Facciamo un po’ di ripasso. Quanti sono i continenti? Dunque: Europa, America, Asia, Africa e Oceania, quindi 5. Quale sarebbe il sesto? L’Antartide? Su questo gli stessi geografi non sono d’accordo, c’e’ chi lo considera un continente e chi no. Ma allora, quale sarebbe questo sesto continente?
Ve lo dico tra un po’.
Prima di tutto, vi voglio mostrare un’immagine:
Di cosa si tratta? Quello che vedete e’ il cosiddetto “Vortice Subtropicale del Nord Pacifico”, o anche “North Pacific Gyre”. In soldoni, si tratta di una corrente oceanica a forma di vortice che si muove in senso orario ed e’ formato da quattro grandi correnti: quella del Nord Pacifico, la corrente della California, la corrente nord Equatoriale e quella di Kuroshio. Come detto, e come vedete bene dall’immagine, l’unione di queste correnti crea un vortice chiuso che fa muovere le acque intorno alla zona che presenta una notevole estensione, quasi 34 milioni di Km^2.
Bene, cosa c’entra questa corrente circolare con il discorso dei continenti?
La risposta e’ molto semplice. Intorno agli anni ’90 si e’ scoperta una vera e propria isola di rifiuti che sono stati raccolti in questa zona e nel corso degli anni hanno raggiunto un’estensione che tende all’inimmaginabile. Proprio a causa delle correnti chiuse, i rifiuti che arrivano in questa zona dell’oceano vengono circoscritti e di volta in volta crescono in estensione. Questa “isola di immondizia” e’ nota come “Pacific Trash Vortex”, cioe’ Vortice di immondizia del Pacifico.
Pensate che io stia esagerando?
Quanto e’ estesa questa isola di rifiuti? Una misura reale non e’ possibile ma esistono molte stime che concordano comunque sul fatto che la situazione sia tragica. Per darvi qualche numero, parliamo di un’estensione tra 700000 e 10 milioni di Km^2, praticamente un altro continente in mezzo al Pacifico. Secondo calcoli fatti dal NOAA, l’isola di rifiuti conterebbe qualcosa come 3 milioni di tonnellate di immondizia che parte dalla superficie e arriva fino ad una profondita’ di 30 metri.
Se state pensando che questi numeri siano fuori da ogni immaginazione, tenete sempre presente che il volume e l’estensione dell’isola sono in costante aumento. Molto spesso, i rifiuti vengono persi in mare da navi cargo. Altre volte, e’ capitato che alcune navi perdessero interi container nell’oceano. Ovviamente, sempre a causa delle correnti, questi rifiuti arrivano nel vortice e ne vengono catturati. Non sempre pero’ parliamo di scarico a mare di rifiuti fatto con dolo. L’estensione dell’isola e’, ad esempio, notevolmente aumentata dopo il maremoto in Giappone poiche’ moltissimi oggetti sono stati trasportati dal ritorno dell’onda in mare aperto.
Di cosa e’ composta l’isola?
I materiali piu’ biodegradabili scompaiono nel giro di poco tempo e questo fa si che il Pacific Trash Vortex e’ composto principalmente di plastica. Come e’ noto, la plastica non e’ biodegradibile se non in periodi lunghissimi. Quello che avviene, ed e’ ben piu’ pericoloso, e’ la fotodisintegrazione causata dai raggi solari. A causa di questo processo, la plastica viene ridotta in pezzi sempre piu’ piccoli fino ad arrivare agli agglomerati che la compongono. Raggiunto questo stadio pero’, si arriva anche alla pericolosita’ maggiore dal momento che gli agglomerati assomigliano, come dimensione, al plancton di cui si nutrono molte specie marine. Capite da soli le conseguenze ambientali di questo processo. Da misure condotte in zona, si e’ evidenziato come il rapporto tra plastica fotodisintegrata e plancton nelle acque sia drammaticamente a favore del rifiuto, ben 6 volte di piu’.
Come risolvere questo problema?
In realta’, una soluzione e’ stata proposta. Come sapete, i rifiuti sono una grandissima risorsa soprattutto in termini energetici. La plastica inoltre, essendo un derivato del petrolio, presenta un discreto potere calorifico. Per sfruttare i rifiuti per la produzione energetica si puo’ ricorrere, ad esempio, ai termovalorizzatori. Ora, come e’ noto, quando si toccano questi argomenti molti saltano sulla sedia. Perche’? I termovalorizzatori inquinano, non sono convenienti, non e’ vero, sono la soluzione a tutto, ne dovrebbero fare di piu’, ecc. Al solito, come siamo abituati in Italia, su argomenti del genere la discussione diventa sempre troppo politica e poco scientifica.
A parte questo, e’ assodato che i termovalorizzatori possono bruciare plastica per produrre energia. Detto questo, perche’ non costruire una nave che sia in realta’ un termovalorizzatore galleggiante e mandarla nel vortice di immondizia? Questa e’ un’idea che e’ stata proposta gia’ da qualche anno e che e’ in attesa, speriamo, di finanziamenti. Immaginate un termovalorizzatore che solca l’oceano pacifico nella zona del vortice di immondizia. I rifiuti che vengono bruciati non servono per produrre energia per scopi civili, anche perche’ siamo in mezzo al mare, ma solo per far andare la nave. Con questa semplice quanto geniale idea si potrebbero bruciare i rifiuti plastici del vortice e ripulire, ovviamente, visti i volumi, poco alla volta, la zona facendo un gran favore all’ambiente.
Ad oggi, questa idea che, ripeto, e’ stata proposta, non ha ancora trovato finanziamenti. Sapete il perche’? Semplice, l’isola di plastica e’ in mezzo al niente nel cuore del Pacifico. Chi finanzia qualcosa per pulire una zona che non e’ la sua? Speriamo che questa mentalita’ cambi e lasci lo spazio ad un serio ragionamento e ad una presa di coscienza nei confronti del nostro ecosistema.
“Pensate che io stia esagerando?”
Sì. 🙂
L’immagine non rappresenta l’isola di plastica del Pacifico, ma il porto di Manila (e d’altra parte.. come avrebbe fatto il signore della foto a raggiungere il centro dell’oceano Pacifico, con una barchetta del genere?)
La vera isola di plastica è molto meno densa di quella della foto: ci sono circa 5 kg di plastica per kilometro quadrato.
[Fonte:http://dx.doi.org/10.1016/S0025-326X(01)00114-X%5D
E’ per questo che l’idea del termovalorizzatore galleggiante non è attualmente fattibile, non certo perché si tratta di acque internazionali (dai, almeno il complottismo becero evitiamolo, per favore). Dal punto di vista economico, spupazzarsi 1 km^2 di mare per recuperare 5 kg di plastica non è vantaggioso. Tutto qui.
Poi, sono convinta anch’io che sia un problema e che vada risolto in qualche modo. Ma la coscienza ecologica delle persone passa attraverso l’informazione corretta, non si sviluppa certo propagandando bufale. A chi volesse districarsi tra miti e realtà dell’argomento in questione, consiglio questo articolo:
http://io9.com/5911969/lies-youve-been-told-about-the-pacific-garbage-patch
Che quella in foto non sia l’isola di plastica e’ vero. Che il termovalorizzatore sia una bufala e’ invece …. una bufala. Prima di scrivere cose, sarebbe il caso di informarsi:
http://www.avvenire.it/Lavoro/Occupazione/Pagine/il-futuro-energetico-parla-italiano.aspx
questa e’ una conferenza dove io stesso ho parlato una settimana fa. Legga di cosa ha parlato l’ing. Sessa.
Saluti
Ok, sul termovalorizzatore mi informo meglio. Avrebbe il link al brevetto, giusto per capire quanto combustibile ci va e quali sono le efficienze in gioco? …Perché a me la densità di plastica nell’isola di rifiuti sembra troppo bassa perché possa essere conveniente utilizzarla. Con cinque kg di rifiuti, di energia ne estrai pochina, soprattutto se recuperi solo l’energia elettrica e non quella termica.
…Detto questo, comunque, non potrebbe togliere la falsa foto dell’isola, così si evita di contribuire alla disinformazione globale? 🙂
Tolta la foto. Dal momento che qui si tenta di combattere la disinformazione, per quanto possibile, e’ giustissimo non creare confusione per un mio errore. Mi scuso di aver caricato una foto sbagliata e l’ho rimossa. Anzi, grazie mille di avermelo segnalato!
Per quanto riguarda il brevetto, non ho un link, anche perche’, da quello che mi ha detto lo stesso Sessa, e’ ormai in scadenza. Hanno provato a cercare finanziamenti ma, come detto, parlando di zone non di nessuno e’ difficile trovare qualcuno 😉
La loro intuizione nasce proprio dal fatto che per i termovalorizzatori e’ molto forte il problema NIMBY. Dunque, per poterne realizzare uno servirebbe un “non luogo” non di nessuno. Da qui, la nave. Questo pero’, come naturale, porta le dovute conseguenze a cui sono andati incontro.
Ovviamente, parliamo di quantita’ molto distribuite di plastica ma il progetto pensato e’ proprio quello di una nave spazzina che consuma, anche e non solo, l’energia che autoproduce. Se dovessi pensare ad un sistema per la produzione di energia con questo metodo, sarebbe, come giustamente fatto notare, fallimentare in partenza.
Grazie mille della segnalazione!
Matteo
Grazie per la risposta e per aver tolto l’immagine, è una cosa che le fa onore. Da parte mia, mi scuso per il tono un po’ ruvido usato nel primo commento.
Non si deve scusare, assolutamente. Ho perfettamente capito le sue ragioni. Anche a me capita di innervosirmi quando leggo articoli che tendono a disinformare. In questo caso c’è stato un errore ed è giusto sistemarlo con le dovute scuse. Se avrà modo di leggere altri articoli, si renderà conto di quale impegno mettiamo anche noi per cercare di fare informazione in senso corretto lottando contro tanti siti che non fanno altro che speculare su tutto.
Grazie ancora della visita, della correzione e delle importanti osservazioni che sicuramente danno un valore aggiunto alla discussione.
Matteo