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52Hz: la balena più sola al mondo

15 Set

Oggi voglio raccontarvi una storia molto interessante e che, personalmente, mi ha molto colpito.

Nel 1989, un gruppo di ricercatori del Woods Hole Oceanographic Institute americano intercetta un segnale dall’oceano molto interessante. Si tratta di un segnale molto chiaro ad una frequenza molto prossima ai 52 Hz. La tipologia di segnale e, soprattutto, i movimenti nell’acqua della sorgente di questo suono sono assolutamente compatibili con quelli di una balena. Cosa aveva allora di speciale questo segnale? Semplice, sia la balenottera azzurra che quella comune, entrambe ben conosciute e presenti nei nostro oceani, “parlano” emettendo suoni con frequenze al massimo fino a 20 Hz.

La scoperta di questa sorgente a 52 Hz è stata possibile utilizzando il sistema SOSUS, un insieme di stazioni di ascolto oceaniche che venivano utilizzate dagli Stati Uniti per tenere sotto controllo i sommergibili russi durante la guerra fredda. Vista la situazione mondiale assolutamente delicata e il primario compito del sistema di ascolto, le registrazioni, comprese quelle della balena 52 Hz, rimasero classificate fino alla fine della guerra fredda.

Nei primi anni ’90, parte delle registrazioni vennero rese pubbliche e la comunità scientifica venne a conoscenza di questa apparente balena diversa dalle altre.

52 Hz venne così ascoltata per diverso tempo e regolarmente di anno in anno. Come potete facilmente capire, si tratta di un segnale unico nella sua specie. Normalmente, quando si intercetta una balena nell’oceano, è possibile seguire il suo segnale al massimo per qualche ora, dopo di che il segnale scompare perchè disturbato da altre fonti, tra cui, ovviamente, quelle delle altre balene.

52 Hz rappresenta una specificità dal punto di vista scientifico. fino ad oggi, è stato possibile seguire di anno in anno i suoi spostamenti per l’oceano analizzando i percorsi migratori, le distanze percorse, le abitudini, ecc. Tutto grazie a questa speciale balena.

Perchè, oltre che dal punto di vista scientifico, questa storia ha colpito tante persone nel mondo? Semplice, per tutti questi anni, la balena 52 Hz è sempre stata osservata da sola, senza nessun’altra balena al suo fianco. Perchè questo? Prima di tutto, molti ricercatori pensano che emettendo un segnale a frequenza così alta rispetto alle altre balene, il segnale di 52 Hz non possa essere ascoltato dagli altri animali.

Proprio per questo motivo, 52 Hz è anche nota come “la balena più sola al mondo”.

Perchè questo animale dovrebbe emettere un segnale diverso dalle altre? Qui le ipotesi sono molte anche perchè, ad oggi, nessuno è mai riuscito a vedere o intercettare 52 Hz. Di lei si conosce solo la sua particolare “voce”. Secondo alcuni, questa balena sarebbe l’ultima sopravvissuta di una specie ormai in via di estinzione. Ipotesi questa non accettata dalla comunità scientifica proprio perchè non ci sono stati, nel tempo, altri segnali simili.

L’ipotesi più plausibile, ed oggi più accettata, è che 52 Hz sia una balena malformata oppure un ibrido tra una balena azzurra e una balenottera comune. In questi casi, il particolare suono sarebbe dovuto appunto alla malformazione che però la renderebbe muta agli altri animali della stessa specie. Proprio per questo suo handicap, 52 Hz nuoterebbe da sola perchè allontanata dalle altre o perchè la sua voce non potrebbe essere ascoltata.

La cosa certa è che, malformazione o meno, niente ha impedito alla balena di crescere e maturare negli anni. Cosa confermata dalla lunga osservazione e dal cambio di timbro vocale osservato qualche anno fa, sinonimo di maturazione sessuale dell’animale.

Come anticipato prima, la storia di 52 Hz ha molto colpito l’opinione pubblica e, nel corso degli anni, molte persone hanno scritto agli esperti che seguono la balena per esprimere la loro solidarietà a questo animale solitario o anche per dire quanto si immedesimassero in 52 Hz.

Nei prossimi mesi, dovrebbe partire una spedizione nell’oceano per cercare di intercettare 52 Hz e cercare di filmare l’animale. Lo scopo della missione è soprattutto quello di realizzare un documentario su questo animale che tanto ha colpito l’immaginario collettivo ma questo, dal punto di vista scientifico, potrebbe finalmente togliere l’alone di mistero sull’animale.

 

Psicosi 2012. Le risposte della scienza”, un libro di divulgazione della scienza accessibile a tutti e scritto per tutti. Matteo Martini, Armando Curcio Editore.

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Plancton nello spazio?

21 Ago

Partiamo dall’unica cosa certa che si sa al momento: tra poche ore, quello che è già diventato un caso sui siti internazionali, lo diventerà anche in Italia.

A cosa mi riferisco?

Raccontiamo prima di tutto i fatti.

Il 18 Agosto era prevista una EVA, attività extraveicolare, di circa 6 ore per i due attuali occupanti russi della Stazione Spaziale Internazionale: Olek Artemyev ed Alexander Skvortsov. Come sappiamo, si tratta di attività di routine per gli astronauti della ISS con scopi scientifici, di manutenzione o di ripristino di parti danneggiate.

Cosa è accaduto durante questa EVA? Prima di rientrare a bordo, i due cosmonauti hanno pulito quelli che vengono chiamati “illuminatori” della Stazione. In parole povere, le parti vetrate che consentono la visione all’esterno della nave. Perchè nello spazio si sporcano i vetri? Certamente si. La parte esterna della ISS è soggetta a vari fattori in grado di depositare residui sulla sua superficie: azionamento dei motori, inquinamento da agenti portati dagli astronauti, ecc. In particolare, l’attività di pulizia è stata fatta nel segmento di competenza russo, uno dei tronconi che compongono attualmente la Stazione.

Una volta rientrati all’interno, si sono analizzati i tessuti utilizzati per la pulizia. Oltre a quanto atteso, i due astronauti, che hanno analizzato con strumentazione adeguata le stoffe, hanno rinvenuto qualcosa che avrebbe dell’incredibile. Come da titolo dell’articolo, PLANCTON. Si, avete capito bene, proprio quell’insieme di microorganismi non dotati di spina dorsale che popolano i nostri mari e che vengono trasportati dalle correnti fungendo da importante nutrimento per tantissime specie acquatiche.

Plancton nello spazio? E’ un modo di dire?

Assolutamente no. Si tratta proprio di plancton identico a quello che si troverebbe nei nostri oceani. Altra cosa che ha dell’incredibile è che questo plancton, ripeto rinvenuto all’esterno della ISS, è riuscito a sopravvivere in un ambiente non propriamente semplice: assenza di gravità, centinaia di km di altitudine, forte irraggiamento da parte del Sole, temperature estreme, ecc..

Ora, prima di tutto, perchè ho detto che le cose certe in questa notizia scarseggiano? Per carità, non fraintendetemi, non sto bollando la cosa come una bufala, anche se ho tantissimi dubbi, ma, ripeto, al momento la cosa non è assolutamente verificata.

Primo assunto: la fonte della notizia è l’agenzia di stampa russa ITAR-TASS. Parliamo di una vera agenzia di stampa, paragonabile alla nostra ANSA, quindi, in linea di massima, affidabile. In particolare, la notizia originale è questa:

ITAR-TASS, ISS plankton

Come vedete, si chiama in causa anche il comandante della missione russa sulla ISS Vladimir Solovyev, che conferma quanto riportato.

A questo punto, per curiosità, vista la portata della notizia, sono andato a vedere cosa veniva scritto dalla Roscosmos, l’agenzia spaziale russa:

Roscosmos

Purtroppo, non ho trovato una versione inglese ma se usate anche semplicemente il traduttore online, vedrete che non c’è nessun riferimento alla scoperta di plancton sulla ISS, almeno fino ad ora (22 agosto, ore 00.12). Ovviamente, ci sono un paio di news relative alla EVA in questione, alle operazioni effettuate ma, ripeto, nessun riferimento al plancton.

Non contento, ripeto la mia ricerca sul sito della NASA:

NASA

Anche qui nulla, così come su ESA e ASI.

Ora, è vero che la notizia, anche se certa, richiederebbe ulteriori verifiche per determinare che il risultato non sia dovuto a contaminazione terrestre indiretta però appare comunque strano non trovare neanche un accenno da nessuna parte. Tutti i siti che ad ora riportano la notizia lo fanno citando sempre e solo l’agenzia ITAR-TASS.

Ulteriore informazione, sul sito Space.com, la notizia viene riportata:

Space.com, plankton

e qui viene raccolta anche la dichiarazione di Dan Hout della NASA che dichiara che l’ente americano non ha ricevuto assolutamente nessuna comunicazione dall’agenzia russa riguardante la scoperta del plancton. Anche questo, ripeto, fino a questo preciso istante.

Detto questo, questa notizia mi sembra un po’, lasciatemi dire, “particolare” per come si sta diffondendo. La fonte primaria, ITAR-TASS, è autorevole ma la mancanza di comunicazioni ufficiali mi lascia interdetto.

Nelle prossime ore cercheremo ovviamente di capire se questa notizia venisse confermata e, soprattutto, quali sono le considerazioni da parte delle agenzie spaziali interessate.

Detto questo, prima di chiudere vorrei riflettere ancora su un altro aspetto. Come è finito del plancton sulla superficie esterna della Stazione Spaziale? Ovviamente, non manca chi parla già di organismi provenienti dallo spazio e che costantemente giungono anche sulla Terra. Secondo queste fonti, l’origine stessa della vita sul nostro pianeta potrebbe venire da plancton arrivato da chissà dove. Ovviamente, ipotesi del genere, lasciano un po’ il tempo che trovano.

Ipotesi invece più plausibile è che quel plancton sia così uguale a quello dei nostri oceani …. perchè è proprio lo stesso. Cosa significa? Ovviamente, che si tratta di organismi provenienti dalla Terra.

Bene, la domanda allora è: come sono finiti sulla ISS?

Prime ipotesi assolutamente poco probabili: i tessuti utilizzati per la pulizia contenevano plancton, il plancton si è depositato sul segmento russo al momento del lancio. Questo è ovviamente da escludere perchè il cosmodromo di Baikonur si trova troppo lontano dall’oceano mentre mi rifiuto di pensare alla prima ipotesi.

Secondo alcuni, il plancton potrebbe essere stato trasportato fino alla ISS grazie alle correnti ascensionali del pianeta. In parole povere, questo tipo di plancton si trova anche sulla superficie dell’oceano. Se una corrente d’aria lo cattura e sale verso l’alto, può portarlo a quote molto elevate. Personalmente, ma questa è la mia opinione, sono molto scettico all’idea che una corrente d’aria possa trasportare plancton fino a 400 km di quota, cioè all’altezza a cui viaggia la ISS.

L’ipotesi invece che potrebbe essere papabile, ripeto sempre che la notizia stessa sia confermata, è che il plancton sia stato catturato si dal vettore in partenza, ma durante il suo percorso lungo l’atmosfera più prossima a terra. Esistono infatti diverse analisi che hanno dimostrato come il plancton degli oceani, appunto catturato da correnti d’aria, sia presente fino a decine di kilometri di altitudine, non centinaia come nell’altra ipotesi analizzata. A mio avviso, ripeto, questa potrebbe essere la spiegazione più plausibile se effettivamente si confermasse questa scoperta.

A questo punto, non resta altro che attendere qualche giorno per capire l’evolversi della situazione.

 

Psicosi 2012. Le risposte della scienza”, un libro di divulgazione della scienza accessibile a tutti e scritto per tutti. Matteo Martini, Armando Curcio Editore.

Cos’e’ successo in Sardegna?

26 Nov

Qualche giorno fa, mi contatta la nostra cara amica e sostenitrice del blog Patrizia. Mi chiede l’autorizzazione per poter scrivere un articolo su quanto avvenuto in Sardegna per Psicosi 2012. Premetto subito che Patrizia oltre ad essere una geologa, vive proprio in Sardegna e quindi ha vissuto, fortunatamente senza problemi nella sua zona, quanto avvenuto solo pochi giorni fa.

Dopo 594 articoli scritti di mio pugno, vi propongo questo articolo scritto da Patrizia e sul quale il sottoscritto non ha assolutamente messo mano. Secondo me, l’articolo e’ scritto benissimo e sposa in pieno la filosofia e lo stile di Psicosi 2012. Spero che anche la vostra opinione sia favorevole e, per qualsiasi commento, Patrizia e’ sempre disponibile, come fatto fino ad oggi, al dialogo e ad una sana discussione costruttiva.

 

Da Patrizia: Cos’e’ successo in Sardegna?  

 

Il 18 novembre scorso la Sardegna è stata devastata dal ciclone Cleopatra. Una bolla di aria fredda si è staccata da una perturbazione atlantica e, passando sopra il Mediterraneo eccezionalmente caldo, si è caricata oltremodo dando origine ad un ciclone dalla forma a V, cioè con due fronti che si sono abbattuti sull’isola, rispettivamente su Ogliastra e Gallura l’uno, su Oristanese e Medio Campidano l’altro.  Quello che nel linguaggio mediatico viene indicato come “bomba d’acqua” è, in meteorologia, un evento da cumulonembo, cioè una nube che può raggiungere i 12000 metri di altezza e avere la base a 300 metri dal suolo e che può scaricare enormi volumi di acqua in decine di minuti o anche in diverse ore. Cleopatra era un sistema lungo trecento km, formato da una serie di queste nubi, alcune delle quali hanno superato i 12000 metri di altezza, per cui aveva una potenza intrinseca che è stata però esaltata dalla particolare morfologia del territorio sardo. Vale a dire che la perturbazione ha trovato nelle montagne degli ostacoli fisici che l’hanno “costretta” a scaricare l’acqua. Riportiamo di seguito i dati pluviometrici di alcune località colpite che, a nostro avviso, sono maggiormente rappresentative dell’entità del fenomeno.

Fig.1: Curve delle precipitazioni cumulate

Fig.1: Curve delle precipitazioni cumulate

Osserviamo, innanzitutto, che sulla costa (Golfo Aranci) le piogge sono state meno intense rispetto alle zone di montagna (Mamone) o a ridosso delle stesse (Padru), dove i quantitativi di precipitazioni cumulate nello stesso intervallo temporale- all’incirca 16 ore- sono nettamente superiori. In particolare il tratto di curva che improvvisamente subisce un’impennata corrisponde all’evento da cumulonembo. I dati sono forniti dalla rete pluviometrica del Servizio Idrografico Regionale.

Per evidenziare ancora di più la quantità delle precipitazioni del 18 novembre si possono osservare in figura 2 i dati forniti dal Dipartimento Idrometeoclimatico Regionale.  Nella figura 3 sono riportati i comuni dei quali vengono forniti i dati sulle precipitazioni.

Fig.2: Precipitazioni del 18 novembre

Fig.2: Precipitazioni del 18 novembre

Nella maggior parte dei casi è caduta in meno di 24 ore una quantità di pioggia pari alla metà della pioggia annuale, evidenziando ancora una volta la tendenza alla irregolarità nella distribuzione delle precipitazioni, che si concentrano in periodi di tempo limitati.

Fig.3: Comuni della Sardegna

Fig.3: Comuni della Sardegna

Cos’è successo invece ad Olbia?

Dai dati riportati da L’Unione Sarda del 20 novembre, ad Olbia il 18 novembre sono caduti “soltanto” 93 mm di pioggia. E allora perché c’è stato il disastro?

Olbia si trova su una pianura alluvionale, vale a dire un territorio “costruito” nel corso del tempo geologico dai materiali trasportati e depositati dai corsi d’acqua. Molti alvei sono stati riempiti per essere inseriti nel tessuto urbano come strade. Durante un evento da cumulonembo, le strade urbane si trasformano nella parte superiore dell’alveo, cioè si trasformano in vie preferenziali per i flussi d’acqua, per decine di minuti o per qualche ora. In realtà si tratta di acqua mista a fango e detriti di ogni genere, quindi una vera e propria onda di piena. Olbia, quindi, è stata investita dall’onda di piena proveniente da Monte Pinu e dintorni che ha provocato l’esondazione di due metri dei suoi canali. Indubbiamente i danni sono stati amplificati da uno scorretto sviluppo edilizio, non supportato da un adeguato piano di gestione del territorio. Si palleggiano la patata bollente del mancato e/o inadeguato allertamento il capo della Protezione civile e i sindaci dei vari comuni colpiti. L’allarme è stato dato come “elevato” (in una scala di tre tipi di allarme: ordinario, moderato, elevato) ma nessuno ha capito l’entità dell’evento. Il sindaco di Olbia, per esempio, ha dichiarato che, nonostante l’allarme, non si poteva prevedere l’esondazione dei canali. Senza voler polemizzare, una dichiarazione di questo tipo non sta né in cielo né in terra, visto che Olbia è soggetta a frequenti allagamenti! I media hanno sostenuto la tesi dell’eccezionalità dell’evento. In realtà fenomeni come Cleopatra sono storicamente conosciuti: basti ricordare l’alluvione del 1951 quando in Sardegna si registrarono 1500 mm di pioggia in tre giorni.

Ma come si possono prevedere questi fenomeni e prevenirne i danni?

Il professore Ortolani, ordinario di Geologia presso l’Università Federico II di Napoli, sostiene che, per mettere in salvo la vita dei cittadini, occorre un sistema di allarme idrogeologico immediato.

Vale a dire un sistema di pluviometri che registrino la pioggia ogni 2-3 minuti in maniera tale da individuare sul nascere l’evento bomba d’acqua (questo è possibile esaminando la curva pluviometrica che, come abbiamo visto, subisce un’impennata all’inizio del fenomeno). Inoltre, conoscendo la morfologia del territorio urbanizzato e non urbanizzato, si possono individuare le vie preferenziali dei flussi d’acqua e detriti provenienti dalle precipitazioni lungo i versanti. Quando si ha la certezza che si tratta di una bomba d’acqua, cioè dopo qualche minuto dall’inizio del fenomeno, si fa scattare l’allarme meteo immediato e si mette in atto il piano di protezione civile pregresso, che può prevedere per esempio l’evacuazione delle abitazioni lungo le fasce fluviali che saranno interessante dalla piena, oppure l’evacuazione delle strade e dei piani seminterrati, a seconda dell’entità del fenomeno.

Per concludere, vorremmo riportare una notizia emblematica: prima che Cleopatra arrivasse, all’ingresso di Terralba, uno dei paesi più colpiti dal ciclone, c’erano cartelli con su scritto NO AI VINCOLI IDROGEOLOGICI. Il rispetto del territorio veniva visto come un ostacolo allo sviluppo economico legato all’edilizia! Chissà se i morti di questa volta faranno riflettere un po’ di più sui nostri abusi all’ambiente.

 

Psicosi 2012. Le risposte della scienza”, un libro di divulgazione della scienza accessibile a tutti e scritto per tutti. Matteo Martini, Armando Curcio Editore.

Facciamoci trovare dagli alieni

14 Giu

Ogni tanto si leggono delle notizie scientifiche quanto mai curiose. Su questo blog, diverse volte abbiamo parlato di extraterrestri, ma non analizzando i tantissimi video di presunti avvistamenti che ogni giorno compaiono in rete, bensi’ cercando di affrontare il discorso in modo prettamente scientifico. Anche se a molti potrebbe apparire strano, la scienza da sempre si e’ interrogata circa la possibile esistenza di forme di vita aliene, valutando, o almeno cercando di farlo, la reale probabilita’, non solo che una forma di vita intelligente possa esistere, ma anche che questa possa entrare in contatto con noi.

Come visto in questi post:

Messaggio alieno nelle Aurore

Il segnale WOW!

poter valutare questa probabilita’ e’ molto difficile e richiede una stima di parametri anche non direttamente legati tra loro. L’equazione di Drake, cerca appunto di considerare ogni singolo aspetto che potrebbe consentire questo incontro, fornendo come risultato una stima di probabilita’. Se ci pensiamo, per prima cosa dovremmo avere un pianeta in grado di ospitare la vita, poi questa vita si dovrebbe essere sviluppata nel tempo creando appunto una societa’ evoluta. Che significa evoluta? Con un grado di tecnologia che gli permetta di inviare e ricevere segnali dallo spazio o, al limite, di poter esplorare lo spazio.

Ogni qual volta si parla di alieni, scatta automaticamente la molla secondo la quale queste forme di vita sarebbero infinitamente piu’ sviluppate di noi e con mezzi incredibili. Perche’ avviene questo? Proviamo a fare un ragionamento al contrario: se fossimo noi gli alieni dello stereotipo collettivo? Magari, una forma di vita aliena esiste, ma e’ ancora troppo poco sviluppata. Immaginate la nostra societa’ anche solo 200 anni fa. Eravamo in grado di esplorare l’universo? Assolutamente no. Se una societa’ con uno sviluppo tecnologico pari al nostro di 200 anni fa avesse pensato a forme di vita aliene, magari avrebbe pensato al nostro attuale sviluppo.

Sempre pensando alle probabilita’ di incontro, proviamo a fare un passo aggiuntivo. Supponiamo che la societa’ aliena esista e che si sia sviluppata ad un livello paragonabile al nostro. Bene, tutto risolto? Assolutamente no. L’universo e’ molto grande, se gli alieni sono distanti migliaia di anni luce da noi, con buona probabilita’ non riusciremo mai ad incontrarci. Se state pensando ai viaggi con la velocita’ del pensiero o cose di questo tipo, torniamo al discorso precedente sullo sviluppo tecnologico. Noi con migliaia di anni di sviluppo siamo arrivati ad oggi. Se volessimo considerare alieni fantascientifici, dovremmo valutare anche la probabilita’ che questo sviluppo sia avvenuto.

Attenzione, proprio da questo punto, vorrei partire con una nuova considerazione. Gli alieni esistono, sono evoluti, hanno la possibilita’ di incontrarci, vuoi perche’ sono vicini o perche’ hanno lo sviluppo tale per farlo, non resta che prendere appuntamento. Sicuri? No, manca un’altra valutazione. Tutte queste belle probabilita’ devono essere vere “adesso”. Immaginate una societa’ aliena che si sia sviluppata e abbia soddisfatto tutti i criteri visti, ma questo sia avvenuto, ad esempio, 1 miliardo di anni fa. Magari sono stati in grado di visitare l’universo ma noi ancora non c’eravamo. Dunque, tutte queste condizioni devono essere vere allo stesso tempo, altrimenti l’incontro non e’ possibile. Bene, proprio queste considerazioni chiamano in causa un discorso diverso da quello prettamente scientifico. Per poter valutare queste proprieta’ si devono considerare sviluppi antropologici, societari, evoluzionistici, ecc. Immaginate una bella societa’ aliena che si e’ sviluppata, ha raggiunto un’immensa tecnologia ma che si e’ autodistrutta. Il discorso e’ assurdo? Non credo proprio, basta guardare la nostra societa’.

Capite dunque che valutare la probabilita’ di un incontro con forme di vita aliene, implica un ragionamento molto vasto. Nonostante questo, l’equazione di Drake ha portato importanti risultati in questo senso, non escludendo assolutamente questa possibilita’. Ovviamente, non resta che aspettare e vedere quello che succede.

Perche’ ho fatto questo lungo preambolo? Prima di tutto per poter riprendere concetti molto importanti visti in passato ma che possono essere considerati degli evergreen. Inoltre, vorrei parlarvi di un’iniziativa curiosa che sta spopolando sulla rete in questi ultimi giorni; si tratta del progetto “Lone Signal”.

In cosa consiste?

Il progetto consiste nell’inviare nello spazio un messaggio e sperare che qualche societa’ aliena possa riceverlo. Scopo? Far capire che ci siamo e dove si trova la terra. Il messaggio conterra’ infatti informazioni circa la posizione della Terra e sul nostro attuale sviluppo: come e’ fatto l’atomo di idrogeno, gli elementi della tavola periodica, ecc. Oltre a queste informazioni, anche gli utenti della rete potranno contribuire ed inviare il loro messaggio agli alieni, semplicemente collegandosi con il sito internet del progetto:

Lone Signal

Se volete partecipare a questa iniziativa, dovete sbrigarvi, il primo invio e’ infatti atteso per il 18 Giugno.

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Il messaggio verra’ poi inviato sotto forma di onda elettromagnetica verso Gliese 526 utilizzando la Jamesburg Earth Station della California. Gliese 526 e’ una nana rossa con un piccolo sistema planetario orbitante a 17,6 anni luce da noi. Alcuni di questi pianeti sono considerati adatti ad ospitare forme di vita. Di questo e soprattutto della cosiddetta fascia di abitabilita’, abbiamo parlato diverse volte affrontando il discorso esopianeti:

A caccia di vita sugli Esopianeti

Nuovi esopianeti. Questa volta ci siamo?

Cosa ne penso? Se devo essere sincero, iniziative come questa lasciano veramente il tempo che trovano. Su molti siti si parla di iniziativa simile al programma SETI, di cui sicuramente avete sentito parlare. Su questo non sono assolutamente d’accordo. Nel caso di SETI, si cercava di “ascoltare” segnali provenienti dallo spazio esplorando zone considerate piu’ probabili per la vita. Anche per questo programma sono state mosse critiche per la non ripetibilita’ di un eventuale segnale, vedi proprio il WOW!, ma anche per la casualita’ della zona da esplorare.

Nel caso del Lone Signal, si andra’ a sparare un segnale verso qualcosa molto distante da noi. E’ la prima volta? Assolutamente no, sempre nell’articolo sul WOW! abbiamo parlato del messaggio di Arecibo. In quel caso, il messaggio era stato inviato verso Ercole e l’iniziativa piu’ che un programma scientifico, era stata vista come uno spot pubblicitario successivo all’ammodernamento del radiotelescopio.

Gia’ cercare forme di vita aliene e’ concettualmente difficile, immaginate di voler urlare in una direzione e sperare che qualche vi ascolti. Inoltre, tutto questo discorso implica che le forme di vita siano sufficientemente evolute e che siano in grado di ricevere onde elettromagnetiche, cosa tutt’altro che scontata.

 

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L’invasione periodica delle cicale

8 Mag

Forse leggendo il titolo del post, avete pensato che mi stessi riferendo a quei simpatici ma assordanti animaletti che durante il periodo estivo ci deliziano con il loro caratteristico rumore, segno inconfondibile del caldo. Purtroppo, siete completamente fuori strada.

In questo articolo, vorrei parlarvi di un esemplare, sempre della specie delle cicale, ma con un comportamento del tutto anomalo, ossia le Magicicadas, cioe’ le cicale magiche.

Questi esemplari, hanno un ciclo vitale del tutto unico nel regno animale. Appena schiuse le  uova, le neonate cicale, ancora in uno stato larvale si rifugiano nel terreno scavando piccoli tunnel profondi anche fino a 3 metri. Qui, nutrendosi della linfa delle piante, finiscono il loro ciclo vitale che le portera’ fino all’eta’ adulta.

Quanti ci vuole per fare questo? Precisamente 17 anni!

Avete capito bene, le cicale magiche, restano nel terreno 17 anni precisi, fino a che non raggiungono l’eta’ adulta. A questo punto, tutte insieme, escono fuori per andare a popolare tutto quello che trovano: rami, alberi, condotti dell’aria, condizionatori, tubi di scappamento, ecc. Si tratta di una vera e propria invasione di cicale.

Gli esemplari di questa specie, hanno una forma leggermente diversa da quella delle cicale classiche, presentando occhi rossi un po’ sporgenti e con dimensioni di poco inferiori ai 4 cm:

Le cicale magiche che emergono ogni 17 anni

Le cicale magiche che emergono ogni 17 anni

La cosa incredibile e’ dunque che, esattamente ogni 17 anni, tutte insieme escono dal terreno per una vera e propria invasione che ricorda un po’ la famosa piaga d’Egitto.

Perche’ sto parlando di questo fenomeno?

Quel fatidico momento di cui stiamo parlando, e’ ormai prossimo. Quando infatti il terreno raggiungera’ la temperatura di 18 gradi centigradi, le cicale usciranno fuori cosi’ come hanno fatto l’ultima volta nel 1996. Le cicale magiche sono una specie conosciuta soprattutto nella costa ovest degli Stati Uniti e del Canada, dove questo storico momento sta creando attesa, ma anche qualche ansia.

La data prevista per questo incredibile fenomeno naturale e’ intorno al 18 maggio di quest’anno. Questa specie di cicale e’ del tutto innocua sia per l’uomo che per le coltivazioni.

Perche’ escono tutte insieme dal terreno?

Anche se puo’ sembrare incredibile, l’unico motivo e’ l’accoppiamento. Dopo 17 anni pasati nel terreno per arrivare all’eta’ adulta, nel momento in cui emergono in superficie, le cicale vivranno un tempo pari piu’ o meno a 3 settimane, in cui non faranno altro che accoppiarsi. Ciascuna femmina riuscira’ in questo intervallo a depositare fino a 600 uova, per poi morire stremata insieme al maschio. Come anticipato, una volta schiuse le uova, le larve si nasconderanno nel terreno dove passeranno i prossimi 17 anni.

Per darvi un’idea dei numeri, ci si aspetta qualcosa come 3 milioni di cicale per ettaro di terrano. Come detto, a parte la bellezza discutibile di questi insetti, non ci sono pericoli per gli esseri umani. Il problema principale che i cittadini americani delle zone interessate saranno costretti a sopportare sara’ l’assordante rumore prodotto da questi animali. In questo caso, il canto della cicala, che rientra nel rituale dell’accoppiamento, raggiungera’ i 90 decibel, cioe’ quello di una trebbiatrice o di un motorino da 25 cavalli.

Come detto, si tratta di un comportamento unico nel regno animale sia per la lunghezza del periodo di maturazione, ma soprattutto per l’incredibile precisione con la quale le cicale emergono in superificie. Altra domanda, ancora senza risposta, e’ anche il perche’ tutte le cicale escano dal terreno esattamente nello stesso istante dopo 17 anni passati nel sottosuolo.

Come potete immaginare, quella che sta per accadere e’ un’occasione molto importante per gli entomologi che stanno preparando tutti i loro strumenti per studiare a fondo questa fantastica specie animale e cercare di capire, ogni 17 anni, sempre qualcosa in piu’ di questo stranissimo comportamento.

Per completezza, vi segnalo anche un articolo del Corriere, risalente al 1996 e che parla del precedente fenomeno:

Corriere, 1996

Bene, le cicale che stanno per uscire ora, altro non sono che le uova depositate nel ’96 a seguito di questo frenetico e incredibile rituale di accoppiamento forsennato.

Lo strano fenomeno delle cicale magiche e’ stato scoperto nel 1843 e da questa prima osservazione, le cicale non hanno mai saltato uno degli appuntamenti ogni 17 anni.

A questo punto, non ci resta che attendere il momento preciso in cui il terreno raggiungera’ i 18 gradi per vedere nuovamente questa rarissima specie emergere. Ovviamente, con buona pace dei tanti americani che dovranno anche ascoltare per tre settimane il canto delle cicale magiche. L’occasione e’ importante, il prossimo appuntamento sara’ solo nel 2030!

 

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Troppa antimateria nello spazio

5 Apr

Uno dei misteri che da sempre affascina i non addetti ai lavori e che spinge avanti la ricerca scientifica di base e’ la comprensione del nostro universo. In particolare, come sapete, ad oggi sappiamo veramente molto poco su cosa costituisce il nostro universo. Cosa significa questo? Dalle misure affettuate, solo una piccola frazione, intorno al 5%, e’ composta da materia barionica, cioe’ di quella stessa materia che compone il nostro corpo e tutti gli oggetti che ci circondano. La restante frazione e’ composta da quelli che spesso sentiamo chiamare contributi oscuri, materia oscura ed energia oscura. Mentre sulla materia oscura ci sono delle ipotesi, anche se ancora da verificare, sull’energia oscura, responsanbile dell’espansione dell’universo, sappiamo ancora molto poco.

Detto questo, la comprensione di questi contributi e’ una sfida tutt’ora aperta ed estremamente interessante per la ricerca scientifica.

Di questi argomenti, abbiamo parlato in dettaglio in questo post:

La materia oscura

Perche’ torno nuovamente su questo argomento? Solo un paio di giorni fa, e’ stata fatta una conferenza al CERN di Ginevra nella quale sono stati presentati i dati preliminari dell’esperimento AMS-02. I dati di questo rivelatore, realizzato con un’ampia collaborazione italiana, sono veramente eccezionali e potrebbero dare una spinta in avanti molto importante nella comprensione della materia oscura.

Andiamo con ordine.

Cosa sarebbe AMS-02?

AMS installato sulla Stazione Spaziale

AMS installato sulla Stazione Spaziale

AMS sta per Alpha Magnetic Spectrometer, ed e’ un rivelatore installato sulla Stazione Spaziale Internazionale. Compito di AMS-02 e’ quello di rivelare con estrema precisione le particelle dei raggi cosmici per cercare di distinguere prima di tutto la natura delle particelle ma anche per mettere in relazione queste ultime con la materia ordinaria, la materia oscura, la materia strana, ecc.

In particolare, lo spettrometro di AMS e’ estremamente preciso nel distinguere particelle di materia da quelle di antimateria e soprattutto elettroni da positroni, cioe’ elettroni dalle rispettive antiparticelle.

Vi ricordo che di modello standard, di antimateria e di materia strana abbiamo parlato in dettaglio in questi post:

Piccolo approfondimento sulla materia strana

Due parole sull’antimateria

Antimateria sulla notra testa!

Bosone di Higgs … ma che sarebbe?

Bene, fin qui tutto chiaro. Ora, cosa hanno di particolarmente speciale i dati di AMS-02?

Numero di positroni misurato da AMS verso energia

Numero di positroni misurato da AMS verso energia

Utilizzando i dati raccolti nei primi 18 mesi di vita, si e’ evidenziato un eccesso di positroni ad alta energia. Detto in parole semplici, dai modelli per la materia ordinaria, il numero di queste particelle dovrebbe diminuire all’aumentare della loro energia. Al contrario, come vedete nel grafico riportato, dai dati di AMS-02 il numero di positroni aumenta ad alta energia fino a raggiungere una livello costante.

Cosa significa questo? Perche’ e’  cosi’ importante?

Come detto, dai modelli della fisica ci si aspettarebbe che il numero di positroni diminuisse, invece si trova un aumento all’aumentare dell’energia. Poiche’ i modelli ordinari sono corretti, significa che ci deve essere qualche ulteriore sorgente di positroni che ne aumenta il numero rivelato da AMS-02.

Quali potrebbero essere queste sorgenti non considerate?

La prima ipotesi e’ che ci sia una qualche pulsar relativamente in prossimita’. Questi corpi possono emettere antiparticelle “sballando” di fatto il conteggio del rivelatore. Questa ipotesi sembrerebbe pero’ non veritiera dal momento che l’aumento di positroni e’ stato rivelato in qualsiasi direzione. Cerchiamo di capire meglio. Se ci fosse una pulsar che produce positroni, allora dovremmo avere delle direzioni spaziali in cui si vede l’aumento (quando puntiamo il rivelatore in direzione della pulsar) ed altre in cui invece, seguendo i modelli tradizionali, il numero diminuisce all’aumentare dell’energia. Come detto, l’aumento del numero di positroni si osserva in tutte le direzioni dello spazio.

Quale potrebbe essere allora la spiegazione?

Come potete immaginare, una delle ipotesi piu’ gettonate e’ quella della materia oscura. Come anticipato, esistono diverse ipotesi circa la natua di questa materia. Tra queste, alcune teorie vorrebbero la materia oscura come composta da particelle debolmente interagenti tra loro e con la materia ordinaria ma dotate di una massa. In questo scenario, particelle di materia oscura potrebbero interagire tra loro producendo nello scontro materia ordinaria, anche sotto forma di antimateria, dunque di positroni.

In questo scenario, i positroni in eccesso rivelati da AMS-02 sarebbero proprio prodotti dell’annichilazione, per dirlo in termini fisici, di materia oscura. Capite dunque che questi dati e la loro comprensione potrebbero farci comprendere maggiormente la vera natura della materia oscura e fissare i paletti su un ulteriore 20% della materia che costituisce il nostro universo.

Dal momento che la materia oscura permea tutto l’universo, questa ipotesi sarebbe anche compatibile con l’aumento dei positroni in tutte le direzioni.

Ora, come anticipato, siamo di fronte ai dati dei primi 18 mesi di missione. Ovviamente, sara’ necessario acquisire ancora molti altri dati per disporre di un campione maggiore e fare tutte le analisi necessarie per meglio comprendere questa evidenza. In particolare, i precisi rivelatori di AMS-02 consentiranno di identificare o meno una sorgente localizzata per i positroni in eccesso, confermando o escludendo la presenza di pulsar a discapito dell’ipotesi materia oscura.

Per completezza, spendiamo ancora qualche parola su questo tipo di ricerca e sull’importanza di questi risultati.

Come detto in precedenza, per poter confermare le ipotesi fatte, sara’ necessario prendere ancora molti dati. Ad oggi, AMS-02 potra’ raccogliere dati ancora per almeno 10 anni. Come anticipato, questo strumento e’ installato sulla Stazione Spaziale Internazionale. Questa scelta, piuttosto che quella di metterlo in orbita su un satellite dedicato, nasce proprio dall’idea di raccogliere dati per lungo tempo. La potenza richiesta per far funzionare AMS-02 consentirebbe un funzionamento di soli 3 anni su un satellite, mentre sulla ISS il periodo di raccolta dati puo’ arrivare anche a 10-15 anni.

AMS-02 e’ stato lanciato nel 2010 sullo Shuttle dopo diversi anni di conferme e ripensamenti, principalmente dovuti agli alti costi del progetto e alla politica degli Stati Uniti per le missioni spaziali.

Perche’ si chiama AMS-02? Il 02 indica semplicemente che prima c’e’ stato un AMS-01. In questo caso, si e’ trattato di una versione semplificata del rivelatore che ha volato nello spazio a bordo dello shuttle Discovery. Questo breve viaggio ha consentito prima di tutto di capire la funzionalita’ del rivelatore nello spazio e di dare poi la conferma definitiva, almeno dal punto di vista scientifico, alla missione.

Confronto tra AMS e missioni precedenti

Confronto tra AMS e missioni precedenti

Il risultato mostrato da AMS-02 in realta’ conferma quello ottenuto anche da altre due importanti missioni nello spazio, PAMELA e FERMI. Anche in questi casi venne rivelato un eccesso di positroni nei raggi cosmici ma la minore precisione degli strumenti non consenti’ di affermare con sicurezza l’aumento a discapito di fluttuazioni statistiche dei dati. Nel grafico a lato, vedete il confronto tra i dati di AMS e quelli degli esperimento precedenti. Come vedete, le bande di errore, cioe’ l’incertezza sui punti misurati, e’ molto maggiore negli esperimenti precedenti. Detto in termini semplici, AMS-02 e’ in grado di affermare con sicurezza che c’e’ un eccesso di positroni, mentre negli altri casi l’effetto poteva essere dovuto ad incertezze sperimentali.

Concludendo, i risultati di AMS-02 sono davvero eccezionali e mostrano, con estrema precisione, un aumento di positroni ad alta energia rispetto ai modelli teorici attesi. Alla luce di quanto detto, questo eccesso potrebbe essere dovuto all’annichilazione di particelle di materia oscura nel nostro universo. Questi risultati potebbero dunque portare un balzo in avanti nella comprensione del nostro universo e sulla sua composizione. Non resta che attendere nuovi dati e vedere quali conferme e novita’ potra’ mostrare questo potente rivelatore costruito con ampio contributo italiano.

 

Psicosi 2012. Le risposte della scienza”, un libro di divulgazione della scienza accessibile a tutti e scritto per tutti. Matteo Martini, Armando Curcio Editore.

Meteorite in Inghilterra provoca terremoti?

19 Ott

Ieri pomeriggio, 18 Ottobre, verso le 16.15, i dipartimenti di polizia e vigili del fuoco del Devon e della Cornovaglia, nel Regno Unito, sono stati letteralmente innondati di telefonate da parte di persone spaventatissime. Il motivo delle telefonate e’ stata la visione di un misterioso oggetto luminoso che ha solcato i cieli, accompagnato da un fortissimo rumore simile ad un’esplosione e anche da, come raccontato, locali scosse di terremoto.

Premettiamo che la notizia e’ reale ed in queste ore molti siti e giornali stanno riportando la cosa.

Come potete facilmente immaginare, si e’ trattato di un meteorite, anche se ci sono degli aspetti particolari, come l’esplosione e le scosse di terremoto, che meritano di essere approfondite.

In altri post abbiamo gia’ parlato di meteoriti e del rischio di caduta di questi oggetti sulla Terra:

Segni della fine del mondo: caduta di meteoriti

Palla di fuoco nei cieli del Sud Italia

L’asteroide 2012 DA14

Come potete facilmente immaginare, sul web questa notizia e’ stata interpretata come un presagio della fine del mondo o, in altri casi, come un esperimento segreto del governo per prepararsi a chissa’ quale catastrofe.

Cerchiamo di analizzare tutte le informazioni della notizia per fare un po’ di chiarezza.

Prima di tutto abbiamo detto che si e’ trattato di una meteora. Da dove nasce questa convinzione? In questo periodo, la Terra, durante il suo moto intorno al Sole, si trova a passare in una regione di spazio popolata dalle cosiddette Orionidi. Questi altro non sono che detriti della cometa di Halley con grandezze variabili e che possono portare fenomeni meteorici anche, come in questo caso, di grande dimensione. A riprova di questo, potete vedere la pagina di wikipedia in cui si riassumono i diversi sciami in base al periodo dell’anno:

Wikipedia sciami

Come potete vedere, le Orionidi vengono attraversate tra il 2 Ottobre e il 7 Novembre, sono dovute ai residui lasciati dalla cometa di Halley e hanno un grado “forte” di eventi meteorici.

Un’immagine del bolide osservato in Californa il 17 Ottobre

A riprova di questo, pochissimi giorni fa si e’ avuto un altro fenomeno di questo tipo, anche se di intensita’ minore, in California. Questo a dimostrazione che siamo in transito attraverso le Orionidi.

Possiamo dunque affermare che l’evento inglese rientra nel caso dei “bolidi” di cui abbiamo parlato nel post precedentemente riportato.

Resta pero’ da analizzare le informazioni aggiuntive descritte dai testimoni: forte boato e scosse di terremoto.

Alcune testimonianze riportano di un boato simile all’esplosione di un ordigno. Suoni di questo tipo possono essere causati da meteore che attraversano l’atmosfera con velocita’ maggiore di quella del suono. Tutti avranno sentito parlare del boom sonico udibile quando un aereo supera il muro del suono. Questa sorta di “scoppio” e’ dovuto alla compressione dei fronti d’onda sonori causata dall’oggetto che viaggia piu’ velocemente del suono che esso stesso produce. Per meglio capire questo effetto, potete vedere l’animazione a questo link:

Animazione boom sonico

Cambiando la velocita’, potete osservare il diverso movimento dell’aereo rispetto ai fronti d’onda sonori. Mach 1 indica una velocita’ pari a quella del suono. A velocita’ maggiori avviene il boom sonico causato dalla compressione dei fronti.

In questo caso, il rumore e’ del tutto simile a quello di un ordigno che esplode come potete sentire in questo link:

Boom sonico

Ovviamente una meteora puo’ attraversare l’atmosfera a velocita’ supersonica, dipendentemente dalle sue dimensioni e dalla sua velocita’. Per completezza, in questi casi si hanno due distinti boom detti di prua e di coda. Per la maggior parte degli oggetti sotto i 50 metri di diametro i due suoni sono talmente vicini in tempo da apparire come uno solo. Per oggetti piu’ grandi i due boom possono avvenire anche a distanza di decimi di secondo e quindi essere distinguibili.

Questo dunque risponde anche alla testimonianza dell’esplosione.

Resta da discutere delle scosse locali di terremoto. Al contrario di quello che riportano alcuni siti internet, il British Geological Survey non riporta nel suo sito nessun terremoto avvenuto nei luoghi e negli orari dell’evento. Molto probabilmente, non si e’ trattato di reali scosse di terremoto ma di un effetto secondario del boom sonico.

Il forte boato creato dal moto in atmosfera ha messo in vibrazione i vetri delle abitazioni, come infatti riportano molte testimonianze. Questa vibrazione e’ stata scambiata con un movimento tellurico, ma in realta’ e’ stata causata dalle onde sonore dovute al bolide.

A questo punto, abbiamo analizzato e risposto a tutte le informazioni contenute nelle testimonianze inglesi. Come potete capire, non e’ necessario ricorrere a ipotetici presagi sulla fine del mondo. Eventi di questo tipo sono conosciuti dalla scienza e, anche se rari e spettacolari, non rappresentano assolutamente qualcosa di straordinario.

Come diciamo spesso, non lasciatevi trasportare dal fiume di informazioni che circolano in rete su questi avvenimenti. Ragionare e consultare fonti diverse puo’ aiutarci a comprendere questi fenomeni senza rifugiarci nello sconosciuto o nel presagio. Per analizzare le profezie del 2012, ma in realta’ per affrontare argomenti come questo, sempre attuali e apparentemente misteriosi, non perdete in libreria “Psicosi 2012. Le risposte della scienza”.

Crop Poirino 2011: sono stati gli alieni?

11 Ott

In questo blog, abbiamo dedicato molti post ai cerchi nel grano:

Ancora sui cerchi nel grano

Nuovo cerchio, nuova data!

4 Agosto: una nuova conferma

con particolare riguardo a quelli nostrani comparsi nel 2012:

21 Dicembre 2012: cerchi nel grano

Non ci siamo invece mai occupati di un cerchio piu’ datato, risalente al 2011, comparso sempre nella zona di Poirino, e noto come il cerchio di Enki Ea.

Ecco una foto del cerchio:

Il cerchio Enki-Ea del 2011

Questa opera ha suscitato l’interesse di molti appassionati di cerchi, anche a causa della difficolta’ di interpretazione del messaggio. Secondo alcuni, ci sarebbe una indicazione al 21 Dicembre 2012, altri hanno ipotizzato che fosse una rappresentazione artistica del Sistema Solare, altri ancora, basandosi sui disegni della parte periferica, hanno ipotizzato che il crop contenesse le coordinate di una regione somala affetta da siccita’. Anche l’indicazione Enki Ea rappresenta una diversa interpretazione. Enki, successivamente conosciuto come Ea, era il Dio sumero della sapienza e della creazione. Da questo, si evince anche la connessione proposta tra il disegno e le civilta’ aliene che gia’ in passato sarebbero entrate in contatto con i popoli della Mesopotamia.

Come potete capire, per diverse tempo la ricerca dell’interpretazione del messaggio ha suscitato l’interesse di molti siti catastrofisti e di appassionati in genere. Anche a causa di questo, su molti siti si parla di questo crop come un esempio di opera di origine extraterrestre.

Su questo blog, piu’ volte ci siamo soffermati sull’origine dei cerchi nel grano, portando sempre avanti la tesi della natura umana. Come visto in questo post:

Come si realizza un cerchio nel grano

la realizzazione di queste opere non e’ affatto complessa. Coem dichiarato, un piccolo gruppetto di 5-6 persone riesce a realizzare opere di questo tipo nell’arco di una notte in condizioni di scarsa illuminazione. Ovviamente, la preparazione a tavolino del disegno e l’organizzazione della squadra sono condizioni necessarie.

Perche’ stiamo tornando su un cerchio del 2011?

In occasione del XII convegno nazionale del CICAP, che si e’ concluso oggi a Volterra, Francesco Grassi ha presentato una relazione sui cerchi nel grano, parlando proprio di questo crop.

Come abbiamo visto in altri post, Grassi, oltre ad essere membro del CICAP, e’ anche noto come crop maker e organizzatore di corsi per mostrare la realizzazione di cerchi. In particolare, nella sua relazione a Volterra, Grassi ha ammesso di essere uno degli autori del cerchio Enki Ea.

Da quanto raccontato, Grassi, insieme ad altri 5 membri del CICAP, ha realizzato il crop nel giro di poche ore, la notte tra il 18 e il 19 Giugno del 2011.

Il disegno sarebbe stato appositamente pensato per studiare le reazioni della rete al nuovo crop. Come detto, la difficolta’ di interpretazione dell’opera ha contribuito a mitizzare questo cerchio elevandolo come esempio di opera extraterrestre. Queste affermazioni non fanno altro che confermare quanto da noi detto nei post precedenti. La realizzazione di opere di questo tipo, anche molto complesse, puo’ essere fatta da uno sparuto gruppo di persone nel giro di poche ore e utilizzando strumenti molto semplici.

Altro fattore che ha contribuito ad aumentare la curiosita’ su questo crop, e’ stata la presenza di materiali ferromagnetici sul grano, realizzata, come dichiarato e come visto nel nostro precedente post, utilizzando la limatura di ferro precedentemente sminuzzata.

A questo punto, ed in particolare per questo cerchio, non mi sembra ci sia ancora da discutere circa l’origine umana o meno dell’opera. Punto saliente della discussione e’ che il crop di Enki Ea era uno di quelli maggiormente quotati tra i fautori dell’origine aliena del cerchi. Ovviamente, si potrebbe controbbattere che non sono noti gli autori di molti altri cerchi, ma, alla luce delle tecniche realizzative e della complessita’ delle opere dichiaratamente umane, difficilmente si potrebbe credere all’origine aliena degli altri cerchi.

In questo caso particolare, il crop e’ stato realizzato appositamente per vedere la reazione dei catastrofisti e la loro interpretazione di un disegno misterioso. Credo che questo sia un chiaro esempio di come molte altre evidenze vengono create ad-hoc sfruttando la velocita’ delle informazioni su internet. Come siamo ormai soliti dire, diffidate sempre dalle notizie, qualunque sia la fonte. Cercate sempre di confrontare diverse interpretazioni e di reperire informazioni in maniera autonoma. Solo in questo modo potrete creare un’opinione, giusta o sbagliata, ma che almeno sia la vostra. Per analizzare in dettaglio le profezie sul 2012, ovviamente mostrando le fonti e cercando sempre di confrontare tutte le interpretazioni, non perdete in libreria “Psicosi 2012. Le risposte della scienza”.