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Ma questa crema solare …. come dobbiamo sceglierla?

30 Giu

Sempre alla nostra sezione:

– Hai domande o dubbi?

va il merito, ma ovviamente tutto il merito va a voi che rendete questo blog vivo ed interessante, di aver richiamato da una nostra cara lettrice una nuova interessantissima domanda. Questa volta però, vi preannuncio che l’argomento scelto è molto complesso nella sua apparente semplicità, oltre ad essere assolutamente in linea con il periodo dell’anno. Come potete leggere, la domanda riguarda le creme solari e tutte le leggende che girano, non solo in rete, e che da sempre abbiamo ascoltato.

Come anticipato, non è semplice cercare di trovare la giusta strada nella giungla di informazioni disponibili. Se provate a confrontare dieci fonti, troverete dieci versioni diverse: le creme solari devono essere usate. No, non devo essere usate. Il sole è malato. Il sole provoca il cancro. No, sono le creme che creano il cancro alla pelle. Insomma, di tutto di più, e non pensate di rifuggire nella frase: “mi metto sotto l’ombrellone”, perché, come vedremo, anche questo lascia filtrare alcune componenti dei raggi solari e, sempre scimmiottando quello che trovate in rete, vi può venire il cancro. Allora sapete che c’è? Me ne sto chiuso dentro casa fino a settembre! Va bene così? No, sicuramente non prendi il sole (e quindi non ti viene il cancro), ma non ti si fissa la vitamina D e quindi potresti soffrire di rachitismo.

Insomma, come la mettete la mettete, sbagliate sempre. Cosa fare allora? Sicuramente, in linea con il nostro stile, quello che possiamo fare è “andare con ordine” e provare a verificare quali e quante di queste affermazioni corrispondono al vero. Solo in questo modo potremo capire quale crema solare scegliere, come applicarla e quali sono i rischi che possiamo correre con l’esposizione al Sole.

Prima di tutto, non dobbiamo considerare i raggi solari come un’unica cosa, ma è necessario distinguere la radiazione che ci arriva. Questa suddivisione è essenziale perché l’interazione della nostra pelle con i fotoni emessi dal sole non è sempre uguale, ma dipende dalla lunghezza d’onda. Bene, in tal senso, possiamo distinguere la parte dei raggi solari che ci interessa in tre grandi famiglie, in particolare, per i nostri scopi, ci concentreremo sulla parte ultravioletta dello spettro, che è quella di interesse in questo campo.

La parte cosiddetta ultravioletta è quella con lunghezza d’onda immediatamente inferiore alla parte visibile. Normalmente, questa parte dello spettro viene divisa in UVA, con lunghezza d’onda tra 400 e 315 nanometri, UVB, tra 315 e 280 nanometri e UVC, tra 280 e 100 nanometri. Quando parliamo di tintarella o di danni provocati dalla radiazione solare, dobbiamo riferirci alla parte UV ed in particolare a queste 3 famiglie.

Bene, la componente più pericolosa della radiazione solare è quella degli UVC cioè con lunghezza d’onda minore. Perché? Sono radiazioni utilizzate come germicidi, ad esempio nella potabilizzazione dell’acqua, a causa del loro potere nel modificare il DNA e l’RNA delle cellule. Per nostra fortuna, questa componente della radiazione è completamente bloccata dallo strato di ozono che circonda la Terra. Di questo, e soprattutto dello stato di salute dello strato di ozono, abbiamo parlato in un post specifico:

– Che fine ha fatto il buco dell’ozono?

Per la parte più pericolosa dello spettro, quella degli UVC, possiamo dunque tirare un respiro di sollievo. Vediamo le altre due componenti.

Gli UVA, a causa della lunghezza d’onda maggiore, penetrano più a fondo nella pelle, promuovendo il rilascio di melanina e dunque l’abbronzatura. Che significa? Molto semplice, quando prendiamo il sole, la nostra pelle reagisce cercando di proteggersi autonomamente appunto rilasciando melanina. Questa sostanza serve a far scurire gli strati più superficiali della pelle appunto come protezione dai raggi. Riguardo ala dannosità? Su questo punto, purtroppo, non si ha ancora chiarezza. Per prima cosa, dobbiamo dire che l’esposizione crea meno danni a tempi brevi rispetto, come vedremo, a quella agli UVB. Questa componente però è una delle maggiori sospettate per i danni a lungo termine, connessi anche con l’insorgere di tumori alla pelle, e provoca un invecchiamento veloce della pelle. Gli UVA sono molto conosciuti da coloro che frequentano i centri estetici per sottoporsi alle “lampade”. Questi sistemi infatti hanno sistemi di illuminazione concentrati negli UVA appunto per promuovere un’abbronzatura rapida.

Per quanto riguarda gli UVB invece, si tratta della radiazione più pericolosa nell’immediato. Questa componente dello spettro solare infatti, è responsabile della classica “scottatura”, in alcuni casi vera e propria ustione, provocata da un’esposizione prolungata al Sole. Anche se potenzialmente dannosa, la radiazione UVB è comunque importante per il nostro organismo perché promuove la sintesi della vitamina D. Come è noto, in assenza di questo fondamentale processo possono insorgere casi di rachitismo, soprattutto in soggetti non ancora adulti.

Bene, abbiamo capito come è divisa la radiazione ultravioletta del sole e abbiamo finalmente capito a cosa si riferiscono tutti questi nomi che siamo soliti ascoltare o leggere riguardo la tintarella.

Passiamo dunque a parlare di creme solari. Cosa dobbiamo cercare? Perché? Quali sono i prodotti più indicati?

Ripensando a quanto scritto, viene evidente pensare che una buona crema debba proteggerci dagli UVA e UVB poiché per gli UVC ci pensa lo strato di ozono. Primo pensiero sbagliato! Quando acquistiamo una crema solare, che, come vedremo, offre una certa protezione, questo valore si riferisce alla sola componente B della radiazione. Perché? Semplice, come visto, gli UVB sono responsabili delle scottature immediate. Se ci proteggiamo da questa componente salviamo la pelle garantendo la tintarella. Questo è assolutamente falso, soprattutto pensando ai danni a lungo termine dati da un’esposizione troppo prolungata agli UVA.

Solo negli ultimi anni, sono comparse sul mercato creme con protezioni ad alto spettro. Fate bene attenzione a questa caratteristica prima di acquistare un qualsiasi prodotto. Una buona crema deve avere un fattore di protezione per gli UVA non inferiore ad 1/3 di quello garantito per gli UVB.

Ora però, anche seguendo quanto affermato, parliamo appunto di queste protezioni. Fino a qualche anno fa, ricordo benissimo gli scaffali dei negozi strapieni di creme solari con fattori di protezione, SPF cioè fattore di protezione solare, che andavano da 0 a qualcosa come 100. Già allora mi chiedevo, ma che significa zero? A che cosa serve una crema con protezione 0 e, allo stesso modo, protezione 100 o, come qualcuno scriveva “protezione totale”, significa che è come mettersi all’ombra?

Capite già l’assurdità di queste definizioni create solo ed esclusivamente a scopo commerciale. Fortunatamente, da qualche anno, è stata creata una normativa apposita per questo tipo di cosmetici aiutando il consumatore a comprendere meglio il prodotto in questione. Oggi, per legge, esistono solo 4 intervalli di protezione che sono: basso, medio, alto e molto alto. Questi intervalli, in termini numerici, possono essere compresi utilizzando la seguente tabella:

 

Protezione SPF

Bassa 6 – 10

Media 15 – 20 – 25

Alta 30 – 50

Molto alta 50+

Notiamo subito che sono scomparse quelle orribili, e insensate, definizioni “protezione zero” e “protezione totale”. Ma, in soldoni, cosa significa un certo valore di protezione? Se prendo una crema con SPF 30 è il doppio più efficace di una con SPF 15? In che termini?

Detto molto semplicemente, il valore numerico del fattore di protezione indica il tempo necessario affinché si creino scottature rispetto ad una pelle non protetta. Detto in questo modo, una SPF 15 significa che la vostra pelle si brucerà in un tempo 15 volte maggiore rispetto a quello che impiegherebbe senza quella crema. Dunque, anche con una crema protettiva posso scottarmi? Assolutamente si. In termini di schermo alla radiazione, il potere schermante non è assolutamente proporzionale allo SPF ma, come visto, solo ai tempi necessari per l’insorgere di scottature.

A questo punto, abbiamo capito cosa significa quel numerello che corrisponde al fattore di protezione, ma come fanno le creme a schermare effettivamente dai raggi solari?

Per rispondere a questa domanda, dobbiamo in realtà dividere la protezione in due tipi: fisico e chimico. La protezione fisica avviene in modo pressoché meccanico aumentando il potere riflettente della pelle. Per questo scopo, nelle creme solari sono presenti composti come il biossido di titanio e l’ossido di zinco, sostanze opache che non fanno altro che far riflettere verso l’esterno la radiazione solare che incide sul nostro corpo.

Primo appunto, secondo alcuni l’ossido di zinco potrebbe essere cancerogeno! Ma come, mi metto la crema per proteggermi dai raggi solari ed evitare tumori alla pelle e la crema crea tumori alla pelle? In realtà, come al solito, su questo punto si è fatta molta confusione, tanto terrorismo e si è corsi, per convenienza, a conclusioni affrettate. Alcune ricerche hanno mostrato come tessuti cosparsi di molecole di ossido di zinco e sottoposti ad irraggiamento UV possano sviluppare radicali liberi che a loro volta reagiscono con le cellule modificandone il DNA. Questo processo può portare alla formazione di melanomi, per la pelle, e di altri tumori, per le altre cellule. Ora, si tratta di studi preliminari basati su valori di irraggiamento più alti rispetto a quelli che normalmente possono derivare da un’esposizione, anche prolungata, anche nelle ore centrali della giornata, al Sole. Detto molto semplicemente, questi studi necessitano di ulteriori ricerche per poter definire margini di errore e valori corretti. Gli stessi autori di queste analisi preliminari si sono raccomandati di non male interpretare il risultato dicendo che le creme solari provocano il cancro alla pelle. In altre parole, si corrono più rischi non proteggendosi dal sole piuttosto che proteggendosi con una crema contenente ossido di zinco. Tra le altre cose, questa molecola è molto nota tra le mamme che utilizzano prodotti all’ossido di zinco per alleviare le ustioni da pannolino nei loro bambini.

Detto questo, abbiamo poi la protezione chimica. Come potete facilmente immaginare, in questo caso si tratta di una serie di molecole (oxibenzone, fenilbenzilimidazolo, acido sulfonico, butil metoxidibenzoilmetano, etilexil metoxicinnamato, ecc.) che hanno il compito di assorbire la radiazione solare e di cedere parte di questa energia sotto forma di calore. Perché possiamo trovare così tante molecole in una crema solare? Semplice, ognuna di queste è specifica per una piccola parte dello spettro di radiazione, sia UVA che UVB. Anche su queste singole molecole, ogni tanto qualcuno inventa storie nuove atte solo a fare terrorismo, molto spesso verso case farmaceutiche. Singolarmente, come nel caso dell’ossido di titanio, ci possono essere studi più o meno avanzati, più o meno veritieri, sulla pericolosità delle molecole. Anche qui però, molto spesso si tratta di effetti amplificati, ben oltre la normale assunzione attraverso la cute e, ripeto per l’ennesima volta, si rischia molto di più esponendosi al sole piuttosto che utilizzando creme solari.

Ennesima cavolata in voga fino a qualche anno fa e ora vietata: creme solari “water proof”, cioè creme resistenti completamente all’acqua. Ve le mettete una volta, fate quanti bagni volete e siete a posto. Ma secondo voi, è possibile qualcosa del genere? Pensate di spalmarvi una crema o di farvi un tatuaggio indelebile? Oggi, per legge, la dicitura water proof è illegale e ha lasciato spazio, al massimo, a “water resistant”, cioè resistente all’acqua. Una qualsiasi crema solare, a causa del bagno, del sudore, del contatto con il telo, tende a rimuoversi e, proprio per questo motivo, si consiglia di riapplicare la crema ogni 2-3 ore circa per garantire la massima protezione possibile.

Riassumendo, abbiamo capito che conviene, sempre ed in tutti i casi, utilizzare una crema solare protettiva, ma quale scegliere?

Molto brevemente, in questo caso, si deve valutare quello che è definito il proprio fenotipo. Come potete immaginare, si tratta di una serie di caratteristiche fisiche che determinano, in linea di principio, l’effetto dell’esposizione la Sole. Per poter determinare il proprio fenotipo, possiamo fare riferimento a questa tabella:

fenotipo

Ovviamente, per i valori più bassi (I e II) è consigliabile utilizzare una crema ad alto SPF, valore che può diminuire qualora fossimo meno soggetti a scottature ed ustioni.

Credo che a questo punto abbiamo un quadro molto più chiaro riguardo alla creme solari ed alla loro utilità. Ripeto, per l’ennesima volta, in ogni caso, proteggersi è sempre meglio che esporsi al sole senza nessuna protezione. Ultimo appunto, che vuole sfatare un mito molto diffuso, sotto l’ombrellone siamo comunque esposti alla radiazione solare. In primis, il tessuto di molti ombrelloni lascia passare buona parte dello spettro solare ma, soprattutto, la riflessione dei raggi solari, ad esempio ad opera della sabbia, raggiunge comunque un soggetto tranquillo e (falsamente) riparato sotto l’ombrellone. In genere, la riflessione dei raggi solari può incrementare, e anche molto, la quantità di radiazione a cui siamo esposti. Stando nell’acqua, ad esempio, abbiamo sia un’esposizione diretta ai raggi solari sia una indiretta dovuta ai raggi riflessi dalla superficie. Come potete immaginare questo amplifica molto l’esposizione.

Concludendo, utilizzate le creme solari ma, soprattutto, leggete bene le etichette prima di acquistare o, peggio ancora utilizzare, un qualsiasi prodotto. Ovviamente, qualsiasi prodotto diventa non efficace se unito alla nostra incoscienza. Se pensate di potervi spalmare una crema e stare come lucertole sotto il Sole dalle 10 del mattino al tramonto … forse questa spiegazione è stata inutile.

 

Psicosi 2012. Le risposte della scienza”, un libro di divulgazione della scienza accessibile a tutti e scritto per tutti. Matteo Martini, Armando Curcio Editore.

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Europa: oceani, acqua e …. (forse) vita

10 Mag

Diverse volte abbiamo parlato di esplorazione spaziale e altrettante siamo poi finiti a discutere dell’esistenza o meno di forme di vita al di fuori del nostro pianeta. Come e’ noto, uno degli aspetti senza dubbio piu’ interessanti e sentiti, anche dai non addetti ai lavori, e’ la possibilita’ che la vita si sia sviluppata anche su altri pianeti.

Personalmente, come detto tante volte, non sono assolutamente chiuso all’idea che la vita si possa essere sviluppata da qualche altra parte ma ogni qual volta si affrontano discorsi di questo tipo, si deve sempre prestare la massima attenzione nel mantenere un approccio scientifico al problema, senza finire, come avviene molto spesso in rete, a discutere di improbabili quanto assurdi avvistamenti di dischi volanti o alieni fotografati in qualche bosco sperduto.

Di queste tematiche abbiamo parlato in diversi articoli. Dapprima sotto il profilo puramnete scientifico-biologico:

Il segnale WOW!

Messaggio alieno nelle aurore?

poi discutendo invece dove cercare questa vita, introducendo il discorso degli esopianeti e della loro scoperta al di fuori del nostro Sistema Solare:

A caccia di vita sugli Esopianeti

Nuovi esopianeti. Questa volta ci siamo?

Esopianeti che non dovrebbero esserci

Ancora sugli Esopianet

In particolare, tutto il discorso degli esopianeti riguarda principalmente l’identificazione di corpi orbitanti intorno a qualche stella e che si trovano in una zona potenzialmnete adatta allo sviluppo della vita. Come discusso varie volte negli articoli precedenti, la definizione di questi parametri impone una discussione di diversi fattori, non solo legati all’irraggiamento da parte della stella centrale e dunque della posizione orbitale del pianeta stesso.

Detto questo, questa volta vorrei parlare della ricerca di vita non al di fuori del nostro Sistema Solare, bensi’ al suo interno, molto piu’ vicino di quanto si possa pensare. Molti di voi, conosceranno sicuramente Europa, uno dei satelliti orbitanti intorno a Giove e che, da diverso tempo ormai, e’ visto come un possibile candidato ad ospitare forme di vita non sulla superficie, bensi’ al suo interno.

Visto da fuori, Europa si presente come un corpo estremamente inospitale:

Il satellite di Giove Europa

Il satellite di Giove Europa

La scoperta di Europa risale addirittura la 1610, quando Galileo riusci’ ad osservarlo, insieme ad altre lune di Giove, con l’ausilio del suo telescopio appena inventato. La superficie di Europa appare praticamente liscia e priva di criteri da impatto. Le osservazioni fatte a partire dal 1995 dalla sonda Galileo hanno evidenziato la presenza di una spessa crosta fatta di ghiaccio, molto simile al pack presente sui mari polari della Terra.

Come anticipato, in superficie, l’ambiente offerto da Europa non e’ assolutamente dei migliori. La temperatura superficiale si aggira intorno ai -150 gradi centigradi con un irragiamento da parte del Sole che e’ circa 1/25 di quello che arriva sulla Terra. Vicino ai poli geografici del satellite, la situazione e’ ancora peggiore con temperature che scendono fino a -230 gradi.

Perche’ su una luna di questo tipo ci potrebbe essere la vita?

Le osservazioni fatte nel corso degli anni dai vari satelliti che hanno sorvolato Europa hanno mostrato alcuni aspetti del pianeta che potrebbero essere compatibili con una struttura interna del tutto diversa da quella che vediamo dall’esterno. Il modellamento della superficie potrebbe infatti essere dovuto a moti mareali innescati dal vicino e massivo Giove su un enorme volume di acqua liquida, o ghiaccio conduttivo, contenuta all’interno di Europa. Questa immagine mostra molto bene le due ipotesi sulla struttura interna:

Possibili modelli per la struttura interna di Europa

Possibili modelli per la struttura interna di Europa

Oltre a queste considerazioni, le misure sul magnetismo del sistema Giove-Europa hanno evidenziato la presenza di un lieve campo magnetico sul satellite e di materiale conduttivo all’interno. Basta? Niente affatto, Europa presenta anche una lieve atmosfera propria con la presenza di ossigeno prodotto dalla dissociazione dell’acqua degli strati superficiali di ghiaccio. Poi? Nel 2013 il telescopio Hubble ha mostrato enormi geyser di vapore acqueo che fuoriescono dalle zone polari di Europa e che si elevano fino a 200 Km di altezza. Anche in questo caso, anche se da confermare ovviamente, il vapore acqueo potrebbe arrivare direttamente dall’interno del satellite spinto dall’attivita’ vulcanica, interna anche in questo caso.

Ragioniamo un attimo insieme: abbiamo una serie di evidenze che ci spingono a pensare che la superficie di Europa possa essere uno strato di ghiaccio contenente al suo interno un enorme oceano di acqua liquida. Alcune domande banali: quanto e’ spesso questo strato di ghiaccio? Come avrebbe fatto la vita a formarsi in un ambiente cosi’ ostile e, soprattutto, senza un sufficiente irraggiamento da parte del sole?

Domande ovviamente lecite e su cui e’ doveroso ragionare.

Per quanto riguarda lo spessore di ghiaccio, studiando la morfologia del pianeta, il suo moto e altri parametri chimico-fisici, si suppone che questo strato possa essere spesso circa 20 Km. Inoltre, le proprieta’ magnetiche di Europa potrebbero essere compatibili con un oceano di acqua addirittura salata, proprio come quella che riempie gli oceani della nostra Terra. Certo, uno spessore di 20 Km non e’ trascurabile e proprio questo aspetto rappresenta una delle difficolta’ principali per la probabile esplorazione e la ricerca di vita su Europa. Ma, come vedremo, le soluzioni tecnologiche potrebbe esserci.

L’altra domanda che ci siamo posti e’ invece legata alla possibilita’ che ci sia vita in questo immenso oceano sotterraneo. Per prima cosa, vi ricordo un argomento discusso qualche tempo fa su questo blog:

I misteri del lago Vostok

Lago Vostok, c’e’ vita?

Come ricorderete, anche nelle profondita’ di questo lago polare si ipotizza possa essere presente la vita, sviluppata in un ambiente apparentemente ostile e completamente isolato dalla superficie. Oltre a questo, nell’mmaginario comune, la moltitudine di forme di vita che si sviluppano nei nostri mari sono possibili grazie unicamente all’energia dei raggi solari che penetrano fino a profondita’ molto elevate. Se mettiamo un “tappo” di 20 Km su questo oceano e per di piu’ all’esterno abbiamo un irraggiamento proveniente dal sole gia’ notevolmente inferiore a causa della distanza Europa-Sole, come possiamo pensare che ci possano essere le condizioni per la vita?

Anche a questa domanda abbiamo una risposta che viene direttamente da quello che abbiamo potuto osservare sul nostro pianeta. Vi mostro una foto:

Fumarola Nera

Fumarola Nera

Di cosa si tratta? Quella che vedete e’ una cosiddetta “fumarola nera”, cioe’ un punto da cui fuoriescono gas provenienti dalle profondita’ della terra. Gas come idrogeno e acido solfidrico che, a causa della presenza di una forte attivita’ vulcanica su Europa, potrebbero essere presenti anche nell’oceano che vogliamo studiare. Di che tipo di forme di vita parliamo? Nel 1977, durante una missione esplorativa nelle Galapagos, venero scoperte colonie di vermi tubo, vongole, crostacei e mitili proprio intorno ad una fumarola nera in un punto in cui la luce del Sole non poteva assolutamente arrivare. Queste forme di vita, dunque non solo batteriche, si sviluppano grazie alla cosiddetta “chemiosintesi batterica”. In questo caso, al contrario della fotosintesi in cui si usa l’energia solare per ricavare energia, il processo sfrutta processi inorganici ad alta entalpia per formare sostanze organiche come, ad esempio, il glucosio. Detto questo, capite bene come la ricerca di vita su Europa potrebbe non essere assolutamente un azzardo, bensi’ una missione in grado di portare risultati.

Bene, a questo punto abbiamo capito dove poter cercare la vita, come potrebbe essersi sviluppata ma manca da capire se esistono i mezzi e la volonta’ per una missione di questo tipo. Senza tanti giri di parole, vi riporto un link sicuramente interessante il “President budget” per il Fiscal Year 2015:

President Budget, FY15

Per la prima volta, l’esplorazione su Europa e’ stata inserita nei finanziamenti della NASA per dare avvio a quella che viene chiamata missione Clipper.

Di cosa si tratta?

Come potete immaginare, il nome Clipper sta proprio per “taglia ghiaccio”. Scopo della missione e’ dapprima quello di effettuare 45 flyby intorno ad Europa partendo da un’altezza di 2700 Km per scendere fino a 25. Durante questi passaggi, grazie agli strumenti in dotazione, Clipper potra’ esaminare molti parametri chimico fisici sia dell’atmosfera che delle emissioni gassose intorno ai poli della luna. Inoltre, potranno essere scattate foto della superficie per una ricostruzione precisa di tutto il corpo. Nella seconda fase invece, la missione avra’ il compito di atterrare sul satellite e raccogliere campioni del terreno in superficie, e a profondita’ diverse comprese tra i 2 e i 10 cm. Perche’ questa raccolta? Semplice, l’analisi di questi campioni potra’ confermare o meno la presenza di salinita’, di materiale organico e di ogni altro parametro interessante per farci comprendere la presenza di o meno di vita all’interno di Europa.

La missione Clipper, gia’ in fase di studio da qualche anno e che, se tutto va nel verso giusto, dovrebbe essere lanciata nel 2025, rappresenta senza dubbio un primo passo per uno studio dettagiato di Europa. Ovviamente, come e’ facile immaginare, in questo caso, ancora piu’ che in altri, sara’ fondamentale garantire una sterilizzazione perfetta di tutti gli strumenti al fine di non “inquinare” i campioni con eventuali forme di vita terrestri.

Oltre alla NASA, molti altri paesi ed agenzie stanno pensando a missioni specifiche su Europa e su altre lune di Giove. L’ESA, ad esempio, sta preparando la missione JUICE per lo studio delle atmosfere di alcuni satelliti gioviani, tra cui ovviamente Europa. Se i risultati di queste missioni confermeranno, o almeno saranno compatibili, con l’ipotesi di vita, si passera’ ad una fase due con l’intenzione proprio di perforare lo strato di ghiaccio ed esplorare l’oceano sottostante. Per darvi un’idea, gia’ molti pensano a come realizzare queste missioni utilizzando trivelle alimentate da combustibile nucleare in grado di fornire l’acqua calda per forare l’enorme strato di ghiaccio. Oltre a questo, saranno sicuramente presenti non piu’ rover, ma mini sommergibili automatizzati per l’esplorazione dell’oceano e la ricerca di forme di vita.

Come vedete, Europa rappresenta sicuramente un futuro molto prossimo dell’esplorazione spaziale. Da qui a qualche anno potremmo finalmente capire se questo satellite possa essere un ambiente ospitale per la vita o se dovremmo limitarci a cercare al di fuori del nostro Sistema Solare.

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Stelle marine che si sciolgono

4 Dic

Come sempre, siamo sempre attenti alle tematiche ambientali, buttando un occhio sulle notizie che arrivano dal mondo legate a variazioni significative nell’ecosistema. Questa volta, vorrei parlare di una strana epidemia che sta colpendo una specie da sempre affascinante, quella delle stelle marine.

Cosa succede?

Vi dico in breve i fatti: sulla costa occidentale degli Stati Uniti si sono registrate diverse morie di stelle marine. La particolarita’ di queste morti improvvise e’ nella dinamica. A causa di un qualche disturbo non noto, diversi esemplari sono stati ritrovati con gravi lesioni superficiali e con forme accartocciate come ad indicare una notevole sofferenza ante morte. Ecco una foto di una stella marina cosi’ come e’ stata ritrovata dopo la morte:

Stella marina morta in seguito all'epidemia

Stella marina morta in seguito all’epidemia

Bene, questa notizia e’ ancora poco battuta sui siti italiani anche se non manca chi l’ha scovata e si e’ lasciato prendere la mano.

In che modo?

Dai fatti citati, siamo arrivati a questa notizia: una misteriosa epidemia sta colpendo le stelle marina di tutto il mondo. L’epidemia di origine sconosciuta e mai vista prima scioglie completamente i poveri animali.

Sulle origini della malattia, siamo, al solito, di fronte alle solite supposizioni: inquinamneto nucleare, Fukushima, rifiuti dannosi scaricati in mare da qualche organizzazione para governativa che ci sta uccidendo, ecc. Insomma, cambia lo scenario, ma le conclusioni evergreen sono sempre le stesse.

Credo che non sia necessario commentare oltre queste affermazioni ma sia importante ragionare su quanto sta avvenendo.

Prima di tutto, come anticipato, l’epidemia non sta colpendo tutto il mondo, ma solo alcune zone specifiche della costa occidentale degli USA. In particolare, questa mappa mostra i punti precisi dove sono stati rinvenuti animali morti da quando e’ iniziata l’epidemia:

Mappa dei ritrovamenti di stelle marine morte.

Mappa dei ritrovamenti di stelle marine morte.

Queste informazioni possono essere reperite sul sito web del “Pacific Rocky Intertidal Monitoring” a questo indirizzo:

PRIM, mappa ritrovamenti

Per quanto riguarda l’epidemia in se, e’ vero che l’origine e’ ancora sconosciuta ma non e’ da escludere una causa naturale della malattia. Mi spiego meglio, come visto in diversi articoli:

Moria di uccelli nel mondo

Moria di delfini nel Tirreno

Altra moria, questa volta di mante

alcune morie sistematiche di specie animali si verificano per cicli naturali intrinseci nell’ecosistema. In questo senso, la morte delle stelle marine potrebbe essere determinata da un’eventuale ciclo naturale dettato da una causa ancora non nota.

Questa e’ un’ipotesi probabile, ma non la sola possibile.

Tra le cause non direttamente naturali ma sempre di origine organica, potrebbe esserci, ad esempio, una qualche nuova forma non autoctona che si e’ stabilita in alcuni tratti di mare trasportata dalle correnti o dall’uomo. Non sarebbe certamente la prima volta che una specie trapiantata fuori dal luogo di origine provoca danni all’ecosistema esistente.

Oltre a queste cause, non possiamo certo dimenticare l’inquinamento. Sensa dover necessariamente parlare di radioattivita’, la presenza di inquinanti in alcuni tratti di mare potrebbe provocare l’epidemia attualmente in corso. Su questo punto facciamo pero’ un’altra considerazione. Se l’origine fosse questa, sarebbe molto difficile pensare, come visto nella mappa, che ci siano punti con un’epidemia in corso e zone, distanti pochi chilometri, in cui non si e’ verificato nulla. Come vedete dalla mappa precedente, su molte zone c’e’ un’alternanza molto alta di punti rossi e blu. Questo ovviamente elimina completamente l’ipotesi radioattiva, molto spesso citata per Fukushima, dal momento che, anche se fosse, acque contaminate raggiungerebbero senza dubbio tutta la costa o almeno grossi tratti di essa. In questo caso, dovremmo allora avere ampie zone tutte rosse seguite da zone blu in cui l’epidemia non si verifica.

Sempre per smentire le tante voci che si rincorrono sul web, casi come quelli descritti sono gia’ avvenuti in passato, come riportato anche su Reuters:

Reuters epidemia

La differenza principale rispetto al passato e’ che oggi la diffusione sta assumendo dimensioni molto vaste rispetto ai precedenti casi.

Riassumendo, e’ in corso un’epidemia mortale per le stelle marine. I casi sono ancora isolati solo ad alcune zone della costa ovest degli USA. Purtroppo, l’origine di questa malattia e’ ancora sconosciuta ma diversi studi sono in corso per cercare di determinare il fattore scatenante. Nonostante questo, e dalle considerazioni viste nell’articolo, e’ assolutamente assurdo pensare che la malattia sia dovuta a fattori di inquinamento straordinario, leggasi, ad esempio, radioattvita’ dal Giappone. Al momento, molti studi sono in corso e speriamo che la causa, ma soprattutto la soluzione, vengano trovate nel piu’ breve tempo possibile.

 

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Nube assassina dallo spazio

6 Nov

Nella solita sezione dedicata a queste proposte:

Hai domande o dubbi

un nostro caro lettore ci ha chiesto informazioni riguardo ad una notizia che, soprattutto negli ultimi giorni, sta facendo molto discutere sul web e ha fornito nuova linfa ai tanti siti catastrofisti che, diciamocela tutta, dopo il 21 dicembre 2012 sono rimasti un po’ a corto di idee.

Di cosa si tratta?

Cerchero’ di farvela molto breve. Anche se sul web girano molte versioni, con dettagli piu’ o meno fantasiosi, il succo e’ pressapoco questo: una massiccia nube di “qualcosa” si sarebbe staccata dal centro della nostra galassia, la Via Lattea, e starebbe per raggiungere ad altissima velocita’ il nostro pianeta. Su cosa sia questo “qualcosa” ognuno ci mette del suo: antimateria, una soluzione acida, antiparticelle. Nonostante questo, il risultato e’ sempre lo stesso: quando la nube raggiungera’ la Terra, e manca ovviamente molto poco, il nostro mondo verra’ spazzato via. Anzi, per dirvela con le stesse parole, l’effetto del passaggio di questa nube sara’ come l’acqua buttata su un foglio scritto con inchiostro, tutto si dissolvera’ a causa dell’interazione tra la materia che costituisce il nostro pianeta e quel qualcosa che forma la nube.

Quanto tempo resta? Ovviamente molto poco, qualcuno parla di giorni, altri di mesi, ma l’ora e’ comunque prossima. Possibile che non se ne sia accorto nessuno? Ma dai, possibile che nessuno se ne sia accorto? Ovviamente qualcuno c’e’, indovinate chi? Ma ovvio, la NASA! Come al solito pero’, i tecnici dell’ente spaziale americano hanno scoperto questa nube e la stanno continuamente monitornando. Purtroppo, per evitare problemi di ordine pubblico, che cuore nobile che hanno, evitano di dirlo ai comuni mortali che tanto sarebbero destinati lo stesso a morire.

Per fortuna, come nei migliori film di fantascienza americani, c’e’ il solito eroe, il buono del film, che si accorge di tutto e cerca di avvisare gli abitanti della Terra. Questo qualcuno e’ uno scienziato, l’astrofisico inglese Albert Shervinsky. Avete capito bene, mica uno qualsiasi, addirittura un astrofisico. Sapete dove lavora il buono del nostro film? All’universita’ di Cambridge, quindi non un’istituzione da quattro soldi.

Cosa dire, c’e’ un buco nero che butta una nube di qualcosa di distruttivo, la nube sta arrivando sulla Terra e un astrofisico di un’importante universita’ se ne accorge. Detto questo, non resta altro da fare che pregare prima che la fine giunga sotto forma di nube spaziale.

Attenzione, forse, e dico forse, prima di pregare o lasciarsi prendere dal panico e’ il caso di leggere meglio la storia che gira sul web e che tanto sta facendo discutere.

Siamo proprio sicuri che questa storia sia verosimile?

Come potete immaginare, anche dal mio tono goliardico utilizzato fino a questo punto, la storia e’ una vera e propria bufala, tra l’altro anche orchestrata in modo pessimo.

Torniamo di nuovo seri e ragioniamo su quanto detto fino a questo punto.

Prima di tutto, c’e’ una nube esplusa da un buco nero o meglio dal buco nero al centro della nostra galassia. Di questo buco nero, anche noto come Sagitarius A, abbiamo parlato in dettaglio in questo articolo:

Nexus 2012: bomba a orologeria

A parte che e’ un buco nero supermassivo e occupa la parte centrale della nostra Galassia, questo buco nero e’ solo un buco nero. Con questo intendo dire che il suo comportamento e’ molto ben descritto da quello che sappiamo su questa classe di oggetti celesti. Come visto in questo articolo:

I buchi neri che … evaporano

secondo la teoria di Hawking i buchi neri possono evaporare, cioe’ emettere particelle verso l’esterno diminuendo nel corso del tempo la loro massa. Questo e’ un meccanismo noto e di cui abbiamo gia’ parlato in dettaglio. L’evaporazione e’ l’unico modo in cui una parte di materia esce all’esterno del buco nero, per definizione spazio in cui la materia viene assorbita a causa dell’elevatissima gravita’.

Perche’ dico questo?

Anche se fosse, un buco nero puo’ emettere radiazione all’esterno attraverso l’evaporazione, ma sempre di particelle ordinarie si tratta. Se anche, per assurdo, pensassimo che un qualcosa venisse emesso dal buco nero, sarebbe sempre qualcosa di materia ordinaria. E’ completamente assurdo pensare che questo qualcosa, ripeto fatto di materia ordinaria, se incontrasse la Terra la dissolverebbe nel nulla. Per tentare di giustificare questa affermazione, alcuni siti, come visto, inventano che questo qualcosa emesso dal buco nero sia antimateria. Come visto nell’articolo precedente sull’evaporazione, questa affermazione e’ assolutamente non giustificata.

Altra considerazione non da poco, il nostro Sagitarius A si trova ad una distanza stimata di circa 26000 anni luce dalla Terra. Ora, se un qualcosa venisse emesso dal buco nero in direzione della Terra, supponendo che questo qualcosa viaggi alla velocita’ della luce, allora servirebbero 26000 anni prima di arrivare a colpirci. Con 26000 anni di tempo, non credo sia il caso di preoccuparci.

Da dove nasce questa storia cosi’ assurda?

E’ interessante rispondere a questa domanda se non altro per capire come vengono create queste bufale che ormai quotidianamente ci offrono divertenti storielle da leggere online.

La bufale della nube emessa dal centro galattico verso la nostra Terra e’ in realta’ una storia vecchia gia’ di qualche anno. In rete si trova infatti un articolo del 2005 che parlava dell’osservazione di questa nube:

Pravda.ru, nube dal centro galattico

Per chi non lo conoscesse, questo sito e’ assolutamente affidabile o meglio offre sempre una certezza: se leggete una notizia in rete e non sapete se sia vera o meno, controllate Pravda. ru. Se la stessa notizia la trovate anche qui, allora potete essere sicuri che si tratta di una bufala!

Perche’ proprio ora e’ stata ritirata fuori?

Anche per questo c’e’ una spiegazione. Gia’ da questa estate, si parlava dell’osservazione di una nube di gas che e’ passata in prossimita’ di Sagitarius A. Attenzione, qui parliamo di misure reali fatte da osservatori in orbita. A causa della fortissima gravita’ vicino al centro, la nube aveva mostrato dinamiche molto particolari che avevano permesso agli studiosi di poter capire alcuni importanti parametri del buco nero super massivo. Su youtube si trova anche un video pubblicato dall’INAF in cui si parla di questa osservazione:

Il diffondersi di questa notizia aveva ovviamente creato la distorsione di cui stiamo parlando, alimentata anche dal vecchio articolo bufala che gia’ girava in rete.

Prima di chiudere, proprio per non lasciare niente al caso, c’e’ ancora un altro punto  di cui parlare. Come visto, anche se ci sono varie vesioni della storia, tutte sono concordi sull’eroe buono pronto a diffondere la notizia al popolo, l’astrofisico Albert Shervinsky dell’universita’ di Cambridge.

Chi e’ costui?

Come nella migliore tradizione delle bufale, non esiste nessun astrofisico con questo nome, tantomeno all’universita’ di Cambridge.

Come verificare questo?

Semplice, andiamo a vedere nel sito dell’universita’ citata. Ci sono due dipartimenti papabili in cui potrebbe lavorare un astrofisico, uno e’ quello di fisica, l’altro e’ il dipartimento di astronomia. Bene, andiamo alle pagine corrispondenti in cui troviamo tutti i membri affiliati:

Cambridge, dipartimento di Fisica

Cambridge, dipartimento di Astronomia

Come mostrato, non esiste nessun astrofisico in questa universita’ con il nome citato nella notizia.

Concludendo, anche in questo caso si tratta della solita bufala o meglio del soito tentativo vano dei siti catastrofisti alla disperata ricerca di un qualcosa utile per sostituire l’ormai tramontato 21 Dicembre 2012. Come visto, la notizia di una nube sparata dal centro della galassia verso la Terra e’ solo la riproposizione di una vecchia bufala del 2005, ritirata fuori dopo le osservazioni in orbita su Sagitarius A. A parte queste osservazioni, tutto cio’ che e’ contenuto nella notizia e’ una libera produzione della fantasia di qualche buontempone.

 

Psicosi 2012. Le risposte della scienza”, un libro di divulgazione della scienza accessibile a tutti e scritto per tutti. Matteo Martini, Armando Curcio Editore.

Scozia: collage di mummie

27 Ott

Questa volta e’ proprio il caso di dire “BUONGIORNO”!

Sapete perche’?

In questi giorni, molti siti catastrofisti, come al solito pronti al copia/incolla senza ragionare e senza verificare le fonti, si sono lanciati in articoli bomba riguardanti l’archeologia.

Di cosa si tratta?

Come forse avrete letto, sembrerebbe che siano state completate le analisi di alcuni corpi ritrovati in una torbiera in Scozia, precisamente nel sito archeologico di Cladh Hallan. In particolare, l’interesse e’ stato suscitato dall’analisi del DNA condotto su due di questi corpi. Cosa e’ emerso di tanto strano? Al momento del ritrovamento, gli archeologici si sono subito accorti di qualcosa di strano, uno di questi corpi, appartenente ad una donna, mostrava una mandibola con dimensioni diverse rispetto al cranio. Alla luce di questa incongruenza, gli studiosi hanno eseguito l’analisi del DNA su tutti i pezzi ritrovati. Generalmente, queste analisi non vengono condotte in questo modo dal momento che si prelevano campioni da una singola parte per evitare danneggiamenti all’intero corpo. In questo caso invece, alla luce di questa apparente incongruenza, sono state eseguite le analisi su tutte le parti dei due corpi, precisamente un maschio ed una femmina.

Uno dei corpi di Cladh Hallan

Uno dei corpi di Cladh Hallan

Cosa e’ emerso?

Anche se sembra assurdo, i due corpi sono in realta’ un collage di pezzi di persone differenti, molte delle quali morte anche a centinaia di anni di distanza tra loro.

Come potete facilmente immaginare, alla luce di questo risultato, i siti catastrofisti si sono scatenati nuovamente. Secondo alcuni, le mummie Frankenstein, come sono state ribattezzate, sarebbero frutto di un antico rituale religioso. Altri ancora, come non poteva mancare questa spiegazione, hanno ipotizzato che le mummie fossero un’evidenza di esperimenti genetici condotti circa 3000 anni fa indovinate da chi? Ma certo, da colonizzatori alieni arrivati sulla nostra Terra e integrati, con teconologie all’avanguardia, in questi arretrati popoli.

Prima di parlare di questo ritrovamento, vorrei pero’ spiegare l’esordio di questo articolo.

Come detto, la notizia sembrerebbe di qualche giorno fa e cercando in rete potete facilmnete verificare questa informazine. Cosa c’e’ pero’ che non torna?

Semplice, provate a leggere questi articoli rispettivamente di Focus e National Geographic, non credo sia necessario dimostrare l’autorevolezza di queste testate:

Focus, mummie Frankenstein

National Geographic, mummie Frankenstein

Notato niente di strano? La notizia, come potete leggere all’inizio degli articoli, e’ di piu’ di un anno fa!

Questo dimostra nuovamente alcune certezze che spesso cerchiamo di far notare: molti siti catastrofisti, purtroppo molto seguiti sulla rete, non fanno altro che scopiazzare articoli in giro per la rete senza minimamente ragionare o verificare le fonti iniziali. Questo vale per qualsiasi notizia che trovate, sempre molto pubblicizzata e presentata con enfasi da scoperta sensazionale.

Detto questo, purtroppo, anche a distanza di un anno, non e’ stato possibile scoprire la reale origine di questi corpi. Molti archeologici sono pero’ d’accordo che si tratti di una forma di culto religioso o di legame tra famiglie. Come potete leggere negli articoli citati, i corpi originari da cui sono stati prelevati i pezzi non appartengono nemmeno alla stessa famiglia, oltre ad essere deceduti a distanza di secoli tra loro.

Secondo alcuni, questo rituale sarebbe servito per indicare legami di parentela acquisita tra persone diverse o per siglare una comproprieta’ di terreni o beni.

L’eccezionale stato di conservazione dei corpi e’ giustificato dal luogo del ritrovamento. Una torbiera offre un ambiente molto acido e privo di ossigeno. Queste caratteristiche rendono quasi assente la presenza di microorganismi in grado di attaccare i tessuti molli. Questa tecnica consente dunque di mummificare i corpi conservando i resti organici. Fate pero’ attenzione, il luogo del ritrovamento dei corpi era in prossimita’ della torbiera ma non ll’interno. Le caratteristiche chimico/fisiche viste per questo luogo, se da un lato consentono la conservazione dei tessuti organici a causa dell’ambiente acido non consentono una buona conservazione delle ossa. Molto probabilmente, i corpi sono stati tenuti un tempo sufficiente all’interno della torbiera e poi sono stati spostati prima di subire danni allo scheletro.

Personalmente, credo che questa pratica sia stata utilizzata per conservare in modo ottimale i resti di autorita’ del luogo. L’ipotesi sarebbe anche compatibile con altri ritorvamenti in cui e’ stato evidenziato come per conservare ottimamente i corpi, venissero aggiunti materiali non organici come bastoncini, erba, ecc. In fondo, quello che conta non e’ il corpo in se, ma il messaggio e l’immagine che questa autorita’ aveva sulle popolazioni.

 

Psicosi 2012. Le risposte della scienza”, un libro di divulgazione della scienza accessibile a tutti e scritto per tutti. Matteo Martini, Armando Curcio Editore.

Ancora sulla Terra che ribolle

22 Lug

Visto che e’ un argomento che interessa molto, torno per un breve aggiornamento sulla faccenda della terra che ribolle in Emilia Romagna. Come visto in questi articoli:

Ad un anno dal sisma, la terra ribolle in Emilia

Ultime news sulla terra che ribolle a Mantova

in due comuni dell’Emilia si erano registrati dei fenomeni di fuoriuscita di gas dal terreno, accompagnate da un rumore come di ribollimento sotto la superficie.

Nei post precedenti, avevamo mostrato non solo le nostre considerazioni, ma anche i risultati preliminari sull’emissione di gas. Come evidenziato piu’ volte, questo genere di fenomeni possono essere prodotti da tante cause, molte naturali, e, al contrario di quanto vorrebbero farvi credere in rete, non preannunciano assolutamente un terremoto in arrivo.

Nei post precedenti, diverse volte ci siamo chiesti come mai ci volesse tutto questo tempo per portare risultati definitivi e oggettivi di un campione di terreno. Proprio in questi giorni, e’ stato mostrato il perche’. Purtroppo, la risposta al questito non viene certo da incapacita’ nell’effettuare analisi, bensi’ nella solita mancanza di fondi alal ricerca italiana.

Andiamo con ordine.

Alessandro Favia, un consigliere regionale del Movimento 5 stelle, avrebbe prelevato un campione di terreno e lo avrebbe fatto analizzare autonomamente. In un articolo scritto sul suo blog:

Favia analisi terra

dice che i risultati, ripeto condotti su un campione di fango, mostrano la presenza di idrocarburi nel terreno, oltre a concentrazioni elevatissime di acido butirrico.

Cosa significa questo?

Non vorrei sembrare il solito malpensante, ma scrivere un articolo del genere non significa assolutamente nulla. Dal punto di vista scientifico, si dovrebbe prima di tutto spiegare come e dove e’ stato raccolto il campione di terreno. Inoltre, dire “quantita’ elevate” di qualcosa non significa nulla. Nelle scienze, tanto o poco non hanno senso, tutto deve essere accompagnato da numeri. Dal momento che ci sono state analisi, perche’ non vengono mostrati i risultati?

Nonostante questa mia considerazione personale, andiamo oltre. Il fatto di avere idrocarburi non significa nulla. Quali idrocarburi? In che quantita’? Dal momento che diverse volte Favia si e’ schierato contro la fratturazione idraulica e le perforazioni in generale, non vorrei che il suo fosse un messaggio per spingere l’opinione pubblica verso l’idea di una perforazione in corso. Ovviamente, anche qui ci siamo schierati contro il fracking, mostrando le notevoli pecche attuali di questa tecnica e la richiesta di maggiori studi in campo scientifico prima di un utilizzo massiccio. La mia non vuole essere un’accusa verso questa iniziativa molto lodevole del consigliere, solo che per poter discutere servono numeri.

Personalmente, anche la presenza di acido butirrico mi sembra alquanto strana. Nell’articolo si parla di quantita’ molto elevate. Ma elevate quanto? L’acido butirrico ha tra le sue proprieta’ quella di avere un odore pestilenziale e nauseabondo. Come potete leggere nell’articolo di wikipedia:

Wikipedia Acido Butirrico

questo acido viene prodotto nella fermentazione di alcuni formaggi. A causa del suo odore, un riversamento di questa sostanza nel terreno sarebbe “percepibile” anche a distanza elevata.

Ritornando all’articolo, vorrei invece parlare dei commenti che trovate in fondo. Come potete leggere, nella discussione e’ intervenuta anche Fedora Quattrocchi, una dirigente di ricerca tecnologa dell’INGV. Come spiegato nel suo commento, il motivo del ritardo nel conoscere i risultati delle analisi e’ dovuto al fatto che, molto spesso, le iniziative di questo tipo nello studio di fenomeni del genere vengono fatte su base volontaria. La dr.ssa Quattrocchi e’ responsabile di un gruppo di ricerca composto principalmente di precari, molto spesso pagati per condurre ricerche esterne. Proprio per questo motivo, le analisi di questo tipo possono essere condotte solo durante il tempo libero.

Come detto sempre nel commento, la priorita’ dell’INGV, aggiungo io giustamente, era quella di creare una rete sismica affidabile e che consentisse di monitorare e registrate tutti i terremoti nel nostro territorio. Ora, la rete e’ abbastanza completa e la stessa Quattrocchi auspica che in futuro maggiore attenzione verra’ posta nello studio delle emissioni dal terreno. Come sappiamo, anche se non e’ quello di Mantova il caso, queste emissioni potrebbero essere importanti anche per capire meglio i precursori sismici o comunque per aiutare ad avere un quadro piu’ completo della dinamica prima, durante e dopo un sisma.

Sempre nel commento, impariamo anche un’altra cosa molto curiosa. L’ARPA, cioe’ l’agenzia regionale per la protezione dell’ambiente, non e’ tenuta a contattare l’INGV qualora venisse a conoscenza di emissioni di fluidi e gas dal terreno. In tal senso, l’ARPA si puo’ limitare a fare un sopralluogo prendendo atto delle emissioni, ma senza contattare gli esperti dell’INGV. Analogamente, anche le compagnie petrolifere, che ovviamente conducono studi e molto spesso hanno esperti sismologi interni, non sono assolutamente tenute per legge a condividere i loro risultati con l’INGV.

Personalmente, trovo queste evidenze una notevole falla o mancanza legislativa. Nel momento in cui esiste un istituto nazionale che si occupa di questi fenomeni, mi sembrerebbe d’obbligo che altri enti condividano con questo istituto evidenze, informazioni o analisi.

Concludendo, abbiamo finalmente capito perche’ c’e’ tutto questo ritardo per conoscere i risultati delle analisi sulla terra che ribolle. Le analisi indipendenti, fatte da un consigliere regionale, mostrerebbero, il condizionale e’ dobbligo vista la non condivisione dei risultati, valori elevati di idrocarburi e acido butirrico nel terreno della zona. Come abbiamo visto, la mancanza di fondi e la mancanza di condivisione delle informazioni non regolamentata a livello legislativo, rendono il lavoro del nostro INGV molto difficile. Speriamo che prima o poi la situazione si sblocchi, anche perche’ molto spesso abbiamo parlato di prevenzione e studi necessari come unica arma per comprendere e anticipare i terremoti.

 

Psicosi 2012. Le risposte della scienza”, un libro di divulgazione della scienza accessibile a tutti e scritto per tutti. Matteo Martini, Armando Curcio Editore.

Il metodo Stamina

14 Lug

In questi giorni, molto si e’ tornato a parlare del cosiddetto “metodo Stamina”, sempre accompagnando la discussione con una sana dose di critiche e, purtroppo, come spesso accade, con la formazione di due partiti popolari: i favorevoli ed i contrari. Detto questo, su suggerimento di una nostra cara lettrice, vorrei parlarvi di questo metodo cercando pero’ di analizzare i punti fermi, cioe’ vorrei capire insieme a voi quali sono le basi su cui si fonda questo metodo, i risultati ottenuti e perche’ questo metodo viene tanto criticato.

Cominiciamo dalle basi. Cosa sarebbe il metodo Stamina? Come suggerisce il nome stesso, questa “terapia medica” si basa sull’utilizzo di cellule staminali per curare pazienti affetti da malattie neurodegenerative come, ad esempio, la Atrofia Muscolare Spinale, anche detta SMA1. Molte di queste malattie neurodegenerative affliggono bambini per cui capite bene la delicatezza e l’emotivita’ legata a queste terapie mediche.

Nel metodo stamina vengono estratte cellule staminali dal midollo osseo del paziente. Queste cellule sono anche dette mesenchimali. Una volta estratte, queste staminali vengono manipolate in vitro insieme ad acido retinoico ed etanolo e nel giro di 2 ore, le cellule vengono convertite in neuroni. A questo punto, i neuroni vengono utilizzati per curare il paziente e per arginare la degenerazione portata dalla malattia.

Bene, questo e’ in soldoni il metodo stamina. Prima di dire se funziona o non funziona, vorrei fare una considerazione: una qualsiasi terapia medica, deve necessariamente essere supportata da prove scientifiche. Spesso queste vengono raccolte e i risultati pubblicati in riviste specializzate in modo da poter essere fruibili e studiabili da tutti. Quali sono gli articoli a supporto del metodo stamina? Forse la cosa vi sorprendera’, ma non esiste nessun articolo che parla di questo metodo. Per essere precisi, l’unica prova a sostegno del metodo e’ la richiesta di brevetto fatta negli Stati Uniti. Che differenza c’e’, se c’e’ un brevetto, va bene anche questo. Vero, ma il brevetto e’ stato rifiutato. Sapete il perche’? Come evidenziato da un’inchiesta condotta dalla rivista Nature, la richiesta di brevetto conteneva delle foto di presunti neuroni ottenuti con questo metodo assolutamente false. Per dirla tutta, le foto allegate alla richiesta erano prese da una ricerca condotta in Ucraina per sperimentare un altro metodo, dunque assolutamente non relative al metodo stamina.

Come e’ possibile questo?

Prima abbiamo accennato alle cellule staminali prese dal midollo osseo del paziente. Anche se si parla sempre di staminali, queste cellule non sono tutte uguali tra loro. Nella cultura popolare, una cellula staminale e’ un’entita’ non specializzata che puo’ essere trasformata in una qualsiasi cellula del nostro corpo. Questo in realta’ e’ falso. Le cellule staminali vengono divise tra loro in base alla cosiddetta “potenza”. Questa caratteristica indica la potenzialita’ di una cellula staminale a trasformarsi o specializzarsi in altro. Le staminali mesenchimali possono, come dimostrato e riportato nella bibliografia medica, trasformarsi in cellule ossee, cartillaginose o adipose. E’ assolutamente non dimostrato e mai provato prima che queste cellule possano convertirsi in neuroni.

Come e’ possibile tutto questo? Purtroppo, come anticipato, quando si parla di questi metodi non dimostrati, molto facilmente si tende a dividersi tra pro e contro, senza pero’ informarsi di tutto quello che c’e’ intorno.

Come detto prima, ruolo importante in questi casi e’ giocato dall’emotivita’ dei soggetti coinvolti. Facciamo un esempio, in condizioni normali, se doveste pensare, speriamo mai di no, ad una situazione di malattia grave, a chi vi rivolgereste? Sicuramente, ragionando in maniera fredda e non coinvolta, pensereste di rivolgervi ai migliori esperti del campo. Come si determina l’esperto? In base alla fama, all’attivita’ svolta, ai ruoli ricoperti, agli articoli pubblicati, ecc. Vi rivolgereste mai ad un non medico? Penso proprio di no. Bene, senza voler apparire classista, ma solo per dovere di cronaca, Davide Vannoni, colui che per primo ha proposto questo metodo, e’ laureato in Lettere e Filosofia, non ha assolutamente nessuna laurea in medicina.

Vi fidereste di un non medico? Penso proprio di no, pero’ c’e’ sempre da considerare l’aspetto emotivo di queste situazioni. Vedere un proprio caro morire lentamente, giorno per giorno, e’ qualcosa di tremendo. In queste condizioni, qualsiasi speranza, anche la piu’ vana, anche la piu’ assurda, possono servire per riaccendere la speranza. Questa emotivita’ ci porta pero’ a fare qualche volta dei passi non ragionati.

Perche’ la scienza non accetta il metodo stamina? Sicuramente, la non accettazione non dipende assolutamente da chi propone un metodo. Se questo funziona, funziona e basta. Per poter affermare la correttezza e la validita’ di un metodo terapeutico e’ pero’ necesssario portare delle prove. Come detto, parliamo di cellule che, almeno alle conoscenze attuali, non possono convertire in neuroni.

Quali sono i risultati ottenuti?

Ad oggi, non ci sono evidenze della validita’ di questo metodo. Pazienti trattati con il metodo stamina non hanno avuto vantaggi e la mortalita’ e’ del tutto analoga a quella dei pazienti non trattati. Nel 2011 il metodo stamina e’ stato accettato come “cura compassionevole” all’ospedale di Brescia. Cosa significa? Non vi sono evidenze del suo funzionamento, ma se puo’ fungere da paliativo, allora somministriamo al paziente morente quello che preferisce. In particolare, in letteratura si riporta il caso di 5 bambini trattati con il metodo, di cui 3 sono morti. La spiegazione data da Vannoni in questo caso e’ che le cellule non sono state preparate in modo adeguato. La cosa che pero’ molti sostenitori dimenticano di dire e’ che le cellule vennero preparate su specifica indicazione e sotto la supervisione proprio di Vannoni.

Nei mesi scorsi, lo Stato Italiano ha dato il via ad una nuova sperimentazione del metodo stamina, prevedendo un contributo di ben 3 milioni di euro. La sperimentazione sarebbe dovuta partire il 1 luglio di quest’anno ma, ad oggi, ancora non si e’ potuti partire. Sapete il perche’? Su internet trovate scritto che questo ritardo e’ dovuto alla pressione dei medici per impedire che questo metodo porti risultati. Tutto falso. La sperimentazione non e’ ancora partita perche’ il ministero ha chiesto a Vannoni di consegnare il protocollo di sperimentazione con tutte le procedure che verranno seguite. Ad oggi, questo protocollo non e’ stato ancora consegnato. La spiegazione di Vannoni e’ che il protocollo non puo’ essere scritto perche’ il trattamento non puo’ essere standardizzato e le procedure devono essere valutate caso per caso.

Dal punto di vista medico questo e’ assurdo. Vannoni, in una recente intervista, parla della soggettivita’ della malattia e delle cellule, cosa del tutto inesatta. Per quanto riguarda la soggettivita’ del caso possiamo essere d’accordo, ma le cellule staminali sono le stesse per chiunque. Se esiste un metodo per convertire una cellula staminale in altro, questo e’ identico per tutti. Forse, con una laurea in medicina o con una maggiore informazione si eviterebbe di dire certe sciocchezze.

La stessa rivista Nature, nell’editoriale di cui abbiamo parlato, ha esplicitamente chiesto allo Stato Italiano di non far partire la sperimentazione. Secondo l’importante rivista, questa sperimentazione alimenterebbe false speranzde su un metodo non scientifico e a cui mancano le necessarie basi. Alla luce di quanto visto, non possiamo che condividere questa posizione.

UItima riflessione, perche’ tante persone affermano che il metodo funziona? Queste persone sono molto spesso familiari di malati che, come detto, vedono in questo metodo l’ultima speranza a cui attaccarsi. E’ possibile biasimare queste posizioni? Assolutamente no. Quello che andrebbe evitato e’ dare false speranze a persone in uno stato emotivo del tutto particolare. Purtroppo, parlare in questi termini e’ come pensare alle tante persone che si fanno truffare da stregoni e maghi televisivi. Chiunque, in uno stato sano, direbbe che e’ impossibile dare credito a falsi profeti televisivi eppure e’ pieno di casi di gente truffata per comprare amuleti, pozioni e altro. Purtroppo, uno stato psicologico particolare crea terreno fertile per chiunque.

Concludendo, come visto il metodo stamina e’ privo di qualsiasi fondamento scientifico. Ad oggi, manca una qualsiasi prova della validita’ del metodo cosi’ come mancano articoli su riviste mediche che confermano eventuali risultati. La domanda di brevetto presentata e’ stata rifiutata perche’ contenente dati falsificati. Quello che sta avvenendo oggi, ripercorre purtroppo quanto accaduto in passato sul metodo di Bella. Anche in questo caso, una sperimentazione serie e scientifica, mostro’ l’assoluta non validita’ del metodo. Speriamo almeno che si eviti di buttare soldi pubblici per sperimentazioni inutili invece di finanziare ricerche serie.

 

Psicosi 2012. Le risposte della scienza”, un libro di divulgazione della scienza accessibile a tutti e scritto per tutti. Matteo Martini, Armando Curcio Editore.

Numerosi sinkhole a Samara

11 Apr

In diversi articoli abbiamo parlato del fenomeno dei sinkhole, cioe’ di quegli enormi buchi che si formano nel terreno, apparentemente da un momento all’altro, e che spesso raggiungono dimensioni anche elevate:

Enorme cratere si apre in Cina

Enormi voragini si aprono in Florida

Come visto in questi articoli, i crateri formati molto spesso raggiungono diametri anche di qualche metro e sono in grado di inghiottire macchine, camion, autobus, e purtroppo, cosi’ come avvenuto nel caso della Florida, anche persone.

Perche’ torniamo sull’argomento?

Negli ultimi tempi, il fenomeno dei sinkhole sta creando non pochi problemi nella citta’ di Samara in Russia. Qui infatti, si sono creati diversi crateri causando non pochi problemi alla popolazione locale. Fortunatamente, c’e’ da dire che, almeno al momento ma speriamo il dato non cambi, non ci sono state vittime. Praticamente, i giornali locali parlano di qualcosa come una decina di sinkhole formati a Samara, con dimensioni che vanno da 1 metro, fino anche a 10. Anche la profondita’ e’ abbastanza variabile, arrivando pero’ a toccare punte di 20 metri nei casi maggiori.

Come detto, al momento non ci sono vittime tra la popolazione, ma diversi automobilisti hanno visto letteralmente sprofondare la propria auto, inghiottita dalla Terra che improvvisamente sembra aprirsi. Ecco alcune foto trovate su web:

Foto dei sinkhole di Samara

Foto dei sinkhole di Samara

Come vedete, il fenomeno sta causando ingenti danni economici. Diversi giornali parlano addirittura di una citta’ che sta sprofondando. Pensate che solo qualche giorno fa, i cittadini spaventati hanno addirittura organizzato una raccolta firme da inviare al governo per “salvare la citta’ di Samara”.

Cosa sta succedendo?

Ovviamente la notizia non e’ passata inosservata su tanti siti catastrofisti. Al solito, c’e’ chi parla di fine del mondo e del nostro pianeta che ci sta inviando chiari segnali inequivocabili del cambiamento in atto. Inoltre, i fenomeni di Samara hanno riacceso anche molti animi complottisti e ufologici. Come ricorderete, a febbraio, sempre in Russia ma nella citta’ di Chelyabinsk, e’ esploso un meteorite in atmosfera causando molti feriti. Anche se io dico “meteorite”, molti siti hanno fantasticato sull’evento tirando fuori assurde teorie del complotto ma anche ipotizzando che invece di un corpo celeste, quello caduto sugli Urali fosse un disco volante.

Al solito, ci vuole sempre troppo poco a distorcere la realta’.

Lasciando da parte queste fantasie, occupiamoci invece del fenomeno dal punto di vista scientifico. Come visto negli articoli riportati, i sinkhole sono un fenomeno noto e che purtroppo si concentra in diverse localita’ del pianeta. La causa che crea la voragine non e’ sempre univoca, ma sono stati osservati fenomeni simili nel risultato, ma con origini diverse.

Nel caso di Samara, i crateri che si formano sono dovuti ad una combinazione tra morfologia del terreno e clima della zona. L’acqua delle pioggie cadute durante l’inverno, a contatto con il suolo, assorbe il biossido di carbonio causato da attivita’ antropiche e dalla vegetazione, divenendo leggermente acida. Questa acqua penetra poi nel terreno, generalmente poroso, giungengo fino allo strato delle rocce solubili. A questo punto, grazie anche all’acidita’, l’acqua corrode molto facilmente lo strato creando degli ampi spazi vuoti sotterranei. Ora, come e’ facilmente immaginabile, a lungo andare il terreno e’ destinato a cedere sotto il suo stesso peso.

In geologia questo feomeno e’ noto come subsidenza. L’intero processo puo’ durare anche decine di anni, fino al momento in cui il terreno cede creando appunto i sinkhole. Ovviamente, queste tempistiche non sono facilmente valutabili. Nel caso di Samara, si deve prendere in cosiderazione, oltre alla stratigrafia e alla struttura del terreno, la quantita’ di acqua caduta durante i mesi invernali.

Per essere precisi, la subsidenza non avviene solo con questo meccanismo. Oltre a quello visto, lo sfruttamento del terreno per l’estrazione di risorse naturali puo’ provocare il fenomeno dei sinkhole. In particolare, sia l’estrazione di petrolio e gas naturale che la creazione di miniere possono risultare in vasti svuotamenti sotterranei che possono provocare il cedimento del terreno.

In questa figura vengono riportate ed illustrate le principali cause all’origine dei sinkhole:

Meccanismi di formazione della subsidenza

Meccanismi di formazione della subsidenza

Come anticipato, anche in funzione della specifica causa, la formazione delle voragini puo’ richiedere piu’ o meno tempo. Tornando al caso di Samara, la zona e’ fortemente sfruttata e ricca di miniere che possono provocare fenomeni come quelli riportati.

Per completezza, vi dico che questo genere di fenomeni, ripeto completamente noti dal punto di vista scientifico e geologico, vengono monitorati continuamente nelle zone considerate piu’ sensibili. A tale scopo, viene utilizzata la telemetria laser, la livellazione del terreno ma anche, come visto in questo post:

Il sistema di posizionamento Galileo

la rivelazione continua GPS. Il nuovo sistema europeo Galileo, dovrebbe dunque offrire uno strumento ancora piu’ preciso anche per lo studio di questi fenomeni.

Per inciso, anche in Italia abbiamo fenomeni di subsidenza. Il caso piu’ importante e’ forse quello del delta del Po. Questa zona e’ ricca di giacimeti di gas naturale e per diverso tempo, almeno fino agli anni ’60, l’estrazione della risorsa e’ avvenuta senza una seria regolamentazione. Risultato di questo e’ un abbassamento del terremo anche fino a 3.5 metri. Proprio queste evidenze hanno portato ad interrompere l’attivita’ di estrazione che nel 1959 si attestava a circa 300 milioni di metri cubi estratti ogni anno.

Concludendo, diversi sinkhole si sono aperti nella citta’ russa di Samara. Questi fenomeni non sono assolutamente correlabili a fantasie complottiste, ma la loro spiegazione e’ nota dal punto di vista scientifico. In questo genere di fenomeni la conformazione del terreno, ma anche le precipitazioni annuali, possono creare svuotamenti sotterranei destinati, prima o poi, a cedere creando appunto le voragini che abbiamo visto.

 

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