosse un falso realizzato appositamente per perpetrare una truffa ai danni di Rodolfo II. Secondo questa ipotesi, il falso sarebbe stato creato nel XVI secolo da un noto falsario inglese proprio allo scopo di vendere il libro a caro prezzo a Rodolfo II come pezzo unico da collezione. A sostegno di questa prova, nella gia’ citata lettera ritrovata da Voynich nel libro, si parlerebbe di un reperto ereditato da Johannes Marcus Marci direttamente da Rodolfo che lo avrebbe comprato per 600 ducati, una cifra elevatissima per l’epoca dei fatti.

Questa versione e’ stata pero’ smentita a seguito della datazione con il Carbonio-14 che ha mostrato che l’opera e’ stata realizzata tra il 1404 e il 1438. Anche su questa datazone ci sono pero’ forti parare contrari. Come e’ possibile contestare una datazione al carbonio? Semplice, per eseguire le analisi, e’ stato autorizzato il prelievo di alcune sottili striscioline di pagina in punti diversi del libro. Ovviamente, non e’ stato autorizzato il prelievo di parti scritte con inchiostro ma solo striscie bianche di foglio. In questo caso, i fogli potrebbero essere piu’ antichi del testo e dunque del libro stesso.

Secondo un altro punto di vista, il manoscritto non potrebbe essere precedente al 1492, anno in cui venne scoperta ufficialmente l’America. Nella sezione botanica e’ infatti presente un’illustrazione che ricorda molto la pianta di girasole portata in Europa dai conquistatori del nuovo mondo.

Come potete capire, anche per la datazione dell’opera, non esiste una singola opinione condivisa tra gli studiosi.

Detto questo, cosa ci sarebbe scritto nel Voynich?

Se per la datazione eravamo nel campo delle ipotesi, per quanto riguarda il contenuto siamo proprio nel campo della fantasia, ognuno puo’ dire quello che vuole e sostenerlo senza la possibilita’ di essere smentito. A partire dalla sua riscoperta, moltissimi studiosi, matematici, crittografi, scienziati, ecc si sono cimentati nel tentativo di traduzione del Voynich, purtroppo, senza successo.

Come ricorderete, in un precedente articolo abbiamo parlato di crittografia, ricordando in particolare la macchina Enigma utilizzata dai nazisti durante la seconda guerra mondiale per inviare comunicazioni cifrate tra i vari reparti:

Un perdono atteso 70 anni

Molti studiosi hanno infatti proposto che il manoscritto Voynich non sia scritto con un idioma sconosciuto, ma si tratti di un codice cifrato in cui diversi simboli corrispondono a lettere o gruppi di sillabe. Con la comparsa dei primi sistemi automatici di calcolo, un gruppo di studiosi americani ha ripreso tutti i vecchi codici cifrati verificando i tempi necessari per decifrare codici che magari anni prima avevano richiesto anni. Di tutte le tecniche di cifratura provate, quella del Voynich, sempre che lo sia, e’ l’unica rimasta inviolata.

Secondo alcuni, questo sarebbe possibile perche’ il vero messaggio contenuto nel testo sarebbe nascosto da una serie di simboli non necessari e messi solo per confondere un lettore non autorizzato a leggere. In questo caso, per comprendere il reale messaggio, sarebbe necessaria una chiave intesa come una griglia in grado di rendere visibili solo le lettere o i simboli utili. Questa e’ una tecnica di cifratura molto semplice ma che, in alcuni casi, puo’ rivelarsi molto robusta se non altro per l’elevato numero di combinazioni da tentare prima di trovare la griglia giusta.

Per farvi capire meglio questa tecnica, vi riporto un esempio pratico. Immaginate di avere un messaggio cifrato di questo tipo:

cripto

Se pero’ il messaggio e’ indirizzato a voi e dunque sapete quali lettere selezionare, allora il messaggio che era completamemte senza senso, mostra la sua reale faccia:

decripto

A sostegno di questa ipotesi, all’interno del manoscritto sarebbero presenti gruppi di simboli troppo ripetuti rispetto ad un normale linguaggio. Queste ripetizioni sarebbero poi diverse nelle differenti sezioni che compongono il testo.

Questo e’ il risultato a cui sarebbero arrivati anche alcuni studiosi negli articoli presentati in questi ultimi mesi. Come potete facilmente capire, e diversamente da quanto affermato sui soliti giornali, questo non significa aver tradotto il Voynich, ma solo aver ipotizzato una possibile via per decifrare il codice. Tra l’altro, anche in questo caso, si e’ riusciti ad individuare solo un ristretto numero di parole che, pero’, in alcuni casi danno vita a frasi senza senso compiuto.

L’ultima ipotesi da non dimenticare sul Voynich, e che comunque annovera sempre un nutrito gruppo di sostenitori, e’ che il Voynich, magari creato come falso per truffare Rodolfo II, sia anche un falso dal punto di vista dei contenuti. In questo caso, e a sostegno ci sarebbero i disegni di piante sconosciute, si tratterebbe di una grossa montatura priva in realta’ di qualsiasi significato. Perche’ questo? Semplice, solo per aumentare il mistero sul volume e far crescere il prezzo di vendita in questa cervellotica truffa.

Concludendo, la storia del manoscritto Voynich e’ senza dobbio interessante. Oggi, a distanza di un secolo dal suo ritrovamento, ci sono solo ipotesi anche molto diverse tra loro, ma niente di tangibile e in grado di farci dire di aver compreso, anche solo in minima parte, la reale storia del volume o del suo contenuto. Come qualcuno lo ha definito, ed e’ ancora vero ai giorni nostri, il Voynich potrebbe essere il manoscritto piu’ misterioso al mondo.

 

Psicosi 2012. Le risposte della scienza”, un libro di divulgazione della scienza accessibile a tutti e scritto per tutti. Matteo Martini, Armando Curcio Editore.

Antichi segreti di Marte

13 Dic

In diversi articoli abbiamo parlato del rover Curiosity e della sua importante missione su Marte:

Curiosity: scoperta sensazionale?

– Curiosity e gli UFO

– Curiosity e gli UFO: dopo le foto, il video. 

Ecco perche’ Curiosity non trova gli alieni!

Ecco la scoperta di Curiosity

Come sappiamo bene, purtroppo, molte di queste volte lo abbiamo dovuto fare per smentire storie fantastiche che si sono rincorse su internet e che parlavano di UFO, resti di civilta’ antiche, ecc. Tutte notizie infondate che non fanno altro che distogliere l’attenzione da questa importante missione e dalle mille soprprese che sta rivelando ai ricercatori coinvolti nel progetto.

Anche questa volta, dobbiamo partire da una notizie distorta che molto sta facendo discutere in rete, per arrivare poi alla scienza vera e propria.

Di cosa si tratta?

Partiamo dalle basi, come sappiamo Curiosity e’ a spasso nel cratere Gale con tutto il suo carico di strumentazione scientifica di tipo geologico. In particolare, lo scopo della missione era quello di fare delle analisi con una sensibilita’ non possibile prima prendendo in esame campioni di terreno e roccia. Cosa vogliamo imparare? Prima di tutto, analisi di questo tipo ci permettono di capire meglio la struttura del pianeta, la sua origine, e avere un’idea della storia geologica che Marte ha attraversato nel corso degli anni. Oltre a questo, un’analisi precisa del terreno consente di determinare se c’e’ o meno la presenza di elementi chimici che possono rappresentare dei marker per la vita sul pianeta rosso. Fate attenzione, parliamo di marker per la vita, non di vita. Cioe’? Come e’ ovvio, ci sono degli elementi chimici che possono dare indicazioni molto precise sulla vita o sulla presenza di questa in passato. L’attivita’ metabolica, la decomposizione cellulare, ecc portano ad aumentare la presenza di determinati elementi piuttosto che di altri.

Tenete a mente queste parole perche’ saranno la chiave di lettura per comprendere meglio la notizia di cui stiamo parlando.

Perche’ Curiosity e’ stato inviato proprio nel cratere Gale? Ovviamente, il luogo non e’ stato scelto a caso, ma ponderato attentamente. Come visto negli articoli precedenti, questa depressione di Marte rappresenta uno dei posti migliori per la ricerca geologica e chimica del terreno. Inoltre, nella zona sono presenti alture che consetono una visione ad ampio raggio di gran parte di Marte, consentendo, qualora ncessario, una variazione del percorso qualora si evidenziassero zone di maggior interesse.

Bene, a questo punto siamo pronti a parlare della notizia.

Curiosity si trova ora in una zona molto particolare del cratere Gale nota come Yellowknife Bay. Questa e’ una depressione vicino all’equatore di Marte in cui si pensa che in passato ci fosse un lago con acque poco profonde. In particolare, la profondita’ delle acque e’ stiamata non oltre i 5 metri, ma la cosa importante e’ che, dalle analisi fatte, si pensa che queste acque, quando erano presenti, avevano caratteristiche molto particolari. Prima di tutto, erano praticamente ferme, poi erano caratterizzate da una bassa salinita’ ed erano raggiunte da una buona radiazione solare.

Curiosity si e’ concentrato in particolare su due rocce trovate nell’antico fondale del lago, chiamate John Klein e Cumberland. Dall’analisi di queste rocce sono emersi elementi come Carbonio, idrogeno, zolfo, azoto e fosforo.

Cosa significa questo?

Dal punto di vista scientifico, la presenza e la concentrazione di questi elementi significa che in passato erano presenti condizioni adatte per la formazione della vita.

Fate attenzione, come e’ stato interpretato questo da molti siti internet che hanno riportato la notizia? Semplice, trovati segni di vita su Marte! Signori, alla luce di quanto detto, capite molto bene come il sensazionalismo scientifico su argomenti di questo tipo regni sempre sovrano. E’ possibile questo? Ovviamente no. Tra l’altro, Curiosity ha una strumentazione di tipo geologico. Le analisi possibili sono sulle rocce per determinare caratteristiche chimico fisiche come, ad esempio, la concentrazione di elementi da analisi spettroscopiche. Nella dotazione del rover mancano gli strumenti per cercare molecole organiche, cioe’, in soldoni, tracce di vita passata o presente. Questo “particolare” lo avevamo commentato anche negli articoli precedenti parlando appunto sempre della distorsione mediatica sulle scoperte del rover.

Cosa succedera’ ora?

Dal punto di vista scientifico, quanto emerso e’ senza dubbio eccitante. Prima di tutto e’ stata dimostrata, qualora ci fossero ancora dubbi, l’importanza della missione e la correttezza del luogo scelto per le analisi. Inoltre, questa scoperta offre anche nuove motivazioni alla futura missione Exomars prevista per i prossimi anni. Questo nuovo rover, in cui molta tecnologia e’ di origine italiana, sara’ anche dotato di una trivella di 2 metri. Inoltre, ci saranno apparecchiature fondamentali proprio pere la ricerca di molecole organiche sia presenti che future.

Concludendo, Curiosity ha rivelato una zona di Marte con carattetristiche uniche al momento per lo studio della vita passata sul pianeta. La strumentazione presente consente di determinare tracce e concentrazioni di elementi chimici fondamentali per la vita. In futuro, la missione Exomars consentira’ di fare analisi specifiche su questi punti per determinare se in passato fossero presenti forme di vita biologica sul pianeta rosso. Come potete capire, la ricerca e la curiosita’ sui pianeti del sistema solare non e’ assolutamente morta e ancora tante sorprese ci deve rivelare.

 

Psicosi 2012. Le risposte della scienza”, un libro di divulgazione della scienza accessibile a tutti e scritto per tutti. Matteo Martini, Armando Curcio Editore.

Altro mostro, questa volta in Vietnam

23 Nov

Questa volta voglio niziare l’articolo in modo differente. Senza dirvi nulla, vi voglio mostrare un video molto interessante proveniente dal Vietnam:

Oggi, Video

si tratta di un video riportato sul sito ufficiale del settimanale Oggi. Non preoccupatevi, lo stesso video lo potete trovare su molti siti internet di giornali a distribuzione nazionale cosi’ come su molti siti complottisti.

Avete ascoltato bene la voce che accompagna il video?

Mostro misterioso, animale proveniente da altri pianeti, creatura sconosciuta dei fondali marini. Insomma, la storia e’ sempre la stessa.

Per chi non avesse ancora capito, in Vietnam e’ stato ritrovato spiaggiato un grosso animale, vermiforme come riportano molti giornali. Questo apparente mostro sarebbe poi stato trasportato sulla terra ferma dove avrebbe attirato una folla di curiosi come si vede dal video.

Cosa sarebbe questo mostro?

Non perche’ voglia essere ripetitivo, ma i giornali e siti catastrofisti al solito riportano sempre la stessa storia. L’origine del mostro e’ sconosciuta, si pensa provenga da un altro pianeta o, meglio ancora, si tratta di specie modificate a causa della radiazione e dell’inquinamento nei mari.

Questa storia, un po’ come tutte le altre, e’ assurda!

I video che trovate in rete, sono in realta’ appositamente studiati per portarvi fuori strada. E’ sempre un’abile mossa giornalistica per cercare di attirare piu’ visitatori e per fare in modo che un video diventi famoso in tutto il mondo.

La gente che vedete intorno al “mostro” sa benissimo di che animale si tratti. Come potete facilmente vedere, le somiglianze con questo animale:

balena-azzurra

sono molteplici. Sapete perche’ si somigliano tanto? Semplice, perche’ sono lo stesso animale, cioe’ una balenottera.

Questa versione della storia e’ stata proposta da numerosi biologi marini ma, come e’ ovvio, l’ipotesi scientifica e’ stata messa da parte per fare in modo che le persone fossero portate a credere altro.

Sapete perche’ tutta quella gente e’ intorno al cadavere della balena?

Se leggete in rete, trovate scritto che quelle persone sono radunate per curiosita’ intorno al corpo del povero animale spiggiato. In realta’ quelle persone sono intorno al corpo della balena smeplicemnte per rendere omaggio alla salma. In Vietnam infatti, le balene sono considerate animali porta fortuna circondati da un’aura quasi magica. Detto questo, la folla di curiosi intorno non e’ li per curiosita’, bensi’ per rendere omaggio alla balena. Dal momento che queto aninale e’ considerato un potente porta fortuna, le persone accorse sperano che il segno sia un precursore di avventi fortunati nella regione o nell’intero paese.

Ora, provate autonomamente a cercare in rete queste informazioni e troverete come molti siti, poco visitati per ovvi motivi, abbiano dato la spiegazione razionale con la tesi balena ma siano molto meno visitati di quelli catastrofisti che continuano a parlare di misterioso mostro.

Come spesso avviene, non mi stanchero’ mai di puntare il dito contro molti siti di giornali che invece di fare informazione si lasciano prendere dal catastrofismo cercando la notizia anche dove questa non c’e’.

Concludendo, anche il mostro in Vietnam era un animale perfettamente conosciuto e noto ai biologi marini. Personalmente, continuo a chiedermi come mai i tanti siti catatrofisti invece di concentrare le loro forze su argomenti veramente poco conosciuti continuino a perdere tempo dietro simili notizie. Pensate anche voi a quanta intelligenza sprecata che potrebbe essere utilizzzta, con ottimi frutti, nella ricerca di qualcosa di piu’ nobile.

 

Psicosi 2012. Le risposte della scienza”, un libro di divulgazione della scienza accessibile a tutti e scritto per tutti. Matteo Martini, Armando Curcio Editore.

ENI green data center

5 Nov

Nella sezione:

Hai domande o dubbi?

un nostro affezionato lettore ci ha chiesto delucidazioni sulla nuova struttura chiamata ENI green data center che e’ stata inaugurata solo pochi giorni fa.

Come spesso accade in Italia, la filosofia e la costruzione, non che la messa in opera, di questo importante polo e’ passato molto in sordina con solo pochi articoli su qualche giornale specializzato. Questo e’ completamente assurdo. La struttura rappresenta un’innovazione tecnologica molto importante a livello mondiale e meriterebbe, molto piu’ di tante notizie che riempono i giornali tutti i giorni, di essere pubblicizzata.

Per sapere qualcosa su questo centro, potete andare direttamente sul sito internet:

ENI green data center

Se proprio devo essere sincero, e questo e’ in primis un monito per i tecnici dell’ENI che hanno poco curato questo aspetto, leggendo il sito non e’ chiaramente comprensibile lo scopo di questo centro. Forse, anche questo aspetto ha contribuito alla poca pubblicita’ ricevuta sui giornali.

Cerchiamo dunque di supplire a questa mancanza di informazioni provando a spiegare quali sono gli obiettivi e l’eccellenza di questo centro tutto made in Italy.

L’ENI green data center sorge vicino Pavia, precisamente a Ferrera Erbognone, ed e’ stato inaugurato il 29 ottobre. Questa data cade poco meno di due anni dopo la posa della prima pietra. Anche questa informazione ci fa capire quanto il progetto sia stato seguito in maniera puntuale e rapida.

A cosa serve?

Questa e’ ovviamente la domanda principale. Per capirlo, cerchiamo di fare un ragionamento insieme. Ogni qual volta si richiede un calcolo molto complesso, e’ necessario disporre di una potenza di calcolo notevole. Con questo intendo dire che per risolvere algoritmi complessi e lunghi e’ necessario disporre di tanti pc equivalenti che lavorano insieme. Ovviamente, la cosa sarebbe possibile anche con il vostro pc di casa, ma, probabilmente, richiederebbe anni e anni per poter arrivare ad un risultato. Bene, per velocizzare il tutto, si utilizzano dei potenti centri di calcolo che racchiudono molte CPU, cioe’ molti processori, che lavorano in simultanea dividendosi il lavoro. In questo modo, potete raggiungere lo stesso risultato in brevissimo tempo. Questo e’ quello che viene indicato come potenza di calcolo.

Chi utilizza questi centri?

In realta’, questi speciali centri tecnologici trovano applicazione in tantissimi settori anche profondamente diversi tra loro. Qualche esempio? Nella fisica, scusate l’esempio scontato ma e’ quello che conosco meglio, i centri di calcolo servono per poter analizzare i dati, impacchetarli secondo una struttura facilmente leggibile dall’utente finale ma anche per lavorare in tampi velocissimi per produrre quello che viene chiamato un “trigger”, cioe’ decidere in tempo reale se un particolare evento raccolto e’ interessante per la fisica, e quindi deve essere registrato, oppure no. Come potete facilmente capire, per concludere queste operazioni in tempi brevissimi, magari quelli delle collissioni che avvengono dentro gli acceleratori, e’ necessario disporre di tanti processori.

Altri campi di utilizzo: l’economia, la biologia, la geologia, la matematica, l’ingegneria e cosi’ via. In che modo? Per fare qualche esempio, in economia per simulare un modello economico nel tempo, in biologia per studiare le risposte, ad esempio, del DNA in cui vengono inclusi tutti i costituenti ed e’ necessario simulare in dettaglio le interazioni con diverse molecole. In ingegneria per simulare la risposta di una struttura, anche molto grande e complessa, alle varie sollecitazioni che incontrera’ durante il suo utilizzo.

Come potete facilmente capire, questi centri di calcolo risultano fondamentali per studiare diversi scenari molto complessi e proprio per questo motivo la ricerca in questo settore ha mostrato un boom negli ultimi anni senza precedenti.

Ma a cosa serve questo centro allENI?

Una volta capita l’importanza di un centro di calcolo all’avanguardia, e’ lecito chiedersi a cosa serve questo tipo di struttura ad un’azienda come l’ENI. Quello che molto spesso i non addetti ai lavori ignorano e’ che le grandi societa’, appunto come l’ENI, hanno sempre un reparto di ricerca e sviluppo all’avanguardia nei propri settori, fondamentali proprio per mantenere un ruolo di leader sul mercato.

Nel caso dell’ENI, al nuovo data center sara’ inviata tutta la richiesta informatica dell’azienda. Oltre ai sempli algoritmi per l’elaborazione delle bollette, il centro sara’ specializzato nello studio di settori strategici per l’azienda.

Solo per fare un esempio, prima di procedere ad una trivellazione in un punto, visto l’enorme costo che operazioni di questo tipo comportano, e’ importante essere sicuri che il punto sia quello buono. Per capire questo aspetto, e’ necessario simulare in dettaglio la regione o comunque la zona di terreno in esame. Per fare questo si devono costruire modelli, cioe’ algoritmi, quanto mai simili alla realta’, che includono dunque tantissimi aspetti del terreno e delle sue relazioni con il restante ecosistema. Anche in questo caso, per analizzare strutture di questo tipo e’ necessario manipolare tantissimi dati con algoritmi complessi e che richiedono dunque una notevole potenza di calcolo.

Bene, e cosa ha di speciale il nuovo green data center?

Piu’ che rispondere a questa domanda, che comunque affrontiamo, e’ importante chiedersi perche’ compare l’aggettivo “green” nel nome.

Pensate al vostro pc, come sapete benissimo all’interno sono presenti una serie di ventole e dissipatori. A cosa servono? Ovviamente per raffreddare il processore, la scheda video, l’alimentatore, ecc. Questo perche’ abbiamo elementi che scaldano molto quando vengono utilizzati al pieno delle prestazioni. Il calore e’ nemico dell’elettronica che per poter funzionare richiede un intervallo di temperature che non sia troppo alto.

Bene, allo stesso modo, pensate quanto faticoso possa essere eliminare, cioe’ portare via, il calore da un centro di calcolo in cui sono presenti tantissime CPU.

Per darvi una stima, nel green data center dell’ENI sono presenti qualcosa come 60000 CPU.

Per poter far girare le ventole che servono al raffreddamento, dovete spendere dell’energia. Rapportate sempre questi ragionamenti ad un centro di calcolo e capite subito come questi numeri divengono immediatamente importanti. Sempre per fare esempi pratici, durante l’anno scorso la quantita’ di CO2 emessa solo dai centri di calcolo presenti nel mondo, che e’ direttamente rapportata alla richiesta di energia per il funzionamento, e’ stata il 2% del totale, paragonabile quindi a quella emessa dagli aerei civili utilizzati per il trasporto. Detto questo, capite bene che non stiamo parlando di numeri trascurabili.

L’ENI green data center rappresenta un record mondiale per il basso consumo di energia con potenze che arrivano fino a 50 KW per metro quadrato occupato. Il vero record sta poi nell’utilizzo che viene fatto di questa energia. Se si calcola il rapporto tra energia consumata e quella spesa per far funzionare la parte dei processori, dunque se volete una sorta di efficienza del sistema, si trovano numeri davvero innovativi. Per la maggior parte dei centri di calcolo al mondo, questo rapporto si aggira intorno a 2 o 3. Questo significa che se vi serve 1Kw per i computer, ne dovete richiedere fino a 3 dalla rete perche’ servono per il raffreddamento o per altri elementi che comuqnue disperdono energia non lasciandola ai sistemi informatici veri e propri. Per l’ENI green data center, questo rapporto vale solo 1.2 rappresentando un record mondiale assoluto raggiunto in Italia.

Uno degli aspetti piu’ importanti e che contraddistingue il nuovo centro dai suoi predecessori e’ la presenza di alti camini sugli edifici. Questi sono molto importanti per permetter la ventilazione forzata dell’aria e dunque risparmiare energia elettrica.

L’enorme potenza di calcolo sviluppata e le migliorie tecnologiche fatte hanno anche richiamato diverse societa’ private ed istituzioni universitarie. Da queste sono poi nate delle collaborazioni internazionali con enti accreditati che non fanno altro che sostenere ed incentivare la ricerca italiana in questo settore.

Concludendo, l’ENI green data center in provincia di Pavia rappresenta un notevole passo avanti nello sviluppo e nella ricerca sui centri di calcolo. Purtroppo, l’inaugurazione di questo innovativo polo e’ passata un po’ in sordina tra i vari media che non hanno assolutamente pubblicizzato la struttura dando la giusta enfasi che meritava. Come visto, potenze di calcolo notevoli richiamano collaborazioni da istituzioni sia private che pubbliche favorendo ancora di piu’ la collaborazione scientifica ed in progressi che solo in questo modo potrebbero essere portati avanti.

 

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Inquinamento e disturbi dell’uomo

31 Ott

Attraverso la sezione:

Hai domande o dubbi

un nostro caro lettore ci ha fatto una domanda molto complessa, ma estremamente affascinante. In sintesi la richiesta e’: esistono delle correlazioni certe tra inquinamento o modificazioni dei mangimi degli animali e disturbi nell’uomo? Con disturbi intendiamo patologie che vanno dall’aumento dell’insorgenza delle allergie fino ai tumori.

Come potete facilmente capire, questa domanda e’ molto complessa, soprattutto perche’ tocca moltissimi argomenti, non sempre chiari. Con questo intendo dire che, come di sovente accade, li dove ci sono interessi economici, non sempre la quantita’ di dati disponibili e’ cosi’ vasta. In questo poi ci dobbiamo mettere anche la cattiva informazione dilagante in rete, sia da un lato che dall”altro. Chi deve guadagnare da queste attivita’, dice che e’ tutto nella norma, chi invece le vuole combattere vede nero ovunque. In questo scenario, non e’ semplice trovre la giusta via che, il piu’ delle volte, e’ nel mezzo.

Fatta questa breve introduzione, cerchiamo di trovare noi il nostro equilibrio e le nostre risposte cercando il piu’ possibile di rimanere oggettivi.

Cominciamo dunque dal discorso inquinamento, sicuramente molto sentito e da cui nessuno di noi e’ esente. Se proviamo a cercare una correlazione con le allergie, troviamo, come anticipato, una giungla mediatica di opinioni in completo contrasto tra loro. Per prima cosa, vi siete mai chiesti cosa sono le allergie? Sappiamo che una grossa percentuale della popolazione soffre di qualche forma allergica. Senza andare a toccare le intolleranze alimentari, anche queste molto diffuse ma diverse di principio, quasi una persona su 3 soffre di reazioni allergiche a qualche agente che puo essere polvere, pollini di varia natura o altro.

Detto in maniera molto semplice, le allergie possono essere viste come un errore genetico del nostro sistema immunitario. In tal senso, in presenza di un allergene, quasi sempre del tutto innocuo per la salute, il nostro sistema immunitario ha una reazione eccessiva che provoca disturbi.

Come sapete bene, soprattutto se siete allergici a qualcosa, le reazioni che un individuo allergico ha vanno da un’eccessiva lacrimazione ad un gocciolmento del naso, fino anche a febbre. Detto in altri termini, e’ come se il nostro organismo provasse in modo eccessivo ad eliminare quella che viene riconosciuta come una minaccia.

Le allergie hanno origini diverse, molto spesso da ricercarsi in cause ereditarie. Questo discorso e’ facilmente comprensibile se pensiamo al discorso genetico del sistema immunitario. Fate pero’ attenzione, se uno dei genitori e’ allergico a qualcosa, puo’ nascere un figlio a sua volta allergico, ma non necessariamente allo stesso allergene.

La speculazione tra allergie ed inquinamento nasce anche vedendo i dati sulla popolazione. Negli ultimi 10 anni infatti, il numero di individui allergici, ad esempio in Italia, e’ passato dal 20 al 25%, con un incremento assolutamente non trascurabile. Proprio questo repentino aumento porta a considerare l’origine delle allergie nell’inquinamento.

Mi dispiace deludervi, ma studi clinici condotti hanno dimostrato come l’inquinamento non possa essere imputato come una causa delle allergie. Attenzione pero’, questo non lo toglie assolutamente dalla scena. Come anticipato, la reazione allergica di un soggetto puo’ essere piu’ o meno acuta. In tal senso, e’ come se ci fosse una scala di allergie intesa come sensibilita’ stessa all’allergene. Molte persone possono essere allergiche ad una sostanza e non accorgersene fino a quando non si trovano in presenza di una concentrazione elevata o in determinati stati sensibili. Proprio quest’ultimo caso ricade in realta’ sull’inquinamento.

La presenza di inquinanti nell’aria, dovuti agli scarichi delle automobili o alle industrie, provocano delle infiammazioni all’apparato respiratorio crescenti all’aumentare della concentrazione degli inquinanti. In queste condizioni, il nostro sistema respiratorio e’ piu’ sensibile alle sostanze contenute nell’aria dal momento che questa viene filtrata di meno. Capite dunque dove e’ da cercare la relazione tra inquinamento e allergie. Se una persona e’ poco allergica ad una sostanza, respirando aria inquinata crea la condizione affinche’ l’allergia si manifesti.

Sempre secondo gli studi condotti, ed in rete ne trovate a bizzeffe, l’aumento delle allergie e’ da ricercarsi in buona parte anche all’inquinamento, ma non come causa iniziale, piuttosto come fattore scatenante di una situazione pregressa.

Altra considerazione importante e spesso non conosciuta. I soggetti maggiormente esposti agli inquinanti dell’aria sono proprio i bambini. Poiche’ molte sostanze inquinanti hanno pesi specifici elevati, ad esempio le catene di benzene e i residui di combustione, tendono a depositarsi negli strati bassi piu’ vicini all’asfalto e alle marmitte. I bambini dunque, a causa della minor altezza da terra, risultano piu’ esposti a questi inquinanti. Oltre al pericolo oggettivo di questa esposizione, si registra negli ultimi anno un vero e proprio boom di allergie manifestate in eta’ infantile.

Sempre in questa ottica, l’inquinamento provocato da gas di scarico ha subito un notevole incremento a causa dell’aumento dei veicoli alimentati a gasolio. Motori di questo tipo emettono infatti molte piu’ molecole inquinanti rispetto ai motori a benzina, soprattutto come residui incombusti.

Detto questo, passiamo invece alla parte alimentare. Come richiesto nella domanda, in questo caso e’ doveroso fare un discorso piu’ ampio parlando di patologie in generale.

Come sapete bene, in questo contesto quello che negli ultimi anni ha fatto maggiormente discutere e’ l’utilizzo dei cibi geneticamente modificati sia negli alimenti direttamente consumati dall’uomo che nei mangimi degli animali.

Anche qui, purtroppo, il discorso non e’ semplice per via dei soliti interessi economici sempre presenti.

Forse faro’ saltare qualcuno dalla sedia ma, parere di ricercatore, non trovo assolutamente nulla di sbagliato nello studio e nell’utilizzo dei cibi OGM. Fate pero’ attenzione, per poter inserire nella nostra dieta cibi di questo tipo, e’ necessario fare una serie di studi approfonditi che spesso viene saltata o ridotta per entrare subito nel mercato.

Facciamo un esempio semplice, sappiamo che i pomodori sono commestibili e fanno anche bene. Perche’ lo sappiamo? Perche’ per secoli abbiamo mangiato i pomodori e li abbiamo anche studiati in dettaglio. Se ora prendo un pomodoro OGM in cui, sempre per fare un esempio, sono state eliminate delle proteine per vari motivi, quel pomodoro e’ uguale a quello naturale? Forse lo sara’ come sapore, ammettendo che i pomodori che compriamo ancora lo abbiano, ma dal punto di vista biologico, devo valutare bene quali conseguenze puo’ avere quella modifica genetica che abbiamo apportato.

L’esempio del pomodoro non e’ assolutamente casuale. Quando parliamo di cibi OGM abbiamo due casi separati. Alcune volte vengono inseriti nella catena genetica nuovi gruppi di aminoacidi per modificare o incrementare delle caratteristiche: crescita, sapore, dimensione, ecc. Altre volte invece, vengono eliminati dei pezzi di codice genetico per cambiare alcuni parametri. In tal senso, esistono dei pomodori OGM in cui un enzima viene sottratto per rallentare la maturazione e cambiare quindi il mese in cui questi frutti sono disponibili.

Capite bene che, in un caso o nell’altro, il cambiamento fatto a livello genetico deve essere controllato nei minimi dettagli soprattutto per quanto concerne l’influenza che questa modificazione puo’ avere sul consumatore, molto spesso l’uomo.

Come viene fatta la sperimentazione?

Si prende un alimento OGM e si fa la solita procedura. Si inizia, dove possibile, vedendo gli effetti che questo cibo ha su vari animali e poi si passa ad una sperimentazione sull’uomo. Dal punto di vista formale, la procedura e’ simile a quella che subisono i medicinali prima di essere inseriti sul mercato. Capite anche come questa procedura sia molto lunga, se non altro per la necessita’ di condurre un’analisi statistica con un campione sufficiente di casi.

A volte, in presenza di effetti di lieve entita’ o molto poco probabili, si procede comunque alla messa in commercio. Purtroppo, questo sistema, cosi’ come e’ strutturato, puo’ alimetare delle falle che portano a decisioni affrettate.

Come forse ricorderete, in passato si sono avuti diversi casi di alimenti OGM che presentavano delle conseguenze non banali anche nell’uomo. Per fare un esempio, ci sono almeno un paio di casi di soia o grano OGM prodotto dalla Monsanto che, in almeno due casi, provocavano ingrossamento del volume dei reni. Questo effetto era stato visto durante la sperimentazione, ma era stato ritenuto non statisticamente importante.

Mia considerazione personale. Quando si parla di cibo che deve essere consumato dall’uomo, lo “statisticamente importante” e’ un qualcosa non facilmente gestibile ma, soprattutto, non quantificabile. Dal momento che parliamo di cosa che vanno mangiate, forse la sperimentazione e la gestione dei risultati andrebbe fatta in modo piu’ scientifico basandosi su campioni sufficientemente grandi, e magari da espandere in caso di evidenza di qualche disturbo, e da piu’ di un organismo indipendente.

Ovviamente, a posteriori, i prodotti in questione sono stati ritirati dal mercato. Per tornare in tema, in questi casi si parlava di alimenti sia destinati al consumo da parte dell’uomo, sia per la produzione di mangimi per animali.

Come visto per l’inquinamento, anche in questa parte alimentare dobbiamo stare attenti alle considerazioni che facciamo. Cosi’ come visto in precedenza, non possiamo parlare di allergie provocate dalla presenza di qualche sostanza nel cibo. Piuttosto, dobbiamo considerare se ci sono inquinanti in grado di creare condizioni anomale in cui le allargie possono manifestarsi piu’ violentemente.

Ora pero’ fate attenzione, se dal un lato questo chiude il discorso allergie, lascia del tutto aperto quello di altre patologie. Cosi’ come visto, se ci sono sostanze in grado di creare un ambiente in cui le allergie possono manifestarsi, ci possono essere altre sostanze in grado di attaccare il nostro organismo in qualche forma.

Ovviamente, e’ impossibile fare degli studi mettendo in correlazione tutte le patologie con qualsiasi tipologia di cibo possiamo mangiare. Vero e’ pero’ che molti dei cibi che oggi mangiamo vengono trattati con prodotti chimici di qualche forma e questi possono poi essere direttamente ingeriti dall’uomo.

Da ricercatore, non posso che essere a favore di una sperimentazione e di una continua evoluzione anche in questo settore. Quello che pero’ maggiormente mi spaventa e’ il solito interesse economico che troppo spesso porta a fare considerazioni non oggettive.

Questo non significa demonizzare i prodotti chimici per l’agricoltura, i pesticidi, gli OGM o altre tecniche atte a migliorare la produzione di qualcosa. Questa affermazione e’ anche giustificabile se pensiamo al continuo incremento della popolazione ma soprattutto all’aumentato benessere, e quindi richiesta di cibo, da parte di paesi ormai emersi e con economie forti nel mondo.

Detto questo, ci sono correlazione forti tra quello che magiamo e respiriamo e l’aumento di patologie nell’uomo. Come visto pero’, alcune volte gli inquinanti non sono le cause ma i veicoli di creazione di ambienti affinche’ queste patologie possano manifestarsi. Non dobbiamo guardare alla ricerca in questi settori come alchimia o qualcosa di negativo, la cosa importante e’ sempre utilizzare la testa e ragionare piu’ con la scienza che con il portafoglio.

 

Psicosi 2012. Le risposte della scienza”, un libro di divulgazione della scienza accessibile a tutti e scritto per tutti. Matteo Martini, Armando Curcio Editore.

Possibile trovare un cervello fossile?

8 Ott

Tante volte, facendo scavi in zone mirate e dove si sospetta siano vissute popolazioni del passato, si riesce a portare alla luce resti umani provenienti da un passato lontano. Come sapete bene, in questi casi, quello che viene ritrovato sono le ossa del corpo ed il cranio. Analizzando la lunghezza dei reperti, la struttura dei denti e la forma del cranio, si riescono a fare degli studi molto avanzati sui nostri antenati. Come vivevano, che tipo di lavori svolgevano, le malattie che avevano avuto. Questi studi rappresentano una finestra sul nostro passato e ci aiutano anche a comprendere meglio quello che oggi siamo e perche’ la natura si e’ evoluta in determinati modi.

In questi ritrovamenti, pensiamo sia impossibile trovare resti di tessuti molli. Come sappiamo, a parte le ossa, le altri parti del corpo scompaiono nel giro di poco tempo a causa della decomposizione. Proprio per questo motivo, non troviamo mai, se non in minima traccia, resti di parti del corpo provenienti dal passato.

Eppure, anche in questo caso, c’e’ sempre l’eccezione che puo’ lasciarci a bocca aperta.

Veniamo alla storia. Nel 2010, durante una spedizione in Turchia, un gruppo di archologi ha portato alla luce una parte di un antico insediamento dell’eta’ del bronzo, dunque circa 4000 anni fa. Per la precisione, il piccolo villaggio si trova a Seyitomer Hoyuk nella Turchia Orientale, in una zona fortemente sismica. Proprio ad un sisma viene attribuita la scomparsa dell’antico villaggio.

Cosa c’entra questo scavo con il discorso iniziale?

Durante i lavori sul sito, e’ stato evidenziato un cumulo di materiale roccioso, probabilmente crollato a causa del sisma, contenente 4 corpi, come anticipato, dell’eta’ del bronzo. La cosa incredibile e’ che all’interno delle scatole craniche era presente uno strano materiale, come riportato in questa foto:

Cervello fossile rinvenuto in Turchia

Cervello fossile rinvenuto in Turchia

Di cosa si tratta? Anche se si potrebbe stentare a crederci, si tratta di un cervello umano dell’eta del bronzo, perfettamente integro.

Come e’ possibile che sia arrivato fino a noi?

Anche se la spiegazione esatta non e’ ancora nota, gli studiosi hanno fatto delle supposizioni per cercare di spiegare il ritrovamento. Supposizioni basate sulla struttura del posto e della sua storia.

Come anticipato, la distruzione del villaggio e’ avvenuta a causa di un sisma. Il luogo del ritrovamento era una casa occupata dai quattro uomini rinvenuti. A seguito del terremoto, la struttura e’ crollata seppellendo i cadaveri. Subito dopo il crollo, e’ scoppiato un incendio in superficie che non ha direttamente bruciato i corpi ma che ha aumentato notevolmente la temperatura all’interno. A seguito di questo riscaldamento, i cervelli sono praticamente bolliti nel liquido cerebrale evaporato a causa delle alte temperature.

A favorire poi il processo di conservazione ci ha pensato la conformazione del terreno. La zona e’ infatti ricca di potassio, magnesio e alluminio. Questi metalli a contatto con gli acidi grassi del corpo si trasformano in adipocera, una sostanza saponosa conosciuta anche dagli antichi egizi e utilizzata per la mummificazione dei corpi. Oltre a questi metalli, nel terreno circostante sono state ritrovate anche significative quantita’ di boro. Questo, entrando in contatto con il cervello umano, lo ha trasformato in una sorta di ceramica, come appare nella foto riportata. La presenza di boro e degli altri metalli non deve affatto sorprendere. Tutta la zona e’ famosa per la produzione di ceramiche gia’ dai tempi antichi.

Ricapitolando, l’incendio ha portato all’ebollizione i fluidi cerebrali che dunque sono evaporati portando via anche l’ossigeno dell’ambiente. In queste condizioni anerobiche, la decomposizione e’ fortemente ritardata. A contribuire alla conservazione dei resti ci hanno poi pensato i minerali contenuti nel terreno che hanno consentito al cervello mostrato di arrivare praticamente integro, anche se disidratato, fino ai giorni nostri.

La ricerca in questione, i cui risultati sono stati resi noti solo in questi giorni, e’ stata pubblicata sulla rivista Journal of Comparative Human Biology e l’abstract e’ leggibile a questo indirizzo:

Abstract, ritrovamento Turchia

A parte il fascino che una scoperta del genere puo’ avere, cosa ci facciamo con un cervello di 4000 anni? Come anticipato all’inizio, un ritrovamento di questo tipo consente di fare studi specifici sui corpi ritrovati. Se da un lato le ossa ci consentono di conoscere la storia degli uomini, i loro cervelli ci consentono di capire meglio quali malattie avessero avuto ma, soprattutto, l’evoluzione cerebrale degli ultmi 4000 anni. Oltre che dal punto di vista evoluzionistico, questi studi ci consentono di capire meglio il progredire delle malattie neurodegenerative e di comprendere se queste patologie erano presenti anche prima, con che incidenza o se, magari, un cervello antico avesse caratteristiche profondamente diverse dal nostro attuale.

Concludendo, il ritrovamento in Turchia e’ incredibile dal punto di vista scientifico. Riportando alla luce un villaggio risalente all’eta’ del bronzo, e’ stato possibile trovare un cervello umano perfettamente conservato. Come visto, la spiegazione ad una conservazione cosi’ duratura e’ da ricercarsi in una combinazione di fattori che ha davvero dell’incredibile, se non altro come probabilita’ di avvenimento. Senza ombra di dubbio, il reperto ci consentira’ di fare importanti passi in avanti sia dal punto di vista antropologico che, soprattutto, medico.

 

Psicosi 2012. Le risposte della scienza”, un libro di divulgazione della scienza accessibile a tutti e scritto per tutti. Matteo Martini, Armando Curcio Editore.

Un’arma chimica nella borsa di una donna

27 Set

La sezione:

Hai domande o dubbi

sta diventando una fonte di spunti di discussione davvero multidisciplinare e interessante. Come potete leggere, una nostra cara lettrice ci ha richiesto questa volta un argomento davvero curioso. Da una ricerca condotta in Inghilterra, e’ stato evidenziato come le borsette delle donne contengono in molti casi batteri estremamente pericolosi per la salute.

Come potete facilmente immaginare, questa ricerca ha sollevato un vespaio di discussioni sulla rete, soprattutto nei siti dedicati alle signore, in cui molti si interrogano sulla veridicita’ dei risultati e sulla gravita’ di quanto emerso.

Prima di parlare dei risultati, e’ il caso di fare un piccolo preambolo iiniziale per presentare il contesto in cui la ricerca si e’ svolta.

Prima di tutto, come anticipato, questa notizia e’ stata fortemente rimbalzata su molti siti che possiamo defiire dedicati alla moda, agli accessori e dunque, per definizione stessa, non prettamente orientati alla scienza. Perche’ dico questo? Perche’ leggendo alcuni di questi siti ho trovato cose davvero fantastiche per la loro assurdita’.

Per prima cosa, la ricerca di cui vogliamo parlare e’ stata eseguita su commissione di Claire Powley, “brand manager” del gruppo Perfetti Van Melle. Come sapete, si tratta di una multinazionale molto grande del campo alimentare. La Powley in particolare, fa parte del gruppo Mentos and Smint.

Perche’ sottolineo queste informazioni? Leggendo sui siti, la Powley e’ diventata una ricercatrice in microbiologia e su alcuni siti trovate anche frasi di questo tipo:

I raccapriccianti risultati sono emersi da una ricerca inglese commissionata da una marca di caramelle.

La Perfetti Van Melle e’ un gruppo industriale internazionale con interessi nel settore alimentare. Secondo alcuni siti e’ divenuta una azienda di caramelle qualsiasi. Non e’ stato cosi’ difficile trovare informazioni sulla Powley, dal momento che il suo profilo sulla rete professionale linkedin puo’ essere visualizzato da chiunque:

Powley, linkedin

Questo solo per dimostrare quanto le informazioni in rete possano essere fuorvianti o, in alcuni casi, completamente sbagliate.

Detto questo, passiamo alla ricerca condotta e soprattutto ai risultati trovati.

Come anticipato, dall’analisi del fondo delle borsette di molte volontarie, e’ stata evidenziata la presenza di molti batteri, in alcuni casi anche pericolosi per la salute.

Il piu’ frequente e’ stato l’Escherichia Coli, un batterio molto conosciuto e spesso utilizzato come standard per le popolazioni contaminanti. Si trova in abbondanza nelle feci ed e’ uno dei parametri piu’ importanti per segnalare la contaminazione delle acque o del cibo. Per darvi un’idea, la presenza di E.coli e’ uno dei test principali nella metodologia di analisi HACCP per la qualita’ dei cibi dal momento che puo’ portare infezioni.

Altro batterio trovato in abbondanza e’ lo Pseudomonas. Spesso colonie di questo batterio vengono trovate in ambienti ospedalieri non correttamente igienizzati e sono causa di vere e proprie epidemie di otiti esterne, polmoniti o infezioni osteoarticolari.

L’ultimo e piu’ pericoloso batterio trovato e’ stato l’Enterococco Fecalis. Infezioni da questo batterio possono avere conseguenze anche diverse, di cui la piu’ pericolosa e’ sicuramente la meningite, aggravata dal fatto che questa specie batterica e’ molto resistente alla terapia antibiotica. Colonie consistenti di Enterococco Fecalis si trovano nell’ultimo tratto gastrointestinale di molti mammiferi.

Perche’ questo mix batterico e’ stato trovato all’interno delle borsette delle donne?

La risposta in questo caso e’ scontata,il motivo principale e’ da ricercarsi nella scarsa igiene di questo utilizzatissimo accessorio. Pensateci bene, in molti casi, la borsa delle signore e’ un portatutto utilizzato con frequenza giornaliera. Molte delle volontarie che hanno partecipato alla ricerca hanno dichiarato di lavare molto poco frequentemente le loro borse. Queste condizioni di scarsa igiene creano l’ambiente piu’ favorevole per la crescita batterica.

Sono pericolose queste popolazioni trovate?

Ovviamente, come visto nella descrizione delle singole specie, la pericolosita’ c’e’ ed e’ evidente. Questo poi e’ amplificato dal fatto che nella borsetta vengono spesso custoditi trucchi, telefono cellulare, caramelle, gomme, sigarette. Tutte cose che poi entreranno direttamente nell’organismo o i cui batteri potrebbero depositarsi sulle mani intente a cercare qualcosa nella miriade di oggetti che ciascuna donna conserva nella sua borsetta.

Riassumendo, le analisi condotte hanno mostrato con altissima percentuale colonie di batteri pericolosi per la salute all’interno delle borsette delle donne. Il motivo e’ facilmente ricercabile nella scarsa igiene che spesso viene riservata a questo accessorio utilizzato tutti i giorni e che ancora piu’ spesso viene utilizzato come contenitore portatutto. Ad aggravare la situazione c’e’ il fatto che nelle borsette vengono conservati spesso alimenti e trucchi che poi entreranno direttamente in contatto con il nostro organismo.

Ovviamente, la ricerca non deve essere utilizzata per seminare il panico nelle signore. Credo pero’ che questi risultati debbano far riflettere sull’igiene che troppo spesso manca per un accessorio tanto amato dal gentil sesso.

 

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Levitazione acustica

7 Set

Qualche giorno fa, sono stati pubblicati i risultati di una ricerca davvero interessante. Credo sia il caso di analizzarli prima di tutto per la curiosita’ che possono innescare, ma soprattutto per le importanti applicazioni future che questi studi potrebbero avere.

Come forse avrete letto su diversi giornali, un gruppo dell’universita’ di Zurigo, guidato da un ricercatore italiano, e’ riuscito a creare il primo sistema di levitazione e movimentazione acustica.

Di cosa si tratta?

Detto in parole molto semplici, il suono altro non e’ che una successione di compressione e rarefazioni del mezzo in cui si muove, nel caso piu’ comune l’aria. Cioe’? Le onde sonore si propagano spostando l’aria e sono proprio queste vibrazioni quelle che noi udiamo e che fanno vibrare il nostro apparato uditivo. Infatti, come sapete, il suono non si propaga in un ambiente dove e’ stato fatto il vuoto proprio perche’ manca il mezzo per poterlo far camminare.

Il sistema di levitazione e movimentazione basato su onde sonore

Il sistema di levitazione e movimentazione basato su onde sonore

Molte fonti fanno un po’ di confusione nella descrizione dell’apparato sperimentale realizzato a Zurigo, fornendo informazioni poco chiare o in alcuni casi sbagliate. Pensateci bene, se il suono crea uno spostamento dell’aria, allora un’onda sonora potrebbe essere utilizzata per far muovere un oggetto molto leggero. Bene, questo e’ il principio di base.

Al contrario di quello che trovate su molti giornali, la levitazione sonora e’ una cosa conosciuta gia’ da molti anni, dunque non e’ stata affatto “inventata” a Zurigo. Come funziona? Se ci pensate, se mettiamo un suono a spingere un oggetto, questo riuscirebbe a farlo muovere in una direzione. Per poterlo far levitare, e’ necessario avere due superfici, una emettitrice del suono e una in cui viene riflesso. Poiche’ l’onda sonora e’ come una sinusoide che si muove, calibrando opportunamente i nodi dell’onda, ottenuta dalla sovrapposizione dell’onda emessa e di quella riflessa, possiamo tenere l’oggetto fermo in questo punto. Sembra complicato ma non lo e’. Il “nodo” e’ quel punto in cui l’onda si annulla. Rimanendo nell’esempio della sinusoide, e’ quel punto in cui la funzione attraversa lo zero.

Bene, se mettiamo l’oggetto esattamente nel nodo, questo rimarra’ sospeso in questo punto, cioe’ l’onda sonora riuscira’ esattamente a bilanciare il peso dell’oggetto. Questo e’ il concetto della levitazione acustica che si conosce gia’ da diversi anni.

Dunque, cosa e’ stato studiato a Zurigo?

La levitazione acustica di cui stiamo parlando e’ un qualcosa di statico. Si mette l’oggetto nel nodo e questo resta in equilibrio. Lo studio pubblicato in questi giorni riguarda invece un apparato sperimentale realizzato ponendo diversi emettitori in linea con altrettanti riflettori in alto. Modulando la frequenza delle onde sonore e la loro intensita’, e’ possibile spostare orizzontalmente i nodi. Come potete facilmente capire, se l’oggetto e’ fisso nel nodo, punto di equilibrio, spostando il punto riusciamo a far muovere anche l’oggetto dal momento che questo e’ vincolato nel nodo.

Come potete capire facilmente, le limitazioni principali del sistema sono sul peso dell’oggetto posizionato, oltre che ovviamente nel suo volume. Il sistema realizzato consente di far levitare e  spostare, ad esempio, gocce di liquido o piccole quantita’ di solido.

Bellissimo, ma a cosa serve?

Pensateci bene, potete posizionare qualcosa nel sistema e farlo muovere senza toccarlo. Non vi viene in mente nulla? Nel settore farmaceutico, la manipolazione tra sostsnze e’ spesso inficiata dal contatto, seppur minimo, manuale. Il poter mescolare due sostanze facendole scontrare senza forze esterne rappresenta un vantaggio importantissimo in questo settore.

Inoltre, questo sistema potrebbe essere utilizzato nella manipolazione genetica delle cellule. Frammenti di DNA possono essere inseriti nelle cellule evitando tutta una serie di problematiche legate al metodo tradizionale, manipolazione manuale, contaminazione, ecc.

Altra applicazione importante potrebbe, ad esempio, essere nella manipolazione senza mani di sostanze tossiche e radioattive. Anche in questo caso, il contatto con l’umo potrebbe causare danni alla salute evitabili con l’utilizzo di questo sistema.

Concludendo, la levitazione acustica e’ un processo noto gia’ da tempo. Solo in questi giorni pero’, si e’ riusciti a realizzare un sistema in grado anche di spostare oggetti. Le applicazioni di questo sistema potrebbero essere molteplici. Il dispositivo consente infatti di poter mescolare o trattare piccole parti di liquido o solido senza il minimo contatto con l’essere umano, con evidenti vantaggi sia nel settore farmaceutico che in quello biologico.

 

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