Tag Archives: anello

Dafne e KLOE: alte energie in Italia

31 Ago

In questi mesi, diversi lettori mi hanno chiesto di cosa mi occupassi precisamente. Come abbiamo imparato a conoscere attraverso alcuni articoli specifici, la fisica delle alte energie e’ molto vasta, con diversi esperimenti sparsi per il mondo. Nel mio caso specifico, ho partecipato e partecipo tutt’ora a diversi progetti in Italia, in Svizzera e negli Stati Uniti. Per darvi un’idea piu’ precisa, vorrei in questo articolo parlarvi di uno di questi progetti, KLOE, al quale sono per motivi affettivi piu’ legato, e che si trova ai Laboratori Nazionali di Frascati dell’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare. Perche’ sono affezionato a questo esperimento? Semplice, oltre a trovarsi nel paese in cui sono nato, cresciuto ed in cui tutt’ora vivo, proprio su questo esperimento ho iniziato la mia carriera di fisico nel 2003, prima con la tesi di laurea, poi con il dottorato di ricerca e su cui, ancora oggi, lavoro.

Prima di tutto, e’ necessario che vi dia qualche informazione aggiuntiva. Purtroppo, mentre tutti hanno sentito parlare di CERN e LHC, pochi sanno che anche in Italia si fanno studi importanti e molto sofisticati di fisica delle alte energie. I laboratori Nazionali di Frascati sono il piu’ grande laboratorio di Fisica delle alte energie dell’INFN. Sono stati fondati nel 1955 e proprio qui e’ nata la fisica degli acceleratori. Da un’intuizione di Bruno Touschek proprio a Frascati e’ stata realizzata AdA nel 1960. Cosa sarebbe Ada? Come sapete, nei moderni acceleratori quello che si fa e’ far girare fasci di particelle ad altissima energia per farli poi scontrare in un punto preciso. Da questo scontro, grazie alla relazione di Einstein E=mc^2, possiamo creare particelle diverse da studiare per comprendere importanti meccanismi della natura. Facendo aumentare l’energia, possiamo di volta in volta scoprire particelle nuove. Fino al 1960, quest’idea nemmeno esisteva. Grazie all’esperimento AdA, che sta per Anello di Accumulazione, venne dimostrato come fosse possibile impacchettare fasci di particelle, farle muovere su orbite circolari e poi farle scontrare in un punto deciso a priori. Grazie proprio ad AdA vennero compresi importanti effetti di fisica dei fasci, importanti ancora oggi, tra questi, ad esempio, il cosiddetto Effetto Touchek dovuto all’interazione delle particelle nello stesso pacchetto.

Dal punto di vista delle particelle, AdA non scopri’ nessuna particella nuova. Questo e’ naturale se vedete la foto:

AdA: anello di accumulazione

AdA: anello di accumulazione

L’esperimento aveva un diametro di poco superiore al metro ed un’energia bassissima. Nonostante questo, AdA apri’ la strada ai futuri acceleratori. Subito dopo AdA, sempre a Frascati, si inizio’ a studiare qualcosa di piu’ grande, un vero e proprio collissore si particelle che oltre a far circolare i fasci, potesse accelerarli e curvarli. Nel 1967 venne dunque innaugurato Adone, che sta appunto per Big-AdA. Eccovi una foto di Adone:

Adone ai Laboratori Nazionali di Frascati

Adone ai Laboratori Nazionali di Frascati

Si tratta di un anello vero e proprio, molto piu’ simile a quelli attuali, con un diametro inferiore ai 100 metri e che poteva raggiungere la folle energia per l’epoca di 3GeV, ottenuta facendo scontrare fasci di elettroni e positroni. Per fare un confronto, oggi LHC e’ stato progettato per avere un’energia di 14TeV, cioe’ 14000GeV. Adone e’ stato il primo acceleratore moderno della storia. Capite dunque che la fisica dei collissori e’ nata a Frascati, laboratorio con una grandissima tradizione in questo settore e che, ancora oggi, ricopre un ruolo importante nei laboratori di tutto il mondo.

Ora cosa si studia a Frascati? Oggi in questi laboratori ci sono tantissimi gruppi che si occupano di fisica nucleare, fisica delle alte energie, astrofisica, astroparticelle, fisica della materia, fisica medica. Tra questi settori, un ruolo fondamentale e’ ricorperto ancora oggi dala fisica degli acceleratori e dal progetto KLOE a Dafne.

Dafne, il collisore attualmente in funzione ai Laboratori di Frascati

Dafne, il collisore attualmente in funzione ai Laboratori di Frascati

Dafne e’ l’attuale collissore dei laboratori che ha preso i primi dati utili nel 2000. Si tratta di sistema costituito da due anelli, uno per elettroni ed uno per positroni, che vengono fatti scontrare ad un’energia di poco superiore ad 1GeV. Perche’ un’energia cosi’ bassa? Al contrario di LHC, che e’ un esperimento di scoperta, in cui dunque si deve raggiungere la massima energia possibile per creare nuove particelle, Dafne e’ una macchina di precisione. Questa categoria di anelli, lavorano ad un’energia ben precisa, calibrata per massimizzare la produzione di determinate particelle. Nel caso di Dafne, la macchina e’ una fabbrica di mesoni Phi, Phi-factory.

Di modello standard, materia strana, antimateria, ecc, abbiamo parlato in questi post:

Piccolo approfondimento sulla materia strana

Due parole sull’antimateria

Antimateria sulla notra testa!

Bosone di Higgs … ma che sarebbe?

La materia oscura

Cosa sarebbe invece la Phi? Detto molto semplicemente, si tratta di una risonanza, cioe’ uno stato legato tra due quark (uno strange ed un anti-strange), che vive un tempo brevissimo dopo di che decade in qualche altra cosa. Tra i possibili canali di decadimento, tra i piu’ probabili ci sono quelli in coppie di Kaoni. Attenzione, il discorso sembra complicato, ma non lo e’. In fisica, ogni particella ha il suo nome. I kaoni sono soltanto una famiglia di particelle in cui rientrano diversi elementi: K carichi, K neutri, K lunghi, K corti, ecc.

Bene, a Dafne si vogliono studiare questi Kaoni e per produrli e’ necessario avere una macchina in grado di creare tantissime Phi. Perche’?

In questo articolo:

E parliamo di questo Big Bang

abbiamo parlato del meccanismo del Big Bang, vedendo come in seguito a questa esplosione, si e’ verificato uno sbilancio tra materia ed antimateria, che ha portato alla scomparsa della seconda e alla formazione di un universo di materia. Se ben ricordate, abbiamo anche detto come, dal punto di vista teorico, questo meccanismo e’ teoricamente possibile supponendo che siano avvenute determinate condizioni, dette di Sacharov. Tra queste, vi e’ una violazione di CP, cioe’ proprio uno squilibrio tra materia ed antimateria che porta nei decadimenti a preferire stati finali piu’ ricchi di materia.

Cosa c’entrano i kaoni con la violazione di CP?

Nel 1974, decadimenti con violazione di CP venero osservati per la prima volta per un membro della famiglia dei Kaoni, il K long. Ad oggi, oltre che nei Kaoni, la violazione di CP e’ stata osservata anche nei mesoni B. Detto questo, capite bene l’importanza di questi studi. Comprendere a fondo la violazione di CP e le sue conseguenze, ci permette di capire meglio l’origine stessa dell’universo.

L’esperimento operante a Dafne e che studia proprio i decadimenti delle particelle e’ KLOE, un complesso sistema di rivelatori pensato per registrare ed osservare tutte le particelle che entrano nei vari decadimenti.

L'esperimento KLOE installato all'interno di Dafne

L’esperimento KLOE installato all’interno di Dafne

Attraverso i dati raccolti e’ possibile ricostruire l’intero evento e capire che tipologia di decadimento e’ avvenuto. Per fare questo sono necessari diversi rivelatori, ognuno specializzato per determinate particelle, pensati e realizzati in modo del tutto unico direttamente ai laboratori di Frascati.

Perche’ ancora oggi a distanza di anni KLOE e Dafne sono in funzione?

Vista la rarita’ dei decadimenti che si vogliono studiare, e’ necessario raccogliere un campione molto vasto di dati. Detto in altri termini, poiche’ la probabilita’ di avere il decadimento che cercate e’ molto bassa, dovete raccogliere un campione molto grande di Phi per poter avere la statistica necessaria a fare questi studi.

KLOE ha preso dati fino al 2006 raccogliendo un campione cospicuo di Phi. Oltre alla violazione di CP,  KLOE ha posto importanti limiti in tantissimi decadimenti, studiato la gravita’ quantistica, osservato per la prima volta decadimenti mai visti prima, ecc. Tutti risultati di prim’ordine che hanno dato lustro alla fisica delle alte energie in Italia.

Nel 2008 e’ stato poi pensato, sempre a Frascati, un nuovo meccanismo di collissione dei fasci che permetterebbe a KLOE di raggiungere “luminosita’” piu’ elevate, cioe’, modificando solo la zona di interazione dei fasci, si potrebbero accumulare molti piu’ dati a partita’ di tempo. Questa modifica e’ importantissima per un esperimento di precisione come KLOE che dunque potrebbe andare a studiare nuovi settori e migliorare notevolmente i canali gia’ studiati. Proprio per questo motivo, si e’ deciso di iniziare un nuovo periodo di presa dati per KLOE.

Cosa e’ successo tra il 2009 e il 2013?

In questo periodo di tempo, KLOE, costruito come detto un decennio prima, ha pensato di realizzare nuovi rivelatori da installare vicino alla zona di interazione, proprio per migliorare la sua sensibilita’ sfruttando idee nuove e le ultime migliorie pensate in questi anni. Questi nuovi dispositivi sono rivelatori molto complessi e compatti che hanno richiesto diversi anni prima di essere ottimizzati e realizzati. Prima di questa estate, i nuovi rivelatori sono stati installati con successo ed in questi giorni si sta lavorando per ottimizzare il tutto e prepararci alla nuova presa dati dell’esperimento KLOE, ora chiamato KLOE-2. L’accensione di tutto il sistema e’ prevista per il 9 settembre, giorno di inizio di una lunga presa dati che portera’ sicuramente a nuovi ed importanti studi.

Come potete capire, la fisica delle alte energie non e’ riservata al CERN. I fisici italiani, oltre ad avere ruoli importanti nei grandi laboratori del mondo, sono anche attivi nel nostro paese con esperimenti di precisione, importantissimi per capire come funziona il nostro universo.

 

Psicosi 2012. Le risposte della scienza”, un libro di divulgazione della scienza accessibile a tutti e scritto per tutti. Matteo Martini, Armando Curcio Editore.

Pubblicità

La nebulosa che muore

17 Lug

In questi giorni, molti giornali e siti internet stanno pubblicando delle foto, lasciatemi dire spettacolari, scattate dalle sonde Chandra e Hubble. Le immagini sono relative ad una cosiddetta “nebulosa planetaria”, chiamata NGC2392, distante da noi circa 4200 anni luce.

Cosa ha dispeciale questa nebulosa?

La particolarita’ di questo oggetto e’ che la nebulosa e’ ormai giunta vicino al termine della sua vita. Anche se il nome potrebbe confondere, questi corpi non hanno nulla a che fare con i pianeti. L’origine del nome viene inizialmente dal fatto che le nebuose planetarie erano visibili come dischi compatti, cosi’ come appaiono i pianeti. In seguito poi, il nome venne lasciato perche’ si pensava che il disco formante la nebulosa fosse simile al disco di accrescimento da cui vengono originati i pianeti.

Studiare l’evoluzione di questa nebulosa e’ importante prima di tutto per ragioni scientifiche e per studiare in dettaglio gli stadi di evoluzione delle stelle. Oltre a questo, il comportamento della NGC2392 ci fa capire quello che potrebbe accadere al nostro Sole quando, esaurito il combustibile nucleare che brucia, si espandera’ fino a sovrapporsi a diversi pianeti del Sistema Solare centrale. Tranquilli, il mio non vuole assolutamente essere un messaggio profetico ne tantomeno catastrofista. Questo momento non avverra’ prima di 5 miliardi di anni.

Se osservata con un telescopio di modeste dimensioi, la NGC2392 appare come un disco compatto circondato da un anello piu’ chiaro. Proprio per questo motivo, questo oggetto e’ anche noto con il nome di Nebulosa dell’Eschimese, dall’inglese Eskimo Nebula.

Come anticipato, il corpo si trova a piu’ di 4000 anni luce da noi ed e’ molto ben visibile dal nostro emisfero. Per poter vedere la sua particolare forma ad eschimese, non e’ assolutamente necessario un telescopio molto costoso. Proprio per questo motivo, la NGC2392 e’ uno dei corpi maggiormente osservati dagli astrofili di tutto il mondo.

Cosa hanno di tanto speciale le foto che girano su internet?

Utilizzando telescopi di dimensioni maggiori e dunque con potere risolutivo piu’ spinto, e’ possibile osservare come in realta’ sia il centro che l’anello della nebulosa presentino delle strutture molto particolari e affascinanti. La differenza principale tra Chandra e Hubble e’ che il primo osserva il cielo nel visibile, mentre la seconda sonda e’ in grado di osservare lo spazio nello spettro dei raggi X.

Prima di continuare nella descrizione, vi mostro le immagini di cui vi sto parlando.

Questa e’ la foto nel visibile scattata da Hubble:

La NGC2392 ripresa da Hubble

La NGC2392 ripresa da Hubble

Mentre questa e’ quella nei raggi X di Chandra:

La NGC2392 ripresa da Chandra

La NGC2392 ripresa da Chandra

Osservate la bellezza di queste immagini. I diversi colori che compaiono sono ovviamente spceifici delle emissioni nei vari spettri della nebulosa.

Perche’ troviamo questo aspetto?

Mentre nella parte centrale il nucleo molto caldo della stella morente espelle particelle ad altissima velocita’, nella parte esterna troviamo flussi con velocita’ molto ridotta.

La colorazione della parte centrale e’ dunque dovuta a quella che possiamo vedere come l’emissione primaria ad alta velocita’ di particelle verso l’esterno. Quando queste particelle si trovano nella parte esterna, lo scontro con i flussi piu’ lenti forma il guscio che vediamo. La fuoriuscita di particelle verso l’esterno e’ facilitata ai poli della nebulosa dove infatti si notano delle strutture piu’ compatte con dei filamenti che arrivano fino all’esterno.

Come anticipato, questo spettacolo cosmico sara’ del tutto equivalente a quello che spettera’ al nostro Sole nel giro di 5 miliardi di anni. Purtroppo, non ci sara’ nessuno spettatore in grado di poterlo osservare da Terra.

Concludendo, ad un’osservazione migliore, quello che potrebbe sembrare un semplice disco compatto circondato da uno strato esterno, mnostra tutta la sua affascinante bellezza. La NGC2392, anche nota come Nebulosa Eschimese e’ una nebulosa planetaria ormai giunta alla fine del suo stadio vitale. Questo momento della stella offre uno spettacolo davvero interessante e che ci fa capire, oltre all’evoluzione delle stelle, quello che accadra’ al nostro Sole quando l’idrogeno al suo interno sara’ stato completamente bruciato.

 

Psicosi 2012. Le risposte della scienza”, un libro di divulgazione della scienza accessibile a tutti e scritto per tutti. Matteo Martini, Armando Curcio Editore.

Aura, Aureola e … effetto Kirian

15 Mag

Nella sezione:

Hai domande o dubbi?

una nostra cara lettrice ha fatto una richiesta a prima vista un po’ particolare, mi e’ stato chiesto di scrivere un articolo riguardo l’aura energetica e ai suoi colori. Perche’ dico “particolare”? Come e’ noto, questa e’ materia della parapsicologia e, molto spesso, concetti di questo tipo si scontrano violentemente con la scienza. Notate pero’ come abbiamo definito “a prima vista particolare” questa richiesta.

In questo post, cercheremo di affrontare in maniera scientifica il discorso dell’aura energetica ma non nascondendoci dietro il “e’ tutto falso” senza motivare. Non voglio assolutamente cercare di far scontrare scienza e parapsicologia, anche perche’, a mio avviso, parliamo di cose completamente diverse tra loro. Quello che vorrei fare in questo articolo e’ cercare di capire se veramente potrebbe esistere questa aura, magari non visibile a tutti, emanata dai corpi viventi e, perche’ no, caratterizzata anche da colori diversi in base al soggetto che la emana.

Parlando di aura, molto spesso, si tende a confondere questo conetto anche con quello di “aureola” che, come tutti sanno, e’ quel disco o anello luminoso che molto spesso viene rappresentato insieme alle figure dei santi o comunque di persone di alta levatura morale. Dico che spesso questi concetti si mescolano perche’ non sempre l’aureola e’ stata indicata in questo modo ma, nel corso dei secoli, si e’ spesso raffigurata come un mantello luminoso intorno alle figure umane, esattamente come si vorrebbe fatta l’aura.

Premesso questo, cerchiamo di capire qualcosa di piu’ sull’aura.

Come molti sapranno e come anticipato, l’aura altro non sarebbe che quell’alone di luce, uniforme o raggiato, che i corpi viventi emanano. Secondo alcuni, l’esistenza di questa luce sarebbe proprio la dimostrazione che il nostro essere e’ dovuto alla sovrapposizione di un corpo materiale e di un qualcosa di etereo  e spirituale, non visibile a tutti. Dico “non visibile a tutti” perche’, secondo la tradizione, alcuni sensitivi, o se volete chiamiamole persone con un dono, sarebbero in grado di vedere questa luce e dunque di poter osservare anche la natura spirituale delle persone che hanno davanti.

Su questi argomenti e’ presente una vastissima letteratura, soprattutto in campo new age. Secono alcuni, l’aura potrebbe essere creata dall’emissione di onde elettromagnetiche da parte del nostro corpo, ma ad una lunghezza d’onda in cui i nostri occhi non sarebbero sensibili. In questo contesto, il dono dei sensitivi sarebbe comprensibile parlando di sistema oculare in grado di percepire anche emanazioni al di fuori del normale campo visivo.

Ora, non per fare lo scienziato di turno, esistono prove a sostegno dell’aura?

Secondo tantissime fonti, queste prove esisterebbero e sarebbe possibile, con determinati accorgimenti e apparecchiature, vedere anche l’aura. Attenzione, questo e’ un punto fondamentale del discorso. Come detto molte volte, oggi come oggi, siamo in grado di costruire strumentazione molto precisa e, se vogliamo, molto piu’ sensibile dei nostri normali sensi. Cosa significa questo? Come visto in questo post:

Animali e Terremoti

quando si cerca di convincere che gli animali hanno sensi specifici piu’ sviluppati dei nsotri, e’ vero, ma non dimentichiamoci che se, ad esempio, non siamo in grado di ascoltare un rumore ad una certa frequenza, siamo in grado di costruire uno strumento in grado di farlo in maniera ottimale. Questo solo per ribadire il concetto che il nostro attuale livello tecnologico ci consente di “aiutare” i nostri sensi mediante strumentazione di estrema precisione.

Torniamo dunque al discorso dell’aura e di come sarebbe possibile vederla.

Tutte le fonti concordano che la strumentazione per mostrare l’aura anche ai non sensitivi sarebbe la cosiddetta “camera Kirian”.

Di cosa si tratta?

Partiamo con un po’ di storia. Kirian era un riparatore di macchine fotografiche che, durante il suo lavoro, una volta ebbe la sfortuna di prendere una tensione molto alta, dell’ordine delle decine di migliaia di KiloVolt, ma a bassissima corrente. A seguito di questa scossa, Kirian riporta di aver visto piccoli aloni luminosi intorno alle sue dita e agli oggetti che lo circondavano.

Dopo questa esperienza, Kirian ebbe la brillante idea di costruire una macchina in grado di fotografare quello che aveva visto. Da sempre appassionato di misticismo, il riparatore associo’ da subito quello che aveva visto con l’aura emanata dal suo corpo. Nel corso degli anni, l’episodio iniziale e’ del 1939, Kirian realizzo ‘ diverse macchine in grado di riprodurre il primo incidente. Questi dispositivi erano basati su un forte campo elettrico prodotto da due elettrodi a notevole differenza di potenziale, dell’ordine dei 10000 V e bassa corrente, in mezzo al quale si metteva l’oggetto da fotografare e una lastra fotografica. Mediante questo ingegnoso sitema Kirian riusci’ a riprodurre l’effetto.

Ecco uno schema di funzionamento delle cosiddette “macchine Kirian”:

Schema di funzionamento di una camera Kirian

Schema di funzionamento di una camera Kirian

mentre questa e’ una delle foto realizzate da Kirian sulle sue stesse mani:

Foto scattata con una macchina Kirian

Foto scattata con una macchina Kirian

Come vedete, intorno alle dita del riparatore compare un alone bluastro molto ad effetto. Kirian associo’ dunque quanto osservato con la presenza dell’aura emanata dai corpi. Proprio per questo motivo, spesso si indica questo alone come “aura Kirian”.

Cosa c’e’ di vero in tutto questo? Quella che viene osservata e’ veramente una prova dell’esistenza dell’aura?

Rispondere a queste domande e’ di fondamentale importanza dal momento che i risultati di Kirian sono una delle prove maggiormente utilizzate a sostegno dell’ipotesi dell’aura.

Purtroppo, non c’e’ nessuna correlazione tra emanazioni energetiche e aura Kirian e questo e’ stato dimostrato da moltissimo tempo, in realta’ gia’ ai tempi dello stesso Kirian. Spesso pero’, molte fonti fanno finta di dimenticare questi “particolari” cercando anche di ribaltare la storia ed ergendo Kirian al solito paladino della scienza incompresa.

Andiamo con ordine.

In fisica, l’effetto osservato da Kirian e’ del tutto noto e capito gia’ da moltissimo tempo. Prima di parlarvi di questo, vorrei pero’ fare un passo indietro. Come visto, la definizione stessa di aura e’ di un alone che circonda gli esseri viventi. Lo stesso Kirian, puntava le sue ricerche sulla dimostrazion di questo. Guardate allora questa foto:

Foto scattata con camera Kirian

Foto scattata con camera Kirian

Cosa vedete? E’ una foto di alcune monete scattata con un a macchina Kirian. Cosi’ come avviene per i corpi viventi, anche gli oggetti inanimati hanno un alone che li circonda. Dunque? Per la definizioen stessa di aura, questa e’ la dimostrazione che quanto osservato da Kirian non puo’ assolutamnte essere una prova dell’esistenza dell’aura.

Torniamo dunque a questo alone. Da cosa dipende?

Come visto, nella strumentazione, l’oggetto da fotografare viene posizionato all’interno di un forte campo elettrico prodotto dalla differenza di potenziale tra i due elettrodi. Bene, quando siamo in condizioni di questo tipo, il gas del mezzo, nei casi piu’ comune aria, viene polarizzato formando un plasma e facendo fluire corrente dall’elettrodo a potenziale maggiore a quello a potenziale minore. Il trasferimento di queste cariche provoca la ionizzazione del gas che dunqe emette, formando appunto lo strano alone visibile nelle foto.

A riprova di questo, la maggior parte delle foto che potete vedere dell’aura visualizzata con queste macchine hanno come colore dominante il blu. Questa e’ una precisa indicazione che la foto e’ stata scattata in aria. Il colore dell’alone che si visualizza dipende, come detto, dal gas del mezzo utilizzato. Il colore blu e’ tipico dell’azoto, l’ossigeno e’ giallo, il neon e’ arancione e via dicendo.

Questo in fisica si chiama “effetto corona” ed e’ un principio molto noto e comunemente utilizzato. In questo caso, e’ necessario che il potenziale sia elevato ma non al punto da innescare una scarica ad arco tra gli eelttrodi. Inoltre, prima parlavamo di aloni intervallati anche da raggi piu’ netti. Anche questo effetto e’ comprensibile nell’ambito dell’effetto corona. Un corpo di forma irregolare non presenta sempre lo stesso valore di campo ma il tutto e’ dominato dal cosiddetto “effetto punta”. Un’asperita’ del corpo provoca un accumulo di cariche e dunque zone specifiche a piu’ alto potenziale. In questo senso, e’ possibile che ci siano sfumature piu’ o meno marcate in base alla forma dell’oggetto.

Cosa c’e’ di strano in tutto questo? Assolutamente nulla. Solo per darvi un’idea, l’effetto corona viene, ad esempio, utilizzato per la produzione di ozono, per sgrassare superfici o anche per ionizzare l’aria a scopo salutistico. In taluni casi poi, l’effetto corona viene combattutto per evitare danni a sistemi pre-esistenti. E’ questo, ad esempio, il caso delle linee di trasmissione in cui l’effetto corona puo’ risultare in una perdita di dielettrico.

Tornando alla nostra aura, o equivalentemente all’aureola, l’effetto Kirian non e’ assolutamente una prova della sua esistenza. Le fonti che ancora propongono questa spiegazione dimostrano soltanto una notevole ignoranza nelle materie scientifiche e anche una scarsa volonta’ di documentarsi prima di parlare di certe cose.

Nel caso fosse interessati a questo comunque paticolare effetto, al giorno d’oggi macchine Kirian sono in vendita sulla rete:

Macchine Kirian

Dal punto di vista prettamente scientifico, non esiste nessuna dimostrazione dell’esistenza dell’aura. Ovviamente, ci stiamo muovendo in un terreno quasi minato e ancora poco esplorato. Cosi’ come visto nei casi di pre-morte:

Le esperienze di premorte

ognuno di noi e’ libero di pensare quello che vuole e credere o meno all’aura. Diverso e’ il discorso quando si vuole far credere che esista una dimostrazione scientifica della cosa. La cosiddetta parapsicologia, ad oggi, non e’ riuscita a dimostrare in modo inconfutabile nessuna teoria. Proprio per questo motivo, dai numerosi centri nati nei primi anni del 1900, ad oggi esistono soltanto due universita’ che studiano e fanno ricerche in questo settore. Si tratta ovviamnete di laboratori completamente accessoriati e che puntano proprio alla dimostrazione, mediante metodi scientifici, di concetti che, al momento, di dimostrabile hanno ben poco. Ovviamente, come ormai siamo abituati, non precludiamo nessuna strada. Qualora ci dovessero essere novita’ o dimostrazioni di qualcosa di questo tipo, saremo pronti ad analizzarli.

 

Psicosi 2012. Le risposte della scienza”, un libro di divulgazione della scienza accessibile a tutti e scritto per tutti. Matteo Martini, Armando Curcio Editore.

Previsioni Meteo: pioggia su Saturno

16 Apr

Fin da bambini, il pianeta del nostro sistema solare che attirava maggiormente l’attenzione, o che comunque rimaneva piu’ facilmente impresso, era senza dubbio Saturno. La caratteristica che ovviamente contraddistingue questo gigante gassoso e’  la presenza degli anelli.

Gli anelli di Saturno sono visibili da chiunque anche un telescopio di modesta entita’ ed infatti la loro prima osservazione risale al 1655 quando Huygens riusci’ a distinguerli chiaramente. Prima ancora, Galileo aveva notato delle protuberanze sulla superifice di Saturno, ma non era riuscito a distinguere bene gli anelli a causa del basso potere risolutivo del telescopio da lui stesso inventato.

Perche’ sto parlando di Saturno?

Proprio pochi giorni fa, e’ apparso un articolo sulla rivista Nature che dimostra un fenomeno molto curioso, cioe’ che su Saturno “piove”. Non sto parlando di una strana pioggia intesa come una caduta di particelle o di altre sostanze chimiche, ma proprio di acqua che cade sul pianeta.

Foto di Saturno in cui sono visibili le bande scure causate dalla pioggia

Foto di Saturno in cui sono visibili le bande scure causate dalla pioggia

Ovviamente, trattandosi di un gigante gassoso, la pioggia interessa gli strati piu’ alti dell’atmosfera di Saturno e cioe’ la sua ionosfera.

Come e’ stato possibile vedere questa pioggia? Nella figura riportata a lato, vedete una bellissima foto di Saturno scattata mediante il telescopio NIRSPEC dell’osservatorio KECK alle Hawaii. Vedete quelle bande piu’ scure presenti nell’atmosfera e che corrono parallele all’equatore del pianeta? Bene, questa bande di colore diverso sono proprio l’effetto della pioggia.

Detto questo, cerchiamo di capire meglio la ricerca.

L’atmosfera di Saturno, almeno nello strato che stiamo analizzando, e’ formata da elettroni liberi che quando vengono visualizzati all’infrarosso, come nel caso del telescopio NIRSPEC, appaiono molto luminosi dando un aspetto lucente alla ionosfera. La pioggia di cui stiamo parlando, e’ formata da particelle d’acqua caricate elettricamente che, interagendo con gli elettroni, li neutralizzano. Dato il meccanismo, capite dunque perche’ in corrispondenza delle precipitazioni la ionosfera appare piu’ scura.

La presenza di queste bande era stata gia’ osservata negli anni ’80 attraverso la sonda Voyager, ma le immagini catturate oggi, consentono prima di tutto di poter identificare con certezza l’origine di queste strutture, ma anche di osservare come circa il 40% del pianeta sia interessato dla fenomeno delle piogge.

A questo punto pero’, la domanda spontanea che possiamo porci e’: da dove viene questa pioggia?

La risposta e’ molto semplice: dagli anelli. Praticamente, gli anelli di Saturno si comportano come delle nubi intoro al pianeta, da cui vengono strappate alcune molecole di acqua che non cadono verticalmente, ma seguono il percorso mostrato nella foto precedente, dovuto al campo magnetico di Saturno.

Come forse saprete, gli anelli del pianeta sono composti principalmente da ghiaccio raggruppato in strutture che vanno del millesimo di millimetro, fino anche a qualche metro. Gli anelli sono praticamente piatti, con uno spessore medio dell’ordine dei 10 metri.

L’effetto della radiazione solare carica elettricamente le molecole d’acqua degli anelli che, a causa del forte campo magnetico di Saturno,  vengono letteralmente strappate e portate verso la superficie. Risultato di questo fenomeno e’  una vera e propria pioggia sul pianeta.

L’osservazione di questo fenomeno non e’ ovviamente fine a se stessa, ma potrebbe consentire di raccogliere molte informazioni sugli anelli e forse potrebbe aiutare a spiegare meglio l’origine di queste affascinanti strutture che circondano il pianeta.

Oggi, infatti, rimane ancora un mistero l’origine degli anelli di Saturno. Esistono ovviamente alcune ipotesi verosimili proposte, ma ancora mancano importanti tasselli per capire quale di queste ipotesi sia quella giusta.

La prima ipotesi, vorrebbe gli anelli come un residuo di un grande satellite di Saturno, distrutto dall’impatto di un asteroide o di un altro pianeta. In questo caso, i resti di questo presunto corpo, sarebbero rimasti in orbita intorno al pianeta, catturati ovviamente dalla forza di gravita’.

La seconda ipotesi vedrebbe invece gli anelli come il resto del materiale da cui si formo’ Saturno. La teoria accettata vede infatti i pianeti come formati dal raggruppamento di materiale spaziale. Nel caso di Saturno, non tutto il materiale a disposizione sarebbe stato utilizzato, ma una parte di questo sarebbe rimasto libero e cattturato in orbita dalla forza di Gravita’.

Come visto attraverso le tante osservazioni, sia da Terra che in orbita, gli anelli di Saturno presentano diversi strati man mano che ci allontaniamo dal pianeta, intervallati in alcuni casi anche da zone vuote dette “divisioni”. Ecco una foto molto dettagliata con l’indicazione di alcune strutture principali:

Struttura degli anelli di Saturno

Struttura degli anelli di Saturno

Gli anelli iniziano ad un’altezza di circa 6600 Km dalla superficie del pianeta e si estendono per oltre 120000 Km nello spazio. Come visto in precedenza, si tratta di strutture praticamente piatte e formate da blocchi piu’ o meno grandi di ghiaccio.

Lo studio dettagliato della pioggia di Saturno, puo’ aiutarci a comprendere anche l’evoluzione degli anelli. Oltre alle ipotesi viste circa la loro origine, e dimostrato il fatto che del materiale viene continuamente strappato dagli anelli per essere portato sul pianeta, gli anelli di Saturno dovrebbero avere una vita media piu’ o meno lunga in base ai presunti meccanismi di rifornimento di materiale, ma anche in base all’eta’ stessa di queste formazioni. Molto probabilmente, se gli anelli sono, come si pensa, piu’ giovani del pianeta, in un tempo piu’ o meno breve, dovrebbero scomparire a cuasa dell’erosione portata dal campo magnetico.

Crioeruzione su Encelado

Crioeruzione su Encelado

Per dirla tutta, ad oggi, solo dell’anello E, cioe’ il piu’ esterno, si sa l’origine certa ed i meccanismi di rifornimento di materiale. Il ghiaccio che compone questa struttura viene continuamente fornito dal satellite Encelado in cui sono presenti, come osservato direttamente, notevoli fenomeni di criovulcanismo. Con questo termine si intendono eruzioni di acqua, metano e ammoniaca generalmente allo stato liquido (criomagma) che non appena eruttati fondono a causa delle basse temperature. L’immagine riportata mostra proprio una foto scattata dalla soda Cassini nel 2005 della superficie di Encelado mentre e’ in corso una crioeruzione. Fenomeni di questo tipo sono stati osservati anche su alte lune del Sistema Solare e si sospetta siano presenti anche per alcuni corpi della fascia di Kuiper.

 

Psicosi 2012. Le risposte della scienza”, un libro di divulgazione della scienza accessibile a tutti e scritto per tutti. Matteo Martini, Armando Curcio Editore.